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mercoledì, ottobre 24


Quest'oggi voglio donarvi una poesia, che mi hanno regalato durante la vacanza yogica (il viaggio dentro 1-2-3) di questa estate. Mancandomi la capacità di tradurla, ma non essendo soddisfatta delle versioni trovate, la lascio in inglese.. Abbiate pazienza, appena possibile la traduco :-)
The Invitation by Oriah

It doesn’t interest me
what you do for a living.
I want to know
what you ache for
and if you dare to dream
of meeting your heart’s longing.

It doesn’t interest me
how old you are.
I want to know
if you will risk
looking like a fool
for love
for your dream
for the adventure of being alive.

It doesn’t interest me
what planets are
squaring your moon...
I want to know
if you have touched
the centre of your own sorrow
if you have been opened
by life’s betrayals
or have become shrivelled and closed
from fear of further pain.

I want to know
if you can sit with pain
mine or your own
without moving to hide it
or fade it
or fix it.

I want to know
if you can be with joy
mine or your own
if you can dance with wildness
and let the ecstasy fill you
to the tips of your fingers and toes
without cautioning us
to be careful
to be realistic
to remember the limitations
of being human.

It doesn’t interest me
if the story you are telling me
is true.
I want to know if you can
disappoint another
to be true to yourself.
If you can bear
the accusation of betrayal
and not betray your own soul.
If you can be faithless
and therefore trustworthy.

I want to know if you can see Beauty
even when it is not pretty
every day.
And if you can source your own life
from its presence.

I want to know
if you can live with failure
yours and mine
and still stand at the edge of the lake
and shout to the silver of the full moon,
“Yes.”

It doesn’t interest me
to know where you live
or how much money you have.
I want to know if you can get up
after the night of grief and despair
weary and bruised to the bone
and do what needs to be done
to feed the children.

It doesn’t interest me
who you know
or how you came to be here.
I want to know if you will stand
in the centre of the fire
with me
and not shrink back.

It doesn’t interest me
where or what or with whom
you have studied.
I want to know
what sustains you
from the inside
when all else falls away.

I want to know
if you can be alone
with yourself
and if you truly like
the company you keep
in the empty moments.



By Oriah © Mountain Dreaming,
from the book The Invitation
published by HarperONE, San Francisco,
1999 All rights reserved


giovedì, agosto 30

il viaggio dentro (2)

Mai come questa volta, ho lasciato bene le cose, prima di partire.
L'inizio di ogni viaggio, ultimamente, coincideva con una fine. Con una fine scritta o detta, con il "mettere a posto le cose" per non lasciare niente in sospeso. Questa volta non ce ne è stato bisogno. Non avevo posto, fra le magliette e la pelle di pecora, per trascinarmi in valigia i piccoli screzi, le parole non dette, le sospensioni a tempo indeterminato di rapporti a cui credevo di tenere; li ho guardati, mentre chiudevo la lampo, e li ho gettati nella spazzatura differenziata, insieme ai vetri e  a tutte le cose che possono far male. Mi sono detta, mentre la strada mi aspettava, che come ho vissuto prima senza, posso farne a meno ora.
Così, seduta a tavola ho digerito un pasto vegano dopo l'altro, apprezzando facce e piatti nuovi, il mare visto dall'alto, il cielo visto da più vicino.



La prima sera mentre ci presentavamo tracciando sogni ed eventuali aspettative, scherzando per apparire simpatici, o seriamente risultando diversi a dispetto dell'apparenza, mi sono trovata presto vinta dal sonno, come ogni buon viandante nel mezzo del suo cammino in questa vita.  E mentre mi lasciavo alle spalle l'allegra tavolata, consideravo che a valicare la selva di immagini fasulle delle mie ed altrui aspettative, per affrontare i demoni dell'io, basta a volte l'atto di nominarsi e dipingersi con poche parole: vuota di attese e solamente curiosa, mi sono sentita "solo me". Sarà stato il posto, la pratica non era ancora ufficilamente iniziata, ma il raccoglimento già si preparava. Come se avessi preso tutto il possibile e l'avessi inghiottito con la pasta al pesto (rigorosamente senza formaggio) e la crostata di albicocche (rigorosamente senza burro).  Ci ho messo dei giorni ad elaborare veramente la faccenda, ma tant'è, mi sono assopita dietro il blu delle persiane, con l'aria della notte e i respiri delle compagne di stanza che lambivano il mio angolo.

Agosto, giorno 8
Lo yoga (la pratica di asanas) è silenzio e raccoglimento. E' un viaggio che porta lungi dalle pretese di essere "..." poiché ti mostra ciò che sei.
E inizi ad accettarti mentre ti accerti dei limiti; nessun confine invalicabile, proprio come il recinto della fattoria. A volte ci resti dentro per scelta, come le prime volte in cui la pratica costante della mattina diventa esercizio talebano di cui non si deve far a meno. Semplicemente, invece, dopo un po' di tenpo che pratichi, non puoi smettere. Poi non vuoi.
Poi sei in esercizio anche mentre ti rilassi il respiro seduto sul letto, senza necessità di andare ne' di stare, solo per scelta. E scegli di farlo.

Lo yoga ti mostra come sei. E inizi, certo di dove sei. Ed è per questo che non vai mai altrove (da te) e mai così lontano, e se non torni più (allo stesso modo), la fine del viaggio è nel iniziarlo.

"Sono Lila, sono qui per praticare".

giovedì, agosto 23

il viaggio dentro (1)

Premessa:

Quest'estate ho scelto di fare un viaggio diverso, non fuori dall'Italia, ma dentro di me. Caso volle che, nel momento di scgliere la meta per le ferie, mi sia stato indicato un posto in Toscana dove dal quinto giorno di agosto, si sarebbe svolto un corso residenziale di Hata-Yoga. Abituata al Kundalini ed estremamente incuriosita dalla ben più nota forma di Yoga, che avevo praticato solo un paio di volte molti anni fa e con una certa noia, ho deciso cheavrei tentato. La vita e le impressioni, cambiano se lasciamo aperta la mente.

Munita di più magliette del consueto, immaginavo di usarne una per ciascuna lezione (della durata di tre ore) dal momento che tale sarebbe il risultato di altrettante ore di Yoga Kundalini, ho cavalcato la mia curiosità fino ad una collina nei pressi di Magliano in Toscana; seduta a volte sul prato verde e morbido, a volte al bordo esterno del recinto della fattoria dove l'aria sa di terra e paglia secca, per consumare una sigaretta e l'esperienza, ho raccolto le impressioni tra il vento salato che s'innalzava da Talamone, e le cicale che facevano scendere le note dei loro concerti sugli astanti.

Agosto, giorno 7
Prima di partire questo posto era vicino. L'ho scelto anche per questo, perché da qui si vede Ilio, le cui bianche sponde sono un po' la mia seconda casa.
Una volta qui, però, ho scoperto che è molto molto lontano. E' un altro posto.
L'esperienza è di quelle che ti restano dentro con grazia, che te le indossi come il vestito da attore principale, da eroe del romanzo che hai appena chiuso, del film che è appena finito e il cui discorso di incoraggiamento, inevitabile come le stagioni, ti fa alzare fiero e risoluto: pronto a combattere per la tua guerra, o ancor più, per la tua pace.

L'esperienza quando ti resta dentro, può anche non ripetersi. Forse deve non ripetersi.  Ti insegna tracce eterne e amicizie perfette anche se brevi come una vacanza. Tracce che conducono altrove, amicizie che conducono all'ora, che ti specchiano e ti ri-vedi in questo riflesso che è quello che sei oggi, compresa l'unica persona su quaranta presenti che ti disturba le vibrazioni; ma alla fine ballerai anche con lei, che non è altro da te.
CIascuno torna a casa, nella sua città senza sapere se la vita ci condurrà ancora in un altro posto, in un qui che non è ora. Ma ora e qui, ti specchi. E leggi le tracce.

Vi è fra noi partecipanti, l'entusiasmo dell'uno per l'altro. Il desiderio di rendere eterno qualcosa, e questo è il presente di questo incontro. DI questa danza di quaranta corpi che si muovono all'unisono verso la stessa posizione, con la stessa solenne attenzione ad ogni gesto, allo spazio fra sé e gli altri, allo spazio in se stesso. E in se stessi.

"Vegno dal loco ove tornar disio!" mormoro solcando il prato qui sul colle; e ivi arrivata, sotto il cipresso che guarda il Giglio, fior di mare sospeso nell'orizzonte, mi siedo sulla radice a contemplare questo "loco", e il "disio" si placa, qui.









sabato, aprile 7

Rami d giuda

Raccolgo le mie cose; con un lieve tremito; iniziando dal rimettere in piedi e allo specchio, quelle quattro ossa che s'erano tenute insieme sulla direzione apparente del legame che tessevamo fra noi; adesso tendono di nuovo a fuggire una dall'altra.

Riesco ad imprimergli un moto centripeto attraverso un esercizio attento di ricordi, che le richiami verso il cuore, come quando nascevo, quella prima volta. E che restituisca al mio cuore amnesico, i motivi della fuga; l così da consentirgli d'andarsene di nuovo via da me per farsi più grande, senza fracassarsi come un bicchiere a terra, che lascia vino o sangue sparsi senza soluzione.

Riesco ad imprimergli un moto centrifugo meno lacerante, con dei piccoli trattenimenti di fiato mentre in espirazione, seguo il timido vagare degli occhi verso altri spazi, oltre il tavolo verso un altro viso, alla ricerca della via di uscita dal cunicolo che separa la porta sorpassata, dalla prossima aperta. Ipotesi di verde sulle colline, di grotte inesplorate, del roco sussurro del mare sui piedi.

Riesco ad imprimergli un moto centrifugo con un lieve punto di dolore, una pizzicata, mentre mi pettino i capelli per uscire allontanandoli dalla testa dove si erano arruffati in attesa di un soffio appassionante che non è mai tornato. I capelli sai, non li scompiglia il vento. Se no, come ti spieghi quelle volte che sono restati in ordine nel fortunale? I capelli giocano con le alitate impreviste, con quello scherzo di maestrale o di caldo scirocco, allenati ai balzi traditori di una piega rigida che non mi appartiene, dall'arrotolarseli alle dita o dal nascondersi dietro un orecchino; scivolo nel ponentino aspettandomi che si ingarbuglino di nuovo per giocare come quando sono felice; e oggi che li pensavo vergognosamente lisci e allineati, stanno già di nuovo accoccolandosi verso il capo, per tentare un salto laterale, che mi lasci almeno una carezza di emozione.

Riesco a calibrare i moti riaprendo la porta della mia casa dove non ci sono inferriate per canarini e le finestre sono sempre aperte perchè il vento suggerisca giochi ai capelli, ci sei stato, una volta, ma quel che vi resta di te è quel che ho inventato da mangiare insieme, e tu non sei più tornato ad assaggiare il riso.
Abbiamo lasciato al ristorante, piegato in un tovagliolo inamidato, l'ultimo saluto, ma almeno, mi dico, non devo lavare i piatti.

Contemplo un'ultima volta la nostra casa costruita male, con i muri nelle stanze, e senza vento, e mi infilo una giacca per andare coprendomi il collo perché il caldo ne dissipi i nodi, e lasciandomi senza cappello.
Getto le ultime parole, calandole dalle tasche nei cassoni che contengono vetro e pezzi d'anima sporchi di vino, e vado via, accentrata e centrifuga da questo tempo. Sperando di cogliere presto sulle tranquille colline che ho attorno, un un tradimento del verde: rami di giuda!
Un rosa, quasi rosso.








.

domenica, gennaio 1

Memento

Non posso fare a meno di farvi tantissimi auguri!   affettuosi, luminosi e sinceri
che non vi manchi mai la capacità di rimanere fermi, mentre passa la bufera...  'chè qualche volta arriva, si sa, ma come la gioia anche il dolore passa. Per vivere fino in fondo questi nuovi anni, a partire da oggi, vi auguro che non vi manchi mai l'attenzione ad ogni istante, che rende possibile riconoscere la felicità e  l'emozione di ciascun momento, di cui riempirsi e poi, come un espiro, lasciarla andare oltre.
Che non vi manchi mai la pazienza di aspettare, il coraggio di recidere, di cadere, di rialzarsi in volo.
Che non vi manchi mai l'amore, da dare a piene mani, sulle labbra, dentro il cuore.
Che non vi manchino mai le parole... a dire il vero le "mie" latitano; adesso mi scappano spesso sul tenue filo del telefono, si confondono in un respiro e nel tentativo di estrarre dal cilindro qualcosa di sufficiente ad esprimere i sentimenti che invece se ne stanno, irridenti, là in bella vista tra i gesti e gli sguardi.
Si, la mia vita fatica un po' a capire che questa non è una relazione a distanza, ma nell'assenza relativa di spazio fra me e Lui', forse è giusto che impariamo prima a starci lontano, perchè nel cuore, temo, ci siamo già confusi.
E vi auguro che, come accade in alcuni momenti della vita, possiate aggiungere una stanza nel cuore, oltre a quelle dei già amati... tra quei cari mamma e papà, quei cari fratello mio, o sorelle svizzere o meno.. tra quei cari nonninacara e tutti voi che amo... vi auguro di ricordare, come m'è accaduto, che c'è sempre un posto in più da cedere, e un alro posto dove abitare.

Lo spazio è infinito... poichè esso è il vuoto, la parte predominante della natura.


Ovviamente tranne che nei bagagli a mano.  :D
Ricordatevi di controllare i limiti di peso ( potete tranquillamente sacrificarvi e mangiare quel chiletto di cioccolato, invece di portarlo ai nipotini :) ) e poi ecco un piccolo memento su cosa NON mettere in valigia:

8.9.2 Il trasporto di ceneri umane è consentito come bagaglio a mano, e può essere trasportato in aggiunta al vostro singolo di bagaglio a mano a condizione che sia acompagnato da copia del certificato di morte e di cremazione. Dovete accertarvi che tali ceneri siano ben imballate in un contenitore adatto con un coperchio a vite e provvisto di protezioni contro le rotture.
8.10 OGGETTI PROIBITI


Ai passeggeri non è permesso trasportare i seguenti oggetti nella zona di sicurezza limitata e nella cabina dell’aeromobile:






8.10.1.1 Fucili, armi da fuoco e ordigni, qualunque oggetto suscettibile o appaia suscettibile di far esplodere un proiettile o causare danno, incluse tutte le armi da fuoco (pistole, revolver, fucili, fucili a pallini, etc). Riproduzioni e imitazioni di armi da fuoco, parti che compongono armi da fuoco (esclusi mirini e dispositivi di visione telescopici), pistole ad aria compressa, fucili e pistole a pallini. Pistole di segnalazione, pistole da partenza, armi giocattolo di ogni tipo, pistole ad aria compressa e a salve come pistole, fucili a pallini, carabine, spruzzatori a cuscinetti a sfere, pistole sparachiodi e sparaviti industriali, balestre, catapulte ,fucili e arpioni subacquei, pistole da macellazione, scacciacani e storditori, ad es. pungoli per il bestiame, armi a conducibilità di energia balistica (laser), accendini a forma di arma da fuoco.






Armi da taglio e oggetti taglienti e affilati; oggetti appuntiti, dotati di lame o bordi taglienti capaci di infliggere ferite, quali asce e accette, frecce e freccette, ramponi e attrezzature da roccia (rampini da arrampicata, uncini in ferro o piastre con chiodi da ghiaccio), arpioni e frecce, asce e punteruoli da ghiaccio, pattini da ghiaccio, coltelli a serramanico o a lama fissa di qualunque lunghezza (compresi quelli cerimoniali o da caccia) di metallo o di qualsiasi materiale abbastanza robusto da essere utilizzato come arma, coltelli da carne, machete, rasoi e lamette aperti (ad eccezione di rasoi di sicurezza o usa e getta la cui lama è protetta da un contenitore), sciabole, spade e spadini, scalpelli, forbici di qualunque dimensione, bastoni da sci o da escursione, stelle da ninja, tutti gli utensili che possono essere usati come armi da punta o da taglio (ad esempio trapani e punte da trapano, coltellini a lama intercambiabile, coltelli utensili, tutti i tipi di seghe, cacciaviti, piedi di porco, martelli, pinze, serradadi e chiavi fisse, saldatori).






8.10.1.3 Oggetti contundenti: tutti gli oggetti contundenti capaci di causare lesioni, quali racchette da tennis, mazze da baseball e softball e mazze o bastoni rigidi o flessibili, come manganelli da poliziotto, sfollagente (manganelli in piombo ricoperto di cuoio con asta flessibile), mazze ferrate, manganelli, mazze da cricket e da golf, bastoni da hockey e hockey irlandese, bastoni da lacrosse, pagaie per kayak e canoe, skateboard, stecche da biliardo e da snooker, bastoni da polo, canne da pesca, attrezzature per arti marziali, come tirapugni, bastoni, randelli, cinghie, num-chuck, kubaton, kubasaunt.






8.10.1.4 Sostanze esplosive ed infiammabili; tutte le sostanze esplosive o altamente combustibili che costituiscono un pericolo per l'incolumità dei passeggeri e dell'equipaggio o per la sicurezza dell'aereo e del suo contenuto, quali cartucce, detonatori, dispositivi di accensione e micce, polveri detonanti ed esplosivi, rirpduzioni o imitazioni di polveri detonanti ed esplosivi, mine e altro materiale militare esplosivo, granate di qualsiasi tipo. Gas e bombole di gas, ad esempio butano, propano, acetilene, ossigeno – in grandi quantità, fuochi d'artificio, razzi di segnalazione in tutte le forme (compresi petardi e miccette per pistole giocattolo), fiammiferi, granate o cartucce fumogene, combustibile liquido infiammabile come benzina, olio diesel, combustibile per accendini, alcool, etanolo, bombolette di vernice spray, trementina e diluente per vernici, bevande alcoliche con una percentuale di alcool superiore al 70% (prova 140%).






8.10.1.5 Sostanze chimiche e tossiche: tutte le sostanze chimiche o tossiche che costituiscono un pericolo per l'incolumità dei passeggeri e dell'equipaggio o per la sicurezza dell'aereo e del suo contenuto, quali: acidi e alcali (ad esempio batterie umide che possono perdere liquido), sostanze corrosive o sbiancanti (ad esempio mercurio e cloro), sostanze di difesa in bombolette spray (ad esempio aerosol lacrimogeno, spray al peperoncino, gas lacrimogeno); materiale radioattivo (ad esempio isotopi medici o commerciali), sostanze velenose, materiale contagioso o biologicamente pericoloso (ad esempio sangue infetto, batteri e virus), materiale passibile di autocombustione, estintori (ad eccezione di quelli previsti dalle norme antincendio e in dotazione dell'aereo).






8.10.1.6 Il trasporto di liquidi, aerosol e gel nella zona riservata di sicurezza di un aeroporto e a bordo dell’aeromobile viene controllato in conformità agli attuali Requisiti di Sicurezza EU.






8.10.2 I seguenti oggetti non possono essere trasportati nel Bagaglio Registrato: dinamite, polvere nera, esplosivi, compresi detonatori, micce, munizioni, granate, mine e esplosvi al plastico, Riproduzioni, imitazioni di armi da fuoco, e armi giocattolo di ogni tipo. ; gas come propano, butano; liquidi infiammabili quale benzina e metanolo, sostanze solide infiammabili e reagenti, quale magnesio, materiale per accensione fuochi, fuochi di artificio, raggi di segnalazione e altri giochi pirotecnici; ossidanti e perossidi organici, compresi decoloranti, attrezzature per riparare automobili; sostanze tossiche o infettive, come veleno per topi e sangue infetto, materiale radioattivo come isotopi medicinali o commerciali; sostanze corrosive, come mercurio e batterie per automobili, parti di impianti di combustione per veicoli che contengono o hanno contenuto combustibile.






8.10.3 Tutti gli oggetti taglienti contenuti nel Bagaglio Registrato devono essere imballati con cura per prevenire lesioni accidentali degli addetti ai controlli e alla movimentazione.

giovedì, ottobre 13

In viaggio... dalla vita in poi

A volte, per cambiare le cose bisogna che tutto resti uguale...
lo so, sto parafrasando, girando il motto a mio favore, ma solo per allacciarmi da qui ad un pensiero che da un poco volevo mettere per iscritto, e che Madama Dorè ha trattato proprio in questi giorni.

Uguale è, qui, equivalente. E' da pensarlo come una osservazione accurata ed equanime del presente e del passato, per riportare le cose in equilibrio, quindi non identiche a se stesse, ma nuove, pur se quel che è stato non si può cambiare.


Mi spiego. L'estate, come ho avuto modo di osservare, ha visto finire delle cose, dei sentimenti, dei pensieri. Tuttavia mi ha lasciato accorgere di una ferita profonda, ancorchè guaribile, si spera. E un giorno mi sono trovata in mano un libro di esercizi dal titolo "Ama te stesso", che mi hanno spinta a indagare l'origine di questo farmi ferire, sempre allo stesso modo, nello stesso punto, con dolore che cresce anzichè diminuire, poichè laddove si è già stati colpiti si finisce con l'avere come un livido permanente. Un piccolo punto su cui sembra che non giunga mai il calore del sole, o di un affetto.

Ebbene, in questa immersione catartica nel ricordo, che ho in parte perduto nei cassetti d'ogni giorno, o forse nascosto e non stirato come i panni che celo nell'armadio (perchè stirare, ammettiamolo, è faticoso... e perchè posseggo un sacco di cose, avendo vissuto molto), mi sono ricordata, appunto, che ciò che era non si cambia. Resta uguale. Se non che nel guardarlo, così non pare. Non lo sappiamo più che cos'era. Sappiamo però, OGGI, ORA, QUI, che cos'è.

Da questo punto si riparte. Questa è la valigia che piace a Lila.
La borsa ormai sempre pronta, per viaggi non necessariamente ai limiti del mondo fisico, ma sicuramente che hanno la necessità di oltrepassare il mondo "psichico" fin qui conosciuto. Che hanno la necessità di andare oltre la mente che mente e si lamenta di cose che hanno avuto la loro ragione d'essere, e la loro inevitabilità quando sono state, ma che ora non hanno più necessità di mantenersi.

A volte, per cambiare tutto, bisogna che tutto resti uguale. 
Come il rumore dei treni, che si allontanano caracollando, allo stesso blando ritmo. Resta la forma, resta il fracasso ritmato del ferro sul ferro, la corrente che li sospinge.
Resta.

Un poco.

Poi, sei tu sul binario vuoto. Con la valigia in mano.

Puoi voltare le spalle, o restare a sperare che torni.
E' una scelta, e sicuramente, farai la migliore possibile.

Lila, adesso, esce da questa stazione, e va a scoprire cosa c'è fuori.




giovedì, luglio 28

Aprire la valigia (e metterci dentro i ricordi - parte VI)

Ormai impresse nella sua storia, ci allontaniamo da Granada,  seminando le nuvole e il freddo;  indeterminate sui tempi delle prossime visite, ma non sulla meta, ci dirigiamo, come previsto verso Antequera.
pena de los Enamorados

Per arrivare attraversiamo una landa che vorrebbe, senza averne la secchezza, assomigliare ad uno di quei deserti americani con i picchi che si lanciano duri contro il cielo terso, e difatti quasi ricordo dell'amore non consumato dell'Alhambra, si materializza di fronte a noi la pena de lo Enamorados, celando ancora brevemente alla vista, la nostra meta. 

La tappa è stata scelta per la presenza dei Dolmen, che introducono un aspetto totalmente diverso nella visione, distante secoli dalle meraviglie Mudejar, allo stesso modo ineguagliabile per la propria bellezza.
 Sono stata a Stonehenge e, forse perchè là si è condannati a girare intorno e lontano alla struttura, lasciando che i corvi s'impossessino del residuo mistico, ma qui mi pare vi sia un tocco in più; quel pizzico di magia che beneficia, per rimanere, della scarsa presenza di visitatori, che consente di restarvi all'interno, in silenzio, godendo degli anfratti della pietra e del ventre della terra. 
Antequera, primo Dolmen
Antequera, secondo Dolmen

Antequera, terzo Dolmen




Antequera, chiesa barocca
Il paese  è un gioco di tetti e pareti bianche, di vicoli e fortezze, fra i cui merli si gode la splendida vista della vallata... vale la Pena!

Comunque decidiamo di farci bastare una chiesa barocca, indicata dalla guida per il tetto particolare, che scopriamo avere una strana delicatezza e un silenzio racchiuso, che sembra d'esser la polpa di noce nel suo guscio, a starci dentro. Te lo gusti, con i suoi saporiti intrecci di stili, che riducono l'impatto generalmente prepotente dello stile puro.

Ci basta così, anche se avremmo voluto curiosare qualche negozietto, ma l'ora è di quelle che inclinano alla siesta i negozianti, indi ci rimettiamo in marcia, verso la penultima notte.
La nostra piccola avventura, una piccola attesa che ha aumentato l'eccitazione del viaggio. E' infatti l'unica notte senza hostal prenotato.
A dire il vero, stanche, accaldate e già incuriosite dalla città, quando arriviamo a Ronda i brividi d'eccitazione sono scomparsi, e manifestiamo il nostro essere in pieno. Io, inessenziale e stanca opterei per il primo posto possibile, pure caro purchè centrale; anzi, magari caro, tanto per viziarci un poco. Lo', che ha agguantato la cartina con i pochi riferimenti presi da casa, indica una qualche Reina Victoria, che suona bene, e anche spendereccio. Madama Dorè, più pratica, mentre vaghiamo tra i numerosi sensi unici perdendo un po' la bussola, ci indica un albergo proprio lì, sopra al posto macchina gratuito in strada. Alla fine si rivela la scelta giusta: carino, economico, spazioso, centralissimo. L'Hotel Molinos ci fornirà anche una colazione tipica (pane tostato e pomodoro... ma giuro: un sacco di spagnoli la usano!); questo tuttavia deve ancora accadere.

Ombre di viaggio
Ora ci affrettiamo per la via, in direzione dei bagni arabi, una delle "attrazioni" che continuano a sfuggirci (a Granada, altrove, e alla fine... anche qui!). Nel frattempo scopriamo il parco sulla rupe, che fa planare gli sguardi giù per la campagna che si distende, allegra e animata, fino alle Sierre circostanti.
Sostiamo per vedere l'Arena deToros, sorprese dal vento freddo che ha rapidamente preso possesso della cittadina, e che raggela il sangue ribollente di rabbia ed orrore, di fronte all'esposizione museale delle stampe e degli abiti inerenti alle Corride. 

Poi, attraverso il ponte, saltiamo nella vecchia città, valicando il baratro in fondo al quale scorre il Guadalevin, più casto e timido del Guadalquivir anche perchè, da questo dislivello che ci separa dalle acque sembra molto silenzioso!

Il nostro destino con i bagni, come accennato, si riconferma rapidamente; nella discesa che vi condurrebbe, affascinata dall'esterno della Casa del Roi Moro, Lo' propone di fermarsi, e il suo ginocchio, dati i nostri tentennamenti, decide che questa visita è prioritaria;  per impedirci d'oltrepassare cotanta decadente meraviglia, si sacrifica alla causa e si incide eternamente sul ciottolato, con l'occasione tranciando di netto il sandaletto acquistato da Lo' a Siviglia.

Dopo un po' di pronto soccorso (corro in Farmacia a comprare Arnica in granuli e pomata), così convinte e nel frattempo adeguatamente edotte su Ronda da un vecchietto del luogo che ha assistito alla scena, "scegliamo" di inoltrarci nella casa fatiscente. 
particolare della Casa del Roi Moro

la Mina



E forse è stato per questo, o per averla scampata con una brutta botta ma nessuna frattura, a parte quella irriparabile della scarpina che non val neanche come monile di cristallo da lasciarsi dietro per un ipotetico principe, o perchè alla fine della lunga discesa nella Mina lo spettacolo è impareggiabile...

sul fondo della Mina


lo Stregatto (poco sorridente)
Fatto è che sulle stradine bianche di Ronda è rimasto un pezzetto del mio cuore; dei nostri cuori. Ombre impresse dalle luci della sera, che non si dilegueranno domani, e che ancora ondeggiano, se guardate bene, sulle scale della Casa, nella passeggiata per il Ponte, in qualche Calle minuscola e affollata di rondini vere e Stregatti da cortile.







il Ponte
Ceniamo italiano (una fantastica pasta alla marinara!), tanto per embricare i due mondi e non porre alcun confine e far patria dell'Andalusia. I sapori si mischiano perfettamente, e senza meno lo stomaco, nostalgico, ne gioisce;  decidiamo che rimarremo anche domani, sacrificando la visita  a Cadice per una esplorazione che cancelli la caduta, ed innalzi i nostri animi oltre i 100 metri del crepaccio fra le due città... in una.

mercoledì, luglio 13

Aprire la valigia (e poi la mappa della Spagna -quinta parte)

Cordova, girando la Juderia
   Quando usciamo dalla Mezquita, stordite dal fascino dell'interno e dalla luce e dal calore esterni, ci soffermiamo nel cortile innanzi mandando a memoria i particolari e assorbendo l'esperienza, mentre tento di risolvere un problemino con la carta di credito. La brutta sorpresa è stata, infatti, un messaggio della banca che comunicava una richiesta di danaro doppia rispetto al previsto, per il noleggio dell'auto. Confesso che per qualche istante, invece che tra gli arabeschi, mi sono persa il cuore sotto il pavimento...  La testa se n'è fuggita fuori, e le gambe non avevano più molte fantasie, se non quella di uscire e "fare qualcosa".  Tuttavia ho lasciato che l'attimo passasse, e mentre mi riprendevo gli scatti con un balzo d'occhi verso le curve degli archi, ho capito che quel momento non sarebbe tornato.
E me lo sono goduto fino in fondo.

(Per i curiosi: alla fine trattavasi, ovviamente, di una specie di caparra, che viene restituita al momento in cui si rende l'auto. Il che, naturalmente, ha reso a me il respiro.)
La passeggiata per la Juderia, il bagno coi piedi nella fontana per far riaffluire il sangue in tutti gli anfratti del corpo, dopo che s'era concentrato negli occhi per lo stupore, la cena elegante con cameriere delizioso, e una sorprendente torta de queso, hanno concluso la giornata più che degnamente.
Tra le mura bianche e strette, innaffiate di buganville e di luna, il cuore ha ripreso battiti regolari, sognando già, al fresco del condizionatore, le meraviglie di domani.


Cordova, una chiesa per caso

Cordova, dopo il caffè!













La mattina scoviamo un localino veramente indigeno, per fare colazione prima di recarci al Palacio de Viana, decantato dalla guida come una deliziosa sorpresa. Ma la fortuna aveva voltato la faccia bendata altrove, e ci siamo ritrovate a contemplare l'esterno e le scritte sui muri (lunedì chiuso - ! -), e poi vicoli e chiese sulla via di ritorno... o della partenza.

   Chiusa la valigia, partiamo infatti alla volta di Granada, percorrendo una strada incantevole, che si snoda tra canzoni ripescate nella memoria di nastri e vinile, campi di girasoli e interminabili distese di ulivi. E devo dire che tanto sforza paga, in quanto l'olio qui in Andalusia, è veramente buono.  da per tutto.
 E anche il caffè.
All'ultima curva prima di intravedere Granada, facciamo tappa in un baretto per rinfrescar la schiena e corroborare lo spirito con la nera bevanda. Senza sapere quel che ci attende.


arrivo a Granada
Chi semina (la) fortuna, raccoglierà tempesta:

la fortuna purtroppo è rimasta alle nostre spalle, e ci troviamo a fronteggiare una città molto più grande dell'immaginato, e squassata dai lavori stradali, che sembrano in corso un po' ovunque!
Cerchiamo però di non perderci d'animo; neppure quando ci troviamo a girare in tondo, ad infilarci nella ZTL, a ripercorrere la stessa strada avanti e dietro perchè non si leggono i nomi delle vie, e il nostro piano ben congegnato per raggiungere l'Hostal sembra fallire sotto la pioggia incessante. Neppure con lo scoprire che qui fanno 15°, invece dei 30° previsti, o che è l'ora di punta e la strada è piena di pargoli urlanti che escono da scuola.

Con l'animo saldo (al volante e al dio protettore degli automobilistianoleggio) riusciamo, con una avvincente manovra, ad infilarci nel vicolo che porta alla Pension Suecia, attraverso un portale talmente stretto che devi proprio essere in perpendicolare, per passare.
Stretta è la via che conduce alla felicità, comunque, e noi stringendoci un po', riusciamo ad infilarci anche nella stanza della pensione, che si rivela deliziosa e sarebbe perfetta per due, ma è tremendamente stretta in tre; infatti ci sono due letti e un divano letto,  che però, una volta aperto, blocca il passaggio per il bagno (e la porta!) dai due letti. 
Diversi spostamenti di mobiletti più tardi, riusciamo ad uscire dalla stanza e iniziamo la visita alla città. L'Alhambra, su cui purtroppo non abbiamo potuto fare a meno di carcicare grandi aspettative, l'abbiamo prenotata (LINK QUI) per domani. 

Scendiamo dalla collina, e ci imbattiamo casualmente nella Cattedrale (l'ingresso è quasi nascosto da grandi palazzi), mentre cerchiamo l'Albaicin e el mirador de San Nicolas. L'interno barocco s'allontana molto dalle bellezze mudejar, e presto decidiamo di passare all'esterno, trovandolo molto più soddisfacente. forse per via di quei banchetti di spezie, cui rapiamo l'aroma col naso succhiando zucchero integrale a cristalli. Una sorta di tisana d'aria aperta!

Ci inerpicheremo poi sulla collina;  l'ardua impresa in effetti merita, se pensate a tutta la città vista dall'alto: rossiccia e fitta di tetti da un lato, dove emerge la Cattedrale e si scorge l'anello stradale che tange la città vecchia, e la campagna che se ne allontana. Bianca e fitta di tetti dall'altro oltre il quale, sulla piana dell'altra collina svetta l'ambita meta!

L'Alhambra, fortezza vecchia
Sospinte ancora una volta dalle bizzarre idee da turista ( mangiare!), perplesse e felici d'essere irradiate dal sole che ha finalmente riflesso i suoi allegri raggi sulla Sierra Nevada, facendone risplendere la bianca calotta, torniamo verso Campo del Principe, zona consigliata per le Tapas, nonchè a due passi dall'alloggio.
La cena è eccellente, fritta e abbondante. Poco altro ci rimane alla fine, se non desiderare che presto arrivino le 8.30 di martedì, per varcare le soglie della cantata meraviglia... 
- continua nel prossimo post :)  -


Granada, l'Alhambra, vista dalla moschea

domenica, luglio 3

Aprire la valigia (in un'altra stanza -quarta parte)

Cordova ci accoglie con cordialità, dopo un piacevole percorso sull'autovia che, senza sfiorarlo, risale il Gualquivir fino a qui.
Abbiamo salutato Siviglia di primo mattino, al suono dei semafori pedonali che, quando il tempo del verde sta per finire, mostrano un omino verde che corre, ticchettando per avvisare anche i non vedenti.
Civilissima Spagna! Lungo le strade ci rallegra con cartelli che indicano l'inizio e la "fin tramos de concentration de accidentes", di cui il più bello è senz'altro sulla lunga curva che scende da una collina, proprio prima di Cordova...  che se non fai attenzione rischi di finire in quei campi sterminati di girasoli che affollano la piana più sotto.

Cordova, mura dell'Alcazar

Ci introduciamo in città, alla ricerca dell'Hostal la Fuente, che si rivelerà l'alloggio più carino tra quelli prenotati, ma le nostre abilità di viaggiatrici si scontrano con l'approssimativa mappa del posto. Ferme ad un incrocio veniamo quindi soccorse da un motociclista, che ci accompagna propio di fronte all'albergo!
Nell'attesa della camera abbiamo il tempo di studiare gli arredi del delizioso patio, e pianificare la visita; scalpitiamo, per timore di perderci l'Alcazar che, di domenica, chiude alle quattordici.
 Tuttavia, la fortuna che ci ha atteso sulle porte della città, ci conduce a braccetto tutto il giorno, e riusciamo a penetrare la fortezza per tempo, senza necessità di porla sotto assedio.


Cordova, dale torri dell'Alcazar, veduta della città












Cordova, Giardini dell?Alcazar

  


Nei suoi giardini e sulle sue torri, nonstante la discussione con l'ometto che dirige il traffico verso quest'ultime, e che si rivela scontroso e tiranno, ci incantiamo a dovere.. Il posto merita davvero, benchè non abbia la magnificenza dell'Alcazar sivigliano, e la natura ci sorride dal giardino dei limoni, regalandocene un paio appena caduti, che nell'asprezza succosa ci rendono freschezza e solarità.
Cordova, le mura della Mezquita
 Usciamo raggianti di felicità, sotto un sole che riempie gli occhi e le membra, e lasciamo che ci penetri fino ai piedi, che vorrebbero già correre alla Mezquita. Ma la calura è tanta, e la decisione di prender il tempo con garbo senza timore di perder troppo (da vedere c'è così tanto che comunque la giornata è insufficente), ci fa soffermare con un gelato all'ombra delle mura, prima d'accedere alle superbe meraviglie di questa architettura.

Cordova, Mezquita, particolari esterni






   Ciascun particolare ruba sguardi, arricchendo il bagaglio senza pesare. E alla fine, con la brama placata dalla solennità del luogo, ci addentriamo nella geometria innalzante, che conduce gli sguardi fuori da se stessi, verso un cielo munito di cerchi bianchi e rossi, di antichi giochi mudejar, mescolati con le zone riportate a splendore da un restauro accurato e rispettoso.



  Perse nella ricerca delle solitudini (cioè di momenti in cui non ci siano turisti tra noi e lo sguado della machcina fotografica :D ) ci perdianìmo tra noi, arrivando al primo screzio dovuto alla disorganizzazione. Ma dura poco, poichè la bellezza dell'umano lavoro riscende nei cuori, e riporta la mente verso la contemplazione distogliendola dall'umana beffa che le potrebbe rovinare lo spettacolo.
Tutto si fa silenzio. E visione.

Cordova, Mezquita, interni

Cordova, interno della Mezquita

Mezquita, interni

Cordova, geometrie nella Mezquita

Cordova, Mezquita, ipotesi di bianco e rosso

mercoledì, giugno 22

Aprire la valigia (mantenendo l'ordine - seconda parte -)

Scendendo in strada
Così, il primo giorno di viaggio, io Madama Dorè e la mia amica Lo' siamo arrivate a Siviglia, con ancora in mente l'immagine, ma già iniziava a mutare, degli specchi dell'aereoporto.
Ci riforniamo di cartine all'Ufficio del Turismo dello scalo sivigliano, e saliamo sul primo taxi, lasciandoci presto alle spalle le remore linguistiche e iniziando ad interrogare l'autista, lietissimo di farci da cicerone, sulla quantità di piscine intraviste dall'aereo, e su poc'altro. infatti lui, lanciatissimo, ci infiora la città indicandoci ponti e quartieri, e facendocene innamorare ancor prima di riuscire ad intravederne le tipicità. Che incantano i cuori e incastrano il pulsante della macchina fotografica.

Attorno all Arena de Toros
Le ombre proiettate sui muri ci seguono nella calura, e si smarriscono a volte ammirate da un angolo decorato, da piastrelle sotto i balconi, dalla scoperta casuale dell'Arena, percorsa solo in esterno. Quasi che l'eco delle corride sia (solo per ora) sufficiente a dissuaderci dall'entrare.


 Ci rinfranchiamo con un Gazpacho, dopo aver sorpassato un ordinatissimo accampamento di manifestanti, così lindo da far invidia a qualsiasi impresa di pulizie, e ci addentriamo nella Real Fabrica de Tabacos, famosa per la Carmen (credo), e ora Università di Siviglia;  attraversandola pian piano iniziamo a sentire, complice la bevanda tipica andalusa di poco prima, la nostra aria che inizia a cambiare. Ci immergiamo nell'atmosfera, scivolando tra scale e porticati, alla ricerca delaa Plaza de Espagna, che una amica di Lo' ci ha indicato come posto degno di nota.
Riflessi sotto al ponte
A dire il vero, se avessi visto delle cartoline prima di arrivarci, l'avrei senz'altro bollata come poco interessante.
Le cartoline, se non in alcuni casi, rendono davvero poco lo splendore degli azuleios, le prospettive scaldate dagli arcobaleni nelle fontane, il suono attutito del remo d'una barchetta che passeggia due innamorati nel laghetto. E mancano dell'emozione della foto personale, che a chi guarda, senz'essserci stato, può apparire altrettanto silenziosa d'una cartolina da trenta centesimi; ma mentre tu scatti ci metti dentro il rumore dellìacqua, la sospresa delle cromie ricercate, il riflesso azzurrato del sole che attraversa i vetri dei lampioni. Le risa e i sospiri, di chi si sente finalmente... viaggio.
Plaza de Espagna, le panchine delle province





Particolari della piastrellatura, Plaza de Espagna
Studiamo la cartina, solo quando ci rendiamo conto che la fame, e non più l'estasi, ci trasporta in uno stato confuso. Le forme sembrano già abbastanza, anche se sulla via per il Barrio Triana, dove andremo a mangiare, sorprendiamo nuove immagini, perdiamo il confine dello stomaco tra la fame reale e quella di scoprire, di incamerare, non solo a livello digitale, tutto il possibile.




scarpe per tutti i piedi


Infatti par che suonino il flamenco perfino le vetrine, mentre qualche nota risuaona effettivamente da lontano, rimbalzando sul giallo del muro basso, verso il bianco che carezza i balconi. Suonando di "ooh" incantati, inseguiamo l'odore del pescado fresco che si spande per le Calli, mischiato a più leggeri aromi di fiori, ed al rumore distante del Guadalquivir che scarroccia qualche barchetta sul suo petto ampio, mentre noi lo sorvoliamo attraversando il ponte.
E, sedute infine alla Taverna per ristorarci, pare quasi che tutto finisca in questa sera, tra la prima cerveza che sorride sul tavolino, e le tapas prescelte.



Siviglia vista dal Barrio Triana
Assaporiamo la cena come fosse non la prima ma l'ultima, quasi dimentiche, nella curiosità dei nuovi sapori, che il tempo concesso qui, è solo all'inizio.


lunedì, giugno 20

Aprire la valigia (prima parte)

Infine si parte.
Ogni viaggio che si rispetti inizia facendo la valigia, e termina quando gli ultimi panni sono lavati, la faccia è pulita e il cuore, svuotato in partenza ed accuratamente pesato sia all'una che all'altra dogana, è quieto.

Finisce quando non hai più voglia di viaggio, e scorri le immagini non come ricordi, ma come qualcosa che, essendoti già stampato dentro, non ha più bisogno d'essere corretto e ricordato. E' tuo.
particolari di un palazzo Sivigliano
Qui finisce il viaggio, ed inizia il racconto.
Di come un giorno sei salito su un aereo, senza più pensare a quello che immaginavi su questa partenza, alle attese e alle illusioni, ma solo alla terra che ti corre sotto i piedi, a migliaia di kilometri prima, e ben serrata e rovente quando, a poche ore di distanza, calpesti il suolo d'un'altra nazione, ascolti suoni che ancora non ti appartengono. Divori immagini, mescolando quello che vedi con quello che sei.

attorno all'Arena (Siviglia)

Attorno all'Arena

il Guadalquivir
"alle scale piace cambiare" -  Università di Siviglia -


Plaza de Espagna (Siviglia)

Plaza de Espagna

Plaza de Espagna

La rosa del mio segreto. E luce blu.
E al mattino, specchiandoti, quasi non ti conosci. Ma ti ri-conosci.