La
notizia è di qualche giorno fa, ma possiamo giurarci, ne sentiremo
s-parlare ancora.
Il
ministro dell’Educazione nazionale francese Vincent Peillon, ha
annunciato che, previa preparazione degli insegnanti, dal prossimo
anno nelle scuole si insegnerà “morale laica” . Naturalmente i
cori, di favorevoli e contrari, si sono già levati... sopratutto da
noi, che come si sa, viviamo in uno stato di semi libertà (qui il link per i coraggiosi),
assuefatti alla morale cattolica tanto da tralasciare l'idea che ci
sia altro, al di fuori di essa, che possa permetterci di vivere
liberi. Quindi nel rispetto degli altri.
Ma
cos'è questa “morale laica”? I proverbi, dico io sulla scia
dell'amica di Amelie Poulain, basterbbero da soli a dirci se una
persona è per bene o meno. “Chi conosce bene i proverbi, non può
essere del tutto cattivo”, dice Gina nel film. Concordo. E, per
quanto sciocco, mi sembra un discreto punto di partenza. Si
obbietterà che non sono necessariamente principi morali, certo: ma
sono l'inizio del buon senso, quello che sembriamo aver smarrito
insieme al senso civico. Ci restano i non-sense, i doppi sensi, i sensi unici
alternati, le strade senza uscita. E, naturalmente, i quattro sensi
di una interpretazione: “Il senso letterale insegna i fatti,
l'allegoria quello che bisogna credere, la morale quello che bisogna
fare, l'anagogia quello verso il quale bisogna tendere”., e quindi,
la Via.
Quella
che, per i medici e ormai anche per i paramedici, inizia
nel: “primum non nocere” del Giuramento di Ippocrate. Morale
laica? Io comincerei da qui.
E
poi, insegnando a sognare, e segnarsi, gli eroi; non gli eroi come
Batman, ma quelli di
Batman:
“Chiunque può essere un eroe, anche un uomo che fa una cosa
semplice e rassicurante, come mettere un cappotto sulle spalle di un
bambino, per fargli capire che il mondo non è finito”.
Ma
certo non sono io, che a volte mi preoccupo del fatto che l'ombrello
non si intoni al rosa antico del golf, a poter dare lezioni su
questo. Sull'armonia cromatica, magari, ma su questo, devo rifarmi,
alle più solide basi di quegli ideali che la rivoluzione francese
(guarda un po') ha fatto echeggiare, e che riecheggiano in certi
ambienti, in fiati che hanno la solida aspirazione a raggiungerli:
libertà,
ugualianza, fratellanza.
Fra
tutti. Senza distinzione di colore di pelle, di fede politica,
religione o ateismo. Perché Laico non significa Ateo. Laico non
significa incapace di amare, e se non si insegna ad amare, si impara.
"Per noi ... la libertà
è il dovere di compiere e di non compiere atti secondo la
determinazione della propria volontà. E' il diritto di fare tutto
ciò che non è contrario alla legge, alla morale ed alla libertà
altrui. E' il diritto di approfittare dei vantaggi garantiti dalla
legge a tutti i cittadini, di partecipare col proprio voto alla
promulgazione della legge, che deve essere rispettata ed obbedita da
tutti".
La
necessità di affermare l'Uguaglianza
nasce, senza meno, quando c'erano differenze sociali maggiori di
oggi, almeno all'apparenza. Perchè sento ancora un amico che afferma
che il rapporto tra uomo e donna non funziona, se lei è ricca e lui
no. Sento ancora chi fa
differenze di nascita, condizione e razza, immaginando che il confine
fra sé e l'altro sia nell'avere, e non nell'essere
umano.
La
necessità di affermare l'Uguaglianza
nasce, senza meno, quando c'erano differenze sociali maggiori di
oggi, almeno all'apparenza. Perchè sento ancora un amico che afferma
che il rapporto tra uomo e donna non funziona, se lei è ricca e lui
no. Sento ancora chi fa
differenze di nascita, condizione e razza, immaginando che il confine
fra sé e l'altro sia nell'avere, e non nell'essere
umano.
E
qui, si torna alla morale. All'educazione morale laica, perchè non è
(mai) Dio che ci impone qualcosa, come non sono gli altri, ma piuttosto una
sana coscienza che sia in grado di riconoscere prima se stessa, e
amarsi, e insieme a ciò diviene in grado di rispettare gli altri.
“Ama il prossimo come te stesso”, dice la mia “morale”
(cattolica?). Quindi, e non stiamo parlando di egoismo fine a se
stesso, per prima cosa ama te stesso. Mi dice la morale.
La
reciprocità
che è alla base di ogni uguaglianza, nasce dalla applicazione delle
regole dell'armonia e della ricerca del “giusto e perfetto”...”.
“La
Fratellanza ... non è un comportamento o atteggiamento virtuoso
dettato da un comandamento esterno .... E' un "principio"
primario, connaturato alla specie, origine di comportamenti e stimoli
necessari per la sua perpetuazione, (a partire dalla cooperazione per
la sopravvivenza, l'acquisizione del cibo e la difesa del gruppo).”
I
massoni lavorano incessantemente
“per edificare Templi alla virtù e scavare profonde ed oscure
prigioni al vizio". Viene detto che
"La virtù
(secondo
la sua etimologia vuole dire forza,) è
la forza di fare il bene, assoluto compimento del proprio dovere...è
virtù pubblica quando è dedicata
alla Patria, allo Stato, alla Società;
.. è virtù privata quando si
esercita senza sforzo, ma con disinteresse, in favore degli
individui.
.. è virtù domestica quando è
rivolta ai doveri familiari:
la virtù in tutta l'estensione del termine non arretra né davanti
ai sacrifici, né davanti alla morte, quando si tratta di compiere un
dovere."
La
Libertà non è
discrezionalità, non è “senza limiti", non è "libertà
di fare ciò che si vuole”; ma, come Evola distingue, vi è
differenza fra “libertà di” e Libertà “per” (qui il link). Come la
libertà per
adempiere alla legge morale, che Kant osserva dentro di se.
La
legge morale (che si distingue dall'etica,
in continua evoluzione), consta di tutti i principi del rispetto e,
credo, anche dell'amore dell'uomo per l'uomo. “Non fare agli altri
quel che non vorresti fosse fatto a te”. In primis. Perché sul
contrario, qualche obiezione si può porre, in modo paradossale: un
masochista, potrebbe credere che anche gli altri traggano piacere dal
ricevere dolore, per esempio.
Morale
e libertà, comunque, hanno una origine interiore.
Come
possiamo credere che uno stato le insegni?
Proprio in virtù di quegli assoluti, che partono, ahinoi, da
buongiorno
e buonasera,
dall'imparare l'assistenza e l'ascolto dell'altro, fino ad arrivare
all'intuizione della sua necessità. Ma questa, è un 'altra storia.
Una
storia che conduce, necessariamente, all'etica, quando, compresi i
principi morali, si sia in grado di essere in “libertà del sé
nei confronti della propria volontà; inclusa la capacità di
prendere le distanze da abitudini, convenienze e conformismi.”
La
libertà è morale, quando rispetta quella altrui negli stessi
termini, e a partire dal pensiero di Voltaire: “Posso non essere
d'accordo con le tue opinioni, ma difenderò sempre il tuo diritto ad
esprimerle”.
Se
il limite appare essere quello della tolleranza, qui si odora il
concetto di ugualianza e fraternità.
Si
può obbiettare che “l'uguaglianza
tuttavia non può, in senso civico e morale, essere assoluta”: per
questo vi è la Legge. Per questo vi è la Giustizia. Ma l'ugualianza
“graduata [in certi ambienti], per gradi di saggezza, è
simbolizzata dalla "paga del lavoro muratorio", intesa come
incentivazione basata su valori di alta idealità”; quindi non su
utopie social-comuniste, ma sul più alto concetto Dantesco della
ricezione della luce. La luce non è minore o maggiore in sé, ma
solo nella capacità che noi stessi abbiamo di percepirla.
Che
poi si affida a “regole
di comportamento (etica individuale e di gruppo) che mirano
essenzialmente alla creazione di valore – e di valori – per
l'esistenza”.
“Alla
competizione si contrappone la solidarietà; il progresso è
concepito come risultato della ricerca dell'uomo a migliorare sé
stesso,
"usando la mente come un cuneo per allargare, meglio che si può,
gli interstizi del muro che lo stringe da ogni parte".
E
si arriva così alla Fratellanza.
L'amore fraterno è “giusto e perfetto”; è quanto di più puro
possa esistere; è l'amore incondizionato che ti accetta come sei, pari a quello tra genitore e figlio, non fosse che lo sopravanza nel
suo non essere “deciso”. I fratelli non si scelgono, ma si
riconoscono solo come tali (e
crescono insieme).
Parafrasando: gli uomini non si scelgono,
se non, e questo lo impariamo sulla nostra pelle, con le scelte che
facciamo (gli uomini non si scelgono, ma crescono insieme).
Ma se per i fratelli di sangue possiamo parlare di scelte
fatte in (eventuali) vite precedenti, per i Fratelli che troviamo sul
nostro cammino tutto è lasciato alla decisione di amare
l'altro come se stesso.
Come è in se stesso. Come è in Sé,
perché siamo tutti parte di Una sola Natura.
La
morale laica
è quindi frutto del principio di solidarietà e del rispetto della
vita; della positività nell'agire e nel pensare.
È ricerca del bene comune, come necessità dell'uomo
evoluto.
Non
sempre gli individui sono formati a questo, e benchè si possano
comprendere le proteste, anche in Francia sono state numerose, di
chi rivendica il diritto all'educazione dei figli (cosa che comunque
avviene ed avverrà sempre; l'influenza del nucleo familiare è comprovata e semmai integrata dall'esterno), mi sento di affermare che la “morale
laica” può costituire una mappa di come muoversi.
Le
sue 'due chiavi' sono l'altruismo e il rigore razionale, che vanno
equilibrate e possedute entrambe, come la chiave bianca e quella
gialla che Dante sbandiera nella Commedia.
Realizzato
il rispetto di sé, l'altruismo è
un sentimento
che spinge
ad agire per il ben-essere degli altri, trascendendo se stessi,
mentre il rigore razionale “detta la stretta osservanza dei
rapporti giuridici o economici o politici tra gli uomini.” Entrambi
gli aspetti hanno il cuore nella fratellanza, prima riconosciuta
all'interno di una cerchia, e poi estesa a tutti coloro che ci
circondano.
Intravediamo
quindi che: "La
morale è […] la legge naturale universale ed eterna che regge
tutti gli esseri intelligenti e liberi. E` la coscienza
scientificamente spiegata [e ci fa apprendere] i doveri e l'uso
ragionato dei nostri diritti.
Nella
Libera Muratoria la legge morale risulta dal continuo tentativo di
equilibrare nella società reale le leggi naturali, ed è morale
colui che saprà
rispettare e vedrà rispettata integralmente la sua vera natura e
quella degli altri”.
La
legge morale è quindi la virtù che implica la reciprocità, e
naviga (ah! La navicella dell'ingegno dantesco, che alza le vele,
per correr miglior acque!) verso la creazione di valori comuni
costruttivi, attraverso la riflessione sulle azioni compiute, e su
quelle da compiere per il bene dell'individuo e dell'umanità.
La
ricerca morale e quindi di una morale laica, è questo, e dovrebbe
tendere allo scopo “di migliorare
progressivamente la qualità del proprio lavoro.",
oltre che del proprio essere.
Alla
luce di queste riflessioni, che forse nascono anche da qui, mi
addolora tanto più vedere persone che conosco, che commentano di
fronte ad un problema dell'azienda pubblica per cui lavoro (e alla
proposte per cambiare le cose) che: “non siamo noi, [del popolo,
delle basse sfere,] a dover proporre le soluzioni”.
Queste
persone sono per me, come quei che “han mala luce”, come direbbe
il Poeta sommo (ma non mi arrendo: i fratelli crescono insieme!). Non
vedono che quel poco concesso loro, ma non hanno nemmeno la legge
morale (di cui fin qui) a guidarli. Poiché se c'è un difetto che
hanno gli uomini, è delegare agli altri la possibilità di salvarli.
E' credere, riprendendo l'idea di chi ci troviamo attorno (e io
barcollo!) che quanto accade intorno non dipenda (anche) da noi.
Consideriamo
ancora, quindi, che "Il vizio è ogni concessione fatta
all'interesse ed alla passione a spese del dovere. E' la
soddisfazione dei cattivi desideri dell'uomo (…); pericolo contro
il quale bisogna armarsi con tutte le forze della ragione, con tutta
l'energia del carattere, e che si perviene a distruggere con il quadro
dei godimenti ... procurati dall'uomo
da una vita di saggezza e virtù. (…) Noi lavoriamo senza tregua al
nostro miglioramento, (…). Il vizio può essere .. identificato
nell'azione inutile, dannosa, immotivata, stupida, irriflessiva, che
non crea valore e nemmeno vantaggio. Il lavoro della coscienza,
quello della costante valutazione ed analisi di pensieri ed emozioni
relative all'essere e all'agire, quello del controllo dei rapporti
che li legano, è già lotta contro il vizio”.
Chi
prenda coscienza di questi aspetti, impara in primo luogo ad
assumersi la responsabilità dell'azione, e poi a cercare di
rinnovare il processo perchè si trasmetta al prossimo, e alle
prossime generazioni. Ma tutto questo, come detto, non può
prescindere dal perseguire, innanzitutto, il proprio perfezionamento,
La Ricerca di sé; la conoscenza oltre il dogma, che limita e
trattiene dal fare della legge morale la propria legge interiore come
riconoscimento cosciente, e non come imposizione.
E
torno all'inizio: PRIMUM NON NOCERE, ma nosce te ipsum.. e conoscerai
te stesso e l'universo. Allora, come dice Kauschik, “... in noi c’è
vero Amore [e] sapremo dare a tutti ciò che dobbiamo dare”.
La
morale della favola, è, solo ora: “ fai agli altri come che
vorresti fosse fatto a te”.