domenica, dicembre 28

Specchi

C'è un uomo doppio che mi abita dentro, ma talora si sente mezzo.
Mai la metà giusta, quando è così.
Ignaro almeno fino a sera di quale sia quella che lo specchio rimanda.
Quando ho disegnato era giovane, e aveva gli occhi blu.

S.Lorenzo

L'alito di freddo s'infila nelle maniche della giacca. Inutile stringerle con le dita, resta sempre un pertugio perfino tra la lana dei guanti, per lasciar passare la vita che si trasforma.
Dentro il ristorante, allora, per scaldare il corpo partendo dallo stomaco, lì appena sotto il cuore. Dove a volte si forma una voragine che raccoglie tutto quel vento freddo, e se lo tiene dentro in qualche modo. Lasciando che scavi cunicoli devastanti nella solitudine di qualche sera.
Sul tavolino di fianco, la tazza del caffè mostra un fondo di zucchero non consumato. L'uomo di fronte pasticcia svogliato con il dolce, sembra di quelli che crede che la vita sia tanto amara, che un cucchiaino di zucchero, cancellando graffio avaro di cedimenti stucchevoli del caffè, la renda diversa. Guarda la donna dinanzi a , nascondendo un sentimento fra le trecce del maglione scuro, e alita il suo scontento al sapore di zucchero; le parole hanno un velo di insistenza che perfino da qui lo rende sgraziato, e sgradevole.
Lei ha trent'anni di meno, e la zona del locale fa credere ad un professore, che inventata una scusa a casa, si sa all'università c'è sempre da fare, sia uscito con l'allieva. Non consenziente, a leggere l'amaro che non si cela neppure con la crema catalana, che lui finisce con fare mesto. Paga il conto, mentre due turisti subentrano ridendo, il naso arrossato e le mani rigide dal freddo, completamente assorbiti dalle fantasie su quello che hanno visto oggi, dal fascino del locale (all'apparenza) romanesco; che i romani frequentano perché si mangia una buona fiorentina. Idiosincrasie della città più bella del mondo. Sei qui, e vorresti essere altrove. Come tutta una vita passata ad inseguire un sogno e un desiderio che non si placa mai perché si realizza quando già stai desiderando altro.

C
appotti si affrettano a rivestire la spalliera delle sedie di legno, cappotti spogliano gli appendiabiti e riprendono il loro posto sulle spalle, a chiudere su quella caverna che sta appena sopra lo stomaco, e che non si è affatto vuotata di gelo. Nè si è riempita col cibo.
Lei, rinchiusa nelle braccia si arrotola la fretta nella sciarpa, come a impedirsi la fuga. Poi li perdo.
E sono fuori dai miei pensieri, che si ordinano come il menù, in sottoinsiemi ordinati.
Anche oggi, se ne è andato.

sabato, dicembre 27

Cambiare

C'è un che di spiazzante, nell'aprirsi e cambiare atteggiamento nei confronti delle cose.
Qualcuno sostiene che se cambi atteggiamento verso il mondo, quello cambia le sue risposte verso di te. é vero. Ma è anche vero che quando cambiamo un modo di fare, automaticamente ci mettiamo nello stato di recepire in modo diverso le cose.
Così, una mia amica scopre, dopo tre anni di una tormentata relazione, che al mondo non c'è solo quell'altro quello che le ha fatto "girare la testa" mentre finiva la storia con il perfido P. (lo chiamiamo così scimmiottando il frasario di Bridget Jones). Il mondo è pieno di gente carina (che poi siano a posto ho i miei dubbi: guardate che ha fatto Babbo Natale in California... e non fatelo sapere ai bambini!) ma lei se ne è accorta quando ha smesso di guardare fisso. Ha girato la testa, appunto.
Se smettiamo di guardare solo il particolare cogliamo nel mondo un movimento sorprendente, ma quel che è più affascinante, lo scopriamo dentro di noi.
Molto più vicino al vero.

giovedì, dicembre 25

Auguri 1

La luce, da qualche giorno si è fatta più forte... le giornate si allungano, il sole invicto rinasce e dà spinta al seme di luce nascosto dentro di noi, lo nutre d'un nuovo calore.
Quest'anno sono già nata una volta.
E della vita che ricordo vi è un altro compleanno, anzi, un'altro Natale, il 23 dicembre, quando sono tornata dall'estero. Un capodanno, il mio.
Guardando bene, insomma, Natale è quando ci si sveglia nuovi, qualunque sia il motivo; comunque, anche se nella nuova vita sei un po' più debole che nell'altra, o forse hai trovato il coraggio per mostrare la debolezza. Per accettare di essere a volte fragile e fallibile.

Il tempo che viviamo è spaventoso, è doloroso, crudele. I suoi regali si chiamano rughe, la carta del pacchetto in genere è riciclata, e col tempo, sul tempo concesso, diventa sempre un po' più corta. Un giorno, che forse non sapremo il pacchetto non si chiuderà più del tutto. Saremo al punto in cui le cose cominceranno a sfuggire dall'involucro.
Ma tutto ciò mi auguro che si viva senza alcuna tristezza. Il solstizio appena passato ci pone in una condizione in cui la luce cresce, e quando dico che qualcosa sfuggirà da quel pacchetto che è la vita, il quanto concesso, il mio augurio è che sia quella luce a sfuggire.
Da noi, dagli altri.
Perché il tempo è incredibilmente colmo di gioia e di sorprese, ma a volte fatichiamo a coglierle perché siamo compresi nel dolore e nella paura.

Il mio augurio, sulla soglia guardata dal dio bifronte (Giano), è che si possa cogliere la pienezza d'ogni istante.
La carezza decisa degli anni, quella incerta delle persone che non sanno come dire che ti vogliono bene.
La gioia di un abbraccio, il peso di un insulto.
Il seme, l'albero, il fiore e il frutto.

Il mio augurio per questo Natale, che condividiamo nella luce del nuovo sole, è che la luce che a volte nascondiamo dentro di noi abbia la forza di esplodere e squarciare i confini in cui ci ancoriamo, per trasportarci in uno spazio e in un tempo dove nessuno conta più di noi stessi, ma essendo perso il limite, nessuno conta più degli altri.

mercoledì, dicembre 24

Memorie

Giacciono insepolti molti errori

trascinati con me dall’ossessione

di riempirmi la testa a rivederli

e col ricordo deformarne il suono.

Questa è la mia vecchiezza!

Averne troppi e rammentarli tutti.

E’ un gravoso bagaglio che impedisce,

rallenta e blocca il volo mio spirale

scorgo qualcosa e cado giù di nuovo

così ritento di lasciarli andare.

Impallidisco d’orrore e di paura!

abbandonando quella scorta mesta.

Tolte le forme nulla il vuoto arresta,

perso il ricordo è aperta la visuale

e in questa solitudine sublime

non resta niente. Nessun Io da salvare.

lunedì, dicembre 22

Commedia, in tre atti


Primo atto.
Inspiro.
Un urlo.
L'essenza si contrae
nelle ultime vibrazioni,
scomposte.
Si contrae, si rarefà.
S'informa,
rotonda e inestinguibile.
Espiro.

Secondo atto.
Inspiro.
Mi verso
verso te,
e smarrisco la forma;
sulla pelle,
attraverso la pelle
dello spazio vicino
trovo una via.
Non più delineato
in un sottofondo di coscienza.
Espiro.

Terzo atto.
Perdo il tempo
il confine, le mani.
Sospeso, riprendo
e dall'acqua
si stacca il vapore.
Colore di me.
Odore di te.
Più nulla.

Espiro.

sabato, dicembre 20

Corsica

Dato che ne avevo parlato, e che in questo periodo il cuore e la mente hanno desiderio di viaggiare, allontanarsi dal caos natalizio della città e vivere una favola... ho aggiunto qualche foto su Flikr .
Un ricordo in fondo è un viaggio. Perché sempre diverso da ciò che era.

Fra l'altro avevo fatto, come mio solito, un po' di confusione tra password, ID, indirizzi, e non riuscivo più ad entrare sul mio album per modificarlo; perché ovviamente avevo dimenticato qualcosa (la mia imperizia su internet è ormai leggenda).
Per fortuna la parte del cervello che funziona razionalmente aveva registrato i dati, così oggi li ho trovati (solo dopo aver provato a creare un nuovo album). Va bene, l'importante è il risultato.

La Corsica è una delle isole più variegate, come paesaggi. Ne percorri pochi chilometri e passi dalle bianche spiagge,con mare cristallino, a deserti rocciosi, a rossi faraglioni. L'interno, tra Porto e Bastia, fa pensare ad un paesaggio marziano.
Un giorno o l'altro ci tornerò, a vedere quel che resta. Per ora ogni tanto sfoglio la memoria, e ritrovo qualche immagine. Qualche emozione.
Qualche foto.

venerdì, dicembre 19

Edera














Luce!

Colpisce i miei occhi

insinuandosi

tra le fronde,

quando odo

il rauco sussurro

del vento…

E il suo respiro.

Sibila e mi contorce

spingendomi verso

la sua ruvida pelle.

Soccombo e

l’accarezzo;

nel profumo

della sua vita,

sciolgo il mio abbraccio.

E mi confondo.

A lungo restiamo

avvinghiati,

fino a divenire

inscindibili idee

(di soggetto).

Per sempre legati

da un vincolo metamorfico.

E di amore.

giovedì, dicembre 18

Ma quanti possono entrare in Paradiso?


L'occasione era troppo ghiotta.
Corsica 2006: il campeggio più imbucato del mondo, sito al termine di una lunghissima strada bianca, una di quelle da "siamo arrivati? siamo arrivati?", e che ti fermi per l'ultima sosta, sfinito, impolverato, annaspante, prorpio prima dell'ultima curva.
La strada era piena di buche, e l'abbiamo scartata, come un regalo, si, siamo a tema Natalizio, con Vespina. Quella che ha dato spunto ai 'viaggi'.
La vecchia vespa blu del mio amico ingegnere di Firenze, con cui siamo fuggiti dal lavoro, allora, proprio nel momento in cui ricominciava. A settembre.
Le nuvole cominciavano a portare presagi d'autunno, ed il vento ha sferzato con vigore le coste varie e spettacolari dell'isola francese, mentre noi tornavamo nel tempo in cui si viaggiava in quattro in una vecchia cinquecento stracarica di bagagli, o su una vespina che lo era altrettanto.
Gli automobilisti strombazzavano e ci salutavano, come se fossimo attori di un vecchio film,, quando ci incrociavano; e in qualche modo lo eravamo. Protagonisti poveri, mentre una coppia fiorentina, su una vespa verde brillante, scorrazzava, incrociandoci a volte, in pieno stile vintage. Lei, con occhialoni scuri enormi, un vestito bianco, esile e naturalmente bionda. In realtà, francese.
Lui, alcolista, alto, grosso, scuro. Fiorentino.
Avevano una vecchia telecamera a manovella.
Il ricordo me li riconsegna con la vespa carica di bottiglie di vino, l'abito di lei che svolazza, semitrasparente scoprendo parte del ginoccchio magro colpito subito da un raggio di sole indiscreto. Lui con una tuta da aviatore, o forse da meccanico, blu. Quando li abbiamo (ri)incontrati sulla spiaggia de 'u Paradisu. Quella cui si accede attraversando Les Agriates. Il deserto.

Nell'immaginazione mi sentivo Castaneda, senza il suo don Juan. Ma allora, come oggi, avevo i tre centimetri cubi di opportunità del guerriero (non il guerriero della luce di Cohelo, eh!).
Quei tre centimetri ti cambiano la vita.
Però ti devi sorprendere ad essere velocissimo per poterli raccogliere.
Velocissimo e attento.

E così capita, quando lo fai la prima volta, che poi diventi più pratico, e col tempo finisce con l'essere più semplice.
Stai in agguato, e acchiappi quell'angolo, quella piega della realtà in cui puoi cambiare le cose.
"signora, no, non posso", impari a dire.
Impari a girare l'incrocio prima che si crei l'ingorgo. Impari a dare, prima che ti dicano di no.
A dire no, prima che dalla bocca scivoli fuori il si che ti sconquassa la vita.

Essere felici, credo, rientra in quei tre centimetri cubi di opportunità.
In quell'apprendere che devi cogliere l'esatto istante e non sciuparlo con niente. Tanto meno col pensiero che, forse, non durerà.
E la condizione di essere felici è come essere in Paradiso.

Oggi. Ora.

Entrano in pochi. Forse tre soli, alla volta. A volte meno.



martedì, dicembre 16

Ma dove è finito, tutto il tempo?
Il respiro si mozza,
le ombre scompaiono
prima di un giro di meridiana.
Non le ho più, ma non vedo.
E ad ogni cieco passo
scolpito
avverto che è tutto qui.
Adesso.

sabato, dicembre 13

Estratti di felicità (notiziario dal mondo)

Dedicato a chi lo può mangiare:

"Il cioccolato fondente è un antidoto alle abbuffate natalizie

...molto buono, il cioccolato fondente è una ricca fonte di antiossidanti, di acidi grassi sani e alcuni studi hanno rilevato effetti benefici contro la depressione. Ora un gruppo di ricercatori dell'Università di Copenaghen ha scoperto che proprio il cioccolato può aiutarci a contrastare le abbuffate natalizie.

L’esperimento - Secondo quanto riportato dal quotidiano britannico Daily Mail, i ricercatori hanno condotto una ricerca su 16 giovani maschi sani con un peso normale. I volontari sono stati a digiuno per 12 ore e dopo sono stati divisi in due gruppi. A un primo è stato dato cioccolato fondente da consumare in soli 15 minuti, all'altro invece è stato dato cioccolato al latte da consumare nella stessa finestra temporale. La quantità di calorie del cioccolato fondente era pari a quella del cioccolato al latte.

Chi mangia il fondente poi ha meno fame - Dopo questa abbuffata veloce di cioccolato, i volontari hanno dichiarato quale fosse il loro livello di sazietà. Dopo altre 5 ore di digiuno, i ricercatori hanno dato pizza a tutti i volontari. Ebbene, a quelli che avevano mangiato cioccolato fondente è bastata per sentirsi sazi una quantità di pizza che aveva il 15 per cento di calorie in meno rispetto a quella necessaria per saziare il gruppo di volontari che aveva mangiato il cioccolato al latte.

Più nero e più sano - Per questo i ricercatori sono convinti che mangiare il cioccolato fondente può aiutarci a frenare i nostri impulsi onnivori che si scatenano in questo periodo festivo.
Esperimenti o no, che il fondente sia più sano del cioccolato al latte lo sanno tutte le nonne e, ormai, pure i nipoti. Però fra tutti i tipi di cioccolati che ci verranno offerti durante le feste (nocciolato, mandorlato, bianco, con la granella, al caffè e chi più ne ha, più ne metta), scegliendo quello nero sapremo che non daremo soddisfazione al solo palato."

(Articolo apparso su: http://natale.tiscali.it/articoli/12/cioccola_contro_abbuffate_123.html)

Dato che io purtroppo non lo digerisco, aggiungo quindi un articolo trovato da mio padre...

"LA FELICITA' CONTAGIOSA, SI TRASMETTE A CHI E' VICINO (ANSA 2008-12-05 12:26)

ROMA - La felicità è contagiosa: si trasmette, infatti, da una persona all'altra, anche se l"untore'' felice non conosce direttamente gli individui destinatari della sua gioia. E l'effetto 'contagio' dura fino a un anno.

Lo dimostra uno studio diretto da Nicholas Christakis della Harvard Medical School e della California a San Diego: la ricerca mostra, infatti, che quando un individuo è felice dell'Università contagia gli amici e gli amici degli amici, disperdendo la sua gioia su tre gradi di connessioni nella rete sociale.

Pubblicato sul British Medical Journal, lo studio è stato condotto sul campione della precedente indagine 'Framingham Heart Study' sulla salute degli americani: 5124 adulti di 21-70 anni reclutati e seguiti tra 1971 e 2003.

Gli autori dello studio hanno trovato 53.228 connessioni sociali tra i 5124 partecipanti, e si sono quindi concentrati su 4739 persone seguite dal 1983 al 2003. Ad essere fondamentale in questo meccanismo di trasmissione della felicità, hanno ossrvato i ricercatori, è la distanza tra i soggetti.

Se due amici vivono infatti a mezzo miglio di distanza (800 metri circa) e uno dei due vive un periodo felice, l'altro ha il 42% in più delle chance di essere felice a sua volta.

Le chance calano all'aumentare della distanza: due miglia (3,2 km circa) equivale a una probabilità di essere contagiato dalla felicità dell'amico del 22% in più. Fortunatamente, però, la tristezza non riesce a diffondersi così a macchia d'olio, sostengono gli autori del lavoro."


... sperando che siate così buoni con me, dopotutto è Natale, da mangiare tanta cioccolata, sentirvi più felici, e contagiare quante più persone possibile...


Occorre considerare che, quando mia madre era a dieta era diventata piuttosto triste, forse proprio perchè le avevano tolto la cioccolata...?

Come il denaro, il nero cibo degli dei non farà la felicità, però aiuta parecchio.

:))




venerdì, dicembre 12

Avanzi di realtà: la crisi è assente per malattia

(Premetto:
non ci capisco niente di politica. Né di economia.
Ho una ferma avversione per le rate. Se posso comprare una cosa la compro in contanti, o bancomat. Mutuo a parte, per ovvia contropartita: o getto i soldi al vento con l'affitto, o piano piano mi compro casa.)

C'è la crisi. Quindi apriamo un nuovo centro commerciale. Anzi, due. Il terzo a ridosso di Natale. Che tutti sono più buoni e si fanno tanti bei regalini...
Uno dei Centri (che strano passeggiare là dentro: se piove non ti bagni, se esce il sole non lo sai. Entri al mattino, esci che è buio. Ma dove è il gusto? Sono un male necessario?) è un Outlet; vieni a spendere meno: paghi un jeans 100 euro, però è un Valentino dell'anno scorso. L'anno scorso ne costava 200. Ergo, hai risparmiato. Anche con la crisi.
E poi si creano posti d lavoro. E il centro commerciale l'abbiamo iniziato prima della crisi. Tra un mese ci son i saldi, e i centoquindici centri commerciali di Roma e dintorni, ivi compreso Milano (il mondo è piccolo) ospitano centinaia di nuovi dipendenti e migliaia di italiani che sfuggono all'impietosa mano di qualche dio che lava il pavimento dell'Universo. E stanno tutti insieme a guardare le vetrine, chi da dentro chi da fuori, in attesa che la crisi passi o venga sepolta da un applauso.
(Non sarà che, nel far si che si allaghi la strada appena costruita vicino al nuovo centro commerciale dell'Eur, che quindi è rimasto chiuso, nel far piovere sì tanto da giungere all'allerta "non percorrere il GRA se non è strettamente necessario", e possibilmente "non uscite di casa", dicevo, non sarà che ci stanno mandando un messaggio?)
Ah ah ah. E chi ascolta? Intanto ascoltati la pubblicità del nuovo gestore telefonico: con soli 49.90 euro al mese (oh, dico: al mese!!!) ti regaliamo il telefonino più figo del mondo (che domani è già vecchio); tu ti sentirai veramente un re. Anche se c'è la crisi.
Anzi, consumatore. Siccome ti vogliamo bene facciamo così. Se spendi almeno seicento euro ti regaliamo anche una macchinetta fotografica. E poi ci paghi tra sei mesi. Già, ti rendi conto che fortuna?! Per sei mesi hai la televisione gratis! (poi se tra sei mesi c'è ancora la crisi tu consumatore ti darai la zappa sui denti, o sui piedi. Perché ti ho sentito dire "se comincio a pagare tra sei mesi, allora compro quello che costa 1200 euro" ... e tra sei mesi vale 900 euro, come quello che potevi comprare oggi. Ma forse tra sei mesi i trecento euro ti serviranno ad altro...)

Forse la crisi fa sciopero bianco: è presente al lavoro ma non fa niente?
Forse la crisi è assente per malattia. Ma nessuno controlla se è a casa.

Se il cielo è scuro... guarderò il verde del prato

La mano di dio infila collane di gocce interminabili; e le perle iridescenti schiacciano l'uomo in una delle sue gabbie.
Quanta gente oggi ho sentito dire, o visto esprimere nell'aria appassita degli angoli della bocca, che con tanta acqua non si può più essere felici!
Ma come? E poi perché?
Quali buffe teste ci ha creato, questo dio bislacco, per far sorgere l'ombra di tali convinzioni?
Non c'è che dire; io amo le fredde giornate di gennaio, col sole che splende basso, sfiorando i confini delle torri che l'uomo ha eretto verso il cielo. Amo il tepore che a malapena lambisce, in quei giorni, le pagine scritte sulle mie mani, che neppure i guanti riescono a scaldare. In quei giorni brucerei la mia storia pur di avere un po' di calore per le dita intorpidite. Getterei nel camino il libro che fatica a venire alla luce, le pagine di quello, più corposo, che la vita mi fa sfogliare ogni giorno. Ma se il sole aiuta, non è quello che ci rende felici.
Felici, piuttosto, ci fanno le piccole dolcezze che ci scambiamo nell'incontrarci. Nel condividere quello sguardo che, comunque, al cielo, ci va.
Oggi per controllare se non ci sia per sbaglio, uno sprazzo d'azzurro, da qualche parte.
Scenari apocalittici, letti o strillati nei tg, inclinano a credere che oggi dio abbia deciso un nuovo diluvio. Qualcuno lo ha detto. Che sia la fine del mondo?
Beh, dirò, allora se Dio stavolta s'è scordato di mandarci Noè, io navigherò sulla barca ondeggiante del mio sorriso. Sul tratto in salita dell'angolo della bocca, che mi fa irridere la paura, perché alla fine, tanto o poco, anche oggi ho vissuto una splendida fortuna.
Il sole si è levato senza mostrarsi mai, le vie erano allagate, in buona parte; le nuove buche nell'asfalto hanno fatto inciampare qualcuno, che ha perso in sicurezza come quando, dopo un momento felice ti trovi all'improvviso svuotato. E credi di essere triste.
Credi.
é tutto il giorno, che sembra notte.
Ma non saremo più felici, col sole, di quanto lo possiamo essere ora.

mercoledì, dicembre 10

Sulla via


Quando vado al lago, ultimamente il tempo sembra sempre ombroso. Ma dopotutto è autunno (fa il tempo che piace a me... uggiola la voce che vuol narrare un'altra storia), e l'immagine congelata dei rami spogli si impronta sulla mia pelle, che si increspa come la superficie del cratere nascosto.

Osservo lo specchio d'acqua, la sua superficie trafitta dalle insistenti gocce del temporale. La sua pelle increspata e rumorosa, nasconde le creature del fondo,e scaccia quelle che gli scivolano sopra, si tuffano dentro alla ricerca di cibo, e volano sulla sua presenza, nelle mattine assolate.
I cigni oggi non si vedono. Lo specchio, rotta l'immagine del cielo, si ribella al suo ruolo di passaggio.
è passeggero del vento, che lo riversa addosso alle rive sabbiose, sulle creste dei massi che si affollano sotto il muretto della passeggiata.
Questo si vede.
Il resto è chiuso sotto le onde, che smuovono la sabbia nera dal fondo, e imbruniscono l'acqua.
Le creste bianche , come sorrisi che scappano ad un uomo chiuso in se stesso.
Frammenti, che non sanno propriamente di pace.
Schegge che scivolano oltre la pelle, e mentre guardi ti senti ferito, come da un foglio di carta. Il taglio è sottile, invisibile; non così il bruciare insistente.
La pelle e le onde di superficie, arrancano sul vetro che rimane sotto; frantumazione d'una esistenza. Essenza dolorosa della libertà di non mantenersi composti in un vaso.

Di essere anche la mano che modella una nuova forma...






lunedì, dicembre 8

Un passo indietro


Un passo indietro; riassorbo per un momento il calore dei giorni prima di questa estate.
Quando con gli occhi credevo ancora di guardare tutto, e coglievo solo metà delle cose.
Ma ho amato, quella mezza bellezza.
Che mi riempiva totalmente. Forse sono abbastanza piccola, dopo tutto. O forse il cuore, negli anni, ha perso qualche parte di sé, nei lunghi vagabondaggi che si impone, ed ora si riempie in fretta.
Quella mezza bellezza che vedevo, di te, mi è sempre bastata.
Ho amato le briciole della persona che eri. Quelle che restavano sul tavolo del Caffè, quando ci concedevamo il tempo di sederci, ed ammirare il paesaggio. Prima di lasciarci andare via.
Ho amato la pelle che nasconde, che sembra dividere, tanto quanto il lungo spazio che ci separa.
Ho amato il sospiro lungo dell'inverno, che si è sbattuto sulle ragnatele dell'angolo destro in alto della veranda, disfacendole filo a filo.
Ho amato il rumore che faceva la tua voce, scivolandomi in tasca; ma l'eco che rifluisce da lì, toglie il posto alle mani. Che, immobili, lasciano il gelo a scolpirgli un nuovo giorno addosso.

Ho visto la fine, di questo arcobaleno sotto cui non potevo mai passare.
Ho visto la fine scagliata su una curva, con la violenza che i riflessi acquistano, quando rimbalzano sulle superfici dei ricordi.
E riesco a vedere, ogni cosa, tra il vagheggiare di quei colori, che mutano la scena oltre di loro.

Adesso, che vedo, amo tutto di te; anche gli spari remoti, i pensieri più bui. Anche le cose che non sai ancora, e il tempo che non vivremo mai insieme.
Così posso rinunciarti. Perché perdo il bisogno di appartenerti.
E l'illusione che non ci apparteniamo.

sabato, dicembre 6

In bilico

Ho un sorriso funambolo.
Un trastullo di cristallo
è la mia mente indecisa.

Il cuore è pieno
di corde
su cui scorre
un vago senso di me.

In bilico.
Finchè si alza il vento.

mercoledì, dicembre 3


Naturalmente, la mattina si è fatta più fredda; la mano non trema, ma l'indice è irrigidito dall'attesa di poter scattare, senza che le auto si infilino rombando nella foto. Devo attendere a lungo; perdo un attimo buono, perché il dito fatica ad abbassarsi con la giusta pressione sul tasto dello scatto; ma se la foto, colorata di queste imprecisioni, non ha l'esatta inquadratura dell'altra volta, il posto è lo stesso.
E allo stesso modo, quando percorro questo viale mi manca il fiato. I pensieri arrancano cercando di uscire allo scoperto, poi si ritraggono sconfitti. Infatti devo attendere, perché si facciano vivi. Perché si possano arrangiare in parole le sensazioni inquadrate tra le foglie cadute, e il fiato grosso di freddo.
Non so, ma questo ingresso ha qualcosa di magico. Come una porta su qualche altro spazio.
é il confine tra quello che ero prima, e quello che sono quando ritorno.

Nuovo week end di corso alla scuola per giovani maghi, a Bracciano. E questa volta, non sai mai cosa si finisca con il conoscere quando inizi il viaggio, le chiacchiere parassite dell'apprendimento accademico hanno portato verso l'alimentazione, e verso la filosofia dell'autoconoscenza.
"Non c'è nessuna guarigione staccata dalla trasformazione di " (Rovati), avevo già appuntato... poi un'altra cosa, piccola: quando si studia il particolare si rischia di perdere di vista la Verità, che è globale. Che è Una.
Queste osservazioni, rispuntate all'alba del secondo giorno, quando si cominciava a prendere confidenza con il collega che insegnava stavolta, si sono manifestate martedì al lavoro; nel trattamento di una ragazza di quattordici anni, con grave scoliosi.
Le ho chiesto di dirmi come si sentiva appoggiata, se mi poteva descrivere l'impronta del corpo a terra. Ha detto che era tutto appoggiato (la zona dorso lombare non toccava minimamente) che non c'era nessuna differenza nella posizione delle gambe (una era quasi ruotata in dentro, l'altra era girata in fuori), e la sola piccola differenza era nell'appoggio delle scapole. Abbiamo cominciato da lì.
Dal particolare, si, quello che lei sentiva, e su cui concentra l'attenzione, per tornare al globale.
Dalla sensazione, locale, all'immagine reale. Piena.
Quanti di noi hanno conoscenza del proprio corpo? Se in questo momento siete seduti e vi chiedessi di alzarvi...(fatelo se vi va)...
e poi vi chiedessi di descrivere esttamente come eravate seduti?
Sentite ancora l'appoggio dei glutei sulla sedia?
Sapreste dire quale dei due poggiava maggiormente? Ricordate;.
Esperite ancora la pressione, l'immagine di quello che era?
Provate a sedervi di nuovo, ora, e se volete, fate più attenzione.
Alzatevi ancora.
Ma la schiena stava appoggiando? Riuscite da in piedi a sentire ancora quella sensazione?
Se alzate un braccio e poi lo abbassate, sapete riprodurre mentalmente la direzione, la pressione del movimento, la sensazione di tensione sotto ascellare quando il braccio è alla massima elevazione?
Il nostro cervello attiva le stesse aree motorie, sia quando si fa un movimento che quando lo si immagina. Entrambe le cose sono quindi vere, perché riproducibili. Quindi il fatto che ci si possa ingannare, che si possa 'sentire' la coltellata tra le scapole che vi hanno dato, l'abbraccio virtuale di un amico, l'attimo di sospensione del fiato quando si varca una soglia... per il cervello e per la mente sono reali.
Non sto parlando di Verità, anche se quello che dico è vero, ma di realtà. La percezione di reale rispetto a qualcosa che viene creato dalla mente, in base al suo vissuto. Per capirsi: "quando ci si scotta con l'acqua calda, si ha paura anche di quella fredda" direbbe il proverbio.
Così la mente, così il corpo. Così il cuore.
Ma del ricordo si sa come è, non come fu. Quindiha valore sostenere che possa essere reinterpretato. Compreso. Ricostruito fornendogli un'altra valenza.

Il mio cuore si sospende, quando varco quella soglia d'alberi. Al di là c'è una curva, dove scompare la scia di quello che era; ogni volta che scavalco quel limite, immagino che tutto quanto quello che era non sia più. Provo a togliere uno strato, come se mi sfilassi un maglione. Provo a lasciare un filo tirato, legato al punto in cui mi fermo per la foto, e vado avanti, lasciando che si tiri, che disfi pian piano quella maglia pesante dell'esperienza.
Questa che sto vivendo, è un'altra possibilità. UN'altra vita, dopo la prima.
Un orizzonte libero da ogni aspettativa. E correndo con lo sguardo scopro un fiore tra piastrelle di cemento; un sorriso in un ricordo buio (prima che si dipani e dispaia); un punto d'appoggio che non sapevo più.