Del viaggio e dei viaggiatori...
Quest'anno data la bassa architrave della soglia economica, mi sono regalata un viaggio.. in-oltre me stessa.
Ho piegato la solitudine sullo scaffale, e aperto la porta non tanto per uscire quanto per lasciar entrare...
Vabbè, non era casa mia...
comunque ancora una volta sorseggio il rituale "ecce quam bonum...", mentre sullo specchio dei volti voluti bene vedo riflettersi sorrisi che danno ali leggere al pensiero anche quando si issa l'ancora dalla giornata in un abbraccio... (per) salutare.
È " cone unguento che dal capo discende giù sugli orli del manto" del viaggiatore, quel profumo di sé confusosi negli abbracci, e tien caldo il ritorno à casa.
È come rugiada che rinnova la sua fonte, questo trovarsi partendo anche se ciascuno con i suoi mezzi e per le proprie vie, e fa tornare tutto in uno.
Un tempo, uno spazio, una profondità senza orizzonte in alcuna direzione, non perché sia invisibile, ma perché da un maggior senso di infinito, sapere quante strade si svolgono, con la stessa meta, riempiendo ogni angolo e allargando grado a grado il possesso della (propria) terra.
Certo non finiscono quelle domande che le mani chiedono sempre, ma essere insieme fra "fratelli" è così bello che senza solitudine, ľ essere soli finisce con l'essere un vestito leggero che favorisce il viaggio (anche in questa pazza stagione)..
... perché sai che si parte per poter tornare a momenti così che si annunciano ogni volta che odi canti di stelle e vedi un po' più di luce, e sai che i fratelli sono di nuovo insieme...
Come è bello...
Un momento così perfettamente lieto che gli occhi non sono più grigio prima della tempesta, o blu lavato di pioggia, o uno azzuro e uno blu. Sono solo occhi aperti dalla "superba meraviglia" d'essere ...qui, ovunque sia "qui",
nonstante tutto, e.. per tutto questo.
Sono gli occhi di chi si sveglia un mattino, con le scarpe rotte dal viaggio ma il cuore intero... . e scopre d'ess
ere... ancora nato!
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sabato, giugno 1
domenica, novembre 15
Continuando ad amare.
Continuerò
a cercarti,
nei
sassi e nei fili d'erba, nell'oceano e nella goccia,
nel
vento e nel respiro, nel fuoco e nella scintilla.
Continuerò
a cercarti,
dovessero
volerci altri mille baci, mille altri inganni dei sensi,
tenuti
accesi, e totalmente persi di te, nei nomi con cui ti chiamavo.
Continuerò
a cercarti,
nel
pieno e nel vuoto, nel dietro e nel fuori,
nel
davanti e nel dentro, nel sopra e nel sotto,
a
nord, a sud, ad ovest, ad est.
Nello
zenit e nel nadir del mio cuore,
già
tre volte creduto uno di due, che si era fatti uno.
Nel
mio cuore creduto tuo, del nome con cui ti ho chiamato,
Continuerò
a cercarti,
perché
non sei mai stato via a lungo, e sei qui, perfino ora
che
ti sto errantemente anelando.
Per questo, continuo a cercarTi.
perché ti perdo nella stoltezza del mio desiderio umano
di leggerti in una forma, per poterti toccare.
Ti perdo nella schiavitù del mio desiderio umano,
di percepirti solo con i sensi che riconoscono le cose.
Ti perdo nella povertà del mio desiderio umano
di possederti come un tesoro, per contare di averti.
Ti perdo nella guerra del mio desiderio umano
che credendoti da me separato, lotta per conquistarti.
Ti perdo nel deserto del mio desiderio umano
che se non ti vede intero, crede che tu non sia.
Ti perdo nella bruttezza del mio desiderio umano,
che parla con parole che non hanno spazi e silenzi.
Ti perdo nella morte che è il mio desiderio umano
che si perde nello sconforto, ingannato dal tempo.
Continuo a cercarti.
E nella sapienza di una luce che brilla dietro la pagina,
nel governo dei sovrasensi che spremono l'impercettibile,
nella ricchezza del riconoscere l'oro puro dell'anima
che forma le cose, senza perdersi nella forma che vedo,
nella pace del sentirti dentro ciascun respiro, seppur non mio,
nella fertilità del pensiero che sale fino a rompersi per recepirti,
nella bellezza che è in ogni immagine, prima che se ne faccia cenere,
nella vita che scorre senza fine nella sua fine dal suo principio,
ti troverò.
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domenica, settembre 28
IL VIAGGIO DELLE MERAVIGLIE -part 1 -102 cose da fare nella vita (36-37)

Il viaggio delle meraviglie (Sicilia 2013), è iniziato così, dietro ai "sassi": quelli di Matera e quelli del cuore. Nascosta bene, sono partita per la Sicilia con una musica malinconica nel cuore, e una chiassosa colonna sonora fuori, per riempire lo spazio fino alla città che mi aveva quasi ossessionato tanto era il suo ricorrere nelle storie degli amici. E sia, mi sono detta, passerò di là. C'è sempre un motivo, per quel che ci accade, e gli eventi che ci accadono li attiriamo noi...ma talvolta solo dopo, o se siamo fortunati durante, ci accorgiamo di quello che possiamo imparare.
Esco a (lume di) Candela, dal mondo delle autostrade, e mi infilo come un filo di sottotrama nelle strette anse delle deviazioni di campagna, fino a che mi riempio di un senso di esser perduta che non si contorna di ansia e di paure, ma di una allegrezza leggera: come se incedere sia un tornare indietro, cancellando le cose già scritte.
MATERA
-36: lavorare la prima sera di vacanza per scolpire un nuovo percorso.
Proprio là, dietro al ristorante che era stata la penultima scelta, s'è fatta l'ultima. Guardando il s'or Fedele in cucina, che spadellava-serviva-prendeva ordinazioni, perdendo i clienti che si stancavano di aspettare troppo a lungo, l'idea m'è sopraggiunta dall'anima mia, (il piccolo cortese suggeritore, sempre pronto a sollevare la valigia a qualcuno in difficoltà):
"Le serve una mano?", ho sentito dire la voce della mia anima intera-a-metà.
Lui, il s'or Fedele, mi guarda come se fossi matta; eppoi, quando mi vede salire per andare a mangiare sulla scala dei "due Sassi" che aggetta sulla piazza dove cerca di soddisfare i pochi clienti seduti a tavolo, mi dice:
"ma che fai?".
"Vado a mangiare.. o le serve aiuto?" gli rispondo, io che sono una dei clienti che se ne è andata, e che dopo questo ("e si, dai, dammi una mano!") divento la lavorante di una sera.
Ecco, il viaggio inizia così.
37- "Vuoi mangiare?" mi chiede ogni tanto, "finiamo quel che abbiamo iniziato"rispondo.
Il s'or Fedele mi ha "ripagato" con formaggio e vino e frutta, e ancora una cena il giorno dopo, oltre a quel che gli ho lasciato da spazzare da sotto il tavolo del ristorante: tutta la malinconica stanchezza che ancora sembrava starmi sulle spalle.
Così alleggerita, riprendo il movimento per raggiungerti a Villa San Giovanni, inizialmente senza fretta: io e tutta la mia tecnologia rallentiamo sul brano "I take a letter Maria", quando comprendo che i limiti di velocità sono fatti anche per poter ammirare il paesaggio (e che le piazzole di sosta non sono mai nel posto giusto...per fare una foto).
38- una sosta non prevista (per un bagno improvvisato)
.... Eppure un punto di sosta lo trovo, e mentre mi fermo per gettarmi nel mare per potermi portar dietro il sale piccante della Calabria, Vecchioni, o forse il cuore mio cantano a Dio, e a te, "guardami, io so amare soltanto come un uomo, guardami, a malapena ti sento e tu sai dove sono".
Però sono presente. Sono così presente che lo so benissimo anche io, dove sono.
Epperò... guardami, Dio, che devo essere a Villa entro le 13 e 30, o la rosa di plastica che tengo in macchina appassirà senza essere consegnata. Guardami Dio, ripeto mentre mi lancio sulla Salerno-Reggio Calabria a tutta la velocità consentita dalle curve e dal silenzio che, essendo ormai settembre inoltrato, la precorrono inseguiti dalla radio che canta le mie canzoni preferite, dalla mia voce e dal ricordo di quella volta che cantavamo solo io, mamma e Lo', sulla strada per Granada.
Mentre pigio l'acceleratore sull'ultima uscita, ho di nuovo la sensazione sotto al piede della serpe schiacciata (sopra i Sassi, quelli veri), che m'accresce la baldanza poiché la paura è giunta solo dopo la reazione, e mi risveglia l'attenzione, perché in quel momento ero così distratta da aver dimenticato che i piedi, anche se la testa cerca tra le nuvole l'orizzonte, devono restare sempre saldi a terra.
O, per l'appunto, sull'acceleratore, perché "tutta la storia non vale il tuo bacio di una sera" (R.Vecchioni), e io devo arrivare qui. Ora.
Ti trovo grazie ad un papà che, come faceva il mio anni fa, porta il figliolo a fare un giro in moto, nel sole ardente dello stretto di Messina, dove il mare è sempre dentro, e gli uomini chissà, forse per questo, sembrano più liberi.
Uomini che a Trapani sono marinai di terra fra due mari, qui sono uomini di mare fra due terre.
Uno strano puzzle, di apparente durezza e diffidenza che si scioglie in una gentilezza comprensiva: forse perché riconoscono nei miei, come li chiamavi tu, "occhi di cielo", quello che ci sta sopra. Infondo, noi lo sappiamo bene, sono la stessa cosa, e qui si toccano.
Un po' come noi ("io il tuo cuore sulla terra, tu il mio nei cieli"):
"...and now we standing face to face, isn't this world a crazy place....", ti sussurro, mentre il tempo scompare completamente, come se aver spento il quadrante dell'auto avesse sospeso il conteggio anagrafico, e riportato tutto a quella volta in cui ci siamo incontrati la prima volta.
E poi tutto ricorre avanti fino a qui, dove sono io che muoio, e forse è per questo che ricordo tutto così bene.
C'è uno spazio sospeso e non ben collocato, mentre volto le spalle alla terra-attaccata-alla-terra, salgo sul traghetto, e vengo rilasciata dal ventre della metallica balena della Tirrenia sull'isola che c'è.
E qui teatrando Venere che solca la spuma lasciata dalla nave sul mare, raggiungo una nuova interezza dopo l'ennesimo apparente confondersi del dentro e fuori, di me e te, di buio e luce (WaHe GuRu), perché nessuno esiste senza l'altro,
Rinasco ancora una volta, e inizio un altro viaggio.
giovedì, aprile 10
Tesi (l'incocco)
Sto guardando attorno, sai. Sarà che è primavera e non è più tempo di dormire. Sarà che gli esami si avvicinano, quindi sta finendo un viaggio, e mentre arrivo alla coincidenza da cui inizia il prossimo, mi concedo il tempo per guardare lentamente con lo sguardo appreso da questo precedente andare...un po' più aperto, più libero, mi pare.
Sto guardando in modo nuovo, ma con gli occhi intrepidi di sempre, pieni della curiosità che cerca di rispondere a mille domande... e poi s'accorge che è sempre una e la stessa. E non è proprio una domanda, forse, è una ri'cerca.
Incocco, e gli occhi si concentrano sul bersaglio, mantenendosi aperti sull'orizzonte...
E così li vedo: due a due, darsi la mano, scambiarsi baci mai troppo lunghi o troppo lenti seduti sulla panchina nascosta dalla mimosa verde di foglie. Li vedo raccontarsi all'orecchio, tenersi stretti sotto un ombrello, sfiorarsi con gli occhi sui binari, mentre uno va, ed uno resta.
Li vedo e rivedo quegli stessi abbracci: tenersi stretti alla vita e camminare con lo stesso passo sulla sabbia di mare, sfiorarsi con le mani in cielo, incontrarsi con gli occhi in piazza dei Miracoli: due capolavori sotto ai monumenti.
Vedo quello che prima non sapevo di voler cercare, anima mia. Non lo sapevo, prima di averlo trovato.
Lo vedo mentre lascio aperte le porte e le finestre alle novità e al vento che si insinua tiepido a ripulir la casa della polvere, a portar via pagina dopo pagina le nozioni di osteopatia che si fanno sangue, ogni giorno di più, sfuggendo ai libri per risalirmi nelle mani.
Lo vedo mentre risento tutti quei gesti che non avevo creduto di saper fare, quel sedersi accanto accanto, salutarsi dietro i vetri dei treni, tu con un panino in mano, io con le chiavi della moto, in movimento apparente ... uno via dall'altro... ma solo per ritrovarsi una volta finito questo viaggio, apparentemente contro-verso, dall'altro lato. Come se ciascuno lasciasse il binario 2, uno salendo sul vagone per scendere dal lato opposto, e l'altro imboccasse il sottopassaggio ma sempre per giungere al binario Uno: e ritrovarsi di fronte, senza mai essersi separati veramente.
E in questo tempo così breve che non finisce mai, sto guardando tutti i particolari che ti voglio raccontare, che voglio di nuovo imparare a memoria per sapere di saperlo fare... innescando quei neuroni a specchio che seguono un bacio, una carezza, un abbraccio e se lo copiano mille volte, finché ti pare di averlo dato tu, quel bacio lungo come il viaggio che sto facendo per andare a ritmo con questo Uni-verso, che ci riporta sempre di fronte.
Oggi attraverso lo specchio, quello grande in cui ci riflettevamo tutti e due.
Qui attraverso lo specchio, quello grande in cui rifletto tutti e due.
Ora attraverso la de-flessione di questo ri-flettere, per lasciarsi andare in modo diverso, sapendo quel che si vuole e tenendolo nelle mani in questo continuo guardarlo attorno, per poter
andare nel verso giusto. Verso di Te.
Sto guardando in modo nuovo, ma con gli occhi intrepidi di sempre, pieni della curiosità che cerca di rispondere a mille domande... e poi s'accorge che è sempre una e la stessa. E non è proprio una domanda, forse, è una ri'cerca.
Incocco, e gli occhi si concentrano sul bersaglio, mantenendosi aperti sull'orizzonte...
E così li vedo: due a due, darsi la mano, scambiarsi baci mai troppo lunghi o troppo lenti seduti sulla panchina nascosta dalla mimosa verde di foglie. Li vedo raccontarsi all'orecchio, tenersi stretti sotto un ombrello, sfiorarsi con gli occhi sui binari, mentre uno va, ed uno resta.
Li vedo e rivedo quegli stessi abbracci: tenersi stretti alla vita e camminare con lo stesso passo sulla sabbia di mare, sfiorarsi con le mani in cielo, incontrarsi con gli occhi in piazza dei Miracoli: due capolavori sotto ai monumenti.
Vedo quello che prima non sapevo di voler cercare, anima mia. Non lo sapevo, prima di averlo trovato.
Lo vedo mentre lascio aperte le porte e le finestre alle novità e al vento che si insinua tiepido a ripulir la casa della polvere, a portar via pagina dopo pagina le nozioni di osteopatia che si fanno sangue, ogni giorno di più, sfuggendo ai libri per risalirmi nelle mani.
Lo vedo mentre risento tutti quei gesti che non avevo creduto di saper fare, quel sedersi accanto accanto, salutarsi dietro i vetri dei treni, tu con un panino in mano, io con le chiavi della moto, in movimento apparente ... uno via dall'altro... ma solo per ritrovarsi una volta finito questo viaggio, apparentemente contro-verso, dall'altro lato. Come se ciascuno lasciasse il binario 2, uno salendo sul vagone per scendere dal lato opposto, e l'altro imboccasse il sottopassaggio ma sempre per giungere al binario Uno: e ritrovarsi di fronte, senza mai essersi separati veramente.
E in questo tempo così breve che non finisce mai, sto guardando tutti i particolari che ti voglio raccontare, che voglio di nuovo imparare a memoria per sapere di saperlo fare... innescando quei neuroni a specchio che seguono un bacio, una carezza, un abbraccio e se lo copiano mille volte, finché ti pare di averlo dato tu, quel bacio lungo come il viaggio che sto facendo per andare a ritmo con questo Uni-verso, che ci riporta sempre di fronte.
Oggi attraverso lo specchio, quello grande in cui ci riflettevamo tutti e due.
Qui attraverso lo specchio, quello grande in cui rifletto tutti e due.
Ora attraverso la de-flessione di questo ri-flettere, per lasciarsi andare in modo diverso, sapendo quel che si vuole e tenendolo nelle mani in questo continuo guardarlo attorno, per poter
andare nel verso giusto. Verso di Te.
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domenica, dicembre 22
A'm'arcord (ovvero "Ninni")
"Incontrarvi seduti sopra quel treno, tutti [quanti avevamo trent'anni] in meno, come in fondo ad un buco che da nel tempo, e cercare incollando paura e amore, una scusa qualunque per non parlare, se mi guardano in faccia che gli racconto?" (Ninni, R. Vecchioni)
Non ci volevo proprio andare a questo pranzo che, non lo so bene se è il pranzo dei quarant'anni, o quello dei vecchi compagni di scuola.. o sono i vecchi compagni che hanno quarant'anni, tant'è che a me manca ancora qualche mese, e poi, a fare bene il conto dei ricordi, non sono nemmeno certa di averle fatte, le scuole medie. Si, che allora (questo Lila lo ricorda bene), passavo i pomeriggi a giocare con il mio amico del cuore, in mille mondi che nessuno sapeva, e in cui nessun'altro poteva entrare, tranne, qualche volta, la piccola Veronica.
Qualcuno però se lo ricordava, che c'ero anche la mattina tra i banchi, e poi di sicuro qualche pomeriggio con la nutella in mano e i libri chiusi finalmente, per fare merenda. E mi hanno invitata.
Naturalmente ho detto subito di no, e non ci sono voluta andare per tre settimane, però l'ho scritto sul calendario, anche se ogni volta che vedevo avvicinarsi i giorni dicevo che non ce l'avrei fatta; eppoi, insomma Roma è così lontana da lì. O così, mi pare che fosse. Forse lo era.
Forse perché la prima volta, quando abbiamo traslocato, avevo nove anni e nessun modo per andarmene, e quando ci tornavo le ultime volte, nessuno di noi ci voleva più abitare, e se non fosse stato che i miei invece, dovevano stare ancora lì, credo che la valigia fatta a diciannove anni sarebbe stata più grande, e non sarebbe restato nemmeno quel piccolo ricordo felice, quello che alla fine stamani mi ha spinta fuori di casa.
Si, perché qualcosa, come un'ombra, ma lieve, la ricordo; qualcuno, ma pochi, mi tornano in mente. Eppure, mi dico: "possibile che fossimo solo quattro?..ah no. cinque... con me..".
Ecco, sono andata per fare i conti. E perché Lila sa che si vive solo ora, e qui, e che si vive davvero solo se consideri che può essere l'ultimo giorno... anche se vivi come se durasse per sempre.
Chiude i libri, che per studiare, chissà perché c'è sempre tempo, una pagina la puoi ri-sfogliare, mentre per il cuore, ci sono i battiti contati, e quelli battuti, non tornano. Si sfogliano, come i rami.
Si veste senza nessun bisogno di essere diversa, questa Lila che si crede di mutare, come gli alberi, da un giorno all'altro, e ora si sente, paradossalmente visto che è un ritorno, come quel giorno che il suo pullman verso le scuole superiori partiva verso Orvieto, e quello dei suoi compagni, nella direzione opposta. Non ci siamo più visti.. (forse eravamo sei? ma come si chiama quell'altro?)...e ora chi sono, quella di allora, o...?
Si veste come se si travestisse, sentendosi solo quella che è, (non puoi farci niente) ponendosi domande interminabili, fino all'ultimo giro di chiave nella toppa, fino al suono dello sportello chiuso con l'allarme (che cosa ci faccio qui?).
Ferma, subito fuori da quell'ultima porta chiusa, si sente ancora dire: "ma chi sto aspettando?"... chi sono...chi erano...chi siamo.
Quando arrivano, gli altri, arrivano quasi tutti insieme, e di quelli che arrivano poco dopo, conoscono la macchina. E di quelli (ah! ma quello non lo avevo visto! e chi è?) che erano già qui, conoscono il volto.
"Arriva 'la' Lisa", dice qualcuno, e siccome lei me la ricordo, sciolgo l'impasse in un movimento lento ed elastico, che spero non troppo incerto, sul piazzale. Non mi riconosceranno...ma..sono loro...ma chi sono?e... e, cosa gli racconto...e poi...ma se...
"Lila?!" esclama eccitata sorpresa, e davvero felice 'la' Maria, poi l'Ernestina, quella alta, che stava sempre dietro nelle foto. E c'è Tiziano, i maschi si chiamavano senza l'articolo, e "come stai?" (come ci fossimo visti ieri l'altro?!), e Giuliano ("ma che fai ora?")(vedi, qualcuno se ne è accorto che è passato del tempo, almeno per me), e Piero e "la" Romina, e "la" Chiara che abitava su, nella frazione dietro la collina..e Fabio...e...e...
E ci sono quasi tutti, e uno ad uno mi rispuntano i ricordi, e anche la voce che mi ero scaldata cantando, perché non sentissero il gelo della mia dimenticanza.
E ci sono quasi tutti, e sento che la voce va benissimo, perché mi sgorga dal cuore quella serena felicità delle piccole cose, piccole come ritrovarsi come amici, dopo tanto tempo, perché una volta, anche se non eravamo proprioproprioproprio amici del cuore, quello che ci davamo l'un con l'altra era tutto vero. Era un sentire genuino, come adesso che siamo tornati da strade diverse, abbiamo invece solo per le affinità elettive con uno o l'altro, o magari con nessuno, o magari con l'anima mia o con quei soli pochi veri amici di ora.
Ci son quasi tutti, e so che il mio posto oggi è proprio qui, come allora era il terzo nell'appello, e nel secondo banco a destra, e in prima fila, accovacciata nella foto che hanno stampato sul calendario.
E loro, loro che (omioddiomasonotuttisposati?!) si sono sempre visti, quelli che non se ne sono mai andati nemmeno in Sicilia, quelli che venivano al Castello in visita, o più tardi per lavorarci, o sono stati a ROma all'Università, loro hanno pensato che ci volesse una foto per tenere questo momento più a lungo; anche se chi ha preso il volo, chi oggi si è ripercorsa le strade, tutte tutte quelle che ricordava, con gli occhi grandi come la prima volta, perché era tutto come allora, ma non lo sapevo più e mi sembrava nuovo (ah! c'è il mercatino di Natale!..ma no, ma no, è il solito mercato della domenica..e i negozi..i negozi sono tutti proprio al posto loro, non come la città che non li ri-trovi nemmeno prima che siano stati aperti.. e fanno sempre turno di apertura la domenica mattina...non come in città da noi, solo da un po' di tempo!), chi aveva dimenticato quanti eravamo, almeno questi non se li scorda più.
E non si scorda, ma quella la avrei trovata anche alla cieca, la vecchia casa, il Castello sulla collina che svetta nel sole sul solito mare di nebbia... e che volevo andare sempre via, e invece non m'è mai sembrato così splendido. Non credo che ricordassi tutti questi colori, in autunno.. proprio come non ricordavo quel sorriso di Chiara, l'aria sempre divertita di A.Maria, le piccole serietà in fondo agli occhi di Lisa, la birboneria Ida, e di sicuro l'ombra nel volto di Tiziano. Ma quella, sono sicura che non c'era.
Sono passati tanti anni, ma pur raccontandoci qualche scorcio della vita fino a qui, saltando tra ieri sera e vent'anni fa, riusciamo a non perderci nel tempo del "come fu", e forse a ri-trovarci davvero..tutti presenti all'appello. Chi l'avrebbe detto...
Suona il timer, quando il momento è perfetto, e Lila si alza, un po' prima degli altri, come si conviene alla gente che va lontano, alla città, e si accomiata, con l'anima calda e tutta una vita, che non sapeva d'avere avuto, dentro: i conti, si dice chiudendoli, e lasciando socchiusa la porta dietro le spalle, tornano tutti.
Qualunque cosa accada, oggi è stato un dono.
Alla "classe '73, delle scuole medie di G....grazie
grazie di cuore a tutti,
martedì, luglio 2
un lunghissimo addio e qualche scusa (a Nino Hawk)
E' passato moltissimo tempo, amico mio
dalla prima volta che ci siamo trovati faccia a faccia e ci siamo scoperti entrambi due metà di uno. L'intero, come sai, alla fine dovevo essere io, ma solo perché sono quella che è rimasta: senza bisogno di sfidare la morte, ma sfidando la vita ogni giorno, cercandola sulle dita, fra i corpi e le anime che mi si muovono intorno riempiendomi sempre più di loro e loro, riempiendosi sempre un po' di me.
Non rimani mai, se non puoi cavartela. E per potertela cavare, che tu lo sappia o no, devi essere tutto intero. E perché io fossi intera, tu sei andato in pezzi; perché io potessi rimanere qui, intera... a metà.
Tu la mia gloria nei cieli, io il tuo cuore sulla terra. Ricordi?
Ricordi, lo so. Lo so, perché ora che siamo tornati uno solo, tu quel pezzo di anima che mi doveva lasciare affinché mi fosse reso, so che quando ti parlo parlo con me.
Ogni mio dolore, ogni solitudine sembra essere la tua assenza, ma è proprio questo: è la mia solitudine quella che affronto. Con cui mi confronto, faccia a faccia, e che se fossi diversa da quella che sono, intera a metà, mi spaccherebbe non in due, ma in mille, pezzi, pur cadendo da un punto meno alto di quello che ti è servito perché l'eco e i frammenti arrivassero fino qui.
La mia solitudine è quella che affronto quando ricordo il primo viaggio che abbiamo fatto insieme, "il viaggio Nino", come lo chiamasti tu, e quello di mezzo, l'ultimo viaggio fisico per arrivare a lasciarti sul confine dell'ambasciata, prima dell'ultimo abbraccio, e molto, molto distante dalle ultime parole che ci siamo detti, dai sogni sussurrati o forse solo sognati.
E' di questo che volevo scriverti, anzi, dell'unica cosa che non ci siamo detti.
Perché non sai, che pensavo che se fossimo caduti dallo scooter saresti rimasto qui; e sono stata attenta attenta, 'ché temevo che ti saresti arrabbiato, se ci fossimo fatti male e tu avessi perso il volo. Ti saresti sicuramente arrabbiato, sottovoce, come parlavi tu, ma probabilmente ti saresti così arrabbiato che ci saremmo spezzati, e so per certo che non saresti ancora qui, e io sarei solo metà.
Ma ti chiedo scusa, perché non ci ho nemmeno provato.
E ti chiedo scusa perché credevo che la morte fosse romantica. La morte di Ayrton, ricordi? la morte ti lascia spesso perfetto, agli occhi di chi resta. E quando ti sei detto tutto, anche quest'ultima piccolezza, ti lascia vuoto e immerso in tutto quello che di bello riesci a ricordare, ma anche a trovare altrove, purché ti rammenti tutta a bellezza di quella perfezione che hai vissuto.
"non c'è niente di romantico, nella morte".
C'è, ma non lo sai, pensavo. E non lo sapevo nemmeno io. E ti chiedo scusa, perchè non ti ho spiegato... che non è solo romantica, è anche dolorosa. Per chi resta naturalmente, finché tiene tutte le cose fuori, anche quelle che devono per forza stare prima dentro e poi uscire, come il dolore e la solitudine.
E' stato così, lo ammetto. Anche per me, con tutti i corsi che ho fatto, e con tutta la forza che ho messo nelle meditazioni per permetterti di andare. Quaranta giorni. Poi ancora ogni 15 del mese. Poi solo scrivendoti addio sulla tua foto, con quel piccolo mantra akal akal akal.
Preferivo Wahe Guru, ma questo lo sapevi. Così una notte sei tornato in sogno, per riportarmi in volo. Per farmi capire che potevo volare, tenendomi ben stretta, proprio perché tu sei il mio cuore nei cieli, e io la tua gloria sulla terra.
Sei tornato, non in modo tormentoso come quel fantasma della storia indù, della moglie morta che minacciava il marito e lo ossessionava perchè non si trovasse un'altra donna. Alla fine il maestro gli disse di raccogliere dei sassi, e chiedere la fantasma di contarli; gli disse, il maestro, che se il fantasma avesse risposto significava che era vero, e che non avesse risposto significava che era la mente dell'uomo a crearlo. Il fantasma non seppe rispondere, e non apparve più.
Sei tornato, come quel fantasma, parto della mia mente, ma per dirmi che andava tutto bene. Per dirmi che finalmente eri libero di volare, anche se ti avevano tenuto tra gli aerei tutto questo tempo; e io ho smesso di meditare, perché il mio cuore ha saputo che tutto è stato fatto.
E' perfetto, e anche se la mente si ostina a dire no, è giusto.
Amico mio,
questa mattina ho chiuso la valigia dei ricordi e non è rimasto fuori proprio niente. Nessun dolore incastrato nelle serrature, nessun pezzo di racconto dimenticato nel cassetto, nessuna immagine che non sia quella dello specchio, dentro la mia anima.
Una immagine che, in fondo agli occhidicielo, ha la sfumatura castana che ho imparato nei tuoi. E nel vestito che indosso come pelle, un po' delle cose che ho imparato da te. E fra i miei capelli, ha quel piccolo vento delle altezze che li rende sempre un po' scarmigliati.
Ho chiuso la valigia, e l'ho lasciata a terra, perché tutto quello che mi serve, lo porto indosso.
Non metà di uno, ma intera a metà, stringimi bene le cinghie, che ora ricomincio il viaggio.
intera, anche a metà |
lunedì, novembre 19
Partire, per tornare a casa.
C'è stato tutto questo tempo, in cui non ho scritto (qui). Ho telefonato, navigato in internet, esposto una relazione in un convegno...
Come dico sovente, ho "fatto". E "fatto" significa aver concluso un desiderio; che poi accada ancora o solo si disgreghi nella memoria, è compiuto. Lo lascio andare assieme ai capelli, e alle prime foglie d'autunno. Quelle, giallo oro che si arrotola sulle curve dell'aria; quelli, bianchi e castani sotto i castagni gialli, biondi a tratti per finzione e sempre più lunghi, incolti e incustoditi, si arricciolano felici attorno alle orecchie, e mi sussurrano di non aspettare ancora.
Ecco, finzione è questo dar colpa (o merito) ai miei capelli, perché ne dico sempre che sono le mie emozioni animate; vivono da sole sulle colline dei miei pensieri; educati e sottili, quando credo di aver poco da fare, poco a che fare col mondo. Robusti e dispettosi altrove, o forse da quando qualcosa, qualcosa che ho detto credo, li ha impregnati e resi decisi a ripetermi senza tregua che non si può arrivare a quegli ultimi trenta secondi, senza aver reso perfetto l'esercizio.
Senza aver reso perfetta la vita! Il che significa non altro che "fare il meglio possibile". Il che significa anche, smettere vagheggiare un sogno, un rimorso, una meta, e invece muoversi. Arrivare là, che poi è sempre qui, fare il giro della boa e lasciarsela indietro.
Così, calo un remo nell'acqua, alzo il remo dall'acqua. "Fatto", penso. So che il pensare mi ha distratta dalla prossima pagaiata, e mi riprendo il silenzio. Rimetto il remo in basso, spingo. Avanti.
I capelli eccitati dall'acqua si espandono come antenne al cielo, e mentre resto sulla mia stessa scia, sospinta dallo sforzo appena avvenuto, lascio che sfondino il limite tra la mente che brama mete fisiche, e quel SE' più grande, che accarezza il cuore e gli ammorbidisce le emozioni, trasformando le istanze dell'io in una potenzialità di crescita.
E questo viaggio immaginato, presto sarà un "fatto". Lo credevo impossibile, ho sempre rimandato a dopo... Finché mi sono detta "dopo di che?".
E non sapendo rispondere più, a quelle razionalità fifone che mi avevano fatto attendere, riconosco che non vado a cercare nessuno, a dire il vero, ma ho trovato una scusa per raggiungermi....
qui, dove sono ora, ma percorrendo una strada che sembra lunga quanto tutta la terra.
Che gira attorno alla Terra.
In attesa si chiudere la valigia, e ruotare il mondo per trovarmi, dall'altra parte a testa in giù (?!), giro la terra dei vasi con le dita. E poi giro le dita, e lascio cadere un seme nella terra.
E poi mi giro, e gli do le spalle, sapendo che ritornerò quando, morto il seme, nasce il fiore.
Come dico sovente, ho "fatto". E "fatto" significa aver concluso un desiderio; che poi accada ancora o solo si disgreghi nella memoria, è compiuto. Lo lascio andare assieme ai capelli, e alle prime foglie d'autunno. Quelle, giallo oro che si arrotola sulle curve dell'aria; quelli, bianchi e castani sotto i castagni gialli, biondi a tratti per finzione e sempre più lunghi, incolti e incustoditi, si arricciolano felici attorno alle orecchie, e mi sussurrano di non aspettare ancora.
Ecco, finzione è questo dar colpa (o merito) ai miei capelli, perché ne dico sempre che sono le mie emozioni animate; vivono da sole sulle colline dei miei pensieri; educati e sottili, quando credo di aver poco da fare, poco a che fare col mondo. Robusti e dispettosi altrove, o forse da quando qualcosa, qualcosa che ho detto credo, li ha impregnati e resi decisi a ripetermi senza tregua che non si può arrivare a quegli ultimi trenta secondi, senza aver reso perfetto l'esercizio.
Senza aver reso perfetta la vita! Il che significa non altro che "fare il meglio possibile". Il che significa anche, smettere vagheggiare un sogno, un rimorso, una meta, e invece muoversi. Arrivare là, che poi è sempre qui, fare il giro della boa e lasciarsela indietro.
Così, calo un remo nell'acqua, alzo il remo dall'acqua. "Fatto", penso. So che il pensare mi ha distratta dalla prossima pagaiata, e mi riprendo il silenzio. Rimetto il remo in basso, spingo. Avanti.
I capelli eccitati dall'acqua si espandono come antenne al cielo, e mentre resto sulla mia stessa scia, sospinta dallo sforzo appena avvenuto, lascio che sfondino il limite tra la mente che brama mete fisiche, e quel SE' più grande, che accarezza il cuore e gli ammorbidisce le emozioni, trasformando le istanze dell'io in una potenzialità di crescita.
E questo viaggio immaginato, presto sarà un "fatto". Lo credevo impossibile, ho sempre rimandato a dopo... Finché mi sono detta "dopo di che?".
E non sapendo rispondere più, a quelle razionalità fifone che mi avevano fatto attendere, riconosco che non vado a cercare nessuno, a dire il vero, ma ho trovato una scusa per raggiungermi....
qui, dove sono ora, ma percorrendo una strada che sembra lunga quanto tutta la terra.
Che gira attorno alla Terra.
In attesa si chiudere la valigia, e ruotare il mondo per trovarmi, dall'altra parte a testa in giù (?!), giro la terra dei vasi con le dita. E poi giro le dita, e lascio cadere un seme nella terra.
E poi mi giro, e gli do le spalle, sapendo che ritornerò quando, morto il seme, nasce il fiore.
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giovedì, ottobre 18
Lettera ad un amico in partenza
C'era già una sottile polvere nell'aria: polvere di anni che se ne vanno, di abitudini consumate, di arrivi programmati e di altri a sorpresa, che s'intrufolano tra le mura, variando il posto alle cose. Variando l'importanza delle cose, che per alcune diminuisce, e delle persone su cui contavi, che perdi la lista e ricominci da niente, moltiplicando la possibilità di esperire la prossima emozione. Ci dividiamo fino alla prossima volta, ma va bene così, perché la vita è tutta nel tessere e il filo, cercando di preparare una bel finale.
Ora c'è la polvere di decisioni che si affrettano giù per le scale, lasciandoci solo la mappa per arrivare alla meta, perché una volta prese non sei più lo stesso, anche se non sai ancora chi sei.
C'è la polvere lasciata da partenze previste, che è come se fossero già state, e ne hai impronte leggere dentro, prima di aver dato i saluti. Impronte che indicano di rimettersi in cammino.
Ho vissuto quest'amicizia per il tempo di una luna, ventotto giorni di incontri oltre le righe, inseguita fra i silenzi del cuore stabile e le chiassose fantasie del pensiero. Un amicizia che ha, in questo tempo determinato dal principio, tutta la sua ragione d'essere, ma non per questo è meno vera o intensa di quelle storie di anni, che si riannodano, che si perdono, che lasciano molti più ricordi forse, ma forse non così intensi. Perché, stranamente, se sai quando il timer suonerà interrompendo l'esercizio, riesci a mantenere una attenzione più acuta in ogni istante. Impostare il timer, ti aiuta a far si che l'ultimo minuto sia inevitabile e lungo, quanto il tempo che c'è stato prima; ti aiuta (anche se si dovrebbe perderne l'indispensabilità) a non vivere "come se si campasse in eterno...", come a volte capita con le persone e le cose che diamo per certo che rimarranno per sempre.
Da questa permanenza intensa, che si muove tonda e liscia come le ruote dei pattini, che si mangia velocemente come un bignè e con la stessa dolcezza, che si chiama viaggio come una vacanza, quindi sai già quando ritornerai... esco con una intelletto nuovo, fresco di stelle e sale, di voli e camminate sabbiose, di foglie ormai rosse e di allegrie sempreverdi, di pace per i desideri soddisfatti e di forza per compiere altri passi.
Esco con il fazzoletto in mano, perché mi piace recitare lungo i binari; con un libro in tasca, perché mi piace avere qualcosa da lasciarti nel caso non tornassi; con un taccuino e una penna, perché mi piace scrivere dei miei, di ritorni.
Amico mio, andare lontano quanto il sole che si tuffa nel mare dietro il cratere, a Castel Gandolfo, è un bell'andare, ma sappiamo ambedue che niente è lontano quanto quello che non vogliamo vedere. Quanto quello che, a volte, temiamo di sapere che è proprio dove siamo sempre stati. Da ipermetrope, lo so che nessun "tele", per quanto ce lo faccia vedere, è l'obbiettivo raggiunto. Ma infondo, guardare fin là, forse aiuta a mantenere la rotta.
Il mio viaggio lontano, quindi, mi porta qui; il tuo, invece, ha necessità di quell'altra parte del mondo, ma non c'è nessuna differenza, se non la lingua e il lato della strada dove si guida; lo sappiamo entrambi. Nonostante questi finestrini che non si prestano alle commedie di sventolii e mani che si agitano in banchina, ti vedo con il viso sul vetro fino a dove l'occhio riesce a guardare indietro, e mentre mi volto per andare avanti, so che farai lo stesso, senza rimpianto seppur con la lieve speranza di ritrovarsi in un altro "quando".
Dopo tutto questo, nonostante abbia ramazzato il suolo e il cielo, per lasciar andare anche quella delle stelle, c'è ancora una sottile polvere, che non lascia avvertire alcun suono, se non il silenzio dietro l'angolo della bocca. Dove sbattono una lacrima di commiato, e la piega di questo sorriso.
Grazie del presente!
Grazie del presente!
Thank you for this present! |
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giovedì, settembre 27
L'inizio e la fine - 102 cose da fare nella vita (lanciarsi con il paracadute)
L'inizio e la fine coincidono.
Eppure questa non è la fine (del blog), e quindi m'immagino che sia un passaggio sull'origine, ma molto più in alto (almeno 3500 metri), di questa spirale che è la vita.
34 - saltare nel vuoto, ma senza nessun vuoto dentro.
La fine e l'inizio coincidono. Così, quattro anni più tardi cado di nuovo, ma senza nessuna frattura perché stavolta, non c'era niente da aggiustare. E non c'entra che una parte di me temesse di avere una malattia incurabile, avrei saltato comunque.
In effetti, anzi, proprio in virtù della pretesa altezza raggiunta (a bordo di un aereo così piccolo che sembrava un giocattolo), posso ben dire che non sono proprio caduta: ho saltato.
Un lancio con il paracadute, si: e già tutti quelli che conosco, tranne uno o due che l'hanno fatto, mi dicono che sono un eroe. O che "raccontami!", "ma come hai fatto?", "lo vorrei fare anch'io..."; e poi che sono 'un mito', 'pazza', 'scavezzacollo' [1] ... ma anche coraggiosa (quello l'hanno detto tutti). Coraggiosa, si, ma solo prima [2], e solo dopo i primi tre secondi di distacco dal ventre dell'aereo, in cui ho urlato con tutto il terrore possibile (proprio come se nascessi ancora) di vedersi andare incontro alla terra senza niente che ti leghi al cielo.
I miei soliti voli (pindarici) sembrano meno pericolosi, ma a distanza di qualche giorno, riconosco che il tanto tempo passato fra l'aver sognato di farlo e saltare, è servito a sapere che la stessa adrenalina si diffonde nelle mie ascese vertiginose, quando mi lancio verso le mie eleganti teorie, sulle ali (o con il paracadute) della Tradizione: alla ricerca di me, alla ricerca di Sé.
Ho urlato con tutto il terrore possibile nel vedersi allontanare dal cielo e precipitare al suolo, come se nascessi ancora, ma a ritroso. Nei secondi che passano in cui non sei più là, ma non sei ancora qui, il funicolo ombelicale non c'è. Sei assolutamente solo. Sei l'anima che si distacca.
La prima volta, per pochi secondi, è la prima volta che sei incosciente (in tutti i sensi!): e cadi. E urli.
Ho urlato (nel senso fisico, di questo essere umano che è qui), con tutto il fiato dell'istinto, ma salterei ancora. Lo faccio ancora, è certo. Perché poi, lì davanti alla terra, che ti sembra tutta la terra...
...per il tempo che sai che potresti anche non tornare più, senti che nient'altro conta, se i conti sono a posto.
Così è, e non si guardi la battuta sul dare cibo al cane (che il Falco-istruttore non ha) o sul lasciare il numero del bancomat (che Lila-aquila, ha), perché lassù l'istinto sopravviveva, ma io non avevo nessun rimpianto.
Attaccata all'aereo, con tutto quello spazio sotto di me, e pochissimo tempo per rinunciare, ho pensato "no-no-no". Poi ero nel vuoto, sola, 'chè non sentivo il peso del "Falco" dietro di me, leggero come son'io, vagabondo del mondo come la mia anima.
Altro che "milleeuno, milleedue, milleetre", come si racconta che dovresti contare: "omioddio,omioddio,omioddio!", ha urlato l'animale impaurito di fronte all'infinito, sopra la linea dell'orizzonte, sotto l'ala che s'allontanava inudita. Tre secondi.
E poi l'ho udito, questo si. In tutto il corpo, da dentro, dall'infinito dentro, è risuonato il mio mantra.
Quello che avevo recitato nelle Sadhana di altre mattine, più lontane di quel suolo, rarefatte nel ricordo quanto l'aria intorno a me. E' suonato da solo, come la vibrazione fondamentale, placando l'urlo, e il pensiero:
"Wahe guru".
[3]e [4]
"omioddio che?", dice il Falco alle mie spalle.
"...che meraviglia!".
Da lì in poi, da qui, è solo gioia. E quando si è apre il paracadute, rimango sorpresa di quell'improvviso mutamento, del cambio di prospettiva che rimette l'orizzonte di fronte, invece che ai margini del campo visivo come quando scendi orizzontale. Scendendo, salgo. Scendendo so che lo spettro della paralisi progressiva, fino a morte certa, era già stato sepolto a Trieste; che l'unica cosa che paralizza, è la paura.
Scendendo so di tornare, non solo al cielo (magari un'altra volta), ma alla terra, alle persone che amo, e che qualunque cosa accada, accade perché sono viva.
E' la vita in tutto il tempo concesso, che è sempre adesso, e qui.
[1] Ora so anche che cosa ho effettivamente; non ci si muore, ed è un problema adatto proprio ad una "scavezzacollo"! :una brutta ernia cervicale che impronta il sacco durale.
[2] Non ha coraggio chi non teme il pericolo, ma chi, pur avendo paura, lo affronta comunque. Almeno, così si dice.
[3] Wahe Guru, secondo la mumerologia tantrica è uno dei miei mantra.
[4] Wahe Guru, leggo, è "sapienza indescrivibile, è un mantra d'estasi ... GU significa oscurità, RU significa luce"
Altrove: "Wahe deriva dalla parola persiana Wahid che significa "uno solo". ".
Traduzione: Io sono in estasi quando faccio esperienza dell’indescrivibile Saggezza
Effetti: è il Mantra dell’Infinità dell’Estasi e del risiedere in Dio. Esprime l’indescrivibile esperienza di passare dall’Oscurità alla Luce (dall’Ignoranza alla Vera Comprensione). è l’insegnante infinito dell’Anima. è un Trikutee Mantra, esso equilibra l’energie del Generare, Organizzare, Trasformare i principi. Esprime Estasi attraverso conoscenza ed esperienza. è il Gurmantra che da inizio al Destino. è detto che cantare Wahe Guru equivale a cantare Har 11000 volte."
lunedì, luglio 30
Ho tirato fuori la mia vecchia bicicletta..
E BiciBlu ricorda, e si racconta storie di amicizie andate via dopo la prima curva, di altre perse sulla discesa di una primavera che ha fatto sbocciare progetti diversi; di quelle assopite sotto i pini o sulle labbra di amori che, a buon diritto ma con nessuna creanza, ci sottraggono le persone che abbiamo conosciuto. O forse ci mostrano come sono. Perché le persone, si nascondano bene o male, alla fine le trovi sempre.
BiciBlu ricorda. Ricorda a se stessa di essere anche come quelli che ha chiamato amici, che chiama amici ora e domani poi chissà, che chiamerà amici sbagliandosi... e che, sapendolo o no la feriscono. Se lo ricorda quando la catena salta fuori perché i fili, a volte, si allentano; quando rigonfia ogni chilometro la ruota bucata; quando è finita l'acqua, ha dimenticato il lucchetto, ha perso il ninnolo gettato a caso nel cestino. Perché a volte siamo solo un po' distratti e le piccole disattenzioni degli altri sono lo stesso tributo che noi facciamo pagare ad altri ancora.
Rimettendo la catena a posto, BiciBlu scopre che tutto fila in modo giusto e perfetto, come la strada per casa, che buca dopo buca, semaforo dopo semaforo, albero e nuvola e vento e calore che ti funestino o ti appoggino, alla fine arriva.
Le borse perse altrove assieme alle circostanze, e il cuore aperto. Che dopo tutto, l'amore di ciascun amore e di ciascuna amicizia, è l'amore di un Amore che non ti lascia mai.
E nemmeno occhi vecchi come i suoi sono ingannati dai suoi travestimenti.
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domenica, gennaio 1
Memento
Non posso fare a meno di farvi tantissimi auguri! affettuosi, luminosi e sinceri
che non vi manchi mai la capacità di rimanere fermi, mentre passa la bufera... 'chè qualche volta arriva, si sa, ma come la gioia anche il dolore passa. Per vivere fino in fondo questi nuovi anni, a partire da oggi, vi auguro che non vi manchi mai l'attenzione ad ogni istante, che rende possibile riconoscere la felicità e l'emozione di ciascun momento, di cui riempirsi e poi, come un espiro, lasciarla andare oltre.
Che non vi manchi mai la pazienza di aspettare, il coraggio di recidere, di cadere, di rialzarsi in volo.
Che non vi manchi mai l'amore, da dare a piene mani, sulle labbra, dentro il cuore.
Che non vi manchino mai le parole... a dire il vero le "mie" latitano; adesso mi scappano spesso sul tenue filo del telefono, si confondono in un respiro e nel tentativo di estrarre dal cilindro qualcosa di sufficiente ad esprimere i sentimenti che invece se ne stanno, irridenti, là in bella vista tra i gesti e gli sguardi.
Si, la mia vita fatica un po' a capire che questa non è una relazione a distanza, ma nell'assenza relativa di spazio fra me e Lui', forse è giusto che impariamo prima a starci lontano, perchè nel cuore, temo, ci siamo già confusi.
E vi auguro che, come accade in alcuni momenti della vita, possiate aggiungere una stanza nel cuore, oltre a quelle dei già amati... tra quei cari mamma e papà, quei cari fratello mio, o sorelle svizzere o meno.. tra quei cari nonninacara e tutti voi che amo... vi auguro di ricordare, come m'è accaduto, che c'è sempre un posto in più da cedere, e un alro posto dove abitare.
Lo spazio è infinito... poichè esso è il vuoto, la parte predominante della natura.
Ovviamente tranne che nei bagagli a mano. :D
Ricordatevi di controllare i limiti di peso ( potete tranquillamente sacrificarvi e mangiare quel chiletto di cioccolato, invece di portarlo ai nipotini :) ) e poi ecco un piccolo memento su cosa NON mettere in valigia:
8.9.2 Il trasporto di ceneri umane è consentito come bagaglio a mano, e può essere trasportato in aggiunta al vostro singolo di bagaglio a mano a condizione che sia acompagnato da copia del certificato di morte e di cremazione. Dovete accertarvi che tali ceneri siano ben imballate in un contenitore adatto con un coperchio a vite e provvisto di protezioni contro le rotture.
8.10 OGGETTI PROIBITI
Ai passeggeri non è permesso trasportare i seguenti oggetti nella zona di sicurezza limitata e nella cabina dell’aeromobile:
8.10.1.1 Fucili, armi da fuoco e ordigni, qualunque oggetto suscettibile o appaia suscettibile di far esplodere un proiettile o causare danno, incluse tutte le armi da fuoco (pistole, revolver, fucili, fucili a pallini, etc). Riproduzioni e imitazioni di armi da fuoco, parti che compongono armi da fuoco (esclusi mirini e dispositivi di visione telescopici), pistole ad aria compressa, fucili e pistole a pallini. Pistole di segnalazione, pistole da partenza, armi giocattolo di ogni tipo, pistole ad aria compressa e a salve come pistole, fucili a pallini, carabine, spruzzatori a cuscinetti a sfere, pistole sparachiodi e sparaviti industriali, balestre, catapulte ,fucili e arpioni subacquei, pistole da macellazione, scacciacani e storditori, ad es. pungoli per il bestiame, armi a conducibilità di energia balistica (laser), accendini a forma di arma da fuoco.
Armi da taglio e oggetti taglienti e affilati; oggetti appuntiti, dotati di lame o bordi taglienti capaci di infliggere ferite, quali asce e accette, frecce e freccette, ramponi e attrezzature da roccia (rampini da arrampicata, uncini in ferro o piastre con chiodi da ghiaccio), arpioni e frecce, asce e punteruoli da ghiaccio, pattini da ghiaccio, coltelli a serramanico o a lama fissa di qualunque lunghezza (compresi quelli cerimoniali o da caccia) di metallo o di qualsiasi materiale abbastanza robusto da essere utilizzato come arma, coltelli da carne, machete, rasoi e lamette aperti (ad eccezione di rasoi di sicurezza o usa e getta la cui lama è protetta da un contenitore), sciabole, spade e spadini, scalpelli, forbici di qualunque dimensione, bastoni da sci o da escursione, stelle da ninja, tutti gli utensili che possono essere usati come armi da punta o da taglio (ad esempio trapani e punte da trapano, coltellini a lama intercambiabile, coltelli utensili, tutti i tipi di seghe, cacciaviti, piedi di porco, martelli, pinze, serradadi e chiavi fisse, saldatori).
8.10.1.3 Oggetti contundenti: tutti gli oggetti contundenti capaci di causare lesioni, quali racchette da tennis, mazze da baseball e softball e mazze o bastoni rigidi o flessibili, come manganelli da poliziotto, sfollagente (manganelli in piombo ricoperto di cuoio con asta flessibile), mazze ferrate, manganelli, mazze da cricket e da golf, bastoni da hockey e hockey irlandese, bastoni da lacrosse, pagaie per kayak e canoe, skateboard, stecche da biliardo e da snooker, bastoni da polo, canne da pesca, attrezzature per arti marziali, come tirapugni, bastoni, randelli, cinghie, num-chuck, kubaton, kubasaunt.
8.10.1.4 Sostanze esplosive ed infiammabili; tutte le sostanze esplosive o altamente combustibili che costituiscono un pericolo per l'incolumità dei passeggeri e dell'equipaggio o per la sicurezza dell'aereo e del suo contenuto, quali cartucce, detonatori, dispositivi di accensione e micce, polveri detonanti ed esplosivi, rirpduzioni o imitazioni di polveri detonanti ed esplosivi, mine e altro materiale militare esplosivo, granate di qualsiasi tipo. Gas e bombole di gas, ad esempio butano, propano, acetilene, ossigeno – in grandi quantità, fuochi d'artificio, razzi di segnalazione in tutte le forme (compresi petardi e miccette per pistole giocattolo), fiammiferi, granate o cartucce fumogene, combustibile liquido infiammabile come benzina, olio diesel, combustibile per accendini, alcool, etanolo, bombolette di vernice spray, trementina e diluente per vernici, bevande alcoliche con una percentuale di alcool superiore al 70% (prova 140%).
8.10.1.5 Sostanze chimiche e tossiche: tutte le sostanze chimiche o tossiche che costituiscono un pericolo per l'incolumità dei passeggeri e dell'equipaggio o per la sicurezza dell'aereo e del suo contenuto, quali: acidi e alcali (ad esempio batterie umide che possono perdere liquido), sostanze corrosive o sbiancanti (ad esempio mercurio e cloro), sostanze di difesa in bombolette spray (ad esempio aerosol lacrimogeno, spray al peperoncino, gas lacrimogeno); materiale radioattivo (ad esempio isotopi medici o commerciali), sostanze velenose, materiale contagioso o biologicamente pericoloso (ad esempio sangue infetto, batteri e virus), materiale passibile di autocombustione, estintori (ad eccezione di quelli previsti dalle norme antincendio e in dotazione dell'aereo).
8.10.1.6 Il trasporto di liquidi, aerosol e gel nella zona riservata di sicurezza di un aeroporto e a bordo dell’aeromobile viene controllato in conformità agli attuali Requisiti di Sicurezza EU.
8.10.2 I seguenti oggetti non possono essere trasportati nel Bagaglio Registrato: dinamite, polvere nera, esplosivi, compresi detonatori, micce, munizioni, granate, mine e esplosvi al plastico, Riproduzioni, imitazioni di armi da fuoco, e armi giocattolo di ogni tipo. ; gas come propano, butano; liquidi infiammabili quale benzina e metanolo, sostanze solide infiammabili e reagenti, quale magnesio, materiale per accensione fuochi, fuochi di artificio, raggi di segnalazione e altri giochi pirotecnici; ossidanti e perossidi organici, compresi decoloranti, attrezzature per riparare automobili; sostanze tossiche o infettive, come veleno per topi e sangue infetto, materiale radioattivo come isotopi medicinali o commerciali; sostanze corrosive, come mercurio e batterie per automobili, parti di impianti di combustione per veicoli che contengono o hanno contenuto combustibile.
8.10.3 Tutti gli oggetti taglienti contenuti nel Bagaglio Registrato devono essere imballati con cura per prevenire lesioni accidentali degli addetti ai controlli e alla movimentazione.
che non vi manchi mai la capacità di rimanere fermi, mentre passa la bufera... 'chè qualche volta arriva, si sa, ma come la gioia anche il dolore passa. Per vivere fino in fondo questi nuovi anni, a partire da oggi, vi auguro che non vi manchi mai l'attenzione ad ogni istante, che rende possibile riconoscere la felicità e l'emozione di ciascun momento, di cui riempirsi e poi, come un espiro, lasciarla andare oltre.
Che non vi manchi mai la pazienza di aspettare, il coraggio di recidere, di cadere, di rialzarsi in volo.
Che non vi manchi mai l'amore, da dare a piene mani, sulle labbra, dentro il cuore.
Che non vi manchino mai le parole... a dire il vero le "mie" latitano; adesso mi scappano spesso sul tenue filo del telefono, si confondono in un respiro e nel tentativo di estrarre dal cilindro qualcosa di sufficiente ad esprimere i sentimenti che invece se ne stanno, irridenti, là in bella vista tra i gesti e gli sguardi.
Si, la mia vita fatica un po' a capire che questa non è una relazione a distanza, ma nell'assenza relativa di spazio fra me e Lui', forse è giusto che impariamo prima a starci lontano, perchè nel cuore, temo, ci siamo già confusi.
E vi auguro che, come accade in alcuni momenti della vita, possiate aggiungere una stanza nel cuore, oltre a quelle dei già amati... tra quei cari mamma e papà, quei cari fratello mio, o sorelle svizzere o meno.. tra quei cari nonninacara e tutti voi che amo... vi auguro di ricordare, come m'è accaduto, che c'è sempre un posto in più da cedere, e un alro posto dove abitare.
Lo spazio è infinito... poichè esso è il vuoto, la parte predominante della natura.
Ovviamente tranne che nei bagagli a mano. :D
Ricordatevi di controllare i limiti di peso ( potete tranquillamente sacrificarvi e mangiare quel chiletto di cioccolato, invece di portarlo ai nipotini :) ) e poi ecco un piccolo memento su cosa NON mettere in valigia:
8.9.2 Il trasporto di ceneri umane è consentito come bagaglio a mano, e può essere trasportato in aggiunta al vostro singolo di bagaglio a mano a condizione che sia acompagnato da copia del certificato di morte e di cremazione. Dovete accertarvi che tali ceneri siano ben imballate in un contenitore adatto con un coperchio a vite e provvisto di protezioni contro le rotture.
8.10 OGGETTI PROIBITI
Ai passeggeri non è permesso trasportare i seguenti oggetti nella zona di sicurezza limitata e nella cabina dell’aeromobile:
8.10.1.1 Fucili, armi da fuoco e ordigni, qualunque oggetto suscettibile o appaia suscettibile di far esplodere un proiettile o causare danno, incluse tutte le armi da fuoco (pistole, revolver, fucili, fucili a pallini, etc). Riproduzioni e imitazioni di armi da fuoco, parti che compongono armi da fuoco (esclusi mirini e dispositivi di visione telescopici), pistole ad aria compressa, fucili e pistole a pallini. Pistole di segnalazione, pistole da partenza, armi giocattolo di ogni tipo, pistole ad aria compressa e a salve come pistole, fucili a pallini, carabine, spruzzatori a cuscinetti a sfere, pistole sparachiodi e sparaviti industriali, balestre, catapulte ,fucili e arpioni subacquei, pistole da macellazione, scacciacani e storditori, ad es. pungoli per il bestiame, armi a conducibilità di energia balistica (laser), accendini a forma di arma da fuoco.
Armi da taglio e oggetti taglienti e affilati; oggetti appuntiti, dotati di lame o bordi taglienti capaci di infliggere ferite, quali asce e accette, frecce e freccette, ramponi e attrezzature da roccia (rampini da arrampicata, uncini in ferro o piastre con chiodi da ghiaccio), arpioni e frecce, asce e punteruoli da ghiaccio, pattini da ghiaccio, coltelli a serramanico o a lama fissa di qualunque lunghezza (compresi quelli cerimoniali o da caccia) di metallo o di qualsiasi materiale abbastanza robusto da essere utilizzato come arma, coltelli da carne, machete, rasoi e lamette aperti (ad eccezione di rasoi di sicurezza o usa e getta la cui lama è protetta da un contenitore), sciabole, spade e spadini, scalpelli, forbici di qualunque dimensione, bastoni da sci o da escursione, stelle da ninja, tutti gli utensili che possono essere usati come armi da punta o da taglio (ad esempio trapani e punte da trapano, coltellini a lama intercambiabile, coltelli utensili, tutti i tipi di seghe, cacciaviti, piedi di porco, martelli, pinze, serradadi e chiavi fisse, saldatori).
8.10.1.3 Oggetti contundenti: tutti gli oggetti contundenti capaci di causare lesioni, quali racchette da tennis, mazze da baseball e softball e mazze o bastoni rigidi o flessibili, come manganelli da poliziotto, sfollagente (manganelli in piombo ricoperto di cuoio con asta flessibile), mazze ferrate, manganelli, mazze da cricket e da golf, bastoni da hockey e hockey irlandese, bastoni da lacrosse, pagaie per kayak e canoe, skateboard, stecche da biliardo e da snooker, bastoni da polo, canne da pesca, attrezzature per arti marziali, come tirapugni, bastoni, randelli, cinghie, num-chuck, kubaton, kubasaunt.
8.10.1.4 Sostanze esplosive ed infiammabili; tutte le sostanze esplosive o altamente combustibili che costituiscono un pericolo per l'incolumità dei passeggeri e dell'equipaggio o per la sicurezza dell'aereo e del suo contenuto, quali cartucce, detonatori, dispositivi di accensione e micce, polveri detonanti ed esplosivi, rirpduzioni o imitazioni di polveri detonanti ed esplosivi, mine e altro materiale militare esplosivo, granate di qualsiasi tipo. Gas e bombole di gas, ad esempio butano, propano, acetilene, ossigeno – in grandi quantità, fuochi d'artificio, razzi di segnalazione in tutte le forme (compresi petardi e miccette per pistole giocattolo), fiammiferi, granate o cartucce fumogene, combustibile liquido infiammabile come benzina, olio diesel, combustibile per accendini, alcool, etanolo, bombolette di vernice spray, trementina e diluente per vernici, bevande alcoliche con una percentuale di alcool superiore al 70% (prova 140%).
8.10.1.5 Sostanze chimiche e tossiche: tutte le sostanze chimiche o tossiche che costituiscono un pericolo per l'incolumità dei passeggeri e dell'equipaggio o per la sicurezza dell'aereo e del suo contenuto, quali: acidi e alcali (ad esempio batterie umide che possono perdere liquido), sostanze corrosive o sbiancanti (ad esempio mercurio e cloro), sostanze di difesa in bombolette spray (ad esempio aerosol lacrimogeno, spray al peperoncino, gas lacrimogeno); materiale radioattivo (ad esempio isotopi medici o commerciali), sostanze velenose, materiale contagioso o biologicamente pericoloso (ad esempio sangue infetto, batteri e virus), materiale passibile di autocombustione, estintori (ad eccezione di quelli previsti dalle norme antincendio e in dotazione dell'aereo).
8.10.1.6 Il trasporto di liquidi, aerosol e gel nella zona riservata di sicurezza di un aeroporto e a bordo dell’aeromobile viene controllato in conformità agli attuali Requisiti di Sicurezza EU.
8.10.2 I seguenti oggetti non possono essere trasportati nel Bagaglio Registrato: dinamite, polvere nera, esplosivi, compresi detonatori, micce, munizioni, granate, mine e esplosvi al plastico, Riproduzioni, imitazioni di armi da fuoco, e armi giocattolo di ogni tipo. ; gas come propano, butano; liquidi infiammabili quale benzina e metanolo, sostanze solide infiammabili e reagenti, quale magnesio, materiale per accensione fuochi, fuochi di artificio, raggi di segnalazione e altri giochi pirotecnici; ossidanti e perossidi organici, compresi decoloranti, attrezzature per riparare automobili; sostanze tossiche o infettive, come veleno per topi e sangue infetto, materiale radioattivo come isotopi medicinali o commerciali; sostanze corrosive, come mercurio e batterie per automobili, parti di impianti di combustione per veicoli che contengono o hanno contenuto combustibile.
8.10.3 Tutti gli oggetti taglienti contenuti nel Bagaglio Registrato devono essere imballati con cura per prevenire lesioni accidentali degli addetti ai controlli e alla movimentazione.
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giovedì, ottobre 13
In viaggio... dalla vita in poi
A volte, per cambiare le cose bisogna che tutto resti uguale...
lo so, sto parafrasando, girando il motto a mio favore, ma solo per allacciarmi da qui ad un pensiero che da un poco volevo mettere per iscritto, e che Madama Dorè ha trattato proprio in questi giorni.
Uguale è, qui, equivalente. E' da pensarlo come una osservazione accurata ed equanime del presente e del passato, per riportare le cose in equilibrio, quindi non identiche a se stesse, ma nuove, pur se quel che è stato non si può cambiare.
Mi spiego. L'estate, come ho avuto modo di osservare, ha visto finire delle cose, dei sentimenti, dei pensieri. Tuttavia mi ha lasciato accorgere di una ferita profonda, ancorchè guaribile, si spera. E un giorno mi sono trovata in mano un libro di esercizi dal titolo "Ama te stesso", che mi hanno spinta a indagare l'origine di questo farmi ferire, sempre allo stesso modo, nello stesso punto, con dolore che cresce anzichè diminuire, poichè laddove si è già stati colpiti si finisce con l'avere come un livido permanente. Un piccolo punto su cui sembra che non giunga mai il calore del sole, o di un affetto.
Ebbene, in questa immersione catartica nel ricordo, che ho in parte perduto nei cassetti d'ogni giorno, o forse nascosto e non stirato come i panni che celo nell'armadio (perchè stirare, ammettiamolo, è faticoso... e perchè posseggo un sacco di cose, avendo vissuto molto), mi sono ricordata, appunto, che ciò che era non si cambia. Resta uguale. Se non che nel guardarlo, così non pare. Non lo sappiamo più che cos'era. Sappiamo però, OGGI, ORA, QUI, che cos'è.
Da questo punto si riparte. Questa è la valigia che piace a Lila.
La borsa ormai sempre pronta, per viaggi non necessariamente ai limiti del mondo fisico, ma sicuramente che hanno la necessità di oltrepassare il mondo "psichico" fin qui conosciuto. Che hanno la necessità di andare oltre la mente che mente e si lamenta di cose che hanno avuto la loro ragione d'essere, e la loro inevitabilità quando sono state, ma che ora non hanno più necessità di mantenersi.
A volte, per cambiare tutto, bisogna che tutto resti uguale.
Come il rumore dei treni, che si allontanano caracollando, allo stesso blando ritmo. Resta la forma, resta il fracasso ritmato del ferro sul ferro, la corrente che li sospinge.
Resta.
Un poco.
Poi, sei tu sul binario vuoto. Con la valigia in mano.
Puoi voltare le spalle, o restare a sperare che torni.
E' una scelta, e sicuramente, farai la migliore possibile.
Lila, adesso, esce da questa stazione, e va a scoprire cosa c'è fuori.
martedì, settembre 27
... a Lila piace: qui e ora.
A Lila piace... quando nascono i ricordi.
Ricordarsi di sognare le ali, per lasciarli.
Lasciare la valigia pronta, nel caso che volesse tornare.
E tornare a mani vuote, perchè qualcosa di nuovo possa accadere.
Ricordarsi di sognare le ali, per lasciarli.
Lasciare la valigia pronta, nel caso che volesse tornare.
E tornare a mani vuote, perchè qualcosa di nuovo possa accadere.
mercoledì, settembre 14
Che bella estate, amore mio..
E' una estate strana.
Ho sfinito le matite per provare a rendermela tutta colorata. Sono uscite parole e chiaroscuri dell'anima e della vita, mentre cerco allo specchio quella vecchia ragazza, che sapeva ridere e non prendeva mai le cose troppo sul serio, perchè si sa, la vita è un affare così importante che se ne fai una cosa seria, rischia di diventare triste.
E' stata una strana estate, non tanto per il tempo metereologico che ci ha graziato ogni fine settimana permettendomi un'abbronzatura da reato, su lunghe distese sabbiose. Ancora adesso sento un profumo di salsedine tra le dita, dita che finiscono nello smalto colorato che mi propone un nuovo confine, un limite che non ostacola ma apre altre prospettive. Dita che finiscono nel temperamatite, perché se non c'è nessun'altro viaggio di esplorazione da raccontare, nessuna foto di posti fino ad ora sconosciuti, c'è ancora da tratteggiare le dimensioni di volti che si sono introdotti nei vecchi panorami, e parole sussurrate al vento che sono tornate intrecciandosi ai capelli e regalandomi allo specchio un sorriso più aperto., una prospettiva angolata con un fuoco fuori campo. Quello non ancora acceso, ma che già scalda, come se fosse una brace che si prepara prima che la fiamma sia esplosa e consumata.
Questa estate mi sono finite le parole. Le ho dette davvero tutte, ed ora le ricerco con attenzione, per provare a raccontare di un volto che conosco più giovane. Sempre più vicino a quella ragazza di una volta, che è tropppo giovane per i vecchi schemi, che ne ha memoria senza averne più voglia. Che li sa per averli percorsi, ma che fa del mutamento la sua nuova legge, che cancella ogni regola preordinata.
L'aria piena di promesse fatte dalla mente, s'è scontrata con quelle del cuore, che correvano a fianco della tigre mutata in gattino, senza raggiungerla mai. Senza mai far indietreggiare quella satira di sé, nemmeno quando, salito sul ramo più in alto alla ricerca d'una vecchia storia d'amore, ha scoperto che il ramo è finito, e c'era rimasto solo il vecchio, ma dell'amore nessuna traccia.
Non c'era altra scelta, perchè "voltarsi è già un po' tornare, già nostalgia", e il gattino s'è buttato.
Forte delle sue nove vite di felino, Lila se n'è giocata un'altra, sperando che questa possa essere la volta buona. E per una buona volta, pare che le vibrisse siano più lunghe e precettive e le orecchie più grandi e accoglienti per suoni inesplorati.
Le pare d'assomigliarsi di più, mentre s'avvia su un sentiero che sembra privo di tracce.

Lila ha trovato nuove amicizie. L'uomo di latta, lo spaventapasseri e perfino il leone che, nel modo in cui fanno gli amici, le specchiano le strisce e gli occhi, e fra questi a lei sembra scorgere un cervello inebriato di fresco, un cuore rosso begonia, e un coraggio con una criniera così grande, che non saprà mai se potrà usarlo tutto. Nel suo mondo di Oz c'è la strega buona del sud, solo che abita in Svizzera, ma nord o sud non contano quando sai che si tratta solo d'un punto di vista; e che il punto di vista è solo un elemento del disegno.
L'altro, è il pensiero.
E il pensiero è un'energia, e l'energia muove quella matita che traccia ora una ruga lunga e profonda che scende dagli occhi verso il naso, sembrando una lacrima intessuta nella pelle. Ora una piega che arriccia le guance, sollevando i lati della bocca. Finchè il sorriso tenue e nascosto, si fa riso.
E risale le stesse pieghe, dalla bocca agli occhi. E dagli occhi al cuore.
Ho sfinito la matita cercandolo.
E poi... era infondo allo specchio.
Ho sfinito le matite per provare a rendermela tutta colorata. Sono uscite parole e chiaroscuri dell'anima e della vita, mentre cerco allo specchio quella vecchia ragazza, che sapeva ridere e non prendeva mai le cose troppo sul serio, perchè si sa, la vita è un affare così importante che se ne fai una cosa seria, rischia di diventare triste.
E' stata una strana estate, non tanto per il tempo metereologico che ci ha graziato ogni fine settimana permettendomi un'abbronzatura da reato, su lunghe distese sabbiose. Ancora adesso sento un profumo di salsedine tra le dita, dita che finiscono nello smalto colorato che mi propone un nuovo confine, un limite che non ostacola ma apre altre prospettive. Dita che finiscono nel temperamatite, perché se non c'è nessun'altro viaggio di esplorazione da raccontare, nessuna foto di posti fino ad ora sconosciuti, c'è ancora da tratteggiare le dimensioni di volti che si sono introdotti nei vecchi panorami, e parole sussurrate al vento che sono tornate intrecciandosi ai capelli e regalandomi allo specchio un sorriso più aperto., una prospettiva angolata con un fuoco fuori campo. Quello non ancora acceso, ma che già scalda, come se fosse una brace che si prepara prima che la fiamma sia esplosa e consumata.
Questa estate mi sono finite le parole. Le ho dette davvero tutte, ed ora le ricerco con attenzione, per provare a raccontare di un volto che conosco più giovane. Sempre più vicino a quella ragazza di una volta, che è tropppo giovane per i vecchi schemi, che ne ha memoria senza averne più voglia. Che li sa per averli percorsi, ma che fa del mutamento la sua nuova legge, che cancella ogni regola preordinata.
L'aria piena di promesse fatte dalla mente, s'è scontrata con quelle del cuore, che correvano a fianco della tigre mutata in gattino, senza raggiungerla mai. Senza mai far indietreggiare quella satira di sé, nemmeno quando, salito sul ramo più in alto alla ricerca d'una vecchia storia d'amore, ha scoperto che il ramo è finito, e c'era rimasto solo il vecchio, ma dell'amore nessuna traccia.
Non c'era altra scelta, perchè "voltarsi è già un po' tornare, già nostalgia", e il gattino s'è buttato.
Le pare d'assomigliarsi di più, mentre s'avvia su un sentiero che sembra privo di tracce.
Lila ha trovato nuove amicizie. L'uomo di latta, lo spaventapasseri e perfino il leone che, nel modo in cui fanno gli amici, le specchiano le strisce e gli occhi, e fra questi a lei sembra scorgere un cervello inebriato di fresco, un cuore rosso begonia, e un coraggio con una criniera così grande, che non saprà mai se potrà usarlo tutto. Nel suo mondo di Oz c'è la strega buona del sud, solo che abita in Svizzera, ma nord o sud non contano quando sai che si tratta solo d'un punto di vista; e che il punto di vista è solo un elemento del disegno.
L'altro, è il pensiero.
E il pensiero è un'energia, e l'energia muove quella matita che traccia ora una ruga lunga e profonda che scende dagli occhi verso il naso, sembrando una lacrima intessuta nella pelle. Ora una piega che arriccia le guance, sollevando i lati della bocca. Finchè il sorriso tenue e nascosto, si fa riso.
Ho sfinito la matita cercandolo.
E poi... era infondo allo specchio.
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