Sabato mattina ci separiamo, io e i ragazzi.
Si sa, certe cose sono fatte per piacere alle donne, i palazzi reali, per esempio, e certe altre agli uomini (almeno a loro due): i negozi di fumetti.
E di fatto, dopo la consultazione serale davanti ad un piatto di fish&chips stavolta ben digerito, fissiamo un appuntamento sotto l'Eros di Piccadilly Circus e ci diamo la buonanotte con la promessa di cucire i rispettivi spin-off alle sedici del giorno seguente.
Mattiniera come sono, alle nove menon dieci sono già sul vialone che costeggia Buckingham Palace, con la camminata a balzello, che non facevo da vent'anni, e cantando "painting the roses red". Mi mette una tale allegria addosso, che il lieve freddo del mattino si scioglie prima che arrivi al piazzale illuminato dal sole.
Acquistato il biglietto per il primo ingresso, vado a cercare un cestino dove lasciare l'inevitabile bicchiere svuotato dal caffè, e inizio davvero la giornata...
L'audioguida fornita gratuitamente, si fa per dire visto quello che costa il biglietto, trasforma i turisti in una piccola silenziosa fila e, complici del mio rapido ingresso, i tappeti morbidi fanno il resto. Così trovandomi a volte sola, ed a volte semplicemente dando le spalle, mi diverto a zittire la guida, e camminare in silenzio, perdendomi consapevolmente nell'immaginazione: non cammino più, incedo.
Gli ori sono eccessivi, così tanto che alla fine paiono belli, e zittiscono e aprono il passaggio degli occhi attraverso le finestre, nel parco, verso altre pareti del palazzo. Custodendo in memoria ciò che non si può fotografare, mi soffermo dinanzi alla collezione artistica che include Canova e mi lascio condurre oltre da un bellissimo Mercurio, che attende in cima ad una scala.

Passando per Pall Mall proseguo verso la National Gallery, e dopo aver interpretato la Regina lungo i corridoi di Buckingham Palce, qui mi concedo un pezzo di bravura...
Prolungo la contemplazione della Vergine delle Rocce, mi perdo nei dipinti di un certo Perugino, o di quel Raffaello dai volti gentili; affogo nei colori sgargianti di Van Gogh e fuggo nelle polverosità soffuse dei paesaggi di Monet...
... poi torno al mondo, ed inizia la recita. Beh, insomma devo andare in bagno, ma quando ci arrivo la fila e lunga e non mi sento di attendere. Mi guardo intorno, e non vedendo pretendenti mi infilo nel bagno dei disabili. Mi concedo anche un lavaggio dei denti, mi sciacquo il viso e bella rinfrancata apro la soglia per tornare nel mondo delle favole... e mi vedo davanti un anziano signore col bastone, che mi squadra dalla testa ai piedi, con aria di vago disappunto.
E io sono lì, con la mano sulla porta,sentendomi imbarazzata fino al midollo per la prolungata occupazione... ed è tutto un attimo. Inizio ad avviarmi alle scale zoppicando vistosamente, e con una lieve smorfia di sofferenza in viso (è il senso di colpa!); lì giunta, certa che nessuno mi veda, applico una lenta trasformazione alla "Kaiser Soze" ne I Soliti sospetti, riprendendo lentamente una deambulazione normale, salvo riprendere la zoppia non appena mi pare di rivedere l'anziano signore.
Vari giri nei paraggi e un autobus più tardi, raggiungo il luogo dell'appuntamento e me ne resto in riposo ad osservare la gente che passa, scattando foto in sequenza e rivedendo con gli occhi della mente le viuzze odorose di spezie di Chinatown, l'assembramento chiassoso di Covent Garden, le graziose decorazioni di Charing Cross, e quel pezzo nero della mia anima che occupa il bagno dei disabili!
Attraverso Soho torniamo in hotel, e poi a cena. Dove i racconti del giorno e i progetti per il successivo annebbiano lo spropositato conto dell'Indiano.Infatti lasciamo che 'faccia lui'... e alla fine noi facciamo cento sterline in tre!