domenica, novembre 15
Continuando ad amare.
giovedì, marzo 22
L'eco del silenzio, cercato creato incastrato nello spazio fra l'emozione e la testa è cupo e penetrante, talvolta. Talaltra ti dici che è solo un alzata di sipario, e presto inizierà la musica. Nel frattempo stai lì a contare i secondi, sul filo meditabondo che ti cuce la vita addosso.
Non un respiro di troppo, non un respiro troppo corto, per non rischiare che mi vada tutto troppo stretto. Alzo le braccia come per prepararmi ad un tuffo; sarà perché l'aria adesso inizia a sapere di mare, sotto i pini di marzo. Sarà che il vento si insinua nelle narici, memoria di salsedine.
Alzo le braccia, per prepararmi al tuffo. E nel silenzio che sovrasta la preparazione, che schianta il pensiero e si dirama dalle viscere confusa tra un senso di libertà e un senso di solitudine, lascio andare la volontà di lanciarmi, e attendo l'onda che mi porti.
Abbiamo sempre quello che chiediamo.
mercoledì, dicembre 21
"per ora"
mi verrebbe da risponderti quando affermi che sembra siamo insieme da sempre. Mi sorprendo infatti a ritrovare in alcuni tuoi gesti, le emozioni e le movenze, i segreti e le illusioni di tutti quelli, che prima di te mi sono stati a fianco. In un modo o nell'altro, sai! non parliamo solo di amanti, ma sempre di amati; è come se li incontrassi a distanza di anni, o di chilometri, solo con la maturità che tu pari aver acquisito, poiché non riesco a sperare che sia la mia.
Mi pare, certo, d'aver cambiato punto di vista, su certe cose. Mi pare che aver percorso tutto il dolore possibile, nei mesi passati, in lunghe ore in cui ho scavato e denudato ogni ricordo che sono riuscita a trovare, abbia lasciato la mia superficie più liscia, nonostante da sotto affiorino ancora ben note asperità.
La magrezza del corpo è magrezza d'anima, almeno un po' di più d'un tempo, quel tempo in cui avresti voluto incontrarmi.
Non ti sarei piaciuta, dieci anni fa.
Tutta questa vita doveva passare, perchè fossimo pronti a riconoscerci. E questo a prescindere da quello che sarà di noi, 'ché tanto è l'ora, che conta e non da resti; non da ricordi a cui attaccarsi, perché ho imparato che quanto eravamo felici ha la stessa valenza di quanto ho sofferto. Ieri non sono più.
Se so quel che è accaduto, l'emozione di allora è solo polvere e sudore che ho già asciugato. Così sarà di oggi, di ora, se non ora che invece siamo presenti in quest'incontro.
Ti ho incontrato molte volte, dicevo.
Nella storia simile di te e di lui, figli di insegnanti e ingegneri forse per vocazione zodiacale.
Nell'amore per i lanci col paracadute, che però non sopporta i voli pindarici. Io sono intensità d'aria, tu acqua e terra, e mi va bene così, perchè vorrei un posto dove tornare. E un posto dove portarti.
Nella ricerca di una carezza che allora non ti sapevo dare, perchè non sapevo di averla. Così è rimasta fra le mie dita fino adesso.
Nella serietà con cui ti prendi cura di me, come hai fatto sempre con altri volti e un solo voto, quello d'accendermi l'amore. L'Amore, anzi.
'Ché intanto che aspettavo di trovarti così, tutto assieme, ti ho visto sparso attorno, ed ho imparato a prendere da ciascuno, e a dare ogni volta quel ch'era necessario per avvicinarci.
Non ti sarei piaciuta dieci anni fa. Come non ti sono piaciuta quando ci siamo trovati vicinissimi, l'ultima volta; solo che avevi quindici anni in meno e qualche chilo in più, e se uno ti mostrasse le foto che ti ho fatto, non ti riconosceresti. Potresti perfino dire che non sei tu, ma uno con un altro nome, eppure siete nati insieme, lo stesso giorno, per quindici anni. Quelli che ho dovuto aspettare per incontrarti.
"Dove sei stata tutto questo tempo?"
E tu? Perchè Lila lo sa, ha appreso mentre giocava con lo specchio: c'eravamo ora ma non sempre qui; oppure eravamo qui, ma non sempre ora.
Solo ora, finchè la linea dell'immmagine e del riflesso coincidono, possiamo essere qui.
mercoledì, agosto 17
"... e alla vostra sinistra, si'ori e si'ore, le cucine!"
Dopo anni di chiusure ermetiche gli sportelli non serrano più, lasciando intravedere non proprio casualmente quello che c'è dentro. E' come se dei fili legassero le due parti, dentro e fuori, senza tenerle compatte; però la stanza, le pile di piatti, una sofisticata confusione di stili, nell'insieme dava l'impressione di un posto dove si mangiano cose buone. Cose che, per l'appunto, escono dal cuore.
Sul tavolo, nel bicchiere scompagnato di una qualche festa della birra, l'acqua scendendo nel vino ci lasciava dentro un disegno, e solo alla fine si capiva perchè se avesse potuto avrebbe sposato me: sua moglie dipingeva questi intarsi, questi percorsi fra il passato e il ricordo di ciascun pezzo.
L'oggi ero io: ero il ricordo. Ed ero un intarsio incompreso di sua moglie, di quelli che lui le aveva raccontato che esistevano ed ora stava seduto nella sua cucina.. Il futuro, Luciano non l'aveva più. Ma questo, quel giorno non lo sapevamo.
Ci sono cucine piccole, quadrate, organizzate, spoglie, ossessive, sfuggenti, robuste, accoglienti, creative.
C'è la cucina della casa dei miei genitori. Ci puoi trovare tutte le spezie di cui hai bisogno, a volte anche due volte; c'è il the nel suo posto nuovo, come se ci fosse da sempre, e il bricco col coperchio che ha visto formulare infusi di calore e affetto, di discorsi e discussioni, di lotte e libertà di pensiero.
C'è sempre un paio di biscotti nella scatola, e un bicchiere pulito, la frutta acciambellata nel cestino. E' il posto dove il cuore si sente a casa, anche se non è più la casa che hai abitato, ma tanto tu, abiti coloro che ti amano.
E poi, c'è la cucina di casa mia. Quella che non ho comprato ma che ho scelto, e che ho riscelto uguale quando sembrava dovessi traslocare. Avrei cambiato forse uno sportello, quello che lascia vedere un po' troppo dentro, e forse ne avrei messo uno che si apre un po' più verso l'alto; ma sono rimasta qui, ed anche loro.
E' una cucina in cui pensi che tutto possa trovar posto, e in effetti c'è un posto per ciascuno.
E mentre la guardo da fuori, a volte mi pare sia come se s'espandesse; respirando oltre il tavolo, il rosso della poltrona, sul blu del sofà e attraverso la finestra gialla di tende del balcone, l'interno arriva a coincidere con l'esterno.
giovedì, maggio 5
Giochi
Sempre divisa, lacerata, in pezzi
vittima del mio cerusico preciso
quel razionale che m’estirpa sempre
recide, spezza, le emozioni imberbi.
E lor, gramigna, erbaccia, svelte
tentan riprendersi un qualunque spazio
si fanno avanti risfociando, esperte,
laddove san più scarsa la difesa,
nelle rabbie incomprensibili alla mente
che soggiogata crepa, pe’ un istante!
Poi si rinvien, dall’incubo impietoso,
prova, s’arrangia a risanare tutto,
s’invelenisce contro le ribelli
che del suo regno minano la sorte.
Ma il ricader sì spesso nell’errore
le insinua il dubbio, saggio consigliere,
che possa sorger forse un’alleanza
da questa guerra, in stallo permanente.
Si fa più lieve la tensione eterna,
pare veder infine in lontananza
un lume tenue che risponde al nome
d’Amore, il fiore nato dall’unione.
domenica, dicembre 12
il Terzo polo- giochi di parole
L'Italia è il paese della terza opinione: quella del primo medico che ti visita, quella del secondo medico, e quella del fruttivendolo, che di solito viene accettata come vera... perchè se non lo sa lui che vende la frutta così buona e bella, quando è un osso ad essere bacato, chi lo può sapere? Mica l'ortopedico che insiste che ho una lombosciatalgia, e non una frattura senza essere mai caduto, nemmeno dal letto quando ero piccolo...
L'Italia è il paese del terzo polo. In America ci sono due partiti/schieramenti, in Inghilterra anche, credo che anche i precisi svizzeri ne abbiano due, uno per l'anticipo e uno per il ritardo. In modo che la media li faccia arrivare sempre in orario.
Ma a parte questo, perchè potrei anche sbagliarmi, quello che conta è che abbiamo passato svariati anni ad anelare e forse a costruire due Poli...politici, per accorgerci adesso che non siamo ancora pronti: ci serve la corsia d'emergenza. Ci serve non quell'aurea mediocritas di cui si faceva un certo parlare di recente, ma l'arbitro a casa: quello che vede il fallo che non c'è, o il colpo di mano che è sfuggito anche al terzo uomo... che sul campo ci sta davvero.
Non è, badate bene, la striscia bianca della mezzeria, o il terzo pilastro dell'Albero...
Io, per me, lo cerco per necessità, perchè di partenza, sono nata doppia. Sono nata per me e per gli altri, a cavallo tra due giorni, di un segno doppio, con l'ascendente a zero gradi Acquario, tanto per avere influenze anche dal Capricorno, quindi per Dharma (destino), se non voglio perdermi mi tocca stare in mezzo.
Su quella striscia bianca... e magari fossi un ago della bilancia, invece ho delle opinioni e delle preferenze, e una volta sono bianche e una volta sono nere, ma mi serve che il pavimento sia a scacchiera, altrimenti le cose, mi pare, si complicano un po' troppo.
E con l'andar del tempo scopro che quando hai fatto una scelta non è che puoi passare repentinamente all'altra, quella che avevi scartato. Hai una scelta nuova, e non è mai la stessa che non hai fatto.
Il pavimento, infatti, è in bianco e nero, e le mattonelle della scacchiera si avvicendano, unite da quel filo su cui sta in bilico il Testimone.
Quello che se ne sta ad osservare non dal terzo polo...politico, ma da quel terzo pilastro che caratterizza l'Albero della Vita, e che convoglia l'energia di destra e sinistra innalzandola sopra se stessa, e non costituendosi come parte a sé.
Ma costituendo un Centro, in sé.
Dove far arrivare la freccia scagliata.
domenica, dicembre 5
C’è una misura delle cose, vi sono certi limiti, al di là e al di qua dei quali non può esservi il giusto.
mercoledì, luglio 28
incontro all'infinito
io ho le ossa cave degli uccelli
e larghe ali che frusciano
muovendosi sulla tua pelle.
Tua hai la pelle che fruscia
Come la sabbia nelle mani;
hai le ossa dure della terra
ed i pensieri ‘fitti al suolo.
La tua speranza d’altezza
Sta nel quanto riescono a crescere.
La mia speranza dell’altezza
È un volo permanente verso la tempesta.
Lo sapevo che saresti andato,
ma le perpendicolari s’intersecano
a volte apparenti parallele
in un luogo che sta tra me e te.
Quel punto mantiene la distanza
Infinita risorsa per avere una spinta al moto.
domenica, aprile 18
un sabato, di primo mattino...
E qui, forse contavvenendo al bon ton che vuole che ciascuno tenga i propri processi digestivi per sè (non in alcuni paesi, dove per esempio pare che 'ruttare' significa che si è apprezzato il pasto), mi soffermo su ciò che frulla su e giù per le mie vie enteriche ed interiori.. dicamo neuronali; ma non è di ricette o di buoni ristoranti che voglio scrivere, bensì di una serie di 'messaggi' che, nelle due settimane in cui a malapena ho sbirciato la posta, oggi che la nebbia mi convince a letto si stanno mettendo in ordine.
Mi dedico un poco a qualche passeggiata virtuale prima di intraprendere altre attività, ed ecco, che tra i nodi della rete mi trovo ad ascoltare qualcuno che mi fa ritornare in mente la pizza, ma sopratutto il commiato dinanzi al ristorante quando la sera, odorosa di fiori che si chiudevano, s'è accerchiata come una cornice su un quadro che ancora non vedevo completamente; tanto per cominciare c'è questo video, che può dare una idea di ciò che intendo, quando scrivo alcune poesie, quando medito sulla bellezza intrinseca nella "superba meraviglia" che è l'universo.
Esiste un fenomeno, l'entanglement (cito da Wikipedia: L'entanglement quantistico o correlazione quantistica è un fenomeno quantistico... in cui ogni stato quantico di un insieme di due o più sistemi fisici dipende dagli stati di ciascuno dei sistemi che compongono l'insieme, anche se questi sistemi sono separati spazialmente.) che spiega la 'sintonizzazione' di cui parla il dottore
(qui il link ad una sua intervista dove si possono trovare i restanti video del seminario).
Esiste una speculazione, per ciò, che si fa sempre più scientifica su quello che già Gary Zukav scriveva ne la danza dei mastri wu-li.
Questo libro, che amo moltissimo, me lo sono ritrovata davanti in inglese, domenica; l'insegnante lo stava consigliando ad un mio collega che, vecchio appassionato scentifico ed ora inspiegabilmente avvinto da certi moderni predicatori, si sta avviando (secondo me) suo malgrado a ritrovare le connessioni tra scienza e religione. Tra Fede e Conoscenza, direbbero altri.
Credere come la fede insegna, non dovrebbe essere infatti una esperienza limitata a se stessa, ma il punto di accettazione di intuizioni che conducano oltre al dogma.
Così, almeno, la penso.
Così sostengo l'affermazione a mantenere il più possibile uno stato armonico nei propri pensieri, ed a ricercarlo in fretta (necessità ci fa esser veloci, direi parafrasando il Poeta, sulla Fortuna, nel VII canto dell'Inferno), qualora, come è logico nell'esperienza umana, qualche volta, od anche spesso, si smarrisca.
:-)
La realtà è olografica, ed ogni parte rispecchia il tutto. E tutto alla fine vibra d'una stessa nota.
Come è in alto così è in basso...
Raccolgo i fili, e riprendo il viaggio. Nel sacco a spalla, nessuna mappa per tornare indietro. Nessun desiderio di piacervi, se non per ciò che sono ancora, bensì ho messo dentro la sana consapevolezza che se io e voi (lettori e da me letti, perciò... diletti) potremmo anche giocare un gioco nuovo, e provare a porci su un livello di vibrazione, su una strda di pensiero che volga il viso il cuore e il ventre a deliziose vette, o, come direbbe il mio amato Dante, verso altre sphere, altre circonferenze!
"...
Da quinci innanzi il mio veder fu maggio
che 'l parlar mostra, ch'a tal vista cede,
e cede la memoria a tanto oltraggio.
... La forma universal di questo nodo
credo ch'i' vidi, ...
...
A quella luce cotal si diventa,
che volgersi da lei per altro aspetto
è impossibil che mai si consenta;
però che 'l ben, ch'è del volere obietto,
tutto s'accoglie in lei, e fuor di quella
è defettivo ciò ch'è lì perfetto.
...
Ne la profonda e chiara sussistenza
de l'alto lume parvermi tre giri
di tre colori e d'una contenenza;
e l'un da l'altro come iri da iri
parea reflesso, e 'l terzo parea foco
che quinci e quindi igualmente si spiri.
...
O luce etterna che sola in te sidi,
sola t'intendi, e da te intelletta
e intendente te ami e arridi!
Quella circulazion che sì concetta
pareva in te come lume reflesso,
da li occhi miei alquanto circunspetta,
dentro da sé, del suo colore stesso,
mi parve pinta de la nostra effige:
per che 'l mio viso in lei tutto era messo.
Qual è 'l geomètra che tutto s'affige
per misurar lo cerchio, e non ritrova,
pensando, quel principio ond' elli indige,
tal era io a quella vista nova:
veder voleva come si convenne
l'imago al cerchio e come vi s'indova...
ma non eran da ciò le proprie penne:
se non che la mia mente fu percossa
da un fulgore in che sua voglia venne.
A l'alta fantasia qui mancò possa;
ma già volgeva il mio disio e 'l velle,
sì come rota ch'igualmente è mossa,
l'amor che move il sole e l'altre stelle."
lunedì, aprile 12
La via del Bello (7) -prima conclusione-
…quel momento di Coscienza assoluta in cui Uno è tutto (ciò che resta…).
“La vita come tale è una e non ha forma; nessuno ha mai visto la vita senza una forma”(Alain Watts) perciò arriviamo alla conclusione, che poi è già nell’inizio. Tov (tob) che in ebraico è il bene, il bello, la luce e che incontriamo dall’inizio nel Genesi qualifica il primo giorno la luce, e qualificherà nei giorni successivi ogni perfezione raggiunta, ogni compimento, ogni morte. Ma in Quello dove coesistono, poiché è, il movimento e l’immobilità assoluta (la ruota per i cinesi, il cui centro è immobile e fonte di ogni movimento) sussiste in perfetta Unione anche we-rà che traduciamo come “non ancora luce” paragonandolo all’uomo esteriore che siamo (rappresentazione simbolica di dio) e che non può pretendere di elevarsi oltre la propria natura, se non facendosi immagine più perfetta possibile di Quello (Bellezza); ma l’Uomo interiore (tob) che lì ha il suo punto di partenza può pervenire al “superamento spirituale di tutto ciò che è figura, forma ed essere creato” diventando tutte le cose:
“infinito nell’Infinito, tutt’uno con l’Uno” .
Ne io ne te che meraviglia!

“il tuo corpo è l’immagine delegata del Tao. La tua vita non è tua. È l’armonia delegata del Tao. La tua individualità non è tua. È l’adattabilità delegata del Tao... Tu ti muovi, ma non sai come: Tu sei in uno stato di quiete, ma non sai il perché.. Queste sono le operazioni delle leggi del Tao” (Chuang-Tze).
sabato, gennaio 9
Tre per Uno... o forse nessuno
giovedì, ottobre 15
i figli che non ho avuto
Così ad un certo punto ho fatto un punto croce, sopra, ma non essendo ben capace a ricamare ho dovuto inventare, e qualcosa credo che sia andato storto.
Ci sono giorni in cui ho perfino pensato di far da me ma all'ikea non ci sono kit per queste cose, e se proprio uno dovesse scegliere i canali tradizionali tanto varrebbe farsi dare le istruzioni per costruire una famiglia.
Qualche fase conflittuale, qualche mese di relax dopo aver visto la mia amica che ha dei figli davvero insopportabili e (i genitori mi scusino la franchezza) a volte mi chiedo come mai sia sopportabile lei. Perchè si sa che i figli prendono dai genitori, a parte sviluppare doti e difetti propri. Comunqie alla mia amica voglio bene; ha una serie di doti eccellenti e nonostante i suoi figli, non solo è sopportabile ma piacevole da frequentare. Dante ha avuto ragione, quando parlava di questioni ereditarie, e come dall'albero vien fuori un certo frutto, e dal seme un certo albero... e... per fare un tavolo, c'era una volta una canzone che diceva che ci vuole un fiore.
Per fare i figli (lo so che non è vera la storia delle api e dei cavoli, mi concedo la licenza poetica) anche.
Ci vuole quel fiore del primo appuntamento; quello dell'appuntamento in cui si deciderà che si costruirà un futuro assieme (istruzioni per l'uso non incluse); quello del bouquet che vola in mano alla prossima predestinata.
Quell'altro, che fa pensare a piacevoli momenti in camera da letto.
Niente di tutto questo, per me. Non ora almeno. Però i figli ce li ho avuti. Concepiti nei miei momenti di desiderio, di volontà di allevare allievi per trasmettere il modo in cui credo sia giusto lavorare. Per apprendere da loro nei primi passi innocenti, dalle menti che si aprono a nuova esperienza.
Vittima di una scherzosa battuta di un'allieva, un giorno ho realizzato che in fondo tutto ciò si poteva sublimare: "mammaLila di sicuro ce l'ha", disse una ragazza alta con i capelli ricci e biondi, che non so quando sia cresciuta così tanto.
POi ieri, come a morire ad una lunga strada, e poi lasciarsela alle spalle, ho com-preso: sono figli, davvero. Figli che in questi giorni sono bravi e allegri, domani sfuggenti e casinari, preparati, curiosi...
Figli che il mio dolore, quando sono stati messi al mondo... del lavoro (laurea) ho pianto di gioia e di male, perchè forse non si faranno più vedere tanto.
E poi, un giorno che ti chiedi chissà dove è andata C., se lavora, se si ricorda il caffè e la torta della signora Nina, le coccole morali di mammaLila che ti insegna a volare e poi lascia che tu esca dal nido senza curarti più (verità dei sogni)... quel giorno C. si fa sentire, i ragazzi ti portano le caramelle o ti fanno il caffè. Ti senti un po' come a ricevere il primo lavoretto della festa della mamma.
E un po' sorridendo e un po' piangendo, credi che forse non sia tutto da buttare, e più che a quelli non nati, penso ai figli che ho avuto.
giovedì, maggio 28
cerchi d'artista

Sono un po' triste, e un po' imbararazzata di me, come sempre quando ci s'accorge di aver perso il controllo su di sé, e delle cose... sarà che mi sono calata troppo nella parte e mi sento un po' troppo "nel mezzo del cammino" (ci siamo proprio, nella notte tra giovedì e venerdì!), e soprattutto nella selva oscura!
Leggo troppo la Commedia, come guardo troppo la Tv. E se a quest'ultima presto una scarsa attenzione, mi sto invece applicando ad aderire alle rime divine, sì da apprendere e comprendere.
Ma l'analisi spietata di me, l'idea che in fondo, pur avendo visto le parti difettate non riesco ancora a cambiarle, un po' mi irrigidisce e indolenzisce il cuore; e così mi do alla fuga, dentro infilandomi in qualche labirinto ombroso, e così fuori, fisicamente. Come si potesse lenire il disagio.
Partirò, in questi giorni. Viaggio che non era fuga, programmato regalo di compleanno che mi promettevo da anni, trovando sempre una scusa per lasciar stare. E nelle assolate terre sicule, nella mia terra, quella degli avi, e non la mia eletta patria, avrò modo probabilmente di stare molto in silenzio, di leggere mai su internet, di non smarrirmi nella contemplazione dell'orario di servizio o delle cartelle dei pazienti, punto in cui inizia il ragionamento e si perdono le sensazioni.
Ho desiderio di ritrovare l'istinto di percorso. L'odore della traccia di strada. La polvere sulla voce, per lunghe ore di vero silenzio.
Vedremo.
Intanto mi regalo una foto d'ora, allo specchio. Per compararla con quelle sorridenti del dopo vacanza.
Ho i piedi grandi, per mantenermi in equilibrio; anche se poi a volte lo perdo, e a volte li sento argillosi e deboli. Non sospingono... ancorano...
Gambe forti, che bramano un ricordo di corsa... di quelle corse di bambini però, nate dalla passione che esplode dentro, dal puro desiderio di muovere... A volte le lascio andare, e sorridono, come se gli avessero tolto le scarpe ortopediche (che indossavo da piccola).
Dal bacino in su adesso c'è qualche muscolo, poca carne, due ali attaccate alle spalle; così forti nell'immaginazione, che ormai sembra d'averle per davvero.
Avvolte attorno come una corazza più spesso (ultimamente) di quanto siano spiegate; come l'altra sera quando sono andata al Circolo degli Artisti a veder i blogger e i fumettisti, senza sapere come presentarmi. Senza sapere presentarmi.
Sono rimasta nel corpo della prima metà del cammino. Nel bozzolo che le mani, che come si suol dire a volte sono tutte e due sinistre, cercano di srotolare per tessere un abito di luce di seta.
Del mio viso non si può dire più di quello che ciascuno vede da sé, e forse, di sé. A volte appare bello, simpatico, con una espressione intelligente... altre volte...
oggi però, nonostante ieri non mi sia piaciuta molto l'immagine che ho visto e fatto vedere, fuori controllo, tesa, non cattiva ma più che irritabile, mi guardo allo specchio di nuovo, e sorrido. Sorrido con ostinazione (il mio mezzo ascendente Capricorno a volte è utile) fino a vedermi buffa, a farmi venire da ridere fino alle lacrime che cambiano il colore degli occhi. Intessono un luce diversa. Puliscono ieri col pentimento, e salando l'azzurro dell'occhio lo rendono più simile al mare.
E guardando da dentro nel mare, lo rendono più simile al cielo; promettendo una nuova trasparenza all'anima.
domenica, aprile 19
I lati dello Specchio

Un guscio di tartaruga
taglia la via tra emozione e mente.
Sopra l’acqua, una parte dura;
una parte dura, sotto l’aria.
Ciascuno spazio invaso,
e mi ci perdo, senza poter entrare.
Come evaso prigioniero.
Prendo una pausa per trovarmi,
e m’accorgo che altri son perduti;
la luna di giorno e il sole di notte
non danno abbastanza luce,
così davanti al fuoco torna il mago
con una metà in ciascun degli occhi.
Si guarda intero tra gli occhi di cielo.
Come in un cielo l’azzurro
non ha colore,
se smetti di sovrapporre veli:
non c’è dentro niente.
Come un cielo, entro l’azzurro
senza veli, è tutto l’universo.
L’immagine è vera, ma anche immaginata.
Occhi come un cristallo impregnato
dell’esistenza della terra.
Cristallo che è diamante,
diamante che è carbonio.
Il carbonio è la grafite
che rende vere le mie storie.
Le particelle delle storie
si muovono e s’intrecciano
sempre a metà fra bugia e vero.
Lasciano una vibrazione che sussiste,
non particella e non vuoto,
fra di esse.
Alla fine è il vuoto, la parte predominante nella natura.
Il guscio di tartaruga
contiene in sé infinite strade
tra sopra e sotto.
martedì, marzo 31
scheggiata dal dolore
Nel lasciarla scivolare mi si compone innanzi come una lente, e vi perdo le certezze delle strade percorse assieme,tentenno, smarrisco la direzione. E m'arresto in silenzio. Dubitando sul modo di muovere, anelando al ritmo noto del passo doppio. Tic, tac, tic, tac... facevano così, i passi per strada. Scandivano il tempo fra gli scorci e i gradini inventati; restavano appesi ai rami, nel quando ci siamo aspettati, quando uno aveva voglia di correre, e l'altro restava dietro senza fiato.
Quando uno reggeva per mano un compagno, e l'altro portava in borsa la sua solitudine.
Quando uno sbagliava la pagina, e l'altro ritrovava il segno.
La vita è anche fatta di questo perdersi nel vivere; incipriarsi il naso e stamparsi un sorriso in faccia, e aprire le braccia lo stesso, ma per tutti quei dispersi che occorre curare, per quelle strane farinose signore mai magre, che mangiano niente e sfornano dolci e lasagne di cui giurano non toccare che una briciola.
Inspiro, e mi scopro un po' il cuore, tentando di accoglierli nel breve piccolo spazio che il tempo disegna tra le mie mani e la loro necessità. Poi vanno, con educato sconforto, e mi lasciano una torta sul tavolo; nessun graffio alla mano che tendo per salutare, col passo che odora solo un poco più di fretta di quello dell'amico, che ha girato l'angolo.
Va bene, le storie hanno tutte un finale.
E certe amicizie, quelle che sono l'oggetto inutile che non butteresti mai; vere perché prive di uno scopo; fatte di condivisione e guardare avanti assieme, e a volte negli occhi battendosi un abbraccio fra i dolori e le gioie; certe amicizie alla fine perdono di senso.
Perdono un senso, che è quello che ci conduce a tenere duro, e a tenerci insieme i pezzi.
Le riponi in un cassetto e ti proponi di non cercarle più. Di lasciare che la polvere ne impregni la faccia e renda il ricordo grigio e irriconoscibile.
Ne resto tagliata in due. Perché ogni volta che il cuore si rompe, trattandosi sempre di amore anche se con un vestito incruento e privo di desiderio fisico, si rompe a metà.
E l'altro pezzo, quello che contiene l'intero, è la parte che non mi appartiene.
domenica, dicembre 28
Specchi
lunedì, dicembre 22
Commedia, in tre atti

Primo atto.
Inspiro.
Un urlo.
L'essenza si contrae
nelle ultime vibrazioni,
scomposte.
Si contrae, si rarefà.
S'informa,
rotonda e inestinguibile.
Espiro.
Secondo atto.
Inspiro.
Mi verso
verso te,
e smarrisco la forma;
sulla pelle,
attraverso la pelle
dello spazio vicino
trovo una via.
Non più delineato
in un sottofondo di coscienza.
Espiro.
Terzo atto.
Perdo il tempo
il confine, le mani.
Sospeso, riprendo
e dall'acqua
si stacca il vapore.
Colore di me.
Odore di te.
Più nulla.
Espiro.
venerdì, dicembre 19
Edera

Luce!
Colpisce i miei occhi
insinuandosi
tra le fronde,
quando odo
il rauco sussurro
del vento…
E il suo respiro.
Sibila e mi contorce
spingendomi verso
la sua ruvida pelle.
Soccombo e
l’accarezzo;
nel profumo
della sua vita,
sciolgo il mio abbraccio.
E mi confondo.
A lungo restiamo
avvinghiati,
fino a divenire
inscindibili idee
(di soggetto).
Per sempre legati
da un vincolo metamorfico.
E di amore.
venerdì, ottobre 31
L'immensa meraviglia

E ad ogni osservatore, situato in un punto qualsiasi della Galassia, può sembrare di esserne il centro. E di fatto è così, e non solo!
La fisica moderna, risolve l'enigma di Dio semplicemente arrivando ad un punto in cui, postulando che siamo sulla superficie di una ipersfera, non ha praticamente senso chiedersi cosa ci sia dentro: "ciò che si vede è ciò che c'è dappertutto" (Davies).
In sostanza si arriva ad un punto oltre cui non si può vedere; e se a qualcuno basta, e se la fede aiuta il buon religioso, altri, sul margine dell'abisso, rimangono sospesi e incerti.
Possibile che finisca così?
Come la luce, che "si muove attraverso il cosmo inseguendo galassie che si stanno allontanando dalla sua sorgente", l'u9mo è destinato ad inseguire l'Idea, per spiegare (a) se stesso. E per trovare la sorgente.
"è possibile che l'universo abbia volume finito senza possedere un centro o un margine" (ibid).
Ma come nella storia del fiore dei sette colori (cartone animato che guardavo da piccola), la ricerca appare terminare nel suo (delll'uomo) giardino:
osserva l'osservabile (tutto ciò che è nel suo orizzonte, nel momento in cui guarda), che probabilmente, come un ologramma, rappresenta il tutto. O forse no. Infatti si è sviluppata la teoria del Multiverso, per cui il nostro sarebbe un universo-tasca, e ne esisterebbero altri con diverse caratteristiche. Non osservabili, per ora.
Qui mi fermo. Studiando il corpo umano viene fuori che esso è fatto esattamente così: ci sono un serie di spazi e di connessioni che l'uomo 'comune' non può neppure immaginare.
"Possibile che sia tutto così collegato?", mi chiedono i pazienti quando tento di spiegare come un alluce valgo possa dipendere da una malocclusione dentale.
Si. è possibile.
La struttura del corpo umano è, di fatto, una ipersfera.
Ora provate a mettervi dalla parte della cellula. Una cellula può osservare solo una piccola parte dello spazio attorno a se. E dentro di sé.
All'interno di sé nota un altra serie di strutture, analoghe alle matrioske: una nell'altra, fino a che, se la cellula è uno scienziato, trova (anzi non trova, ma ne postula l'esistenza) una cosa che chiama stringa, se vive negli anni 2000, o atomo se vive nella parallela 'antica' Grecia.
La cellula in questione osserva l'osservabile, e si trova sulla superficie dell'ipersfera.
Tutte le altre cellule fanno lo stesso, stabilendo un punto di vista da "rete", perché sono connesse, che lo sappiano o no. Ma, supponendo che ciascuna cellula sia un nodo, in quella stessa rete, esistono dei punti di essa che, con lo sguardo, la cellula non raggiunge. O che non osserva.
Ecco, l'uomo (cellula).
L'uomo che non osserva, quando è racchiuso in se stesso (come i malati, che, giustamente, fino ad un certo punto, pensano solo a se stessi) è come l'universo-tasca. Non riesce a vedere tutti gli altri universi. E a questo punto, paradossalmente, non vede nemmeno più dentro di se. (interno dell'ipersfera).
Ritorno a "quattro dimensioni"
(la teoria delle stringhe ipotizza che ce ne siano dieci, forse undici).
Ieri mattina mi sembrava che tutto intorno fosse 'vacuo', illusorio. Sarà stato per via della luce umida di pioggia, che rendeva i confini poco netti.
Perfino lo shopping (il che è tutto dire) sembrava privo di senso. Ci sono stata dentro per un po', a questo stato strano. Poi, all'improvviso, è cambiato qualcosa. Non so. Ho cominciato a parlare con le persone, per strada. Ho ringraziato il barman, perché mi aveva fatto un buon caffè. Ho scherzato con quelli che, come me, si sono trovati imbottigliati nel traffico delirante post-manifestazione. Sono riuscita, pur protestando perchè aveva combinato un po' di confusione (ma questa è un'altra storia) a mettermi nei panni della cassiera del supermarket e far considerare ai clienti che comunqiue lei stava lavorando. Insomma, ho accordato agli altri un po' di quel tempo che, come i bambini, tenevo stretto gelosamente.
E forse sto guarendo, ora.
« Questo ... [universo, uomo, dio]che sta nel cuore é più piccolo di un chicco di riso, più piccolo di un chicco d'orzo, più piccolo di un chicco di senape, più piccolo di un chicco di miglio, più piccolo del germe racchiuso in un chicco di miglio; questo .. [universo, uomo, dio]che sta nel cuore è anche più grande della terra, più grande dell’atmosfera, più grande del cielo, più grande di tutti questi mondi messi insieme »
giovedì, ottobre 2
disegni
Era un tempo in cui ho potuto essere completamente un altro. Non parlo di una identità fasulla, d'una maschera applicata addosso per celare e quindi della finzione che ne deriva. Intendo essere l'altro quello che sta di fronte a te, di cui smarrisci il confine netto.
Si tratta di una sensazione strana, che ti fa agire in modo completamente diverso, e, senza giudicare se sia giusto o meno, completa l'esperienza del momento che vivi arricchendolo di sensazioni.
Non uno, non due, così ci si sente quando si è perfettamente innamorati, tanto che si vive uno spazio a-dimensionale, in cui i confini diventano trasparenti, scompaiono e ti perdi l'essenza, senza perderTi. Tuttavia, senza misurarlo in un tempo esatto, diciamo che può durare un Punto (infinitamente piccolo o immenso) e che dipende dalle nostre possibilità. Come dire, non sono gli altri a farci innamorare, ma piuttosto noi che siamo disponibili ad innamorarci.
Quello che conta è comunque quel Punto, dove l'uomo doppio, che in genere si sente mezzo, diventa Uno con l'altro. Non uno, a dire il vero, e non due.