giovedì, dicembre 31

Auguri (con altrui parole)... ma davvero!



Se non potete essere un pino sulla vetta del monte,
siate un cespuglio nella valle, ma siate
il miglior piccolo cespuglio sulla sponda del ruscello.
Siate un cespuglio se non potete essere un albero.

Se non potete essere una via maestra, siate un sentiero.
Se non potete essere il sole, siate una stella;
non con la mole vincete o fallite.

Siate il meglio di qualunque cosa siate.


Cercate ardentemente di scoprire
a che cosa siete chiamati,
e poi mettetevi a farlo appassionatamente.

                                                           Martin Luther King

martedì, dicembre 29

limitati a due argomenti: il tempo e la salute della gente!

la salute
Butto giù due pastiglie, come se avessi ancora fame; come se potessero saziare il desiderio che le cose difficili finiscano così. Ogni volta che capitava qualche lieve accidente, o quando il lupo si parava davanti, ho pensato che convenisse tenere altro viaggio, ed ho sempre fatto ricorso all'omeopatia; invece adesso ho delle pasticche tonde piatte ed ingombranti che calano nello stomaco con più frequenza del panettone.

E me ne sto qui ad attendere l'anno nuovo, nel quale ho infilato in busta chiusa un sacco di piccole preghiere, che finiscono tutte in gioia e serenità. e salute, per me e tutti quelli cui voglio bene; lo attendo con una speranza riposta tra i ferri di una sala operatoria, perchè questi fastidi finiscano.

"allora, dottore, sono in cinta?"
"MMM. No, veramente i segni sarebbero diversi".
"Ah, allora ho preso un granchio".
"No, signora, è un polipo".

Ah. Beh, a me il pesce non èmai piaciuto tanto, ma i polipi, quelli fritti assieme agli anelli di totano, quelli si. Ed ora, mi perdonino, cominciano a starmi antipatici anche loro. Mi pare che da qualche parte abbiano anche loro le lische, come le trote, che non si puliscono mai abbastanza bene.
Lo so, non è la fine del mondo (per quella dicono di aspettare il 2012). Non è un lupo vero, ma un lupetto, anche se digrigna i denti e mi ha morso che pare che mi debba uscire dal corpo tutta la vita.
Diciamo che non è proprio il modo in cui si sogna di passare la fine dell'anno; non per questo tuttavia, ci sputerò sopra, a questo povero vecchio che s'allontana a passo di bolero, come se la trecentosessatreesima alba fosse niente.
Lo prendo come esempio. Mi alzo da terra, mi dipingo le unghie di rosso (simbolicamente, lo smalto rosso non mi piace quanto le mantelle o le scarpe di questo colore) e intaglio una decorazione nuova sul viso. Una di quelle mimetiche, tipo un sorriso da tuttoandràbeneche tantoiguaihannodafini', e indosso i vestiti più belli e l'anello di turchese. Un ciondolo nuovo dove c'è pittata la mia foto di guerra (il Bianconiglio) e sono a posto.
Il nemico sta caricando, e con il massimo dell'attenzione m'appresto ad usare la sua forza, non la mia che svapora con un niente, per abbatterlo.

Sto così, in piedi accanto al fiume, ad attendere l'anno nuovo, ritta come un eroe da tregenda, con tanto di capelli in piega e rimmel come monito a non piangere, per non sporcare le decorazioni di guerra.


 (....il tempo) 
Peccato che si sia messo a piovere.

.

venerdì, dicembre 25

AUGURI (con un po' di pazienza, in fondo al post)

premessa
nei giorni scorsi sono stata isolata da internet a causa di un guasto telefonico; dato che oggi è Natale glisso su quello che ho pensato meritasse la compagnia telefonica per la leggerezza e l'ignoranza con cui hanno trattato la cosa, tanto più che quando il tecnico è venuto davvero, ci sono voluti circa trenta minuti tra casa e la centrale, per rimediare al danno.

quindi
La cosa che ho trovato interessante è stata la reazione, compatibilmente al lavoro, di isolamento dal mondo; ho la fobia da lunghe conversazioni con il cellulare perchè 'si spende troppo'  (salvo poi pagare 40euro l'ennesimo maglione, 80euro A/R da Firenze per vedere la neve, X euro qualunque altra cosa purchè mi distragga da me stessa) quindi ho conversato poco con tutti, ma l'assenza di internet mi ha anche spinto a riprendere la lettura, e senza nesso alcuno visto che la sera non accendo quasi mai il PC, anche ad ignorare la televisione.

A dire il vero, o a leggere con più attenzione gli eventi e il cuore, mi rendo conto che vari fattori si sono sommati;  il principale è senz'altro l'improvvisa necessità di energia,  di trovare la vita che sembrava fuggirsene e che il vegetare dinanzi all tv mi spegne mentre mammaRai o chi per lei s'accende e mi chiacchera quelle parole che non dicono niente,.. Che riempiono una casa silenziosa di rumore che nasconde la solitudine, ma che non ascolto davvero.  E che forse per questo a volte è preferibile al parlare alle persone che si amano, perchè in tal caso l'energia ce la devi mettere, se vuoi esserci davvero.

M'accorgo che non è il telefonino a costare tanto, ma la ripresa da certi piccoli eventi che la vita ci mette innanzi; tranquillo fino ad un momento prima,  un giorno volti l'angolo...  e ti si para davanti una parete scoscesa, mentre credevi d'esser occupato come sempre, ad affrontare la città e le regole di tutti i giorni, magari un po' più inabitabile, l'una, per il caos allegro di Natale, e le altre appena aumentate in difficoltà, perchè capita così quando si cresce.

Così. ora, eccomi qua. In questa battaglia non ancora conclusa ho scartato di lato, sono inciampata e caduta sotto la carica di un nemico apparentemente enorme;  mentre ero a terra gli ho fatto lo sgambetto, ed ho scoperto che non era poi così grosso... e che se lo fosse stato (o se lo è) il rumore della caduta sarebbe più forte!
Mi sono accorta che, quando sei a terra, finchè hai forza per guardare il nemico che si avvicina a finirti, hai ancora qualcosa da fare...

quindi, dicevamo... gli auguri:
 
 Eccomi qua a salutare e ringraziare tutti voi che siete passati in questi giorni (lettori di oggi e di ieri); e se di voi ho perso qualche parola, se ho letto di fretta e senza ascoltare tra ieri sera ed oggi, divorando quasi dieci giorni di distanza (pesante perchè forzata), sappiate che gli AUGURI che faccio oggi sono quanto di più sincero viene dal silenzio che le riflessioni dei giorni scorsi mi hanno postato nel cuore.

   A tutti voi, quindi, i miei auguri più affettuosi ed energici di avere la terra su cui  poggiare, che sia per rotolarcisi in preda alla passione o per sedersi e guardare in alto. CHe sia la spalla di un amico nel momento del bisogno, o il trmpolino per lanciarsi in una nuova impresa.
  Vi auguro il cuore sempre pervaso dal vento che innalza oltre la polvere del quotidiano; di avere l'acqua per lavare il dolore e la gioia, perchè domani ci siano sempre nuove emozioni, e non quelle vecchie che s'incistano nei cassetti.
  Ci auguro di avere sempre un camino acceso e di ricordare che il fuoco che scalda davvero è dentro, e la luce, che si rinnova in questi giorni e con più convinzione fuoriesce negli abbracci che ci scambiamo, è sempre qui e non necessita di confine alcuno tra me e te. Non necessita di nessun tempo per diffondersi.

                                                                                                       tanti carissimi auguri

venerdì, dicembre 11

Cercando





Sovente soffre il corpo mio più denso
l’assenza del fisico contatto
una mano che sfiori la mia pelle,
un altro che mi sia rifugio, anfratto.
La mente, solerte sua guardiana

tenta di ricondurlo alla ragione,
mostrandogli la via, sì meno piana
che dei vincoli rompe la prigione.
Sussurra con arguzia l’intelletto

che altrove, intoccabile ma eterno
vi sia dell’Indiviso l’ampio spettro
vuoto d’amore, che annulla questo inferno…


dedicata ad Antonella 





lunedì, dicembre 7

ritorno a Bracciano (anzi ad Anguillara)

Secondo anno, secondo week-end:
"errare è umano... "

Questa volta, mi dico, vado preparata. Bisogna sempre esserlo, ma talvolta, dimentichi delle incertezze a cui l'esperienza ci sottopone, pensiamo di avere tutto sotto controllo, salvo inciampare delusi sulle imprecisioni dei nostri piani, sulle sorprese e i particolari nascosti che la vita riserva ai nostri desideri.
Preparo la miscela del the con pazienza, temperanza, umiltà ed attenzione.
Speriamo che basti.

Piego e appoggio sul ripiano delle cose da fare i progetti e le aspettative precise, e mentre discendo nell'Averno (il passagggio necessario in garage può diventare un serio momento introspettivo) come ultima occhiata allo specchio prendo atto del fatto che c'è un posto, dentro di me, che vorrebbe riempirsi d'un moto d'affetto (mentre vige l'assenza di voglia di rivedere  alcuno dei compagni di corso) e di un raggio di sole che invece batte ostinato sull'altro lato del lago, quello che, alla faccia dell'equanimità  arrotolata sul collo assieme alla sciarpa, continuo a preferire.



  Scaldata dai pensieri che si sono affollati sui sedili della macchina, arrivo  comunque sorridendo e saluto qualcuno con quei baci silenziosi lanciati nel vento, una mano su una spalla, quei come stai al quale non sempre si risponde; quasi che l'internazionalità dell'insegnante olandese ci avesse fatto adottare l'inglesismo formale dell'Howareyou?, al quale si risponde con un Howareyou? (da piccola mi chiedevo come potesse poi andare avanti la conversazione se nessuno davvero si rispondeva; a volte immaginavo interminabili scambi della stessa frase, interrotti solo da treni di sbadigli, altrettanto contagiosi), senza necessità di continuare.
Figurati: - come stai?
            - come stai?
             Auf wiedersehen (arrivederci).
Sarà, ma le parole per me hanno una certa importanza, comportando un certo uso d'energia, e quando chiedo a qualcuno come sta mi interessa davvero la risposta; ma bisogna rassegnarsi.

Al termine del primo giorno si può osservare qualche lieve cambiamento, al quale, consona allo spirito indossato uscendo di casa, mi adatto.
Ci sono ancora, ed è giusto, alcune persone che cercando il compagno per la pratica se vedono qualcuno (uno a caso, graziosa ma un po' asociale ... tipo me) che sta altresì da solo, cercano altrove; fingono di non averti visto, sollevano la testa inseguendo l'onnipresente mosca, guardano nella borsa, vanno in bagno e allla fine chiedono a qualcun altro...  E' capitato anche con Elle, che pure cerdevo un tipo a posto; uno simpatico.. un po' troppo, forse. Uno di quelli che non dice cara e bella, ma conosce tutti i nomi e se non ha una conversazione molto profonda, almeno è sempre sorridente e gentile.


Anche Lila è gentile, ma un po' meno del solito. Sorride, ma un po' meno del solito.  Perchè stamattina,  indossando l'abito ancora stretto del non desiderare e non volere,  cercando un CD ha scoperto nel cruscotto, sotto il libretto dell'auto, prorpio in fondo al cassetto, un pensiero che non s'era fatto sentire, prima, e che ispira una desolante serenità:  non si può piacere sempre a tutti.






 Tuttavia a qualcuno si;  dopo la pausa pranzo il posto accanto, quello solitamente vuoto, lo trovo occupato da uno dei cinque Emme: quello alto che di solito prendono tutti in giro perchè fa un sacco di domande.
 Lo accolgo cercando di ignorare il sospetto che gli sia solo comodo per via della telecamera,  e scopro  che è una persona attenta ed affettuosa, uno che quando prova,  tratta anche, come fa Lila; che con-divide e non compete. Mi piace, ma comunque mi tengo ancora un po' nel cerchio interno dell'anello di turchese, indossato a protezione dell'esternità spinosa che non voglio che mi sfugga, pur mentre cerco di modellarmi e ritrovare quella che sono;  torno a casa con una pacata irrequietezza. 


... dare la colpa agli altri molto di più..
La mattina seguente scendo al lago per sgranchire le membra intorpidite, bevo un caffè frustato dal vento di tramontana e osservo, che, sole o meno, anche da questa parte del lago gli abitanti hanno un certo non so che, che me li fa sentire vicini.
Quella silenziosità indecisa che ha il lago agitato dal vento;  quella profondità non necessariamente limpida, del cratere ingombro d'acqua.
Quel profilo che ti mostrano senza lasciarti vedere l'altra metà. come se ci tenessero a riservarsi l'interezza solo per incidentali passaggi dinanzi allo specchio, o per la ristretta cerchia (due o uno solo) di amici veri. Quelli che ci sono finchè ci sono, ma sono sé e te.


 






 Attribuisco all'influenza ambientale la mia residua asocialità,, forse alla fin fine sana quanto l'aria pregna d'erba e sterco di cavallo;  e mantenendo a fermare l'anello un po' largo, saldamente piantato all'anulare, il coraggio di sbagliare, all'ultimo giorno mi concedo un abbraccio stretto e qualche vero saluto, lasciando svaporare nel bicchiere l'ultimo the; quello un po' amaro che, mi sono accorta troppo tardi, avevo preparato con spirito di competizione, superbia,  vecchi ricordi e disillusioni.

E proprio prima di coricarsi verso il mare, e lasciarmi di nuovo sul lato in ombra di me, un raggio di sole sospinto dal sussurro del lago, mi risistema l'equanimità sotto la sciarpa.








lunedì, novembre 30

Un attimo prima c'erano.
 E poi il vento s'è levato abbracciando i rami carichi e spogliandoli con poche carezze affrettate e come una vecchia coppia, l'albero e il vento si sono amati lungo la strada dandosi la mano, mentre le foglie attorno s'innalzavano, roteavano, scivolavano fino a terra alla ricerca d'un'altra dimora.

Due delle mie ragazze oggi si sono laureate, e mentre le guardavo con gli occhi lucidi abbracciarsi per assicurarsi il conforto prima della vittoria finale (la votazione), ho udito un vento che nessuno sembrava sentire, provenire da dietro la porta chiusa dei mesi passati assieme.
Mi ha abbracciata, mentre loro abbracciavano l'altra loro vita, quella che verrà dopo;  mi ha accarezzato gli occhi come a voler stuzzicare quella lacrima commossa che non scendeva, e poi s'è portato via le foglie. Lasciandomi nuda, sul corridoio.



(il tratto di strada tra Colle Val d'Elsa e Volterra)

Raccolgo dalla malinconia la mia parte felice, quella felice sempre, per dare un allegro benvenuto ai nuovi lettori!

sabato, novembre 28

La mia nonna. Una storia (un po') vera



Un viaggio, un altro, pensato, programmato, rimandato. Atteso.
Si perchè là, nella mia amatissima Toscana, con la terra rossa e i confini secchi dell'altipiano che va verso S. Gimignano, oggi qualcuno m'attende.
Ed io ho atteso, da quando l'avevo previsto la prima volta, di andare.
La mia nonna, che ha sorpassato la guerra libera ed indenne (prigioniero fu mio nonno, e non solo del suo cuore) è ora prigioniera in quella terra calda e ironica; dove, ironia della sorte appunto, a volte sogno di vivere. Dove ha comprato casa assieme alla figlia e al genero, aspettando che la figlia di sua figlia lasciasse il Piemonte per andare là, dalle parti di Volterra.

La mia nonna è professoressa di matematica, forse per questo sono brava a fare i conti, o almeno lo ero. Ora non conto più nessuno, a volte nemmeno i giorni, che pur se non c'è vecchiezza più grande di quella dell'anima, il corpo comincia ad evidenziare qualche linea scura sulla pelle, quando le pieghe dei sorrisi si disolvono.
Ho voluto fare questo viaggio un po' di sorpresa al destino, (decidendolo al penultimo momento, giusto il tempo d'avvisare che arrivo) perchè non gli venisse l'idea di mettere qualche ostacolo in mezzo; 'ché la prima volta mia zia era stanca e non s'è potuto fare, la seconda mi s'è rotta la macchina (s'è spenta un mattino al rosso del semaforo, a dire il vero, arrestata dall'età e da 200mila chilometri) e nemmeno il tempo di organizzare il terzo tentativo (la volta buona) che mi abbatto sulla strada e mi tocca ricominciare a vivere.
Questa cosa ancora non esce dal mio ricordo perchè in questa fantastica avventura che è la vita, la mia seconda possibilità (oddio, mi sa che sono già un po' di più) è, non dico in fasce, ma ancora ai primi passi.



Loro comunque si erano conosciuti durante la guerra, per la lodevole iniziativa che ha fatto di mia nonna una madrina di guerra, mentre il nonno allora giovane ufficilae, era prigioniero dgli Inglesi, in India. L'amore è sceso dagli aerei che bombardavano, ed ha colpito nelle parole delle lettere che si sono scritti, e più tardi tra i fiori del primo incontro e quelli della gioventù che se ne andava, mentre hanno dato vita ad una parte della mia storia.
Un marito quindi; tre figli, nove nipoti, e una certa dose di fortuna (quella mi pare che l'abbia già lasciata a me in eredità) La nonnna è stata anche l'altra nonnna, quella che non ho conosciuto mai.. Più  forte dell'amatissima sua sorella, morta appresso alla nipote suicida come se si fosse gettata anche lei dalla finestra, ma con una settimana di ritardo, mia nonnna ha battuto le difficoltà della vedovanza, la prima  e la seconda protesi all'anca,  la dissezione dell'aorta e non so quali altri guai, ed ora sta lì, in quel paesino della Toscana, ad attendere.

Potete immaginare con quanto amore avviene tutto questo?
Con quanta cura metterà le sue cose in bell'ordine, la crema sul viso, il cuore arieggiato e stirato con lavanda e margherite per apparire più fresco e cacciar via la solitudine dela campagna?

 Ho già riempito il cestino con marmellata e dolcetti e sistemato la mantella, quella abbinata alle scarpette da "non c'è nessun posto come casa mia"  che sono un buon auspicio per il ritorno; ma non riesco a pensare ad altro che al lupo, che si aggira nel bosco...
Così, anche se non s'intona al mio cappuccio, m'infilo l'anello di turchese, il portafortuna che mi ha regalato mia zia.
Una zia che mi sono scelta da sola. E che s'è mangiata il lupo.

mercoledì, novembre 25

Nascita

Congratulazioni a Pulci (Pulci è uno dei lettori di questo blog, non commenta mai, ma la sua arte parla per lui) che è diventato bis-papà!
Non ho un gran chè di parole ed allora dedico qualcosa al nuovo nato...



NASCITA

Mai più
come allora,
il pensiero
resta fermo
eco dell’attimo
in cui la notte
lascia al giorno
il passo

Ricordo:
sono rimasta
sull’orlo del tempo,
a respirare l’aurora.
Da quel momento
ho vissuto.


C'è in giro una catena d'auguri vignette ecc... quindi se volete sorridere e partecipare alla festa cliccate qui





lunedì, novembre 23

vaccino si, vaccino no

 Sarà vero che fa male? Serve davvero a qualcosa? Dottoressa° cosa dovrei fare?
Non so, io l'ho trovato interessante e sconvolgente (link all'articolo). Diciamo che forse potrebbe sembrare esagerato, in alcuni punti, ma ciascuno giudichi da sé.
  Buona lettura.

°  anche noi prorpietari di lauree brevi ormai ci possiamo fregiare di questo titolo: Se vi sentiste male in un posto pubblico mi raccomando non chiedete di un dottore! Un medico è l'unico che, con ogni probabilità, vi potrà prestare soccorso.

domenica, novembre 22

e io intanto..


Una giornata più silenziosa di altre  più lenta e meno allegra di ieri, a casa dai miei per un pranzo della domenica fuori programma e per l'appunto... non di domenica.
Domenica l'aurora è stata triste e dura; poche le ore di sonno, alle quattro ero già con gli occhi spalancati su un libro e il caffè fumante; impossibile riprendere il filo dei sogni se non verso le otto; è così che è cominciata. Nelle ore, quando dormi poco e ne hai infinite da occupare davanti, accade che si preda a fare il conto delle cose e chissà perchè mi metto a valutare quante storie finite male, quante idee non compiute, quanta fatica arrivare qui.. e poi dov'è qui?
Non so. Almeno oggi per un po' non l'ho saputo più, e ligia all'occhio del turista ho spazzato e aperto le finiestre mentre guardavo l'affollarsi di riflessioni scure come la mattinata.
E mi è tornata in mente una cosa letta e pensata cercando tra i blog altre vite, osservando le code fantasma in autostrada, ascoltando la mia signora che declama poesie asserendo che le scrive quando è triste.
La conclusione è che in genere (e generalizzando) la tristezza attrae molto più della felicità. Le persone felici,  quelle felici davvero dico, non i compagnoni che sanno tenerti su tutta una serata, anche se dentro piangono , hanno pochi amici, pochi lettori, pochi ascoltatori.
E' che forse hanno poco da dire. Quando parlano di quanto sono sereni, o comunque ottimisti ,ad un certo punto colgono la nota di disappunto sul volto dell'ascoltatore, ascoltano il cuore e cambiano argomento.
Il tempo e la salute della gente, di solito. Finchè l'altro prende il sopravvento con la sua storia.
Le persone felici non infilano un successo dopo l'altro, ma apprezzano ciascun successo; brindano alla sorte e alla prima occasione; nel momento in cui sono felici. E avolte anche quando non lo sono.
Perchè le persone felici non sono felici sempre; non hanno il sorriso sulla faccia come una bandiera, ma colgono ogni istante per quello che è, che sia doloroso, faccia paura, incanti. Solo lo fanno con la consapvolezza d'essere... felici.



Così scorrevano le idee lungo la pelle incartata dal sonno perduto, finchè con fatica, nel pomeriggio mi sono addentrata nel parco e le idee hanno preso a virare. Nei colori d'autunno tardo, come foglie che scendono lente, le idee cupe si sono posata sotto il sole a marcire in terra.


Ho ritrovato, come ciascuna volta che percorro i sentieri, lasciando che lentamente gli odori della terra, dell'erba, di fiori,  mi si affollino nei polmoni, la sconfinata gioia di vivere vicino ad un parco, come sognavo da bambina. E' un altro parco, ma c'è l'acquedotto, gli alberi rossi d'autunno, e perfino, in attesa della villa sulla collina toscana, ho il mio piccolo viale di cipressi, e molta più meraviglia!

Mi accingo a tornare con le emozioni ormai a rovescio; osservo negli ultimi raggi di sole, che li colpiscono come dardi di Cupido ,una coppia d'amanti appoggiati come abeti sul crinale, ad aspettare la sera.

Conto le ultime volte che mi è successo. Sflio di tasca i "se fosse stato" e "se avessi fatto" e li getto, vergognandomi un po', al lato del sentiero; e in fondo mi trovo, sgualcito dai piccoli malumori di oggi, un sorriso birbone... non so voi, ma io intanto sono felice!

mercoledì, novembre 18

sempre in viaggio





Il velo ricade di nuovo,
innanzi ai miei occhi che aperti,
ristanno sorpresi e sconfitti,
seppur sia men scuro di sempre;

o forse sarà che 'l chiarore
che prima splendeva isolato
traspare e colpisce lo specchio
nascosto dal sipario calato.

L'eco di luce rimbalza
e sfugge alla mente perplessa
che insegue ora come in un sogno
la visione che aveva riflessa.

Se alfin la coscienza si sveglia
col batter dell'al' di farfalla
s'espande sul vetro impiombato
cui il nero è già solo substrato.

Gioisco a veder che si svela
celata stella ch'era parsa opaca,
e apprendo che nulla mi stacca
da Quel che m'aveva incantata.

domenica, novembre 15

via dell'amore (nella foto)



La poesia si muove
Come un cavallo selvaggio,
nasce e già corre.
Invecchia e si fa
più matura e dolce,
più sicura sui campi
ove già galoppò;
rinasce a se stessa
pur se percorro
con la voce
lo stesso canto.

sabato, novembre 14

Vecchio


L’odore della morte
che sta lì,
a vegliarmi ...



Monili di rughe t’adornano il viso
regali indelicati del tempo,
amante leggiadro, e costante.

E quella pelle, ormai scarsa difesa,
crollatasi in quei punti, in altri, tesa,
sembra come un involucro mal posto,
rende palazzo vecchio, una rovina
d’antica architettura, evaporata
quasi che fosse un modo, minerale,
di rifuggire l’aspra gabbia umana
e traslocar nell’etere, immortale.

Traspar dagli occhi, ancor limpidi e chiari,
distacco calmo o rassegnazione stanca,
poiché quel corpo ruvido e consunto
non ha più forza per proseguir la danza.
Sulla tua sola e lenta decadenza
veglia colei che mai perdé speranza,
ne percepisco l’odore putrefatto ...
sorella Morte, che t’attende al varco.

Lento s’è fatto il gesto della mano,
già placido, e tremante poggi il piede,
ma giovane è lo spirito, che corre
fuori dall’alma, lesto, e la precede;
l’ultimo anelito di fiato fugge
via dalla bocca, disseccato anfratto,
ove riposta avei la tua saggezza
che lasci qui, come ultimo ritratto.


una vecchia poesia, un sentimento che non cambia, osservando nuvole che sembrano pelle anziana su di un cielo nuovo.
 





giovedì, novembre 12

il vuoto dentro

La signora PiEmme è stesa sul lettino, col suo braccio gonfio così, a seguito dell'intervento al seno. Può succedere. Le maglie dei tessuti si stringono per le cicatrici, più quelle dell'anima che quelle del corpo, forse; i linfonodi che giacciono in qualche discarica, estratti malati e gettati dove non possono più nuocere, carichi di cellule maligne come pistole a tempo non ci sono più a far pulizia.
Passi qualche giorno, qualche mese o anno, e poi tac, la bomba esplode. La bomba, si, non la pistola scaricata per fortuna. E il braccio si gonfia, e sei qui sul mio lettino per il linfodrenaggio, che ti aiuterà a ridurre le dimensioni del dolore; le conseguenze del dolore.
Si, perchè spesso, forse sempre, dice la ricerca il tumore e per certo quello al seno sopravviene a seguito di un lutto.
Non mi costa niente. Sto là con le parole in mano, mentre seguo il ritmo del massaggio, e ci infilo l'osservazione tanto per vedere come reagisce PiEmme.

"si, ma allora io l'ho avuto" (il lutto), mi dice con gli occhi più grandi del solito. Occhi che hanno occupato la vita di prima prendendosi cura dei figli, che poi se ne sono andati (sposati a stretto giro, l'uno e l'altro) e lei ha sofferto come una morte; occhi che oggi sono qui a guardare ed a cercare qualcuno che se ne prenda cura, anch se non potrò garantire che tutto andrà a posto.
"ah", concischio, per trovare la domanda giusta. "cosa ha provato quando se ne sono andati?"
"il vuoto. dentro".

Lo dice, lo giuro, a lettere minuscole ma per un po', mentre mi racconta che poi è venuta la malattia che le ha occupato completamente la vita, sento la sproporzione tra la piccolezza di un essere infinito come una madre, e quel vuoto spalancatosi con la percezione di inservibilità.

La storia,in questo caso, direi che potrebbe finire anche bene. La signora col tempo ha trovato gioia e appagamento nella pesca, assieme al marito. Ha trovato che in fondo, anche se non sa ancora come e cosa, qualcosa da fare deve averla ancora, se poi guarirà.
"quando"  suggerisco io. Ottimista.

La riflessione scatta a seguito, come se rivedessi la foto impressionante, quella del vuoto. Il dolore devastante della scomparsa di un sintomo, quello che fa sentire vivo chi si dedica completamente ad un ideale, ad un figlio o due, al lavoro, supponendo che sia lì tutta l'esistenza.
PiEmme, oltre a qualche cellulina virata e fastidiosa, in realtà ha in se già anche quelle della guarigione. Qualcun'altra l'ho incontrata che non ce l'ha fatta. Qualcuno ha sofferto, forse anche mia madre quando io e mio fratello riportati a Roma dallo studio ce ne andammo di casa; ma ce l'ha fatta senza... farsene una malattia.

Oggi non ho risposte, per tutto questo. osservo solo la prospettiva del vuoto, che si spalanca ad ogni lutto della vita; e mi sembra che possa racchiudere una infinita possibilità.



(Imprecisa perchè non sofferente... spero di non sembrare semplicistica)

domenica, novembre 8

gli occhi del turista

Si chiude la valigia, un po' salendoci sopra, un po' tentando in extremis di far entrare nei pertugi interni ed esterni le ultime cose. Quelle che naturalmente non servono. Lo spazio maggiore, almeno nel mio bagaglio, è occupato dall'aspettativa di meraviglia, come s'è potuto fin qui capire. Dalla fame di nuove visioni e di nuovi angoli da scoprire.
E poi immancabilmente è così.


Il bagaglio, quando si chiude tutto per tornare a casa, straripa d'esperienza e di romanzi di piccole e grandi avventure, ricordi che navigheranno nello spazio della memoria, celandosi a volte dietro la baia della quotidianità, per veleggiare ancora in vista, nei momenti inspettati o in quelli ricercati della visione delle foto.
Di solito, in uno spazio creduto impossibile da crearsi,   piegata alla meglio, si infila la tristezza di tornare a casa, affiancata dal desiderio appallottolato che tutto ciò possa durare pe sempre.
E poi, immancabilmente, è così.

O almeno esiste la possibilitò che accada. Perchè quello che il buon turista a volte dimentica, è che partire è anche ritornare con gli occhi nuovi. Quelli che passando in viale del Policlinico, avvezzi ormai a cercare la sorpresa incantevole, colgono il frammentarsi della luce su scogli verdi e gialli. La sfumatura di rosso dell'edera poggiata sulla vecchia villa abbandonata, diventa improvvisamente un miracolo dell'esistenza.
La goccia d'acqua sul bocciolo di rosa in via del Daino, si esprime come una poesia mattutina, e rilascia alle membra del turista ormai a riposo un senso di nuova scoperta.

La suprema meraviglia è tornare con questi occhi, che ritrovano la capacità di guardare dentro l'anima delle cose e delle persone. Tornare col desiderio di non dimenticare mai, che il panorama di oggi racchiude dentro sé ogni cosa che possiamo cercare altrove.
Tornare con la consapevolezza che ogni partenza ha in sé un seme essenziale che è il distaccarsi da sé, per osservare di nuovo non l'oggetto, ma oggettivamente.

Batto assieme i tacchi delle mie scarpette rosse, quando atterro sul suolo natio: e senza averlo desiderato mai, 'chè toglierebbe gioia all'andar via, ripeto allegramente invecchiata: non c'è nessun posto come casa mia.











un saluto ed un abbraccio ai nuovi lettoroi. Grazie di esservi fermati qui, di partire e soprrattutto di tornare.
Lila 

mercoledì, novembre 4

Auguri

Chissà perchè l'aurora d'autunno sembra molto più buia.
Sono totalmente ignorante in materia di geografia astronomica, ma posso immaginare che la logica spiegazione sia che alla riduzione della luce diurna corrisponda una diminuizione della luce notturna.
Poichè la luce è presente anche di notte.
Quindi, caro fratello mio, oggi che dopo tanti anni ancora inizi un nuovo anno, con questa luce poca che ancora sembra che non voglia acendersi nemmeno quella elettrica, e il ricordo del viaggio, e del sogno del viaggio, e del mondo immaginario del film di ieri sera...
ti auguro di trovare sempre la scintilla per dilatare l'immaginazione, per accendere un fuoco, per ravvivare l'atmosfera, per illuminare la via.
E che nel viaggio il bagaglio non sia greve , dimensioni massime consentite...55x40x20..., incredibile ma c'entra tutto: quello di cui credevi d'avere bisogno, quello che ti serve e tiservirà ancora. qualcosa da buttare per far posto magari alle meraviglie di Portobello Road;  e anche, ma pensa!, i ricordi che ci concediamo, le occupazioni preoccupazioni e i sorrisi di oggi, e il futuro.
Che non lo so, cosa hai messo in quel bagaglio, ma mi pare, e oggi ti auguro, che ci sia posto ancora per amici affettuosi, amori sinceri, e ottime occasioni!

un abbraccio, il più forte, il più affettuoso di tutti. 


sabato, ottobre 31

Mal di Londra

Londra è una di quelle città in cui si sogna d'arrivare fin da piccoli. Io, almeno, l'ho sognato.
Questo è un ricordo del sogno che ho fatto, o forse, come accade di recente, si confonde con quello che è successo davvero.

Ho sognato di questi posti che vedo; con il libro di Mary Poppins in mano, davanti alle immagini del film, nelle pagine romantiche dei romanzi gialli del mio Edgar Wallace, sepolto a Parigi. Nel più trendy e recente Codice da Vinci...  Londra è nel mio immaginario da sempre, ma l'immaginazione a volte è superata dal reale,ed io non potevo aspettarmi tanto incanto.

Una parte del mio cuore si è seduto sulle sponde del Tamigi, di spalle al Parlamento ed è rimasto lì. A guardare il tempo cadere, come foglie gialle e rosse, nel fiume.








Lo sento, questo mio pezzo di cuore evaso, come se non fosse lontano, percorrere con passo ovattato i viali di Hyde Park, giù, verso Kensington Garden; dove Peter Pan, dimenticato, è fuggito nel mondo delle fate.

Chissà. forse è accaduto anche a me, laggiù.
Dopo non sono stata più la stessa. Cosa che poi accade in continuazione.
Le stanze dei miei sogni si fanno più grandi, sfiorano l'opulenza esagerata di Harrod's, dopo la visita da copione che traumatizza l'immaginato, e il sognatore; più o meno l'unica cosa che posso permettermi è utitlizzare i servizi igenici. Non sono nemmeno sicura di poterlo fare, ma nessuno mi ferma, così dissipo la nuvola di profumo, che mi ha investito nel reparto del piano terra, attraverso una lavanda d'acqua.
Ma Harrod's è il momento commerciale, lo spazio pubblicitario prima di lanciarsi alla ricerca di altre immagini; St. Paul, che ricordo nebbiosa e ricca di piccioni che volano, conquistandosi il loro primo, e forse ultimo attimo romantico sulla voce di Juilie Andrews, che canta della vecchina seduta sui gradini: Tuppence for a bag.
Due penny, per dar da mangiare ai piccioni.
Oggi due penny forse non fanno comprare carta e spago, con cui fabbricar "il tuo paio di ali per poi volar, dello spazio padron, col tuo bell'aquilon", ma bastano per volare con la sola immaginazione (per tutto il resto c'è easyjet), appena un po' delusa dal sole che irradia democraticamente ogni cosa e, se poco romantico, almeno è complice della letizia di viaggio.
Si, ma un assaggio del classico tempo londinese l'abbiamo avuto sabato, con tanto di gita al museo, un po' d'obbligo e un po' di comodo con un tempo come quello. Durato, per gentilezza, appena fino all'uscita dall'incredibile museo di scienza Naturale, dove si trovano scheletri e ricostruzioni degli animali preistorici, delle balene, animali impagliati e turisti curiosi, affascinati come bambini, perchè di fronte al nuovo siamo davvero così. Una tabula rasa che si riempie, anche in fretta, come al pranzo della domenica!


Il viaggio è stato un viaggio dentro un sogno; 600 scatti almeno, per provare a me stessa che ero vera. Con gli occhi che correvano fuori dall'obbiettivo, per non dimenticare di ricordare davvero, e non solo con l'immagine cercata:
Ero là con la solida e affettuosa compagnia di mio fratello, che è riuscito a immortalare 1200 aspetti della città, solo qualche volta un po' mossi per la fretta di incontrare la sorpresa successiva. E un amico lieve e allegro, che ha ben compensato le turbe e i dolori dell'altra amica; per l'occasione, a qualcuno mi sa che tocca sempre, assunatasi il ruolo del piccolo, quello che avevo io da bambina andando in montagna, che si agita è stanco, vuole tornare a casa.
Ma va bene così.
I meii passi di turista non si distolgono più di tanto dalla meta. La mente, come un mirino fotografico evita i sacchi della spazzatura e le scritte sui muri.  Il mio cuore, almeno quello che rimane dopo quest'altro lembo lasciato lassù a vivere, conta sul pallottoliere della gioia quante sfrerette colorate apporre sul soggiorno e sul ricordo.
Le palline non bastano, perchè certe cose non si posssono contare davvero.
Conta solo esserci.









Qui, potete partecipare ad una simpatica iniziativa
       http://ideeweekend.blogspot.com/2010/06/blog-compleanno-idee-per-tre-anni-la.html

mercoledì, ottobre 21

Ancora una valigia chiusa, che poggia il dorso sulla porta di casa aspettando di essere condotta via.
Un piccolo stacco, una esplorazione meno intima di quella che è possibile fronte mare, forse, ma un viaggio che comunque, come sempre, si compie dentro di sé, mentre si cammina con gli occhi naufraghi nella scena che si svolge intorno.

Oggi parto, così la latitanza dal blog si giustifica con l'assenza fisica, almeno per qualche giorno.
Vado alla ricerca di qualche racconto.

Ma con un racconto di sogno in tasca:

sono in cinta, e sto su una collina ombreggiata da pini, presumo profumata dei loro aghi calpestati. Quando mi rendo conto che è ora di partorire le amiche che mi dovrebbero accompagnare, non si sa bene come mai, partono senza di me. Ad ogni modo in qualche modo ci arrivo, in ospedale. E questa volta, quando mi trovo il mio bimbo a bordo delle braccia, vascello tra le facce che si affollano per vederlo, questa volta, per la prima volta, so che fare. So dargli da mangiare. So tenere bene la sua piccolissima testa, e il suo corpicino nudo e caldo, che sembra espandersi dalle mani stesse.. E non lo lascio più.

giovedì, ottobre 15

i figli che non ho avuto

Non so se si possa dire che mi dispiacesse di non avere figli. Non sono sicura. In alcuni dei miei incubi sogno, o ho sognato, di averli e di dimenticarmeli a destra e a manca; di affidarli a balie che non me li rendono; di sentirmio ricordare che devono mangiare, come le mie grasse piante da balcone, che periodicamente... metto a dieta.
Così ad un certo punto ho fatto un punto croce, sopra, ma non essendo ben capace a ricamare ho dovuto inventare, e qualcosa credo che sia andato storto.

Ci sono giorni in cui ho perfino pensato di far da me ma all'ikea non ci sono kit per queste cose, e se proprio uno dovesse scegliere i canali tradizionali tanto varrebbe farsi dare le istruzioni per costruire una famiglia.
Qualche fase conflittuale, qualche mese di relax dopo aver visto la mia amica che ha dei figli davvero insopportabili e (i genitori mi scusino la franchezza) a volte mi chiedo come mai sia sopportabile lei. Perchè si sa che i figli prendono dai genitori, a parte sviluppare doti e difetti propri. Comunqie alla mia amica voglio bene; ha una serie di doti eccellenti e nonostante i suoi figli, non solo è sopportabile ma piacevole da frequentare. Dante ha avuto ragione, quando parlava di questioni ereditarie, e come dall'albero vien fuori un certo frutto, e dal seme un certo albero... e... per fare un tavolo, c'era una volta una canzone che diceva che ci vuole un fiore.

Per fare i figli  (lo so che non è vera la storia delle api e dei cavoli, mi concedo la licenza poetica) anche.
Ci vuole quel fiore del primo appuntamento; quello dell'appuntamento in cui si deciderà che si costruirà un futuro assieme (istruzioni per l'uso non incluse); quello del bouquet che vola in mano alla prossima predestinata.
Quell'altro, che fa pensare a piacevoli momenti in camera da letto.

Niente di tutto questo, per me. Non ora almeno. Però i figli ce li ho avuti.  Concepiti nei miei momenti di desiderio, di volontà di allevare allievi per trasmettere il modo in cui credo sia giusto lavorare. Per apprendere da loro nei primi passi innocenti, dalle menti che si aprono a nuova esperienza.
Vittima di una scherzosa battuta di un'allieva, un giorno ho realizzato che in fondo tutto ciò si poteva sublimare: "mammaLila di sicuro ce l'ha", disse una ragazza alta con i capelli ricci e biondi, che non so quando sia cresciuta così tanto.

POi ieri, come a morire ad una lunga strada, e poi lasciarsela alle spalle, ho com-preso: sono figli, davvero. Figli che in questi giorni sono bravi e allegri, domani sfuggenti e casinari, preparati, curiosi...
Figli che il mio dolore, quando sono stati messi al mondo... del lavoro (laurea) ho pianto di gioia e di male, perchè forse non si faranno più vedere tanto.

E poi, un giorno che ti chiedi chissà dove è andata C., se lavora, se si ricorda il caffè e la torta della signora Nina, le coccole morali di mammaLila che ti insegna a volare e poi lascia che tu esca dal nido senza curarti più (verità dei sogni)... quel giorno C. si fa sentire, i ragazzi ti portano le caramelle o ti fanno il caffè. Ti senti un po' come a ricevere il primo lavoretto della festa della mamma.
E un po' sorridendo e un po' piangendo, credi che forse non sia tutto da buttare, e più che a quelli non nati, penso ai figli che ho avuto.

mercoledì, ottobre 14

Apnea

I pensieri, fuggiti dal recinto, sono latitanti.
Il freddo improvviso mi azzanna le viscere, uscito da un ricordo d'inverno,e mi fissa uno stato di torpore nella via che corre fra le dita e la mente.
Esce invece dall'armadio, assieme, si spera, al senso di inadeguatezza che raggela più di questo vento siberiano, il tubino nero che mi conduce verso un diverso senso di me.
Non è buffo?
Non sono io, o forse sono io anche questa che tacchetta sulla strada con piglio da gran donna, mentre il giorno dopo riinfilo il pantalone largo a righe che tengo anche se ormai è davvero troppo fuori misura. perchè mi fa stare bene, mi tiene vicino, ma non troppo, quella parte di me che può scalare le montagne e digerire anche un sasso.
Mi tiene vicino, ma non troppo, quella persona sicura che ieri aveva il tubino nero e l'aria di dire al mondo che, qualunque cosa sarebbe successa io ce l'avrei fatta a testa alta.

Apnea.
Per trattenere in un posto vuoto (fisicamente il polmone è ora un vuoto d'aria) tutte queste sensazioni.
Apnea.
Piena. (fisicamente il polmone è ora un pieno d'aria) Per svuotarmi dalle sensazioni che vorrebbero buttarmi a terra.
Galleggio e affondo. Mentre mi approprio del senso di me.
Apro la porta di casa e il tappetino, che qualcuno crede posto al contrario con le pecore che mi guardano dal basso dal prato dei pensieri, e la scritta rivolta verso chi esce, mi saluta: welcome... on board.

lunedì, ottobre 5

ritono a Bracciano... anzi, ad Anguillara

1° giorno: "sarei sociale, anche gentile, un po' normale" (L.Dalla)
Si apre un nuovo anno della scuola di magia e stregoneria. Tre mesi, e la dovuta lettera con le istruzioni per arrivare, i libri da prendere, la quota da versare, ci separano dall'ultimo giorno, quando sono scivolata fuori dalla vecchia classe, portandomi dietro la solitudine di un anno in cui avevo fatto di tutto per non fare amicizia.
Nonostante ciò qualche piccola mano sul cuore s'era posata, e durante l'estate, scaldato dal sole, qualche piccolo pregiudizio si è sciolto; o forse in qualche modo oscuro la psicoterapia funziona.
Leggo che da la possibilità di cambiare i circuiti, le vie del pensiero. E prendo al balzo l'occasione armandomi di un sano spirito gioioso, per rincontrare quelli che ho salutato come una massa senza volto di colleghi presuntuosi e supponenti; supponendomi cambiata. Così, semplicemente.
E la vita ci mette lo zampino; benchè il nome del posto prometta almeno la visuale sui due laghi laziali (Bracciano e Martignano), di fatto siamo lontani dall'uno e dall'altro. A metà strada di nulla, in una campagna odorosa di cavalli e di erba calpestata, polverosa di piste di maneggio.
Nessun modo, salvo prendere la macchina, di andare a sedersi in silenzio sulla sponda del lago, a riposare le orecchie dal ciarlare inutile del dopo pranzo. Mi siedo nel giardino, vicino alla piscina ricoperta per l'inverno, ed alla spicciolata, neanche il tempo del primo boccone, arrivano quasi tutti.

Non mi piace mangiare con chiunque, quindi per un po' mi fingo interessata al giornale, ma come dicevo, la vita prende il sopravvento, e una parola scappa di bocca, una risata gorgoglia sulla punta della forchetta;  il tempo di finire il magro pasto e sono parte della classe.

Ancora una volta ho modo di osservare che qunado cambi l'atteggiametno verso il mondo, quello risponde in modo adeguato. Non subito, forse, ma lo fa...


2° giorno
 ... così li scopro; ascoltata, li ascolto, non solo nel fisico esercizio che ci insegnerà, prima o poi, a localizzare davvero il problema principale di un corpo.
Sembra che l'estate abbia scaldato altri cuori, e sciolto le divine certezze di poter fare qualsiasi cosa. E altri si scoprono fallibili. Rivelano a me, che con imprudenza mi ponevo da ignorante, che qualche errore lo commettono anche loro. Quelli che l'altr'anno mi guardavano dall'alto al basso, o chissà, forse ero io, ora hanno gli occhi negli occhi.
Ho imparato di nuovo, non manchi mai l'occasione, il gioco di specchi.
Vado a pranzo nel solito giardino, quasi sperando che arrivino presto tutti.

3° giorno

Il mutamento tuttavia richiede pazienza, e la festicciola di compleanno, merenda tutti insieme ed immane perdita di tempo annessa, tolgono un po' di entusiasmo al mio ritrovato 'socialismo'. Scivolo via appena posssibile, appena dopo un frugale pasto, per accamparmi all'ombra d'un albero, a guardare i cavalli.
C'è in sottofondo il rumore di scalpitio di quella parte di me che mi è appartenuta per tanti anni, e che vorrebbe solcare le colline, come la mattina quando arrivo e mi inerpico per la strada nei campi, finalmente trovando il lago, all'orizzonte.







4° giorno
Come per magia, si sciolgono tra loro le parti di me; quella che sono, e quell'anima di vent'anni, che ha quasi vent'anni e vuole tornare avanti, per vivere il resto della sua vita. Due adolescenti che si battono, scambiandosi i vestiti; così ad ora di pranzo, dopo un'altra, doppia,  festa di complanno cui partecipo con allegria, mi trovo sulla collina. Dopo aver corso, percorrendo a polpacci tesi il campo vuoto del recinto aperto. Pensieri in fuga ordinata scivolano sull'erba, e si rotolano come quella bambina che ricordo, che amo e che, almeno lei, resta nei suoi anni, lontano da qui. Rotolava sul declivio del parco vicino al laghetto dell'Eur. E i pensieri rotolano fino alla sponda lontana di questo, più grande, che si distende oltre i campi.
Un silenzio che riempie la fine di questi giorni, mi avvolge.

Ma mentre mi infilo in macchina, sorprendo un desiderio di tornare; non solo per apprendere ancora.

a Lila piace...

l'emozione che non si vede nella fotografia, che cammina tra gli odori e i rumori e l'obbiettivo ;
l'obbiettivo raggiunto di inventare un nuovo perimetro;
il perimetro della mente, rotto da un cancello, che fa scivolare fuori le mandrie di opinioni.






un ben tornato di cuore a Mobu!

martedì, settembre 29

Fronte mare

Siedo con l'anima in mano, fronte mare.
L'onda si riversa su questa inconsistenza un po' sgualcita, messa via di fretta per applicare attenzione alla qutidianità documentaria, alle porte degli uffici dove i commessi hanno faccia di scartoffie, ai fili di telefono che mi tengono annodata a persone che, senza avermi mai stretto la mano, tengono in pugno il mio cuore preoccupato.


Siedo, per un tempo infinito appoggiata ai pensieri che vanno e vengono, con un ritmo frenetico ed esasperante.
Siedo, e cerco nel corpo la via per placare la tempesta, per adeguarla alla tranquilla intensità di questo mare autunnale, che insegue come se potesse riprendersela, la ragazza di vent'anni, che chissà come un giorno mi deve aver lasciato.

Siedo qui, come sulla poltroncina della psicologa, quando arrivo. Il corpo un po' teso, da principio; la morsa della mente sui suoi contenuti. E provo ad far esercitare al mare la stessa leggera pressione che si sente nelle prime parole,di quando io e lei, sedute una di fronte l'altra... "allora che mi racconti"...


Un po' ha funzionato. Nessun vuoto di pensieri, nessuna esaltante scoperta. Solo che quando mi sono levata dalla sabbia raffreddata di vento, con le orecchie intorpidite da quel susssurro costante di brezza e di sale, sembrava che il corpo almeno avesse di nuovo vent'anni. Avesse nessuna frattura a metà strada fra la testa e i piedi.
Avesse un filo teso ed elastico fra sé, e le altre parti di me.

Sto seguendo una via, per ritrovare la strada...

domenica, settembre 20

chi ha paura del burkini 3 (oltre la notizia)


Non facciamone una faccenda troppo politica o troppo religiosa…
Ma,  per favore!
Il padre, non stava tanto bene. Un uomo non ama la propria figlia, se le nega la libertà. Eppure dovremmo considerare che, a parte l’aspetto umano (che ne so io, che tipo era il fidanzato!) della vicenda che ci può indurre a comprendere, anche se non a perdonare (nel senso di non punire), la faccenda è geneticamente politico-religiosa.

La cultura è quella; ed è quella che apparteneva, o appartiene ancora, anche a noi. Non sono sicura che tutte le fuitine si risolvessero con il matrimonio.

È geneticamente politica, come politico è il gesto dell’imam di far vedere la salma di Sanaa a tutti.
Politico, o politico-sociale, è il problema che si pone di organizzare una educazione che permetta di facilitare, se non l’integrazione di tutti, l’accettazione della integrazione dei propri figli.  Recita un vecchio adagio che moglie e buoi dovrebbero essere dei paesi tuoi.. però i figli?  Anche in una famiglia indigena sussistono problemi generazionali, figuriamoci se qualcuno viene da un’altra cultura e paese, e i suoi figli crescono nel nostro. Diamine, ci sarà pure qualche problema. Cosa fare, quindi, è la domanda giusta da porsi. Perché non possiamo lanciarci contro l’immigrazione, che è sempre esistita e sempre esisterà.

Passiamo per la religione. Perché è un religioso che ha fatto da interprete alle parole della madre. La cosa mi fa innanzitutto supporre che anche nell’islam sia previsto il perdono. E questo vale, lo sappiamo, da entrambe le parti. Da parte di dio e da parte dell’uomo. Da parte della madre verso il padre omicida, da parte del padre verso la figlia fuggita per amore (o forse solo… fuggita. La psiche umana è cosa raffinata e di difficile comprensione).
E qui, e non è religione questa?, interviene l’uomo di religione e dice che la famiglia non era praticante.

La questione è sociale, allora. Socio culturale, perlomeno. Spinosa, in ogni caso.
E non mi sento in grado di approfondire troppo, in termini generici.
Mi permetto allora di porre l’accento sull’aspetto del “nel mio piccolo”, anche perché una domanda è sorta fra i commenti e le riflessioni a tema: cosa permette che accada tutto questo?

La colpa di quello che ci accade la possiamo dare solo a noi stessi.

E non facciamone una questione religiosa, perché questo è un fatto insito nell’essere forniti di libero arbitrio.  C'è scritto nel libretto delle istruzioni, almeno quello che hanno dato a me. Solo che è facile dimenticarlo, o forse non leggere perché  evidentemente è scritto piccolo piccolo, come le clausole dei contratti, quelle che poi ti incastrano perché ignorantia legis non excusat.
Si chiamano clausole capestro, e pare che siano diventate illegali... nel senso che è illegale che siano scritte in piccolo. Così forse ora leggeremo un po' meglio, e diventeremo un po'  meno "umani".

Mi spiego: se "errare è umano, dare la colpa agli altri molto di più"(cit.) allora abbiamo la possibilità, rivedendo tale attribuzione, di valicare quel piccolo confine... che ci pone un confine.

Quel piccolo confine che è una barriera all'evoluzione verso una stato più sereno, almeno con noi stessi.  Di essere quindi un po’ più che l’animale (bestia, talvolta) uomo, ma di essere Uomini.

La bestia-uomo trasforma l’amore in odio. L’essere umano ama, ed ha la capacità di concedere la libertà a chi ama.

Ama. E sa accettare l’altro (e talvolta anche il destino, che solo alla lunga riusciamo a capire le lezioni che ci vengono impartite).

Ama. E com-prende l’altro.
Comprende e accetta che in una famiglia di destra/sinistra i figli sviluppino delle idee proprie, di senso opposto. Di senso sghembo. O di buon senso.

Comprende e accetta che le persone che ama possano sbagliare, e che hanno bisogno di tempo per correggersi.
Comprende e accetta che a volte questo non può succedere; allora qualcuno si suicida, non prima di aver sterminato tutti quelli che ha attorno, perché non riesce a vedere alcuna via d’uscita. Uccide i propri figli. La propria moglie. Il marito. Le proprie idee.

D’accordo, l’essere Uomini è molto più di questo. Ma questa è la parte che vedo oggi.


Un benvenuto ai nuovi lettori, a quelli vecchi e a tutti coloro che vorranno partecipare con me a qualche riflessione. Un abbraccio, che significa che vengo verso di te con il cuore, e vengo verso di te senza niente in mano che possa ferirti.

venerdì, settembre 18

chi ha paura del burkini (2)

per tempo

"perdono mio marito. forse ha sbagliato Sanaa"

forse dovrebbero arrestare anche la madre. La perdoniamo (parafrasando), perchè ha altre figlie. E perchè è una che non si integrerà mai, quindi non sa quello che dice o che fa. E perchè tecnicamente non abbiamo ancora la certezza assoluta della colpevolezza del padre.
Ma lei, la madre, segue un precetto, forse, peggiore di quello che De Andrè cantava nel testamento di Tito. Sconfitto, pessimista, magnifico,De Andrè, che cantava allora parte dei sentimenti confusi di oggi.   Dei sentimenti eternamente confusi, perchè non si può averla su con tutti gli arabi, se quattro (quattrocento, quattromila) talebani ci fanno saltare per aria i ragazzi.
D'accordo o meno, è la guerra, e quello del soldato un mestiere antico quanto il mondo. Non l'unico, non il più bello o sicuro. Ma qualcuno lo fa; io ho un amico che ci parte per queste missioni, e lo mettono in conto.
Gli altri, quelli che restano, sono quelli che poi dicono " era un ragazzo così dolce, con un sorriso generoso, ma timido. Non si può morire così, a vent'anni" (cioè vittima di incidente stradale).
Quello che vogliamo dire con queste parole, e che non si può morire. Non io, né molti di noi siamo in grado di comprendere che invece accade, anche se non comprendiamo come e perchè. Perchè non esiste.
Esiste che oggi, ora, sono ancora vivo. La mia missione non compiuta, qualunque essa sia. L'omeostasi dell'universo mi tiene dalla parte visibile della barricata.

Quello che vogliamo dire, è che non si può morire per mano del padre; per mano della figlia; per mano della Rom che bazzica davanti al pronto soccorso e che ti accoltella se non le dai un euro. E i biscotti non li accetta. E ora una delle mie signore non riuscirà a trattenersi da far l'elemosina a quella davanti al supermarket, per paura che le sbatta in testa una fioriera.

Non credo che siano tutti così, e il contraltare lo fanno i protagonisti italianissimi di altre fantastiche vicende della nera di ogni giorno. 
Quello che vorrei dire, è che la violenza non è un marchio di fabbrica. Che la vera tolleranza è continuare ad accettare chi si vuole integrare, rispettandolo.

Senza lasciarsi prevaricare.
L'uomo che ha ucciso Saana sarà giudicato secondo la nostra legge.
Speriamo che la applichino fino in fondo.








mercoledì, settembre 16

Chi ha paura del burkini

… di qualche settimana fa la notizia che i nostri bambini, i bambini italiani figli dei figli dei figli (già, forse la parentela è ormai troppo lontana) di grandi esploratori, navigatori, condottieri, ribelli e chipiùnehapiùnemetta, hanno paura del burkini.
Non si capiva bene se le mamme si lamentassero per una paura effettiva, o perché avevano paura che i loro figli dei figli dei figli di grandi esploratori ecc potessero forse avere paura.
No, ma dico!!!
Mai visto qualcuno che si butta in acqua tutto vestto? In che paese viviamo, se le madri non sono in grado di spiegare ai loro figli che l’amico straniero ha diritto, come noi, di fare il bagno vestito?
Paura? Ma di che cosa? A me fa paura vedere una nuotatrice, italiana turca o visigota, che per ifrangere i record di velocità si mette addosso una pelle di plastica ipertecnologica, che non fa attrito per niente. Embè? Che ha fatto? Sono d’accordo, nuoterebbe comunque più veloce di me. Ma mi fa paura. Allora forse sarebbe meglio vietarle di tuffarsi conciata a quel modo!
Forse sarebbe meglio che i bambini, invece di essere spinti dalle mamme ad avere paura, ed essere strumentalizzati dal razzismo imperante, che diomiscampi, un po’ forse ci fa anche bene ai fini della conservazione degli usi e costumi, per non appiattirsi nella globalizzazione, ma qui mi pare che stiamo esagerando.

(il brano che segue è scritto in tono di voce pesantemente ironico)
No, per strada le donne col burka non le voglio, perché non so se ci sarà davvero una donna, là sotto, o un terrorista.
No, in piscina la donna col burkini non la voglio. Perché a mio figlio fa paura (‘sti bambini fifoni però non ce li hanno fatti sentire stavolta, mentre ce li fanno sentire eccome quando ci devono dire che gelato si mangiano o quanto è simpatica la maestra).
NO. Togliamogli il diritto di iniziare ad integrarsi. (casomai ci volessero provare).
Leviamogli anche quel minimo di libertà che si possono godere nel nostro paese.

Io mi chiedo da che parte stare.
Perché qui, davvero, mi manca un’idea. Ed una ideologia mi va comunque stretta, se posso parafrasare (e checchè se ne possa intendere dalle belle parole che scrivo di solito), i miei amici di sinistra che pensano che io sia piuttosto fascista. O i miei amici di destra, per cui sono piuttosto comunista.
 Mi sento stretta, di qua e di là, ed ho un senso di claustrofobia.
La verità, più che in mezzo, forse sta sopra...