sabato, ottobre 31

Mal di Londra

Londra è una di quelle città in cui si sogna d'arrivare fin da piccoli. Io, almeno, l'ho sognato.
Questo è un ricordo del sogno che ho fatto, o forse, come accade di recente, si confonde con quello che è successo davvero.

Ho sognato di questi posti che vedo; con il libro di Mary Poppins in mano, davanti alle immagini del film, nelle pagine romantiche dei romanzi gialli del mio Edgar Wallace, sepolto a Parigi. Nel più trendy e recente Codice da Vinci...  Londra è nel mio immaginario da sempre, ma l'immaginazione a volte è superata dal reale,ed io non potevo aspettarmi tanto incanto.

Una parte del mio cuore si è seduto sulle sponde del Tamigi, di spalle al Parlamento ed è rimasto lì. A guardare il tempo cadere, come foglie gialle e rosse, nel fiume.








Lo sento, questo mio pezzo di cuore evaso, come se non fosse lontano, percorrere con passo ovattato i viali di Hyde Park, giù, verso Kensington Garden; dove Peter Pan, dimenticato, è fuggito nel mondo delle fate.

Chissà. forse è accaduto anche a me, laggiù.
Dopo non sono stata più la stessa. Cosa che poi accade in continuazione.
Le stanze dei miei sogni si fanno più grandi, sfiorano l'opulenza esagerata di Harrod's, dopo la visita da copione che traumatizza l'immaginato, e il sognatore; più o meno l'unica cosa che posso permettermi è utitlizzare i servizi igenici. Non sono nemmeno sicura di poterlo fare, ma nessuno mi ferma, così dissipo la nuvola di profumo, che mi ha investito nel reparto del piano terra, attraverso una lavanda d'acqua.
Ma Harrod's è il momento commerciale, lo spazio pubblicitario prima di lanciarsi alla ricerca di altre immagini; St. Paul, che ricordo nebbiosa e ricca di piccioni che volano, conquistandosi il loro primo, e forse ultimo attimo romantico sulla voce di Juilie Andrews, che canta della vecchina seduta sui gradini: Tuppence for a bag.
Due penny, per dar da mangiare ai piccioni.
Oggi due penny forse non fanno comprare carta e spago, con cui fabbricar "il tuo paio di ali per poi volar, dello spazio padron, col tuo bell'aquilon", ma bastano per volare con la sola immaginazione (per tutto il resto c'è easyjet), appena un po' delusa dal sole che irradia democraticamente ogni cosa e, se poco romantico, almeno è complice della letizia di viaggio.
Si, ma un assaggio del classico tempo londinese l'abbiamo avuto sabato, con tanto di gita al museo, un po' d'obbligo e un po' di comodo con un tempo come quello. Durato, per gentilezza, appena fino all'uscita dall'incredibile museo di scienza Naturale, dove si trovano scheletri e ricostruzioni degli animali preistorici, delle balene, animali impagliati e turisti curiosi, affascinati come bambini, perchè di fronte al nuovo siamo davvero così. Una tabula rasa che si riempie, anche in fretta, come al pranzo della domenica!


Il viaggio è stato un viaggio dentro un sogno; 600 scatti almeno, per provare a me stessa che ero vera. Con gli occhi che correvano fuori dall'obbiettivo, per non dimenticare di ricordare davvero, e non solo con l'immagine cercata:
Ero là con la solida e affettuosa compagnia di mio fratello, che è riuscito a immortalare 1200 aspetti della città, solo qualche volta un po' mossi per la fretta di incontrare la sorpresa successiva. E un amico lieve e allegro, che ha ben compensato le turbe e i dolori dell'altra amica; per l'occasione, a qualcuno mi sa che tocca sempre, assunatasi il ruolo del piccolo, quello che avevo io da bambina andando in montagna, che si agita è stanco, vuole tornare a casa.
Ma va bene così.
I meii passi di turista non si distolgono più di tanto dalla meta. La mente, come un mirino fotografico evita i sacchi della spazzatura e le scritte sui muri.  Il mio cuore, almeno quello che rimane dopo quest'altro lembo lasciato lassù a vivere, conta sul pallottoliere della gioia quante sfrerette colorate apporre sul soggiorno e sul ricordo.
Le palline non bastano, perchè certe cose non si posssono contare davvero.
Conta solo esserci.









Qui, potete partecipare ad una simpatica iniziativa
       http://ideeweekend.blogspot.com/2010/06/blog-compleanno-idee-per-tre-anni-la.html

mercoledì, ottobre 21

Ancora una valigia chiusa, che poggia il dorso sulla porta di casa aspettando di essere condotta via.
Un piccolo stacco, una esplorazione meno intima di quella che è possibile fronte mare, forse, ma un viaggio che comunque, come sempre, si compie dentro di sé, mentre si cammina con gli occhi naufraghi nella scena che si svolge intorno.

Oggi parto, così la latitanza dal blog si giustifica con l'assenza fisica, almeno per qualche giorno.
Vado alla ricerca di qualche racconto.

Ma con un racconto di sogno in tasca:

sono in cinta, e sto su una collina ombreggiata da pini, presumo profumata dei loro aghi calpestati. Quando mi rendo conto che è ora di partorire le amiche che mi dovrebbero accompagnare, non si sa bene come mai, partono senza di me. Ad ogni modo in qualche modo ci arrivo, in ospedale. E questa volta, quando mi trovo il mio bimbo a bordo delle braccia, vascello tra le facce che si affollano per vederlo, questa volta, per la prima volta, so che fare. So dargli da mangiare. So tenere bene la sua piccolissima testa, e il suo corpicino nudo e caldo, che sembra espandersi dalle mani stesse.. E non lo lascio più.

giovedì, ottobre 15

i figli che non ho avuto

Non so se si possa dire che mi dispiacesse di non avere figli. Non sono sicura. In alcuni dei miei incubi sogno, o ho sognato, di averli e di dimenticarmeli a destra e a manca; di affidarli a balie che non me li rendono; di sentirmio ricordare che devono mangiare, come le mie grasse piante da balcone, che periodicamente... metto a dieta.
Così ad un certo punto ho fatto un punto croce, sopra, ma non essendo ben capace a ricamare ho dovuto inventare, e qualcosa credo che sia andato storto.

Ci sono giorni in cui ho perfino pensato di far da me ma all'ikea non ci sono kit per queste cose, e se proprio uno dovesse scegliere i canali tradizionali tanto varrebbe farsi dare le istruzioni per costruire una famiglia.
Qualche fase conflittuale, qualche mese di relax dopo aver visto la mia amica che ha dei figli davvero insopportabili e (i genitori mi scusino la franchezza) a volte mi chiedo come mai sia sopportabile lei. Perchè si sa che i figli prendono dai genitori, a parte sviluppare doti e difetti propri. Comunqie alla mia amica voglio bene; ha una serie di doti eccellenti e nonostante i suoi figli, non solo è sopportabile ma piacevole da frequentare. Dante ha avuto ragione, quando parlava di questioni ereditarie, e come dall'albero vien fuori un certo frutto, e dal seme un certo albero... e... per fare un tavolo, c'era una volta una canzone che diceva che ci vuole un fiore.

Per fare i figli  (lo so che non è vera la storia delle api e dei cavoli, mi concedo la licenza poetica) anche.
Ci vuole quel fiore del primo appuntamento; quello dell'appuntamento in cui si deciderà che si costruirà un futuro assieme (istruzioni per l'uso non incluse); quello del bouquet che vola in mano alla prossima predestinata.
Quell'altro, che fa pensare a piacevoli momenti in camera da letto.

Niente di tutto questo, per me. Non ora almeno. Però i figli ce li ho avuti.  Concepiti nei miei momenti di desiderio, di volontà di allevare allievi per trasmettere il modo in cui credo sia giusto lavorare. Per apprendere da loro nei primi passi innocenti, dalle menti che si aprono a nuova esperienza.
Vittima di una scherzosa battuta di un'allieva, un giorno ho realizzato che in fondo tutto ciò si poteva sublimare: "mammaLila di sicuro ce l'ha", disse una ragazza alta con i capelli ricci e biondi, che non so quando sia cresciuta così tanto.

POi ieri, come a morire ad una lunga strada, e poi lasciarsela alle spalle, ho com-preso: sono figli, davvero. Figli che in questi giorni sono bravi e allegri, domani sfuggenti e casinari, preparati, curiosi...
Figli che il mio dolore, quando sono stati messi al mondo... del lavoro (laurea) ho pianto di gioia e di male, perchè forse non si faranno più vedere tanto.

E poi, un giorno che ti chiedi chissà dove è andata C., se lavora, se si ricorda il caffè e la torta della signora Nina, le coccole morali di mammaLila che ti insegna a volare e poi lascia che tu esca dal nido senza curarti più (verità dei sogni)... quel giorno C. si fa sentire, i ragazzi ti portano le caramelle o ti fanno il caffè. Ti senti un po' come a ricevere il primo lavoretto della festa della mamma.
E un po' sorridendo e un po' piangendo, credi che forse non sia tutto da buttare, e più che a quelli non nati, penso ai figli che ho avuto.

mercoledì, ottobre 14

Apnea

I pensieri, fuggiti dal recinto, sono latitanti.
Il freddo improvviso mi azzanna le viscere, uscito da un ricordo d'inverno,e mi fissa uno stato di torpore nella via che corre fra le dita e la mente.
Esce invece dall'armadio, assieme, si spera, al senso di inadeguatezza che raggela più di questo vento siberiano, il tubino nero che mi conduce verso un diverso senso di me.
Non è buffo?
Non sono io, o forse sono io anche questa che tacchetta sulla strada con piglio da gran donna, mentre il giorno dopo riinfilo il pantalone largo a righe che tengo anche se ormai è davvero troppo fuori misura. perchè mi fa stare bene, mi tiene vicino, ma non troppo, quella parte di me che può scalare le montagne e digerire anche un sasso.
Mi tiene vicino, ma non troppo, quella persona sicura che ieri aveva il tubino nero e l'aria di dire al mondo che, qualunque cosa sarebbe successa io ce l'avrei fatta a testa alta.

Apnea.
Per trattenere in un posto vuoto (fisicamente il polmone è ora un vuoto d'aria) tutte queste sensazioni.
Apnea.
Piena. (fisicamente il polmone è ora un pieno d'aria) Per svuotarmi dalle sensazioni che vorrebbero buttarmi a terra.
Galleggio e affondo. Mentre mi approprio del senso di me.
Apro la porta di casa e il tappetino, che qualcuno crede posto al contrario con le pecore che mi guardano dal basso dal prato dei pensieri, e la scritta rivolta verso chi esce, mi saluta: welcome... on board.

lunedì, ottobre 5

ritono a Bracciano... anzi, ad Anguillara

1° giorno: "sarei sociale, anche gentile, un po' normale" (L.Dalla)
Si apre un nuovo anno della scuola di magia e stregoneria. Tre mesi, e la dovuta lettera con le istruzioni per arrivare, i libri da prendere, la quota da versare, ci separano dall'ultimo giorno, quando sono scivolata fuori dalla vecchia classe, portandomi dietro la solitudine di un anno in cui avevo fatto di tutto per non fare amicizia.
Nonostante ciò qualche piccola mano sul cuore s'era posata, e durante l'estate, scaldato dal sole, qualche piccolo pregiudizio si è sciolto; o forse in qualche modo oscuro la psicoterapia funziona.
Leggo che da la possibilità di cambiare i circuiti, le vie del pensiero. E prendo al balzo l'occasione armandomi di un sano spirito gioioso, per rincontrare quelli che ho salutato come una massa senza volto di colleghi presuntuosi e supponenti; supponendomi cambiata. Così, semplicemente.
E la vita ci mette lo zampino; benchè il nome del posto prometta almeno la visuale sui due laghi laziali (Bracciano e Martignano), di fatto siamo lontani dall'uno e dall'altro. A metà strada di nulla, in una campagna odorosa di cavalli e di erba calpestata, polverosa di piste di maneggio.
Nessun modo, salvo prendere la macchina, di andare a sedersi in silenzio sulla sponda del lago, a riposare le orecchie dal ciarlare inutile del dopo pranzo. Mi siedo nel giardino, vicino alla piscina ricoperta per l'inverno, ed alla spicciolata, neanche il tempo del primo boccone, arrivano quasi tutti.

Non mi piace mangiare con chiunque, quindi per un po' mi fingo interessata al giornale, ma come dicevo, la vita prende il sopravvento, e una parola scappa di bocca, una risata gorgoglia sulla punta della forchetta;  il tempo di finire il magro pasto e sono parte della classe.

Ancora una volta ho modo di osservare che qunado cambi l'atteggiametno verso il mondo, quello risponde in modo adeguato. Non subito, forse, ma lo fa...


2° giorno
 ... così li scopro; ascoltata, li ascolto, non solo nel fisico esercizio che ci insegnerà, prima o poi, a localizzare davvero il problema principale di un corpo.
Sembra che l'estate abbia scaldato altri cuori, e sciolto le divine certezze di poter fare qualsiasi cosa. E altri si scoprono fallibili. Rivelano a me, che con imprudenza mi ponevo da ignorante, che qualche errore lo commettono anche loro. Quelli che l'altr'anno mi guardavano dall'alto al basso, o chissà, forse ero io, ora hanno gli occhi negli occhi.
Ho imparato di nuovo, non manchi mai l'occasione, il gioco di specchi.
Vado a pranzo nel solito giardino, quasi sperando che arrivino presto tutti.

3° giorno

Il mutamento tuttavia richiede pazienza, e la festicciola di compleanno, merenda tutti insieme ed immane perdita di tempo annessa, tolgono un po' di entusiasmo al mio ritrovato 'socialismo'. Scivolo via appena posssibile, appena dopo un frugale pasto, per accamparmi all'ombra d'un albero, a guardare i cavalli.
C'è in sottofondo il rumore di scalpitio di quella parte di me che mi è appartenuta per tanti anni, e che vorrebbe solcare le colline, come la mattina quando arrivo e mi inerpico per la strada nei campi, finalmente trovando il lago, all'orizzonte.







4° giorno
Come per magia, si sciolgono tra loro le parti di me; quella che sono, e quell'anima di vent'anni, che ha quasi vent'anni e vuole tornare avanti, per vivere il resto della sua vita. Due adolescenti che si battono, scambiandosi i vestiti; così ad ora di pranzo, dopo un'altra, doppia,  festa di complanno cui partecipo con allegria, mi trovo sulla collina. Dopo aver corso, percorrendo a polpacci tesi il campo vuoto del recinto aperto. Pensieri in fuga ordinata scivolano sull'erba, e si rotolano come quella bambina che ricordo, che amo e che, almeno lei, resta nei suoi anni, lontano da qui. Rotolava sul declivio del parco vicino al laghetto dell'Eur. E i pensieri rotolano fino alla sponda lontana di questo, più grande, che si distende oltre i campi.
Un silenzio che riempie la fine di questi giorni, mi avvolge.

Ma mentre mi infilo in macchina, sorprendo un desiderio di tornare; non solo per apprendere ancora.

a Lila piace...

l'emozione che non si vede nella fotografia, che cammina tra gli odori e i rumori e l'obbiettivo ;
l'obbiettivo raggiunto di inventare un nuovo perimetro;
il perimetro della mente, rotto da un cancello, che fa scivolare fuori le mandrie di opinioni.






un ben tornato di cuore a Mobu!