sabato, giugno 25

Aprire la valigia (e anche la guida turistica - terza parte)

Sole sul silenzio
Al mattino di sabato, nonstante il patrio caffè ci abbia seguite (caffettiera elettrica), scopriamo che siamo ancora qui.

Ci addentriamo nuovamente nei vicoli, mentre la città se ne sta acciambellata come un gatto, ancora assopita: le saracinesche son le sue palpebre abbassate, e si rigira al suono dei nostri piedini turisti, come vagamente infastidita dal pigolio enfatico con cui oltrepassiamo ogni spigolo.


Svegliandosi pian piano

Siviglia, quasi di primo mattino






Tra la Cattedrale e Starbuck's, c'è un Caffè dall'aria invitante, così ci sediamo per gustare qualcosa di tipico (più o meno) prima di infilare il grande portale che ci conduce nelle infinite altezze del gotico, ben noto ai frequentatori delle città della Francia, e che qui sembra un transito fra sé, e il Mudejar che caratterizza l'affascinante Alcazar.
Purtroppo ci scacciano dal Tempio prima che si possa visitare la Giralda, a causa d'una cerimonia, e ci consoliamo pensando che torneremo, più tardi o quel lontano, ultimo giorno di vacanza, in cui ormai abbiamo stabilito di tornare proprio a Siviglia.
La Giralda
Inquadrando metro per metro l'esterno, cercando di raccogliere tutte le sfumature che caratterizzano il dito del campanile puntato al cielo, ci avviciniamo alla fila per il palazzo Reale; cogliamo il tentativo d'una guida (forse abusiva) che vuol vendere i suoi servizi a dei nostri compatrioti, e poi... siamo dentro.
Non saprei proprio cosa mi aspettassi, ma qui non solo "i bambini fanno OH, che meraviglia"!

Saliamo scale azzurrate, ci incastriamo tra riflessi e finestre, corriamo con gli occhi tra sottotetti e decorazioni, con la percezione che si espande senza perdersi; se ne va attraverso le ondulazioni, gli intrecci, le parole coraniche incise, rilevate, colorate, incastonate, e torna, come abbracciata dagli stessi.
L'arabesco ha la capacità di essere sia circoscritto che espanso, attraverso quei vuoti che lascia in se stesso.
Ben diversa, l'arte barocca che in un certo senso è altrettanto colma di se, ma presuntuosa ed esagerata. Questo stile ha la dignità d'una ricca signora che si mostra senza ostentare. Come se avesse una semplice collana di perle, una perla sola, anzi, su di sé, che racchiude in se stessa il mondo che vi si specchia.
E la mano del vasaio.

La giralda affacciata sull'Alcazar (riflessi)



Alcazar, interni
Alcazar

geometrie imperdibili (Alcazar, Siviglia)

Attraverso la finestra






















Alcazar, i giardini





La visita prosegue, attraverso cortili, giardini ricamati di fiori, portici sospesi fra il cielo e le buganvilles rosa, che ne assediano i contorni.
E non manca l'intermezzo romantico, che spinge a rubare un attimo intimo, come se quella piccola finzione della foto potesse raccontare dei sogni romantici d'ogni passante, ma soprattutto i nostri.





i baci rubati























All'uscita dall'Alcazar, la calura ci dissuade dalla fila per la Cattedrale, ormai riaperta, e ci sediamo a gustare un Salmorejo davvero squisito, anche se purtroppo carissimo. Ma il posto scelto è fresco, e la conversazione brillante come il sole di quest'ora, che stordisce e logora le pupille. Così alla fine ripieghiamo sull'Hostal per una rinfrescata generale e poi, col ritmo placido del turista non ossessivo, ce ne andiamo un po' a passeggio. Cercando, si, lentamente di raggiungere il Barrio de Santa Cruz, ma sedendoci prima in un caffè di piazza tra granite e gelati, smarrendoci nelle vetrine di scarpe, e anche un po' nei negozi.
L'unica soddisfatta alla fine è Lo', che acquista dei graziosi (e il seguito dirà, anche pericolosi) sandaletti neri, per sostituire quelli che fino ad ora l'hanno lasciata sempre un passo indietro, o altrove, rispetto a me Madama Dorè.

















La serata si chiude con un bel tramonto sul Guadalquivir, che già naviga il nostro immaginario, controcorrente verso la prossima tappa.

mercoledì, giugno 22

Aprire la valigia (mantenendo l'ordine - seconda parte -)

Scendendo in strada
Così, il primo giorno di viaggio, io Madama Dorè e la mia amica Lo' siamo arrivate a Siviglia, con ancora in mente l'immagine, ma già iniziava a mutare, degli specchi dell'aereoporto.
Ci riforniamo di cartine all'Ufficio del Turismo dello scalo sivigliano, e saliamo sul primo taxi, lasciandoci presto alle spalle le remore linguistiche e iniziando ad interrogare l'autista, lietissimo di farci da cicerone, sulla quantità di piscine intraviste dall'aereo, e su poc'altro. infatti lui, lanciatissimo, ci infiora la città indicandoci ponti e quartieri, e facendocene innamorare ancor prima di riuscire ad intravederne le tipicità. Che incantano i cuori e incastrano il pulsante della macchina fotografica.

Attorno all Arena de Toros
Le ombre proiettate sui muri ci seguono nella calura, e si smarriscono a volte ammirate da un angolo decorato, da piastrelle sotto i balconi, dalla scoperta casuale dell'Arena, percorsa solo in esterno. Quasi che l'eco delle corride sia (solo per ora) sufficiente a dissuaderci dall'entrare.


 Ci rinfranchiamo con un Gazpacho, dopo aver sorpassato un ordinatissimo accampamento di manifestanti, così lindo da far invidia a qualsiasi impresa di pulizie, e ci addentriamo nella Real Fabrica de Tabacos, famosa per la Carmen (credo), e ora Università di Siviglia;  attraversandola pian piano iniziamo a sentire, complice la bevanda tipica andalusa di poco prima, la nostra aria che inizia a cambiare. Ci immergiamo nell'atmosfera, scivolando tra scale e porticati, alla ricerca delaa Plaza de Espagna, che una amica di Lo' ci ha indicato come posto degno di nota.
Riflessi sotto al ponte
A dire il vero, se avessi visto delle cartoline prima di arrivarci, l'avrei senz'altro bollata come poco interessante.
Le cartoline, se non in alcuni casi, rendono davvero poco lo splendore degli azuleios, le prospettive scaldate dagli arcobaleni nelle fontane, il suono attutito del remo d'una barchetta che passeggia due innamorati nel laghetto. E mancano dell'emozione della foto personale, che a chi guarda, senz'essserci stato, può apparire altrettanto silenziosa d'una cartolina da trenta centesimi; ma mentre tu scatti ci metti dentro il rumore dellìacqua, la sospresa delle cromie ricercate, il riflesso azzurrato del sole che attraversa i vetri dei lampioni. Le risa e i sospiri, di chi si sente finalmente... viaggio.
Plaza de Espagna, le panchine delle province





Particolari della piastrellatura, Plaza de Espagna
Studiamo la cartina, solo quando ci rendiamo conto che la fame, e non più l'estasi, ci trasporta in uno stato confuso. Le forme sembrano già abbastanza, anche se sulla via per il Barrio Triana, dove andremo a mangiare, sorprendiamo nuove immagini, perdiamo il confine dello stomaco tra la fame reale e quella di scoprire, di incamerare, non solo a livello digitale, tutto il possibile.




scarpe per tutti i piedi


Infatti par che suonino il flamenco perfino le vetrine, mentre qualche nota risuaona effettivamente da lontano, rimbalzando sul giallo del muro basso, verso il bianco che carezza i balconi. Suonando di "ooh" incantati, inseguiamo l'odore del pescado fresco che si spande per le Calli, mischiato a più leggeri aromi di fiori, ed al rumore distante del Guadalquivir che scarroccia qualche barchetta sul suo petto ampio, mentre noi lo sorvoliamo attraversando il ponte.
E, sedute infine alla Taverna per ristorarci, pare quasi che tutto finisca in questa sera, tra la prima cerveza che sorride sul tavolino, e le tapas prescelte.



Siviglia vista dal Barrio Triana
Assaporiamo la cena come fosse non la prima ma l'ultima, quasi dimentiche, nella curiosità dei nuovi sapori, che il tempo concesso qui, è solo all'inizio.


lunedì, giugno 20

Aprire la valigia (prima parte)

Infine si parte.
Ogni viaggio che si rispetti inizia facendo la valigia, e termina quando gli ultimi panni sono lavati, la faccia è pulita e il cuore, svuotato in partenza ed accuratamente pesato sia all'una che all'altra dogana, è quieto.

Finisce quando non hai più voglia di viaggio, e scorri le immagini non come ricordi, ma come qualcosa che, essendoti già stampato dentro, non ha più bisogno d'essere corretto e ricordato. E' tuo.
particolari di un palazzo Sivigliano
Qui finisce il viaggio, ed inizia il racconto.
Di come un giorno sei salito su un aereo, senza più pensare a quello che immaginavi su questa partenza, alle attese e alle illusioni, ma solo alla terra che ti corre sotto i piedi, a migliaia di kilometri prima, e ben serrata e rovente quando, a poche ore di distanza, calpesti il suolo d'un'altra nazione, ascolti suoni che ancora non ti appartengono. Divori immagini, mescolando quello che vedi con quello che sei.

attorno all'Arena (Siviglia)

Attorno all'Arena

il Guadalquivir
"alle scale piace cambiare" -  Università di Siviglia -


Plaza de Espagna (Siviglia)

Plaza de Espagna

Plaza de Espagna

La rosa del mio segreto. E luce blu.
E al mattino, specchiandoti, quasi non ti conosci. Ma ti ri-conosci.

giovedì, giugno 2

Cartoline da casa

Cara/o te
ancora una volta, mi preparo per un viaggio; la valigia è ancora solo una formula magica,  che domani si trasformerà in atto: abracadabra! parlando, creo.
Ormai è così, la preparo a mente, e poi via, in un attimo è chiusa. Sicchè, quando le partenze sono rapide, e ritorno in un battito di ciglia (altro che scarpette rosse!) mi ritrovo a portarmi dietro molto più di quanto vorrei. Ma già...cosa voglio?

Cerco di ricordarmi di gettare nella spazzatura tutti i pezzi di carta accumulati, anche le lettere non spedite, se non trovo il francobollo. Lascio spazio per alcune cose vecchie, che romanticamente compiranno un ultimo viaggio dove si troverà il bivio della separazione: qui, a volte, le vie che si percorrono sembrano sempre le stesse. E quando è così, anelo alla partenza, e tirando su la lampo dello zaino immagino che accada, dentro, quello che accade fuori!
Non dimentico di lasciare tutti quei piccoli rumori che non voglio più sentire; magari un vizio di postura, e i dolori ... che andrebbero gettati assieme al vetro, visto che esiste la raccolta differenziata.

Annaffio i sogni, sperando di trovarne i fiori eccitati dal sole, sul mio balcone, quando ritorno. C'è sempre bisogno di un posto dove tornare, e se è accogliente e caldo, ancorchè vuoto come un nido prima della primavera, ti promette che il viaggio è solo l'inizio d'un ritrovarsi. Non una fuga per perdersi.

Quando sarò là, cercherò di non sottrarmi alla piccola gioia d'un souvenir, magari fatto di stupore e allegria, d'esperienza e racconti, che piegati e stretti l'un l'altro, in genere non aumentano il peso del bagaglio. Anzi, mi pare, sfilano qualcosa da dentro, e ritorni più magro di te. Con il sorriso, che rimane sempre un po' più a lungo.



Cara, o caro tu,

quando faccio le valige e sfilo dai cassetti gli abiti che vorrei indossare, e conto quelli che non porterò, ma di sicuro infilerò tutti assieme al mio rientro, cerco di non dimenticare di bere un po' di pozioni rivelatrici, cercando di Vedere quello che manca e che potrebbe esser tenuto in tasca anche passando nel metal detector: sono le gioie degli amici che si ritrovano, delle persone che ami che ti accoglieranno sempre a braccia aperte, anche se arrivi claudicante, perchè ti sei accompagnato con gli zoppi. Le piccole decorazioni della tua casa, che s'arricchiranno delle immagini di strade conosciute col piede e con gli occhi. Impressioni che ti intonacano e dipingono di nuovi colori le pareti della tua stanza.

Con le parole creo. Perché, lo sappiamo ambedue, non ci sono amuleti che trattengano dentro gli amici, né che davvero ci proteggano dai nemici; puoi solo star qui, a mani vuote, e dire: questo che vedi, è tutto quel che c'è. E' per te.

Con te mi par di poterlo fare, per amicizia. Ai nemici, ci penserò poi, ma se mi manca qualcosa, se pensi che dimentichi, in questa cartolina,  carezze dovute o pugni non tirati, ti prego di non volermene, ma a volte, anche stilando una lista, si dimentica qualcosa, così come si acquistano cose inutili.
Lasciamo che basti così, allora,
poichè ogni giorno apro il Libro (degli incantesimi della vita) e studio.

Ma lo sai... che qualche volta marino ancora la scuola!

Un abbraccio  allegro di pollini e profumi di tarda fioritura.

Adesso, la valigia è pronta.