lunedì, aprile 23


Cari lettori e amici

è qualche tempo che non scrivo, o almeno così mi pare; ma le apparenze cambiano e di recente sembra che ci sia più luce attorno, che definisce meglio confini e sconfinati orizzonti. Che toglie definizione all'idea di 'tempo'.
   Non è solo per l'incedere leggero della primavera, pur se a dire il vero certe cose avvengono solo nella prima vera luce dell'anno. E così, vera-mente e dolorosa-mente, ho aperto ancora una volta gli occhi sul mondo e certe cose si stanno ridimensionando; stanno assumendo la loro forma reale, ovvero talmente piccola che mi pare d'essere questa minuscola farfalla su un campo di cui non può se non intuire una fine. All'inizio ogni fiore mi sembrava un mondo, ora ri-scopro che un mondo che è fatto di pollini e pistilli, di un colore e di un definito spazio, non è altro che uno di tanti, e l'inizio di un cammino che te ne mette innanzi infiniti altri. Batto le ali e avanzo, sperando che il mio giorno sia ancora abbastanza lungo per vedere tutto. Tutto ciò che si può vedere in un giorno.
Oggi, dice un detto indiano, è un buon giorno per morire.
Aggiungiamo "a noi stessi", e sorridendo lasciamo andare tutto ciò che c'è di troppo pesante; sorridiamo, dietro il prossimo fruscio d'ala, più in basso del fiore che riesci a vedere, dietro le mura di un acquedotto o di quella porta che chiamavi casa, c'è un ipotesi fior di pesco rosa, un ramo di giuda coperto di foglie  e non più traditore. Un cielo che non finisce mai!

Buona settimana a tutti!

P.S. per ben riprendere, riprendiamoci un po'... http://www.dinamicamente.net/data/materiali/didattica/dispensa%20i%20cinque%20tibetani.pdf




lunedì, aprile 16

Se mi ami non piangere - Sant’Agostino


Se mi ami non piangere!
Se tu conoscessi il mistero immenso del cielo dove ora vivo,
se tu potessi vedere e sentire quello che io vedo e sento
in questi orizzonti senza fine,
e in questa luce che tutto investe e penetra,
tu non piangeresti se mi ami.
Qui si è ormai assorbiti dall’incanto di Dio,
dalle sue espressioni di infinità bontà e dai riflessi della sua sconfinata bellezza.
Le cose di un tempo sono così piccole e fuggevoli
al confronto. Mi è rimasto l’affetto per te:
una tenerezza che non ho mai conosciuto.
Sono felice di averti incontrato nel tempo,
anche se tutto era allora così fugace e limitato.
Ora l’amore che mi stringe profondamente a te,
è gioia pura e senza tramonto.
Mentre io vivo nella serena ed esaltante attesa del tuo arrivo tra noi,
tu pensami così!
Nelle tue battaglie,
nei tuoi momenti di sconforto e di solitudine,
pensa a questa meravigliosa casa,
dove non esiste la morte, dove ci disseteremo insieme,
nel trasporto più intenso alla fonte inesauribile dell’amore e della felicità.
Non piangere più, se veramente mi ami!
Sant’Agostino

E poi, vi racconterò..

sabato, aprile 7

Rami d giuda

Raccolgo le mie cose; con un lieve tremito; iniziando dal rimettere in piedi e allo specchio, quelle quattro ossa che s'erano tenute insieme sulla direzione apparente del legame che tessevamo fra noi; adesso tendono di nuovo a fuggire una dall'altra.

Riesco ad imprimergli un moto centripeto attraverso un esercizio attento di ricordi, che le richiami verso il cuore, come quando nascevo, quella prima volta. E che restituisca al mio cuore amnesico, i motivi della fuga; l così da consentirgli d'andarsene di nuovo via da me per farsi più grande, senza fracassarsi come un bicchiere a terra, che lascia vino o sangue sparsi senza soluzione.

Riesco ad imprimergli un moto centrifugo meno lacerante, con dei piccoli trattenimenti di fiato mentre in espirazione, seguo il timido vagare degli occhi verso altri spazi, oltre il tavolo verso un altro viso, alla ricerca della via di uscita dal cunicolo che separa la porta sorpassata, dalla prossima aperta. Ipotesi di verde sulle colline, di grotte inesplorate, del roco sussurro del mare sui piedi.

Riesco ad imprimergli un moto centrifugo con un lieve punto di dolore, una pizzicata, mentre mi pettino i capelli per uscire allontanandoli dalla testa dove si erano arruffati in attesa di un soffio appassionante che non è mai tornato. I capelli sai, non li scompiglia il vento. Se no, come ti spieghi quelle volte che sono restati in ordine nel fortunale? I capelli giocano con le alitate impreviste, con quello scherzo di maestrale o di caldo scirocco, allenati ai balzi traditori di una piega rigida che non mi appartiene, dall'arrotolarseli alle dita o dal nascondersi dietro un orecchino; scivolo nel ponentino aspettandomi che si ingarbuglino di nuovo per giocare come quando sono felice; e oggi che li pensavo vergognosamente lisci e allineati, stanno già di nuovo accoccolandosi verso il capo, per tentare un salto laterale, che mi lasci almeno una carezza di emozione.

Riesco a calibrare i moti riaprendo la porta della mia casa dove non ci sono inferriate per canarini e le finestre sono sempre aperte perchè il vento suggerisca giochi ai capelli, ci sei stato, una volta, ma quel che vi resta di te è quel che ho inventato da mangiare insieme, e tu non sei più tornato ad assaggiare il riso.
Abbiamo lasciato al ristorante, piegato in un tovagliolo inamidato, l'ultimo saluto, ma almeno, mi dico, non devo lavare i piatti.

Contemplo un'ultima volta la nostra casa costruita male, con i muri nelle stanze, e senza vento, e mi infilo una giacca per andare coprendomi il collo perché il caldo ne dissipi i nodi, e lasciandomi senza cappello.
Getto le ultime parole, calandole dalle tasche nei cassoni che contengono vetro e pezzi d'anima sporchi di vino, e vado via, accentrata e centrifuga da questo tempo. Sperando di cogliere presto sulle tranquille colline che ho attorno, un un tradimento del verde: rami di giuda!
Un rosa, quasi rosso.








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