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mercoledì, dicembre 15

Lettera a Fidel (perchè Platone è morto)

Carissimo Fidel,
ti direi se fossimo ambedue del popolo, e lo siamo...
insegnami come si fa la rivoluzione!

Sappi che come Leader Maximo non ti posso approvare completamente, perché sono sempre stata sostenitrice della democrazia: del governo del popolo. Che forse hai un po' travisato, e pertanto molte cose fatte sono discutibili.
Eppure... eppure il tuo governo distribuisce gratis le medicine per il cancro, e passi per il tuo popolo con gli infermieri pagati dieci dollari l'ora, esentasse, s'intende (e ci mancherebbe!), ma vengono date gratuitamente anche agli stranieri muniti di cartella clinica del malato, che vengono fino alla tua bellissima terra, dove i poveri sono così poveri che non sanno nemmeno che esiste l'Italia. 

E' questa la via? dopo l'Embargo che a ragione avvinghiava il tuo paese, ma non è così che si cambia un governo, stai invadendo il mondo con il veleno di uno scorpione blu, che però, omeopaticamente?, sembra far bene. 
Il mio senso di SmilLila  per il complotto potrebbe anche pensare ad un preventivato sterminio, ma qualcosa mi dice che il comunismo ha il suo ben fare, come tutti i governi. Persino il nostro, che prima o poi, di destra o di sinistra o di Terzo polo che si tratti, provvederà di sicuro a smerciarci il farmaco; pagando, s'intende, ma solo per non aumentarci le tasse.
Mah! in fondo non è ancora certo che funzioni... però la tua rivoluzione si!
Ho conosciuto persone che ci vogliono tornare, a Cuba. Non so perché, forse è il richiamo della terra madre. Forse è che, alla fine, cinque libbre di riso al mese sono sufficienti come merce di scambio per essere curati gratis, anche se hai le braghe con le toppe. Seppure hai le braghe.

Carissimo Fidel...
Tu le classi sociali le hai abolite, almeno nel senso economico del termine (così mi dicono). Tutti guadagnano ugualmente, e possono studiare gratis, per la carriera che si scelgono. Poco importa se costringevi le hostess d'aereoporto a portare dieci centimetri di tacco, rovinandogli la schiena. Tu mica hai fatto il medico: hai fatto la rivoluzione.
Platone è morto ormai da tempo, ma anche lui poneva un ideale di città dove vi fosse ciascuno col suo ruolo, e la giusta paga.
Gli operai alla fine, devono essere soddisfatti, che siano sacerdoti o re, medici o giullari, sempre operai sono.
Lo vedi che qui da noi serviresti tu? I nostri operai scioperano così spesso, ed anche gli operatori sanitari, di volo, di mercato... che vien da pensare che qualche problema ci sia, nel nostro sistema liberista.

Carissimo Fidel...
d'accordo che Platone non amava i tiranni, eppure mi pare che in comune, almeno sulla linea di partenza, aveste entrambi a cuore l'interesse del popolo; se il tuo piano originale ha un po' deviato, il Filosofo d'altronde non ha mai portato a termine il suo!
Qui, invece, ci troviamo con un problema assai più spinoso di uno scorpione, benché forse, omeopaticamente, ce lo meritiamo (e arrivo quasi al punto): io eleggo un rappresentante, pensando che possa fare i miei interessi, in linea con un ideale... e quello mi suicida l'ideale (ma forse è eutanasia), volta le braghe, all'occorrenza double face e magari di gran marca, e se ne va con qualche altra corrente; come se quella antartica di questi giorni non bastasse.

Mi si ghiaccia il cuore.
E meno male che non si va alle elezioni, perché anche le dita ne risentono.

Carissimo Fidel. 
In attesa che tu venga ad insegnarci la rivoluzione, io continuerò ad occuparmi di quella interiore, sperando che basti e fidando in Plotino (allievo di Platone, ma ahimè già trapassato), il quale sosteneva che "agli dei bisogna farsi simili, non agli uomini dabbene. Non essere senza peccato, ma essere un Dio, è il fine".
La via è assai lunga, e non esistendo né Eurostar, né tanto meno voli low-cost, occorrerà del tempo. Nel frattempo terrò presente che nessuno, nemmeno tu che per la libertà hai lottato, pur dimenticando nel tempo la via per arrivarci, può cambiare le cose in alto se non le cambia in basso, perché sopra e sotto si equivalgono. Lo dice anche il Padre Nostro, che qualcosa di rivoluzioni ne sa: "come in cielo, così in terra".

Carissimo Fidel
senza andare a scomodare Quello, un certo saggio diceva "dalla comprensione di come si produce il disordine deriva naturalmente l'ordine".
 E, ancora: "la totale libertà interiore...esiste solamente quando non siete impegnati, quando non appartenete a qualcosa, quando siete in grado di rimanere completamente soli, senza amarezza, senza cinismo, senza speranza né delusione...".
Si chiamava J. Krishnamurti, ed è morto anche lui.
Ma io e te, allora, che futuro abbiamo?






domenica, dicembre 12

il Terzo polo- giochi di parole

L'Italia, lo sappiamo, è un paese di arbitri e di politici. Quelli che sanno sempre, col senno di poi, quale sarebbe stata la mossa vincente. E' il paese delle due corsie... più quella in mezzo; per intenderci ci sono sempre due corsie, e la terza è quella striscia bianca, in mezzo tra le due, che perchè diavolo l'hanno disegnata se non per indicare chiaramente dove mettersi con la macchina?!

L'Italia è il paese della terza opinione: quella del primo medico che ti visita, quella del secondo medico, e quella del fruttivendolo, che di solito viene accettata come vera... perchè se non lo sa lui che vende la frutta così buona e bella, quando è un osso ad essere bacato, chi lo può sapere? Mica l'ortopedico che insiste che ho una lombosciatalgia, e non una frattura senza essere mai caduto, nemmeno dal letto quando ero piccolo...

L'Italia è il paese del terzo polo. In America ci sono due partiti/schieramenti, in Inghilterra anche, credo che anche i precisi svizzeri ne abbiano due, uno per l'anticipo e uno per il ritardo. In modo che la media li faccia arrivare sempre in orario.
Ma a parte questo, perchè potrei anche sbagliarmi, quello che conta è che abbiamo passato svariati anni ad anelare e forse a costruire due Poli...politici, per accorgerci adesso che non siamo ancora pronti: ci serve la corsia d'emergenza. Ci serve  non quell'aurea mediocritas di cui si faceva un certo parlare di recente, ma l'arbitro a casa: quello che vede il fallo che non c'è, o il colpo di mano che è sfuggito anche al terzo uomo... che sul campo ci sta davvero.
Non è, badate bene, la striscia bianca della mezzeria, o il terzo pilastro dell'Albero...

Io, per me, lo cerco per necessità, perchè di partenza, sono nata doppia. Sono nata per me e per gli altri, a cavallo tra due giorni, di un segno doppio, con l'ascendente a zero gradi Acquario, tanto per avere influenze anche dal Capricorno, quindi per Dharma (destino), se non voglio perdermi mi tocca stare in mezzo.
Su quella striscia bianca... e magari fossi un ago della bilancia, invece ho delle opinioni e delle preferenze, e una volta sono bianche e una volta sono nere, ma mi serve che il pavimento sia a scacchiera, altrimenti le cose, mi pare, si complicano un po' troppo.
E con l'andar del tempo scopro che quando hai fatto una scelta non è che puoi passare repentinamente all'altra, quella che avevi scartato. Hai una scelta nuova, e non è mai la stessa che non hai fatto.

Il pavimento, infatti, è in bianco e nero, e le mattonelle della scacchiera si avvicendano, unite da quel filo su cui sta in bilico il Testimone.
Quello che se ne sta ad osservare non dal terzo polo...politico, ma da quel terzo pilastro che caratterizza l'Albero della Vita, e che convoglia l'energia di destra e sinistra innalzandola sopra se stessa, e non costituendosi come parte a sé.
Ma costituendo un Centro, in sé.
Dove far arrivare la freccia scagliata.

mercoledì, maggio 19

Muovete le dita nelle scarpe

Ipotesi di complotto:
esiste una possibilità che ci sia qualcuno che sta complottando per compromettere o mutare la nostra sensibilità?
questo baluginio di coscienza (magari un po' paranoide) m'ha sopraffatta oggi, mentre scorrevo le pagine d'un libro sui neuroni a specchio e relative teorie di utilizzo pratico nella riabilitazione. Citando un nonsochi, si faceva notare che l'attore, senza pubblico, in realtà è praticamente niente. Non ha scopo. La domanda dunque sorge, come si dice, spontanea: dal momento che noi tendiamo ad imitare i comportamenti ma anche gli stati d'animo di quello che è la realtà attorno a noi... cosa succede di fronte a spettacoli in cui ci si mostra la disumanizzazione di fronte ad eventi tragici e sanguinolenti?
Colgo l'occasione per criticare dei programmi che non amo, come esempio e ovviamente caricando un po' la questione; Nel telefilm CSI i protagonisti , in genere, devono per necessità affrontare i loro casi con un aplomb che chiunque di noi sarebbe ben lungi dal provare. E' pur vero che manifestano anche rabbia e desiderio di giustizia (o non sarebbe un telefilm americano! alla fine il cattivo DEVE essere punito), ma il messaggio d'impatto visivo è a mio parere fortissimo.
Si possono trovare innumerevoli esempi, non ultimo, in un'epoca in cui le veline vengono finalmente rivestite e ci preocccupano meno moralmente, i vari programmi tipo GF, l'isoladeinonpiùtantofamosi, la pupa e il secchione.
Lila terrebbe per la fuga dei secchioni, se lo vedesse, perché oggi, colloquiando con un vice direttore di banca, mi spiegava che ci sono dei corsi per apprendere dal linguaggio corporeo se qualcuno, di fronte a noi, mente o dice il vero, se è affidabile o no, eccetera... in pratica, si direbbe da noi , se ci è o ce fa'. Ebbene, pare, le cosiddette pupe "ci sono"!
Ma se possiamo vivere come atto eroico quello di sbandierare in pubblico la propria leggerezza, quello che preoccupa ormai sempre di più è il generale livello di ciò che vediamo (sempre fatti salvi un sacco di programmi e film!) e che inevitabilmente finirà con il lasciare un'impronta sul nostro campo morfogenetico, spirito, anima, cuore, volto.

L'operatore sanitario ha necessità di tessere un velo, tra sé e il paziente, perché se ci si facesse coinvolgere da tutti non si vivrebbe più; ma questo non vuol dire che si perda sensibilità! piuttosto si tratta di accogliere la persona e porsi in uno stato di ascolto, essere del tutto presenti al momento in cui si sta insieme, documentarsi, incuriosirsi, fare tutto ciò che è possibile per ciò che ci compete, e poi... salutarlo. Sorridendo, possibilmente, ma con il cuore e la mano già protesi verso l'altro. Quello che viene. Non quello che era.

Non so se riesco a spiegarmi... poiché non è facile farlo, ma è così che va fatto.
La necessità di distacco non implica mancanza di interesse. Gli occhi rivolti alla bellezza, all'armonia, all'amore con la A maiuscola o minuscola che sia, non implicano che il resto non esista o che non lo si voglia vedere.
Questo non implica l'esagerazione di impedire ai propri figli di leggere Harry Potter (conosco uno che lo fa!!!), che fra l'altro ha un sacco di spunti educativi, quali il fatto che non è come si nasce, ma ciò che si fa delle nostre possibilità a determinarci come 'buoni' o 'cattivi'.

Piuttosto andrebbe mantenuta quella coscienza osservante, di cui s'è già detto altrove e più volte, di quell'attore che recita a soggetto, fornito alla nascita di quadro astrologico, di un paio di genitori, e di tutto un mondo fuori che gli riversa addosso immagini e comportamenti.
 Siamo i pubblico dell'Io che si muove sul palcoscenico.

Abbiamo la possibilità d'essere il copione di un pubblico che sale sul palco, e per una volta, togliendosi le scarpe da sera, indossa quelle dell'attore e cambia il soggetto...
col sorriso che aleggia sul volto quando scopriamo, come se fosse il trucco del prestigiatore, quelle piccole cose che si vedono solo allo specchio...

si dice, l'ho già scritto, che per comprendere un uomo bisogna camminare almeno due lune nei suoi mocassini... ma se se non vi va di cambiarle, almeno muovete le dita nelle vostre scarpe! 

domenica, maggio 16

Tempi moderni


Ebbene lo sappiamo tutti, sono tempi duri. Si potrebbe già perdersi e chiedersi perchè sono tempi, e non "tempo". Ma nel fraseggio comune, si dice così, e così sia.

Pare, Lila sconcertata ha di nuovo spento la tv in questi giorni, che ci sia qualcuno che, mentre si progettano i soliti blocchi degli stipendi agli statali (ma lo sanno quelli quanto guadagnano certi 'statali'???) e si tassa a destra e a manca per far fronte alla crisi... pare dicevo che qualcuno si sia comprato una casetta, vista sul Colosseo (si sa, è l'antichità è fonte d'ispirazione) con i soldi dei contribuenti. Si, proprio quelli che di solito fanno fronte alle crisi, rimettendoci l'adeguamento all'inflazione;  nel caso della sanità, il cosi detto personale di comparto non può nemmeno fare un secondo lavoro per adeguarsi da solo, nemmeno se si apre la partita IVA e fa tutto regolarmente...pare.
Lila è poco aggiornata, magari le cose sono cambiate. Tuttavia il senso comune per i ricorsi (storici) mi fa osservare che qualche anno fa erano accadute vicende analoghe. Qualcuno, raccontavano, aveva piazzato la mammina in una casa a equocanone, o affitto bloccato o qualcosa del genere.. solo che la mammina non era la povera pensionata da cinquecentoeuroalmese, ovviamente. O di scandalo non si sarebbe parlato.

Tutti noi, popolo italiano, siamo con i telecomandi puntati, il volume al massimo e magari un paio di giornali aperti, quando si sussurrano certe cose. Stiamo qui a secernere bile sulle notizie riguardanti gli autisti delle auto blu... cui verrebbero concessi privilegi riguardo alle infrazioni, per esempio, come se avessero due patenti. Ebbene, se infrangono le regole mentre sono in servizio, di qualcuno sarà, la colpa! e se come è umano, l'attribuiscono ad altri, allora forse ci dovrebbero rimettere questi altri. Ma se la colpa è loro, all'ora infranta dai chilometri in eccesso che differenza fa?

Il popolo italiano è punto sul vivo su più questioni, in continuazione: sulle televisioni, su quanto Qualcuno da alla moglie per mantenere la sua villetta dopo il divorzio (dimenticando che quelli sarebbero affari di famiglia, e non di stato)...

E così via. Non mi sento in grado di disquisire oltre, e mi manca l'opinione del signor Filippo, che l'anno scorso se ne è andato fumando all'angolo di una strada. Persona sensibile e di mezzo tono, aveva sempre la capacità di farmi vedere il bicchiere... com'era. Non mezzo pieno, come voglio sempre io. Non mezzo vuoto, come dopo aver pagato le tasse  ;-)

Il punto, è un altro.
Il punto di vista di Lila, almeno.
E' che a guardar le pagliuzze, si direbbe in certi lessici ecclesiastici, ci scordiamo delle travi che abbiamo negli occhi. Dimentichiamo che, se è vero che chi ci governa dovrebbe essere il rappresentante del popolo,  forse ora il popolo ha qualche problema.

Mi spiego? Se ho bisogno di un favore, e so che Tizio conosce Caio, che è amico di Sempronio, probabilmente alle elezioni mi darò da fare perché Tizio venga eletto... Non voglio riferirmi a colori politici, qui. Ma solo a colori dell'anima!
Perché se il favore che mi serve è onesto, diciamo anche che nel mio progetto ci sia il benessere dell'umanità (per farla proprio in grande!) la catena di cui sopra sarebbe un nastro leggero e colorato, e forse non scriverei questo post.

Il mondo è uno specchio. Stanno comprovando, ne ho già scritto, la veridicità di certe affermazioni magiche. Quindi, alla domanda ricorrente che ci si pone in conversazione, ("se le cose vanno male che ce potemo fa'?") la risposta dovrebbe giungere da altri tempi, che secondo altre teorie, non sono poi così distanti da noi.

cito: "All'entrata del tempio c'era la scritta: "ΓΝΩΘΙ ΣΕΑΥΤΟΝ", "Conosci te stesso".
      Ti avverto, chiunque tu sia. Oh tu che desideri sondare gli arcani della Natura, se non riuscirai a trovare dentro te stesso ciò che cerchi non potrai trovarlo nemmeno fuori. Se ignori le meraviglie della tua casa, come pretendi di trovare altre meraviglie? In te si trova occulto il Tesoro degli Dei. Oh Uomo, conosci te stesso e conoscerai l’Universo e gli Dei"
Oracolo di Delfi

domenica, maggio 2

Lila sulla scogliera... vabbè a Capocotta

Il primo giorno di maggio, si rende obbligatoria, a quanto pare, la gita fuori porta; anche fuori della porta di casa a buttare la spazzatura, magari, ma preferibilemente si dovrebbe allontanarsi, causare code di macchine e file ai benzinai, agtarsi per la smania di arrivare e poi per quella di tornare a casa, magari a tempo per le partite... è ritenuto dai più divertente e necessario. ;-)

Lila,  ben confitta nelle sue atmosfere asociali, non capisce bene perchè andare a star sola da un'altra parte, dato che sta tanto bene a casa propria, ma tutto sommato la giornata è bella e sa che lunedì rimpiangerebbe di non essere andata, anche sola; tranquillizatosi il canto degli uccelli, daltronde, preferisce il rumore del mare a quelli che inevitabilmente soffocano la quiete nelle giornate di festa.

Vado.
Allegramente cercando di rendere l'esperienza alternativa all'abitudine, che nelle domeniche d'estate è quella di arrivare e spiaggiarsi appena possibile per non perdere troppi sali minerali col sudore;  il pagamento al parcheggiatore abusivo è un'occhiata gelida quanto il vento, e me ne vado fiera (sperando di ritrovare l'auto) a fare una passeggiata, prima di dedicarmi alla lettura.
Non riesco subito a stare nel silenzio che vorrei, anche perchè l'orgoglio della vittoria sull'automatismo del pagamento mi sospinge; e vorrei non fermarmi al solito posto, così m'avvio a nord, mentre mi sovvengono esperienze vecchie.. tipo quella volta che decisi di cambiare stabilimento:

   Lila in estate è mattiniera, e alle nove, dopo una casuale ricerca di 'un posto nuovo' era già collocata col suo mini ombrello da sole dinanzi al mare quando arrivano alla spiaggia due giovanotti.
Penso, da single, che forse si potrebbe anche fare qualche amicizia, ma certo non è che sia io a fare la prima mossa. Occhi sul libro del giorno, me ne sto tranquilla a godere il sole.
Arrivano altri due giovanotti, poi uno da solo, poi qualcun'altro. L'innocenza infantile suggerì che era una spiaggia frequentata da militari, mentre una parte di me s'ingannava credendo fossi nel paradiso delle donnne. Infatti dopo un po' c'ero io... e tutti uomini attorno a me.
Solo che per timidezza evitavo di guardarmi troppo in giro, immaginando che qualcuno prima o poi mi avrebbe detto che quello era un posto riservato... ed in effetti forse lo era. Riservato ai gay, ma con tolleranza per chiunque. Me ne accorsi quando, sollevando gli occhi a guardare il mare vidi un giovanotto sculettare vistosamente mentre andava a gettare una carta nel cestino.
Ora, io non ho niente contro gli omosessuali, e un uomo poi non mi darebbe neppuere fastidio, quindni ero nel luogo più sicuro del mondo, ma mi sentivo ugualmente un po' a disagio.
Così dopo un tempo ragionevole ho preso su tutte le mie cosine e mi sono avviata verso altri luoghi.
Camminavo pensierosa e desiderosa di un po' di spazio per stendermi, quando mi accorgo che qui la spiaggia è sempre meno frequentata. Qualcosa di strano c'è... ma focalizzo solo quando mi accorgo che l'uomo anziano innnazi a me, col borsello sulla spalla, è completamente nudo!
Lila non ha niente nemmeno contro i naturisti... ma ancora comparì una vaga sensazione di disagio, ritenendo da pretesa artista che solo il bello andrebbe esibito, Lila si dilegua e ritorna al luogo solito.

Era qualche anno fa, ed ora la mia comprensione è cresciuta, assieme all'età anagrafica; penso che chi si espone così al sole si deve sentire bello, o non lo farebbe, tuttavia, mentre oggi percorro il lido di Capocotta in senso inverso ad allora, osservo che in genere ci sono per lo più culi mosci e seni scesi a mostrarsi, che fanno apparire le mie parti cellulitiche come un nudo michelangiolesco. Oggi, comunque sono in pochi; il rigore del vento del mattino rende riottosi anche i frequentatori abituali; da ammiratrice del bello, tributo al merito, vedo anche un giovanotto atletico esporre, per dire, le sue virtù al debole sole.
Prima d'arrivare alla tappa successiva (la spiaggia dei bei giovanotti dell'altra volta) torno sui miei passi e mi distendo, ben coperta, dalle parti del solito stabilimento. Il silenzio, placata la mente con lo sforzo fisico del cammino, concilia la lettura; qualche ragazzo in gita fuori porta interpreta fino in fondo, e gioca  a pallone, mentre le femminelle più atletiche si esibiscono nella pallavolo.
Noi uomini, chissà perchè, siamo spesso sui confini dello stereotipo, in questi casi!

la prova della musica
Purtroppo presto quelli del bar cominciano a provare l'impianto, assordando anche i nudisti della spiaggia più a nord, figurarsi le mie orecchie, già flagellate dal vento. Col campo morfogenetico irritato cerco di afferrare il rumore delle onde, medito sul tornare alle spiagge nude di stabilimenti e rimpiango vagamente Ilio...
(nomignolo affettuoso del luogo ove amo trascorrere i weekend marini)

la prova costume
Lila ci ha provato, ma la pelle d'oca sul suo corpo di cigno ha sctenato un conflitto di personalità, e rimpiangendo la giacchetta di velluto lasciata in macchina s'è deliziata dell'acqua di mare sui piedi, ma ha esposto solo le caviglie, gli avambracci ed il viso al bacio del sole.
Molti però, sfidando il vento cha cantava di piogge in arrivo, hanno provato a se stessi che nessun canone prestabilito può impedire di far respirare la pelle, dopo tutta la pioggia ed il freddo dell'inverno.
Cicciottelli e magrolini, bianchi e neri, intelligenti o sciocchi come lila oggi, hanno sfidato la 'bocciatura' o la 'promozione', dando alla giornata un profumo d'estate in arrivo... quel misto allegro di crema e di sole, di risa e di pace che merita un giorno di riposo.

Dando la sensazione veramente riposante che niente, assolutamente niente, dovrebbe impedirci di essere in libertà.

 Buona domenica a tutti!

lunedì, marzo 29

Napul'è...

marzo, 27 ore 6,31
scendo nella profondità della terra. La mia sacca a spalla contiene acqua per il corpo e per il cuore; così il  rumoroso treno è il vascello di Caronte che mi traghetta con le mie paure, verso altro viaggio.
Sull'intercity "senza garanzia del posto" il viaggio diviene metafora della mia ricerca di collocazione; all'interno del gruppo con cui parto, di cui non conosco nessuno... nella vita di oggi, in cui mi percepisco a tratti come un 'personaggio non giocante'. In cerca di collocazione, appunto.


ore 18,07
Dodici ore dopo essere uscita di casa sono sull'Eurostar, e sopratutto sono piena di me. L'autore segreto della storia ha scelto per il suo eroe, anzi, la sua eroina, il racconto del viaggio della nascita: dall'accorpamento alla separazion, all'affermazione dell'identità.


"che libro hai sul comodino?" chiese il capogruppo a Lila...
Oggi era la prima gita con l' "Associazione"; ho scelto di iniziare da Napoli, benche poi si sia rivelato vero il detto "chi va in montagna e non sa andare in città... solo l'escursionista dovrebbe fa' "; coniato da una esperta turista di città, che vorrebbe iniziare viceversa ad andare in montagna. A dire il vero Lila ci ha abitato, per un periodo soffrendo, al contrario di Heidi, la nostalgia della metropoli. Gli amici di montagna "bubu-cicì-beebee" dicevano che dovevo partire, e il motivo era chiaro.
Lila è un animale di città.
Intendiamoci: amo la natura, la montagna, i boschi, gli animali... ma il vero incontro tra la mia indole e la garbata madre terra, coincide realmente solo... al mare!
Napoli m'è sembrata una buona scelta, quindi, benche a differenza di Trapani qui ci siano vele, e non la Velaia che mi fa amare quella striscia protesa tra due mari. Lo stesso monte dove s'appoggia Erice, che come il Vesuvio appare spesso avvolto di nuvole, là sembra l'Olimpo, e qui un vulcano.

Ma tant'è, lo è. E Napoli è nel mio immaginario quella cantata da Pino Daniele "mille culure, mille paure", mi affascina e mi spaventa. Forse per questo ho creduto opportuno venirci in gruppo.
Memore delle mie tendenze sovversive, ho cercato di saperne meno possibile, prima d'andare, per non farmi venire idee strane sul cambio itinerario... ma chi può fermare le voci di chi sa delle bellezze ascose, e ti instilla un tarlo, piccino, ma insistente "ma ci andate a S. Chiara? e Castel dell'Ovo? vai a vedere la Cappella di San Severo". Mi dico che non c'è niente di male a documentarmi solo un pochino, ma bada bene, senza comprare Cartine, per non pensare ad un percorso mio...solo una sbirciatina...

(Errore numero 1)

Niente di più... vabbè, solo un pochino tanto per contestualizzare, ma poi basta: se vado col gruppo, devo fare gruppo! Lo chiedo, però, se ci si va, e mi dicono che ci sarà un po' di tempo per visitarla, almeno una mezz'ora (mi pare poco, ma è meglio di niente). Così mi lascio portare attraverso le viuzze al Gambrinus, in piazza del Plebiscito, e autorizzata dai venti minuti per il caffè e dal fatto che ho parlato con tutti ma non conosco nessuno, mi faccio un giro e quattro foto in piazza.

Me ne scendo un momento a Castel Nuovo (Maschio Angioino) che avevo intravisto prima ("ma che ci sei andata a fare, ci passiamo dopo"" mente qualcuno...), e torno di corsa in ritardo netto di due minuti e trenta secondi sull'appuntamento. Insolito, per me, che sono sempre in anticipo; questo avrei dovuto coglierlo, come segnale, ma si sa, c'era tanto da vedere che io mi sono sfuggita! ;-)
 Castel dell' Ovo, che si raggiunge dopo una passeggiata lungo il mare, mi stordisce con la sua imponenza, e i suoi anfratti, assai più affascinanti del punto panoramico in cima, degno del tono della gita in quanto ha l'aria di quei posti dove si cerca d'arrivare senza vedere cosa c'è attorno.
Abituata a guardarmi alle spalle qualcosa la catturo...

... però mi sfuggono un paio di opinioni. "mah, non è che mangiare la pizza m'interessi poi tanto", dico ad Elle, una signora rotondetta e vivace con gli occhi-mare come Lila. Concorda con me; ma alla fine della lunghissima camminata per arrivare alla pizzeria più famosa di Napoli, mi viene un po' voglia d'assaggiarla QUI, la pizza più famosa del mondo. A Roma non mi piace molto, ma si sa... bisogna mangiarle sul posto le cose, per assaporarle bene!
Per assiurare che la pizza sia buona, qualcuno racconta che c'è stato anche Clinton, a mangiare in questo posto; però, si sa, gli americani mangiano di tutto!
Per fortuna, sono entrata a vedere i locali e sono bui e privi d'aria, la coda è talmente lunga che forse potremmo avere una pizza per cena, quindi ci spostiamo, secondo il piano B (emerge finalmente il lato buon-organizzatore del capogruppo), ad un locale di fronte (il Trianon) dove la pizza è davvero uno spettacolo, sopratutto perchè riesci a vederla.
Il locale è aereato e pulito, allegro con le sue maioliche gialle, e mi fermo volentieri. Tanto più che il tabacchino a fianco mi assicura che la Cappella è lontana; quindi, placando lo spiritello ribelle che credevo lasciato a casa, stabilisco che non val la pena scapicollarmi a cercarla, tanto ci si va dopo.

(Errore numero 2)


ore 15,30
Per farla breve. Il pranzo mi piace, riesco a parlare con Emme ed Emme di tutto fuorchè di me (le lascio parlare ed io mangio lenta la deliziosa pizza. Continuo a prediligere la pizza romana ma questa, QUI, è davvero buona), e alle 15e10 imbocchiamo via Forcella.
Incredibile ma vero (non credevo che dei montanari mangiassero così tanto) dieci minuti dopo si fermano ad una pasticceria. Famosa, e va bene, ma a me è rimasta solo la fame estetica, che fin qui non s'è saziata. Così, "tanto per", chiedo ad un commerciante dove sia la famigerata Cappella, che mi pare potrebbe essere da queste parti, forse appena un po' più in là... sussurra lo spiritello interiore che senza cartina è un po' smarrito. Ha visto i segni,  la statua del Nilo, per esempio...
Il vendiitore di cravatte mi dice che è l'agonata meta è qui, appena voltato l'angolo (ahimè, non era poi così lontana dalla pizzeria!!! geme lo spiritello affamato di bellezza).

Aspetto pazientemente che ci si avvii da quella parte, ma il capogruppo, dopo abbondante tempo occupato a conteggiare chi torna col treno delle 17e30, s'avvia... nella direzione opposta.

"ma... e la cappella?" mi sfugge dalle labbra.
"E, beh, non c'è tempo. Non ci andiamo. Andiamo a Santa Chiara".

Siamo a Spaccanapoli. E qui rinasce Lila Spaccamontagne, Lila Spaccatutto-anche il gregge. Pecora nera, più che agnello, Lila richiede i soldi del treno, e con la faccia contrita e il cuore in tumulto, dice no.
La paura dev'esser stata digerita con la pizza, e il mio volto intagliato dal tempo rifiuta il velo del Cristo. Scopre la prima materia, che non è l'uomo, ma l?Uomo che v'è nascosto sotto, e volta le spalle a tutti.
Salutando, s'intende.

"Allora, grazie"
Me ne vado. Senza sapere dove sono, ma solo dove vado. Senza sapere come tornare a casa,e mi preoccuperei se non fosse che, prima d'uscire, ho messo le scarpette rosse...


..."la divina commedia" rispose Lila Due passi sul sentiero dorato dal sole, e Lila si sente chiamare, come Dante alle soglie di Eden.

 Elle, l'altra con gli occhi azzurri, mi segue.
Io la sua Beatrice (m'ero stampata una picciola guida) nella Cappella di cui non sa nulla. Al confine tra io e noi, sul frammento di pavimento labirintico di fronte alla Tomba del Principe di San Severo, lungo le vie di un'opera alchemico-religiosa che conclude la piccola trasformazione che era in germe all'inizio del Viaggio, ci troviamo a contemplare le vertiginose meraviglie del Disinganno e della Pudicizia. L'amor Divino e il Cristo velato, che si giace al centro come il mio cuore, in centro al petto, battendo contro il sudario sottile del suo e del mio pericardio.

Mio Paradiso sarà poi il chiostro di Santa Chiara, in cui trovo pace e silenzio, nonstante Elle si faccia scattare quindici foto con le colonne ("ma le hai prese le colonne?" si.  "fammene una qui, che si vedono tutte" si vedevano già prima... "fammene una con queste due" ma te l'ho appena fatta...); lascio in sua balia il giovane custode (per le altre foto con due colonne -di nuovo-, con tutte le colonne, tutte le colonne e tutti gli agrumi, ecc.)

La mia anima un po' altera e solitaria è ormai tornata fuori, prepotente e assolutista mi mantiene in relativo silenzio, per avviarci poi dolcemente nella spoglia e magnifica chiesa gotica e via di qui, non senza una breve tappa alla chiesa del Gesù Nuovo (davvero Baroccocò!) che mi fa scaturire il primo pensiero logico della giornata:

"quale è la via più breve per la stazione?"
Ore 18.07
Ci arriviamo, ovviamente.
Lila d'altronde non si perde mai veramente e, di nuovo un po' snob nella sua giacchina firmata (di quelle cose rigorosamente prese a saldo e che si mettono per la bella figura) e con carta alla mano, alle 17e50 saluta Elle alla biglietteria e batte i tacchi rosso Freccia (di intercity per un po' ne ho avuto abbastanza e non parliamo del regionale!).

E torna nuova mente a casa.

martedì, gennaio 26

che fine ha fatto Cappuccetto Rosso?

E' risaputo. Ogni volta che dobbiamo affrontare una prova c'è almeno una persona che ci incoraggia mandandoci "in bocca al lupo".
Di qualche giorno fa una delle mie riflessioni...percepita, come direbbe Madama Dorè, guardando i pensieri che s'avvicendavano sulla soglia di una piccola prova. Al di là della, poi cercata, origine scaramantica, mi s'è rifatto strada nella mente il confronto tra le parole e la sostanza che "creano". Infatti pensavo alla solita storia di Cappuccetto Rosso e alla mia vaga identificazione con lei, negli ultimi tempi. Ebbene, l'"in bocca al lupo", nel mio viaggio mentale, è diventato il solito balordo momento d'attesa che giunga qualcuno a tirarci fuori dai guai.
Dunque mi sono messa, col vecchio sorriso spaccone che avevo da ragazza (la ragazza che immagino d'essere, è un gioco nel tempo), dall'altra parte.

E mentre questa di qua s'arrabbattava a cercare qualcuno che le dicesse cosa fare, quella di là dello specchio ha tirato fuori dal cilindro un lungo fucile a salve di quelli che immagini non servano nemmeno per spaventare, tanto nel pensiero sembrava di materiale onirico più che di ferro e legno, come si pensa debba essere un fucile.
Ma tant'è, il pensiero può molte cose, e il fucile è diventato la canna tonante del mio cuore, che ha agito tremando di paura quindi, questa volta, con infinito coraggio. Ed ha sparato le sue carte, soldato baro, creandosi il momento per irretire il lupo.
Non lo stesso che ho mangiato, un altro. Forse, non era nemmeno un lupo, ma un'altra fiera.
E dato che la selva mi pare ancora folta, questa volta mi segno nel cuore allo specchio un nuovo augurio, che sa di polvere e vittoria, di spavalderia e fortezza, di ingegno e fortuna:
buona caccia!

lunedì, dicembre 7

ritorno a Bracciano (anzi ad Anguillara)

Secondo anno, secondo week-end:
"errare è umano... "

Questa volta, mi dico, vado preparata. Bisogna sempre esserlo, ma talvolta, dimentichi delle incertezze a cui l'esperienza ci sottopone, pensiamo di avere tutto sotto controllo, salvo inciampare delusi sulle imprecisioni dei nostri piani, sulle sorprese e i particolari nascosti che la vita riserva ai nostri desideri.
Preparo la miscela del the con pazienza, temperanza, umiltà ed attenzione.
Speriamo che basti.

Piego e appoggio sul ripiano delle cose da fare i progetti e le aspettative precise, e mentre discendo nell'Averno (il passagggio necessario in garage può diventare un serio momento introspettivo) come ultima occhiata allo specchio prendo atto del fatto che c'è un posto, dentro di me, che vorrebbe riempirsi d'un moto d'affetto (mentre vige l'assenza di voglia di rivedere  alcuno dei compagni di corso) e di un raggio di sole che invece batte ostinato sull'altro lato del lago, quello che, alla faccia dell'equanimità  arrotolata sul collo assieme alla sciarpa, continuo a preferire.



  Scaldata dai pensieri che si sono affollati sui sedili della macchina, arrivo  comunque sorridendo e saluto qualcuno con quei baci silenziosi lanciati nel vento, una mano su una spalla, quei come stai al quale non sempre si risponde; quasi che l'internazionalità dell'insegnante olandese ci avesse fatto adottare l'inglesismo formale dell'Howareyou?, al quale si risponde con un Howareyou? (da piccola mi chiedevo come potesse poi andare avanti la conversazione se nessuno davvero si rispondeva; a volte immaginavo interminabili scambi della stessa frase, interrotti solo da treni di sbadigli, altrettanto contagiosi), senza necessità di continuare.
Figurati: - come stai?
            - come stai?
             Auf wiedersehen (arrivederci).
Sarà, ma le parole per me hanno una certa importanza, comportando un certo uso d'energia, e quando chiedo a qualcuno come sta mi interessa davvero la risposta; ma bisogna rassegnarsi.

Al termine del primo giorno si può osservare qualche lieve cambiamento, al quale, consona allo spirito indossato uscendo di casa, mi adatto.
Ci sono ancora, ed è giusto, alcune persone che cercando il compagno per la pratica se vedono qualcuno (uno a caso, graziosa ma un po' asociale ... tipo me) che sta altresì da solo, cercano altrove; fingono di non averti visto, sollevano la testa inseguendo l'onnipresente mosca, guardano nella borsa, vanno in bagno e allla fine chiedono a qualcun altro...  E' capitato anche con Elle, che pure cerdevo un tipo a posto; uno simpatico.. un po' troppo, forse. Uno di quelli che non dice cara e bella, ma conosce tutti i nomi e se non ha una conversazione molto profonda, almeno è sempre sorridente e gentile.


Anche Lila è gentile, ma un po' meno del solito. Sorride, ma un po' meno del solito.  Perchè stamattina,  indossando l'abito ancora stretto del non desiderare e non volere,  cercando un CD ha scoperto nel cruscotto, sotto il libretto dell'auto, prorpio in fondo al cassetto, un pensiero che non s'era fatto sentire, prima, e che ispira una desolante serenità:  non si può piacere sempre a tutti.






 Tuttavia a qualcuno si;  dopo la pausa pranzo il posto accanto, quello solitamente vuoto, lo trovo occupato da uno dei cinque Emme: quello alto che di solito prendono tutti in giro perchè fa un sacco di domande.
 Lo accolgo cercando di ignorare il sospetto che gli sia solo comodo per via della telecamera,  e scopro  che è una persona attenta ed affettuosa, uno che quando prova,  tratta anche, come fa Lila; che con-divide e non compete. Mi piace, ma comunque mi tengo ancora un po' nel cerchio interno dell'anello di turchese, indossato a protezione dell'esternità spinosa che non voglio che mi sfugga, pur mentre cerco di modellarmi e ritrovare quella che sono;  torno a casa con una pacata irrequietezza. 


... dare la colpa agli altri molto di più..
La mattina seguente scendo al lago per sgranchire le membra intorpidite, bevo un caffè frustato dal vento di tramontana e osservo, che, sole o meno, anche da questa parte del lago gli abitanti hanno un certo non so che, che me li fa sentire vicini.
Quella silenziosità indecisa che ha il lago agitato dal vento;  quella profondità non necessariamente limpida, del cratere ingombro d'acqua.
Quel profilo che ti mostrano senza lasciarti vedere l'altra metà. come se ci tenessero a riservarsi l'interezza solo per incidentali passaggi dinanzi allo specchio, o per la ristretta cerchia (due o uno solo) di amici veri. Quelli che ci sono finchè ci sono, ma sono sé e te.


 






 Attribuisco all'influenza ambientale la mia residua asocialità,, forse alla fin fine sana quanto l'aria pregna d'erba e sterco di cavallo;  e mantenendo a fermare l'anello un po' largo, saldamente piantato all'anulare, il coraggio di sbagliare, all'ultimo giorno mi concedo un abbraccio stretto e qualche vero saluto, lasciando svaporare nel bicchiere l'ultimo the; quello un po' amaro che, mi sono accorta troppo tardi, avevo preparato con spirito di competizione, superbia,  vecchi ricordi e disillusioni.

E proprio prima di coricarsi verso il mare, e lasciarmi di nuovo sul lato in ombra di me, un raggio di sole sospinto dal sussurro del lago, mi risistema l'equanimità sotto la sciarpa.








sabato, novembre 28

La mia nonna. Una storia (un po') vera



Un viaggio, un altro, pensato, programmato, rimandato. Atteso.
Si perchè là, nella mia amatissima Toscana, con la terra rossa e i confini secchi dell'altipiano che va verso S. Gimignano, oggi qualcuno m'attende.
Ed io ho atteso, da quando l'avevo previsto la prima volta, di andare.
La mia nonna, che ha sorpassato la guerra libera ed indenne (prigioniero fu mio nonno, e non solo del suo cuore) è ora prigioniera in quella terra calda e ironica; dove, ironia della sorte appunto, a volte sogno di vivere. Dove ha comprato casa assieme alla figlia e al genero, aspettando che la figlia di sua figlia lasciasse il Piemonte per andare là, dalle parti di Volterra.

La mia nonna è professoressa di matematica, forse per questo sono brava a fare i conti, o almeno lo ero. Ora non conto più nessuno, a volte nemmeno i giorni, che pur se non c'è vecchiezza più grande di quella dell'anima, il corpo comincia ad evidenziare qualche linea scura sulla pelle, quando le pieghe dei sorrisi si disolvono.
Ho voluto fare questo viaggio un po' di sorpresa al destino, (decidendolo al penultimo momento, giusto il tempo d'avvisare che arrivo) perchè non gli venisse l'idea di mettere qualche ostacolo in mezzo; 'ché la prima volta mia zia era stanca e non s'è potuto fare, la seconda mi s'è rotta la macchina (s'è spenta un mattino al rosso del semaforo, a dire il vero, arrestata dall'età e da 200mila chilometri) e nemmeno il tempo di organizzare il terzo tentativo (la volta buona) che mi abbatto sulla strada e mi tocca ricominciare a vivere.
Questa cosa ancora non esce dal mio ricordo perchè in questa fantastica avventura che è la vita, la mia seconda possibilità (oddio, mi sa che sono già un po' di più) è, non dico in fasce, ma ancora ai primi passi.



Loro comunque si erano conosciuti durante la guerra, per la lodevole iniziativa che ha fatto di mia nonna una madrina di guerra, mentre il nonno allora giovane ufficilae, era prigioniero dgli Inglesi, in India. L'amore è sceso dagli aerei che bombardavano, ed ha colpito nelle parole delle lettere che si sono scritti, e più tardi tra i fiori del primo incontro e quelli della gioventù che se ne andava, mentre hanno dato vita ad una parte della mia storia.
Un marito quindi; tre figli, nove nipoti, e una certa dose di fortuna (quella mi pare che l'abbia già lasciata a me in eredità) La nonnna è stata anche l'altra nonnna, quella che non ho conosciuto mai.. Più  forte dell'amatissima sua sorella, morta appresso alla nipote suicida come se si fosse gettata anche lei dalla finestra, ma con una settimana di ritardo, mia nonnna ha battuto le difficoltà della vedovanza, la prima  e la seconda protesi all'anca,  la dissezione dell'aorta e non so quali altri guai, ed ora sta lì, in quel paesino della Toscana, ad attendere.

Potete immaginare con quanto amore avviene tutto questo?
Con quanta cura metterà le sue cose in bell'ordine, la crema sul viso, il cuore arieggiato e stirato con lavanda e margherite per apparire più fresco e cacciar via la solitudine dela campagna?

 Ho già riempito il cestino con marmellata e dolcetti e sistemato la mantella, quella abbinata alle scarpette da "non c'è nessun posto come casa mia"  che sono un buon auspicio per il ritorno; ma non riesco a pensare ad altro che al lupo, che si aggira nel bosco...
Così, anche se non s'intona al mio cappuccio, m'infilo l'anello di turchese, il portafortuna che mi ha regalato mia zia.
Una zia che mi sono scelta da sola. E che s'è mangiata il lupo.

domenica, settembre 20

chi ha paura del burkini 3 (oltre la notizia)


Non facciamone una faccenda troppo politica o troppo religiosa…
Ma,  per favore!
Il padre, non stava tanto bene. Un uomo non ama la propria figlia, se le nega la libertà. Eppure dovremmo considerare che, a parte l’aspetto umano (che ne so io, che tipo era il fidanzato!) della vicenda che ci può indurre a comprendere, anche se non a perdonare (nel senso di non punire), la faccenda è geneticamente politico-religiosa.

La cultura è quella; ed è quella che apparteneva, o appartiene ancora, anche a noi. Non sono sicura che tutte le fuitine si risolvessero con il matrimonio.

È geneticamente politica, come politico è il gesto dell’imam di far vedere la salma di Sanaa a tutti.
Politico, o politico-sociale, è il problema che si pone di organizzare una educazione che permetta di facilitare, se non l’integrazione di tutti, l’accettazione della integrazione dei propri figli.  Recita un vecchio adagio che moglie e buoi dovrebbero essere dei paesi tuoi.. però i figli?  Anche in una famiglia indigena sussistono problemi generazionali, figuriamoci se qualcuno viene da un’altra cultura e paese, e i suoi figli crescono nel nostro. Diamine, ci sarà pure qualche problema. Cosa fare, quindi, è la domanda giusta da porsi. Perché non possiamo lanciarci contro l’immigrazione, che è sempre esistita e sempre esisterà.

Passiamo per la religione. Perché è un religioso che ha fatto da interprete alle parole della madre. La cosa mi fa innanzitutto supporre che anche nell’islam sia previsto il perdono. E questo vale, lo sappiamo, da entrambe le parti. Da parte di dio e da parte dell’uomo. Da parte della madre verso il padre omicida, da parte del padre verso la figlia fuggita per amore (o forse solo… fuggita. La psiche umana è cosa raffinata e di difficile comprensione).
E qui, e non è religione questa?, interviene l’uomo di religione e dice che la famiglia non era praticante.

La questione è sociale, allora. Socio culturale, perlomeno. Spinosa, in ogni caso.
E non mi sento in grado di approfondire troppo, in termini generici.
Mi permetto allora di porre l’accento sull’aspetto del “nel mio piccolo”, anche perché una domanda è sorta fra i commenti e le riflessioni a tema: cosa permette che accada tutto questo?

La colpa di quello che ci accade la possiamo dare solo a noi stessi.

E non facciamone una questione religiosa, perché questo è un fatto insito nell’essere forniti di libero arbitrio.  C'è scritto nel libretto delle istruzioni, almeno quello che hanno dato a me. Solo che è facile dimenticarlo, o forse non leggere perché  evidentemente è scritto piccolo piccolo, come le clausole dei contratti, quelle che poi ti incastrano perché ignorantia legis non excusat.
Si chiamano clausole capestro, e pare che siano diventate illegali... nel senso che è illegale che siano scritte in piccolo. Così forse ora leggeremo un po' meglio, e diventeremo un po'  meno "umani".

Mi spiego: se "errare è umano, dare la colpa agli altri molto di più"(cit.) allora abbiamo la possibilità, rivedendo tale attribuzione, di valicare quel piccolo confine... che ci pone un confine.

Quel piccolo confine che è una barriera all'evoluzione verso una stato più sereno, almeno con noi stessi.  Di essere quindi un po’ più che l’animale (bestia, talvolta) uomo, ma di essere Uomini.

La bestia-uomo trasforma l’amore in odio. L’essere umano ama, ed ha la capacità di concedere la libertà a chi ama.

Ama. E sa accettare l’altro (e talvolta anche il destino, che solo alla lunga riusciamo a capire le lezioni che ci vengono impartite).

Ama. E com-prende l’altro.
Comprende e accetta che in una famiglia di destra/sinistra i figli sviluppino delle idee proprie, di senso opposto. Di senso sghembo. O di buon senso.

Comprende e accetta che le persone che ama possano sbagliare, e che hanno bisogno di tempo per correggersi.
Comprende e accetta che a volte questo non può succedere; allora qualcuno si suicida, non prima di aver sterminato tutti quelli che ha attorno, perché non riesce a vedere alcuna via d’uscita. Uccide i propri figli. La propria moglie. Il marito. Le proprie idee.

D’accordo, l’essere Uomini è molto più di questo. Ma questa è la parte che vedo oggi.


Un benvenuto ai nuovi lettori, a quelli vecchi e a tutti coloro che vorranno partecipare con me a qualche riflessione. Un abbraccio, che significa che vengo verso di te con il cuore, e vengo verso di te senza niente in mano che possa ferirti.

venerdì, settembre 18

chi ha paura del burkini (2)

per tempo

"perdono mio marito. forse ha sbagliato Sanaa"

forse dovrebbero arrestare anche la madre. La perdoniamo (parafrasando), perchè ha altre figlie. E perchè è una che non si integrerà mai, quindi non sa quello che dice o che fa. E perchè tecnicamente non abbiamo ancora la certezza assoluta della colpevolezza del padre.
Ma lei, la madre, segue un precetto, forse, peggiore di quello che De Andrè cantava nel testamento di Tito. Sconfitto, pessimista, magnifico,De Andrè, che cantava allora parte dei sentimenti confusi di oggi.   Dei sentimenti eternamente confusi, perchè non si può averla su con tutti gli arabi, se quattro (quattrocento, quattromila) talebani ci fanno saltare per aria i ragazzi.
D'accordo o meno, è la guerra, e quello del soldato un mestiere antico quanto il mondo. Non l'unico, non il più bello o sicuro. Ma qualcuno lo fa; io ho un amico che ci parte per queste missioni, e lo mettono in conto.
Gli altri, quelli che restano, sono quelli che poi dicono " era un ragazzo così dolce, con un sorriso generoso, ma timido. Non si può morire così, a vent'anni" (cioè vittima di incidente stradale).
Quello che vogliamo dire con queste parole, e che non si può morire. Non io, né molti di noi siamo in grado di comprendere che invece accade, anche se non comprendiamo come e perchè. Perchè non esiste.
Esiste che oggi, ora, sono ancora vivo. La mia missione non compiuta, qualunque essa sia. L'omeostasi dell'universo mi tiene dalla parte visibile della barricata.

Quello che vogliamo dire, è che non si può morire per mano del padre; per mano della figlia; per mano della Rom che bazzica davanti al pronto soccorso e che ti accoltella se non le dai un euro. E i biscotti non li accetta. E ora una delle mie signore non riuscirà a trattenersi da far l'elemosina a quella davanti al supermarket, per paura che le sbatta in testa una fioriera.

Non credo che siano tutti così, e il contraltare lo fanno i protagonisti italianissimi di altre fantastiche vicende della nera di ogni giorno. 
Quello che vorrei dire, è che la violenza non è un marchio di fabbrica. Che la vera tolleranza è continuare ad accettare chi si vuole integrare, rispettandolo.

Senza lasciarsi prevaricare.
L'uomo che ha ucciso Saana sarà giudicato secondo la nostra legge.
Speriamo che la applichino fino in fondo.








mercoledì, settembre 16

Chi ha paura del burkini

… di qualche settimana fa la notizia che i nostri bambini, i bambini italiani figli dei figli dei figli (già, forse la parentela è ormai troppo lontana) di grandi esploratori, navigatori, condottieri, ribelli e chipiùnehapiùnemetta, hanno paura del burkini.
Non si capiva bene se le mamme si lamentassero per una paura effettiva, o perché avevano paura che i loro figli dei figli dei figli di grandi esploratori ecc potessero forse avere paura.
No, ma dico!!!
Mai visto qualcuno che si butta in acqua tutto vestto? In che paese viviamo, se le madri non sono in grado di spiegare ai loro figli che l’amico straniero ha diritto, come noi, di fare il bagno vestito?
Paura? Ma di che cosa? A me fa paura vedere una nuotatrice, italiana turca o visigota, che per ifrangere i record di velocità si mette addosso una pelle di plastica ipertecnologica, che non fa attrito per niente. Embè? Che ha fatto? Sono d’accordo, nuoterebbe comunque più veloce di me. Ma mi fa paura. Allora forse sarebbe meglio vietarle di tuffarsi conciata a quel modo!
Forse sarebbe meglio che i bambini, invece di essere spinti dalle mamme ad avere paura, ed essere strumentalizzati dal razzismo imperante, che diomiscampi, un po’ forse ci fa anche bene ai fini della conservazione degli usi e costumi, per non appiattirsi nella globalizzazione, ma qui mi pare che stiamo esagerando.

(il brano che segue è scritto in tono di voce pesantemente ironico)
No, per strada le donne col burka non le voglio, perché non so se ci sarà davvero una donna, là sotto, o un terrorista.
No, in piscina la donna col burkini non la voglio. Perché a mio figlio fa paura (‘sti bambini fifoni però non ce li hanno fatti sentire stavolta, mentre ce li fanno sentire eccome quando ci devono dire che gelato si mangiano o quanto è simpatica la maestra).
NO. Togliamogli il diritto di iniziare ad integrarsi. (casomai ci volessero provare).
Leviamogli anche quel minimo di libertà che si possono godere nel nostro paese.

Io mi chiedo da che parte stare.
Perché qui, davvero, mi manca un’idea. Ed una ideologia mi va comunque stretta, se posso parafrasare (e checchè se ne possa intendere dalle belle parole che scrivo di solito), i miei amici di sinistra che pensano che io sia piuttosto fascista. O i miei amici di destra, per cui sono piuttosto comunista.
 Mi sento stretta, di qua e di là, ed ho un senso di claustrofobia.
La verità, più che in mezzo, forse sta sopra...

domenica, luglio 19

Ho navigato, in realtà sembravo un po' alla deriva, in quello spaventoso spazio che è l'Outlet di Castel Romano.
Spaventoso, non perchè sia 'brutto'. Di suo ha un'intrinseca armonia data dall'ordine che regna, e dalla civile pulizia delle strade colme di negozi.
La gente ci va a cercare le occasioni, 'sì da potersi permettere i jeans di CK, o magari un vestito di Valentino. Chissà, forse dei Levi's... dell'anno scorso.
A me importerebbe poco, nel particolare, tuttavia non lo sostengo per via della patina irreale della cosa.
E poi manca una libreria. Me ne sono accorta la prima volta, dopo aver girovagato a lungo in cerca di quel qualcosa che ti riempie, se non la borsa gli occhi. CHe sempre riserva una sorpresa o un' ancora per la curiosità. Rimasi sorpresa e delusa.. pensavo che almeno ci fosse qualcosa del secolo scorso!
Comunque una volta l'anno, quando ci sono i saldi (estivi) spendo un po' del mio tempo, e meno del mio danaro (ho comprato solo una volta dei jeans) per girovagare nell'abomino suburbano. ALmeno, rispetto ai centri commerciali, qui si sta all'aria aperta. (tra un negozio e l'altro.)

Questa è una di quelle curiosità che ci si toglie, prima o poi. E magari, una volta l'anno, ci si torna. Ci torno.
In genere dopo il mare, come oggi. Per questo, solo una volta l'anno.
Quando sono cotta dal sole e soddisfatta di me, in modo da non sentire la necessità di nulla.
Passeggio, osservo le persone che infilano sempre un maggior numero di sacchetti sulle braccia, nei camerini,in macchina.
Metabolizzo, mi immergo... emergo in muta da "shopping centre".
Entro in un negozio.
Provo qualcosa, non va, mi rammarico, ma non mi sforzo a cercare altro. Cambio negozio.
Provo, van bene, e mi metto in fila per pagare... ebbene si, un paio di jeanz CK.
Mentre sto lì, che aspetto, mi chiedo se mi servano, davvero (intanto lascio passare quelli dietro di me).
Forse no. Il fatto che siano scontatissimi però attira.
Fanno appena un po' difetto sulla coscia. Però sono così scontati!

Sorrido fra me e me, quando scorgo la trappola; li piego con cura, sorrido alla cassiera che tende la mano per passarli col suo rilevatore magico... e torno a impilarli sulo scaffale.
Sguscio fuori.
Osservo ancora.
Le stradine ordinate e pulite, con tutti questi colori sulle casette mi fanno pensare di essere a Paperopoli. Ma non c'è neppure un animale qui. Nemmeno gli uccellini. E se ci fossero direbbero c-i-p in lettere, per farsi sentire.
Oppure... ecco... la disneyland dello shopping?
Tra poco si vedrà spuntare Valentino, finto, ovviamente e con una grande faccia di gomma; o magari tutti gli "Eredi Pisanò" in gran completo. Uno dei loro magari.

lunedì, giugno 29

ss. pietro e paolo

Oggi qui è festa... e mezza Roma, visto il sole splendente, alle nove del mattino è già sulla via del mare... anzi, sulla Pontina! L'altra mezza era partita ieri, evidentemente, e non ha assistito al delirio automobilistico: la codainiziava all'altezza della Laurentina (uscita del Raccordo), e si dipanava come un gigantesco boa fino al bivio per Pratica di Mare.
Le macchine erano tutte macchine, erano uguali stavolta!
Qui, per inciso, devo spezzare una lancia in favore dei camionisti, che scorgendo Beverly e me arrivare cautamente sulla mezzeria, si spostavano di lato per farci spazio. Altri, automobilisti che normalmente definirei un po' stronzi, li ho compresi come sconfortati, disperati, sperduti nei pensieri: se ne stavano in mezzo, con la ruota sinistra sulla riga, come a cercare di vedere dove finisse quel fiume maleodorante.

Si, che finalmente ho scoperto che quando si transita a fianco del Verano, nei momenti di traffico di punta, non è puzza di morto quella che si sente. Non c'è nessuna setta di tombaroli che scoperchia tombe alla ricerca di tesori sperduti.
Avevo riso per giorni, quando una volta ho fatto tra me questa osservazione ("c'è odore... di morto") e poi mi sono accorta che ero accanto al cimitero monumentale di Roma!

Ma non era quelllo, e non era nemmeno l'alito di morte che aleggia sulla Pontina, una delle strade più pericolose che conducono dentro e fuori Roma: due corsie strette, senza corsia di emergenza, che mietono più vittime del tabagismo!

L'olezzo raccapricciante è prodotto dallo scarico delle auto; si fa una gran fatica a trattenere il respiro; a respirare a narici chiuse sperando che non passi nulla di tutto ciò! Cercando una molecola pulita se non profumata, tra quelle che comunque piombano, anzi, impiombano, nei polmoni.
L'ossigenazione risente dell'esercizio, di solito. Poi mi sento stanca e nervosa... ma bisognerà pur proteggersi in qualche modo!

Odore di morte.

Siamo in fuga dalla città... e ci portiamo dietro tutto quello che c'è di peggio!
Esattamente come quando, invece di fronteggiarlo, volgiamo le spalle ad un problema e ce ne andiamo.
L'ho fatto, allora, quando non sapevo bene che prima o poi la vita ci presenta, come "quelli che il lunedì si mangia il polpettone", lo stesso piatto. Finché non lo mangiamo. E digeriamo.
E allora, che fare?
Un boccone per volta, diceva qualcuno, si mangia pure un elefante!

Tuttavia qui la questione è immensamente complicata...

E allora al ritorno mi immergo nei campi, fra strade laterali che attraversano la Laurentina, l'Ardeatina, e giù fino a Roma. Tanto per capire se la Terra c'è ancora. Libera. Sconfinata. Carica di odori pungenti, incantevoli, estasianti.

Prima del raccordo arriva in mio ultimo soccorso la natura stessa. Con la sua dolce mano di Madre, scatena un'inferno di pioggia e tuoni, che lava come Lete la memoria dell'odore mefitico, già nella sua premessa. E si trasforma in pioia, quella sottile di Paradiso.
Che è tutto fuor che acqua e mi restituisce il senso della vita che vive. Dell'aroma di limpidezza e gioia, di quando al mattino, nei week end braccianesi, cammino in quiete sulla sponda del lago.
Del parallelo, tra ciò che è fuori, e ciò che è dentro.

Arrivo a casa., e comincio a passare lo straccio!

giovedì, giugno 18


...uno scooter, datanti al mio, nel traffico legnoso da pomeriggio caldo... il bauletto è aperto e fuoriesce una borsa nera, mi avvicino per segnalare il guaio al pilota... soffermo il pensiero sull'identificazione della borsa: Gab's. Senza dubbio. Bella.
Dopo aver fallito per mezzo pomeriggio il mio gioco favorito di bambina, riconoscere i modelli delle macchine, scopro con esausto sconforto che da adulta non ne sono più in grado (forse perchè si somigliano tutte, come i cinesi agli occhi degli occidentali); però sono in grado di identificare una borsa firmata... e non solo.

!!!

Il processo mentale che mi aveva soffocato ogni pensiero intelligente mentre arrancavo per via del Corso alla ricerca di "un abito per matrimoni"(due, in venti giorni), si fa finalmente palese: ho inseguito i vestiti per via quasi più che quelli in vetrina, identificandone i marchi e a volte anche l'anno... in che cosa mi sto trasformando?

Provo a credere che sia un gioco da estate. Una specie di parole crociate per cervelli a riposo.

E sperando che non sia troppo tardi rientro a casa e mi infilo la maglietta prediletta (mercato di Talenti, 5 euro) e i calzoni da strapazzo: Germania, 5 marchi... quando ancora c'erano i marchi.
Le monete, voglio dire.

sabato, aprile 11

Don Camillo e Peppone (viva il TG)

Don Camillo: Hai di nuovo messo avanti il tuo sporco orologio?!
Peppone
: Non vorrete mica che si resti in ritardo sulla reazione?
Don Camillo
: La torre segna l'ora solare, il sole non fa politica: il tuo orologio va avanti.
Peppone
: È l'orologio del popolo, se è in ritardo sul popolo tanto peggio per il sole e tutto il suo sistema!
Don Camillo
: Poh, Signore difendetemi, la Terra non gli basta più, vogliono rifare l'Universo. [Ma finito il colloquio si precipita a portare avanti le lancette della torre campanaria]


Don Camillo e Peppone

Una volta c'erano delle certezze; si era certi che la casa fosse un buon investimento per esempio. I fatti smentiscono.
Eravamo certi che sposarsi significasse "per sempre", ma poi è arrivato il divorzio; e i fatti ci hanno smentito ancora.
Eravamo certi che anche i mobili e gli elettrodomestici fossero fatti per durare: la lavatrice di mia nonna per esempio ha vissuto 30 anni; ora invece costa più ripararli, che sostituirli. Anzi costa più chiamare il tecnico, che cambiare una lavastoviglie.
Eravamo certi, tanto per esplorare un luogo comune, che esistessero le mezze stagioni, e diciamocelo, anche quelle intere. Nel 2008, dopo tanto tempo, c'è stato l'autunno: la popolazione, scioccata da tale imprevisto evento, si lamentava che il periodo fosse tanto piovoso... come però ricordo che succedeva una volta. D'inverno, quando ha fatto freddo come di dovere infilando a malincuore la sciarpa sulle braghe di lino e sospettando che l'estate debba durare per sempre, la gente si è lamentata anche di questo. E così via.
Quando abbiamo visto comparire i primi segnali colorati di primavera, abbiamo guardato il calendario, ormai convinti che la fioritura iniziasse a gennaio.
Riposti i cappotti e tirate fuori quelle cosine da mezzo tempo, gli strati di cotone sostituiscono quelli di lana, i sandali appaiono in vetrina... Ma un senso di tremore si è impossessato di noi (e per oggi non parliamo di terremoto, o quasi):

una volta eravamo certi di poter reimpostare l'orologio con l'ora di inizio del telegiornale. O con quel magico orologino che compariva prima o dopo, perché il TG durava trenta minuti, o forse qualcosa di meno. Molte famiglie sedevano a tavola al calcio d'inizio, e al dolce il TG era finito spegnevi la TV, i ragazzi andavano a giocare, e i grandi cominciavano commenti e risate, condite con il caffè.
Ma qualcosa è cambiato... Da qualche tempo la concorrenza tra le reti ha scatenato un fenomeno analogo alla lotta degli orologi del film "il ritorno di Don Camillo", nel quale si arrivava piano piano a perdere la contemporaneità fra l'ora indicata sulla chiesa e sulla casa del popolo, per il buffo (così sembrava) dissidio fra i due meravigliosi personaggi di Guareschi.

Non so su quale canale sia iniziata la faccenda, ma so che un giorno ho acceso la TV, alle 20.00, e il TG era già iniziato. Pensando ad un errore ho subito rimesso a posto l'orologio del VCR e la sveglia in camera. Qualche giorno dopo la cosa si è verificata nuovamente, sintonizzandomi su un'altra rete nazionale. Sistemo di nuovo gli orologi, ivi compreso quello del cellulare, senza recepire ancora niente di anormale, finché non ho iniziato ad osservare che miracolosamente uscivo di casa alle sette e dieci, e arrivavo al lavoro alle sette...
(l'esagerazione è dovere di cronaca... a tema con i giornalisti...)

Iniziando a prestare un po' di attenzione si osservava nell'ordine:
prima un leggero sfasamento... un TG inizia qualche secondo prima delle otto (pm), l'altro trenta secondo prima.
Dopo un po' di tempo l'evento è palese: inizio ore 19.59.
Ma è una gara, per accaparrarsi l'audience suppongo, ed esiste evidentemente l'Handicap per qualche rete locale, che ancora distrattamente inizia alle 20.
L'ora di inizio è ormai affermata alle 19.58, e canalecinque si affretta anche nella pubblicità, quando, a sorpresa, interviene La7: ore 19.57.
Imbattibile? non proprio. Tentando di riprendersi il primato ci riprovano anche le altre reti. Rai1 e canale5 in serata tentano disperatamente di iniziare alla stessa ora, mentre le massaie italiane cercano invano di aggiustare l'inizio delle pratiche culinarie per coordinarsi: non si può arrivare a tavola a TG iniziato, si perdono un sacco di notizie nelle prime organizzazioni...!
Gli outsider, Rete4 e Rai2, risolvono il problema diversamente: il TG4 ormai inizia alle 18.50 (ma credo che stia anticipando), e solo Rai2 resta collocata come un faro alle 20.30; per accattivarsi qualche simpatia in più divide il TG in due parti, ma è un'altra storia.

La nostra, invece, non finisce qui. Complice l'emergenza terremoto, e la fretta di informare il popolo italiano scioccato e morboso come sempre, ieri sera ecco il colpo di scena: La7 dichiara l'inizio alle 19.56.
Credo che vincerà, a meno che non si facciano coincidere i TG con le anticipazioni (che ovviamente una volta erano trasmesse "dieci minuti alle 20", ora non si sa più. A volte le fanno direttamente ad ora di pranzo).

Tralasciamo il fatto che la durata del tg sorpassa anche il tempo del caffè, e quindi qualcuno comincia a mangiare durante il tg3 (che però dura un po' meno ed è alle 19.00, credo in concorrenza col tg4); i più bisognosi di abitudini e sicurezza seguono il tg2 (30 minuti, a meno che non ci sia la partita, allora si accorgono di non avere molto da dire).
E così ora, a seconda del Tg che si guarda, non si sa più di che orientamento politico siamo, ma nascono nuove categorie psicologiche, su cui si potrebbe creare una sorta di oroscopo.

I più saggi, comunque, spengono la TV, e mangiano raccontandosi di sé e riscoprendo la dimensione familiare; oppure masticano felici, in silenzio.


lunedì, marzo 9

Milano city



Ho visto Milano con gli occhi un po' stanchi.
Risvegliata dopo una notte di tosse, fastidiosa come una fila fantasma in autostrada. Nuda della sua essenza di città vera, in quanto vista con gli occhi del turista. Ma non è una città da turismo. Quello che c'è da vedere, bisognerebbe scoprirlo con gli occhi del cittadino che ritrova, sotto le grida di ricchezza di via Montenapoleone, una città vera. Tersa, dopo la pioggia. Bella nel suo sommarsi di stili ultramoderni e... vecchi.

Ho visto Milano con la pelle di una romana.
E Roma è una città antica. Antico il modo chiassoso di andare al mercato. Di accalcarsi davanti al banco e scegliere la roba più bella. " 'a signo', un kilo d'arance fa mille lire, tre chili so' du'mila"... e cose del genere.
A Milano si cammina ordinati ai lati del banco. Una fila unia si forma sul davanti e si sdoppia; proprio al centro. Quindi percorri il banco da un lato o dall'altro, e a metà del lato c'è un omino o una signora che ti serve. Le cose non le tocchi. Le guardi, al massimo.
Però, sotto sotto sono come a Roma.
Quando gli chiedo "mi da due peperoni", ne ha imbustati sette, prima che me ne accorga. Ma me ne accorgo prima di pagare: "no signora. Quando dico due sono due, non due chili!".

Ho visto Milano con gli occhi di Magritte.
E poi ho guardato a me stessa, con gli stessi occhi. E quello che mi piace, e quello che non mi piace, sono rimasti assieme sotto una identica luce. Che non nasconde le parti brutte, neppure quando se ne va. Che non illumina maggiormente le parti belle.