lunedì, dicembre 24

Carissimi amici,
questa mattina mi sono svegliata con una profonda gioia dentro, qualcosa che è salito ed esploso come quella volta che m'è suonato dentro, senza cercarlo, un tuono che mi ha riscossa (WaHeGuRu) e m'ha portata oltre tutto quanto è successo, e allo stesso tempo ha impresso un segno indelebile sulla mia pelle di dentro, quella ancora liscia e infantile, non incrinata dal vento e dai tempi della vita. Una prima ruga, c'è anche lì, ora.
 Cerco nella memoria le cose, e ripeto parole e suoni, gesti che si sono scelti di fare, fughe precipitose eppur coscienti, prove e compimenti di desideri;  e poi, arrivata allo scorso capodanno, rammento delle mille volte che ho sentito dire: "non vedo l'ora che sia finito questo anno". Ecco, chi può dire con fermezza questo, forse non ha mai affrontato quei tre minuti di esercizio di cui amo sempre parlare. Quelli in cui quando arrivi alla perfezione, e staresti (qui) per sempre, il tempo è finito. Quelli che, probabilmente, ci vogliono per un ultimo volo a terra da quattromila metri senza paracadute
"Sprechiamo giorni, mesi, anni, e alla fine ci accorgiamo che mancano solo trenta secondi". Così J.Beauregard in "il mio nome è nessuno".  Così io, oggi.
Oggi che cado da quota duemiladodici... e in un lungo flashback rivedo tutti questi giorni, mentre tento allo stesso tempo di restare attenta a questa sensazione di volo a rovescio... come se precipitare mi portasse sempre più su. E guarda un po' che strano... nonostante provi a rammentare tutto, solo le cose veramente belle, pure, gioiose, mi si mettono dinanzi e danzano quest'ultimo giro, prolungando il tempo fino alla perfetta coincidenza tra quello che è stato, ciò che sarà.. e ora.
Qui c'è il viaggio nella morte a Trieste, c'è l'esperienza opposta dei bambini e della piccola Lu' fra le mie braccia, ci sono gli abbracci con i miei, mio fratello che si sposa, l'amico che ho perso non so  ancora come in incomprensioni e silenzi, lunghe corse sulle spiagge di Ilio e tramonti di sole, e neve sulle colline e sui capelli, e risa, e baci, e "il viaggio Nino", come lo chiama lui, ancora, mentre sfoglio le pagine. Come lo chiama lui ancora, l'amico che ho trovato non so più quando in una comprensione inspiegabile, perché il tempo in questo volo, come allora, sembra non finire mai.


C'è il viaggio in nuova Zelanda compiuto solo sul web, concluso con la morte del Falco e il mio nuovo volo d'aquila, e le mille coincidenze che fanno di questo anno la manifestazione evidente di quanto tutto alla fine sia "giusto e perfetto". Ci sono altri passi compiuti, ostacoli scavalcati, cadute, infinite piccole morti a questa vita. Non posso e non riesco a spiegarne meglio, perché è una sensazione da "ultimi trenta secondi". E' il momento in cui le cose non si parlano più, ma semplicemente sono, e tatuano l'esistenza successiva: qualunque sia il destino che attende.


E in questo implodere che mi riporta fuori dolente, stupefatta, curiosa, infantile, inesatta... perfetta... scopro e vi dono l'immensa gratitudine che dilata fino a sconfinare e confondere fuori e dentro, tutto il mio essere ora.
L'immensa gratitudine... per ogni respiro che avete condiviso con me, per ciascun abbraccio, commento, silenzio, dolore, separazione, legame, libertà; per ciascuna mano sulla spalla, prestito d'ala,  sguardo sull'orizzonte, occhi aperti su di sé; per ciascun fremito, carezza, pugno, strappo, premio. Per ciascun istante, di questa vita che ha, nel suo essere alla fine solo "ora", tutta l'eternità che vogliamo.

A tutti, per tutto questo, grazie di cuore.
Di tutto cuore auguri, tutti gli auguri che posso.
E se posso, vorrei ridarvi tutto l'amore che ho avuto,
e se non l'ho compreso tutto, che sia tutto vostro
quello che non ho saputo vedere.

sabato, dicembre 1

Chiudere la valigia (il Falco è morto)

Ho chiuso la valigia, 
mettendoci dentro le immagini e i ricordi tattili, quelli che non porterò più altrove, che non si cuciranno con altri nuovi (di noi), e con l'attesa che è finita tra i ritagli di giornale. Attesa che si prolunga ancora ben sapendo di non compiersi, nello scrutare l'ultimo dettaglio di quell'ultima foto e dei titoli che si rincorrono. Nelle parole che poi sono sempre le stesse, che non riescono a raccontarti come ti ho vissuto.
 Il viaggio dall'altra parte della terra, è durato il tempo di prepararsi, in quelle infinite conversazioni in rete, in cui perdevamo la distanza che ci ha temuti irraggiungibili e che ora, paradossalmente, divenuta incolmabile ci fa più vicini.
"finché morte non ci separi"... ma la morte non ci separa. Ci lascia semmai un vuoto fisico, che si colma riportandoti alla vita con tutto ciò che ho appreso da te. Con tutto l'amore che c'è stato e che mi hai lasciato qui, perché potessi usarlo al meglio. Il meglio che credevo di fare era venire fin là, e riportartene un poco chiuso nella macchinetta del caffè che ti avevo preparato, e nell'attrezzo per il cappuccino, cui dovevo ancora comprare le pile. Il meglio era raggiungerti, quale estremità di me; invece ho raggiunto l'estremo, e ho chiuso il cerchio da sola, anche stavolta.

Gli oggetti che ti ho regalato me li terrò, insieme ai pattini e alla maglietta che conserva la tua dimensione, e mi ricorda che io, sono anche un po' te.  E' tutto ciò che mi occorre, fra l'altro, essere me e te, e poi le ruote per spostarsi e una cosa da indossare.. e quella cola al caffè, che chissà se mi berrò mai. 

Indosso questa nuova veste con cura, e tento di essere all'altezza. Anche se non sono più quei tremilacinquecento metri in cui ci siamo stretti questo legame, farò del mio meglio per essere quel che di te mi hai donato.

Mi slaccio i bottoni per farmi travolgere, con i piedi a terra, da questo ultimo vento d'autunno, lo stesso che ti ha chiuso le ali, forse confuso da questa realtà informatica che ci ha concesso di vivere le nostre mattina-sera allo stesso tempo, separati da dodici ore di fuso; filati dalla sorte che ha tagliato il filo, lasciando me a ricordarti, e a mettere nelle scatole le magliette estive che avevo preparato per perfezionare la confusione di questa estate-inverno in cui ci siamo tenuti insieme, io con il cappotto e tu con i pantaloni corti.  
A me che ho sentito le mie ossa rompersi,  l'immaginazione e la percezione rammentano il fracasso del tuo corpo che raggiunge la terra. Quella da cui ti allontanavi così spesso che pensavo davvero, che un giorno saresti fuggito altrove. Non credevo così presto; e se mentre ci siamo dati l'ultimo vero bacio senza asterischi, sentendo che non ti avrei rivisto pensavo solo che avresti trovato una donna che ti avrebbe tolto i ricordi.
Avevo ragione in qualche modo, ma solo sul femminile. Perché la morte non è donna; e non è nemmeno tempo. E in questa morte che mi ha strappato un pezzo d'anima per restituirmi un senso di amore più grande e forte, chiudo la valigia con un dolore stretto nelle serrature. Che non riesco a tenercelo tutto fuori, perché in parte si nasconde ancora. Lo sfilo lacerandomi il petto, mentre rimetto la valigia sugli scaffali, e in questo addio me lo vivo fino alla fine.
Così è,  che mentre mi avvio verso i nuovi voli, con le mano sporche della terra che avevo voltato nei vasi, il dolore mi resta di spalle. E il tuo sorriso, velato della tristezza nel fondo del tuo occhio sinistro, come quando si vedono le cose per la prima e l'ultima volta, mi resta innanzi.
Innanzi, nello specchio in cui la mia e la tua immagini si sono confuse. In cui sono adesso proprio tutta me e te. 
Solo che tu vivrai per sempre, io, solo ancora fino a che scriverò il mio ricordo. Ti ho amato, senza eesere innamorata di te. E con amore ti saluto..parafrasando Socrate:  tu a vivere, io a morire.  Chi dei due abbia il meglio solo dio lo sa. Ma io credo che sia il meglio che possiamo fare sia essere perfettamente qui dove siamo.





lunedì, novembre 19

Partire, per tornare a casa.

C'è stato tutto questo tempo, in cui non ho scritto (qui). Ho telefonato, navigato in internet, esposto una relazione in un convegno...
Come dico sovente, ho "fatto".  E "fatto" significa aver concluso un desiderio; che poi accada ancora o solo si disgreghi nella memoria, è compiuto. Lo lascio andare assieme ai capelli, e alle prime foglie d'autunno. Quelle, giallo oro che si arrotola sulle curve dell'aria; quelli, bianchi e castani sotto i castagni gialli, biondi a tratti per finzione e sempre più lunghi, incolti e incustoditi, si arricciolano felici attorno alle orecchie, e mi sussurrano di non aspettare ancora.
Ecco, finzione è questo dar colpa (o merito) ai miei capelli, perché ne dico sempre che sono le mie emozioni animate;  vivono da sole sulle colline dei miei pensieri; educati e sottili, quando credo di aver poco da fare, poco a che fare col mondo. Robusti e dispettosi altrove, o forse da quando qualcosa, qualcosa che ho detto credo, li ha impregnati e resi decisi a ripetermi senza tregua che non si può arrivare a quegli ultimi trenta secondi, senza aver reso perfetto l'esercizio.
Senza aver reso perfetta la vita! Il che significa non altro che "fare il meglio possibile". Il che significa anche, smettere vagheggiare un sogno, un rimorso, una meta, e invece muoversi. Arrivare là, che poi è sempre qui, fare il giro della boa e lasciarsela indietro.

Così, calo un remo nell'acqua, alzo il remo dall'acqua. "Fatto", penso. So che il pensare mi ha distratta dalla prossima pagaiata, e mi riprendo il silenzio. Rimetto il remo in basso, spingo. Avanti.
I capelli eccitati dall'acqua si espandono come antenne al cielo, e mentre resto sulla mia stessa scia, sospinta dallo sforzo appena avvenuto, lascio che sfondino il limite tra la mente che brama mete fisiche, e quel SE' più grande, che accarezza il cuore e gli ammorbidisce le emozioni, trasformando le istanze dell'io in una potenzialità di crescita.

E questo viaggio immaginato, presto sarà un "fatto". Lo credevo impossibile, ho sempre rimandato a dopo... Finché mi sono detta "dopo di che?".
E non sapendo rispondere più, a quelle razionalità fifone che mi avevano fatto attendere, riconosco che non vado a cercare nessuno, a dire il vero, ma ho trovato una scusa per raggiungermi....
qui, dove sono ora, ma percorrendo una strada che sembra lunga quanto tutta la terra.
Che gira attorno alla Terra.
In attesa si chiudere la valigia, e ruotare il mondo per trovarmi, dall'altra parte a testa in giù (?!), giro la terra dei vasi con le dita. E poi giro le dita, e lascio cadere un seme nella terra.
E poi mi giro, e gli do le spalle,  sapendo che ritornerò quando, morto il seme, nasce il fiore.









domenica, ottobre 28

L'Invito (Traduzione)


L'INVITO
di
ORIAH MOUNTAIN DREAMER



Non mi interessa cosa fai per sopravvivere
Voglio sapere qual è la cosa che a vuoi più di tutto
E se osi sognare l'incontro con il profondo desiderio del tuo cuore.

Non mi interessa sapere la tua età
Voglio sapere se rischieresti di sembrare pazzo per amore,
per i tuoi sogni,
per l'avventura di essere vivo.

Non mi interessa sapere quali pianeti sono in quadratu­ra con la tua luna
Voglio saperee se hai toccato il centro del tuo dolore,
se ti sei lasciato aprire dai piccoli tradimenti della vita o ti sei contratto e chiuso
per paura di provare nuova sofferenza. -

Voglio sapere se  riesci a sederti insieme al dolore, mio
o tuo, senza cercare di nasconderlo, sistemarlo, farlo sbiadì­re.

Voglio sapere se riesci a stare con la gioia, mia o tua.
Se riesci a danzare selvaggiamente
E a lasciare che l'estasi ti colmi fino alla punta delle dita
delle mani e dei piedi,
senza chiedere agli altrii di essere prudenti, realisti o ricordare loro i limiti dell'essere umano.

Voglio sapere se sei leale e perciò degno di fiducia.
Voglio sapere se scorgi la bellezza
Anche quando non è una bella giornata e se abbeveri la
tua vita alla presenza di Dio.
Voglio sapere se riesci a vivere coi fallimenti, tuoi, miei.
E reggerti comunque in piedi in riva al lago
E urlare: "Sì" all'argentea luna.

Non mi interessa sapere dove vivi e quanti soldi hai.
Voglio sapere se riesci ad alzarti dopo una notte di
dolore e di disperazione,
esausto e con le ossa a pezzi e fare quello che va fatto.

Non mi interessa chi sei e come sei arrivato qui.
Voglio sapere se starai al centro del fuoco con me
Senza ritrarti.
Non mi interessa dove: o cosa o con chi hai studiato.
Voglio sapere cosa ti sostiene da dentro, quando tutto il resto svanisce.
Voglio sapere se avrai il coraggio di amare te stesso.
Se scoverai l'amore, conservalo
come il dono più  caro che un essere umano possa offri­re ad un altro.
Voglio sapere se ripulisci la tua mente
dalla paura, dalla vergogna e dalla rabbia e se vuoi camminare con me sul sentiero
che crea tradizioni di possibilità, di gioia e di amore
per le future generazioni.


ORIAH MOUNTAIN DREAMER (ANZIANO NATIVO AMERICANO). TRADUZIONE DI GIULIANA MARTINI

In realtà, questa versione è leggermente diversa da quella pubblicata sull'ultimo post.. ma il senso è lo stesso, e d'altro canto questo è l'originale che mi è stato donato.
La dedico a tutti voi lettori e non che passate di qui,
con affetto
Lila

mercoledì, ottobre 24


Quest'oggi voglio donarvi una poesia, che mi hanno regalato durante la vacanza yogica (il viaggio dentro 1-2-3) di questa estate. Mancandomi la capacità di tradurla, ma non essendo soddisfatta delle versioni trovate, la lascio in inglese.. Abbiate pazienza, appena possibile la traduco :-)
The Invitation by Oriah

It doesn’t interest me
what you do for a living.
I want to know
what you ache for
and if you dare to dream
of meeting your heart’s longing.

It doesn’t interest me
how old you are.
I want to know
if you will risk
looking like a fool
for love
for your dream
for the adventure of being alive.

It doesn’t interest me
what planets are
squaring your moon...
I want to know
if you have touched
the centre of your own sorrow
if you have been opened
by life’s betrayals
or have become shrivelled and closed
from fear of further pain.

I want to know
if you can sit with pain
mine or your own
without moving to hide it
or fade it
or fix it.

I want to know
if you can be with joy
mine or your own
if you can dance with wildness
and let the ecstasy fill you
to the tips of your fingers and toes
without cautioning us
to be careful
to be realistic
to remember the limitations
of being human.

It doesn’t interest me
if the story you are telling me
is true.
I want to know if you can
disappoint another
to be true to yourself.
If you can bear
the accusation of betrayal
and not betray your own soul.
If you can be faithless
and therefore trustworthy.

I want to know if you can see Beauty
even when it is not pretty
every day.
And if you can source your own life
from its presence.

I want to know
if you can live with failure
yours and mine
and still stand at the edge of the lake
and shout to the silver of the full moon,
“Yes.”

It doesn’t interest me
to know where you live
or how much money you have.
I want to know if you can get up
after the night of grief and despair
weary and bruised to the bone
and do what needs to be done
to feed the children.

It doesn’t interest me
who you know
or how you came to be here.
I want to know if you will stand
in the centre of the fire
with me
and not shrink back.

It doesn’t interest me
where or what or with whom
you have studied.
I want to know
what sustains you
from the inside
when all else falls away.

I want to know
if you can be alone
with yourself
and if you truly like
the company you keep
in the empty moments.



By Oriah © Mountain Dreaming,
from the book The Invitation
published by HarperONE, San Francisco,
1999 All rights reserved


giovedì, ottobre 18

Lettera ad un amico in partenza

C'era già una sottile polvere nell'aria: polvere di anni che se ne vanno, di abitudini consumate, di arrivi programmati e di altri a sorpresa, che s'intrufolano tra le mura, variando il posto alle cose. Variando l'importanza delle cose, che per alcune diminuisce, e delle persone su cui contavi, che perdi la lista e ricominci da niente, moltiplicando la possibilità di esperire la prossima emozione. Ci dividiamo fino alla prossima volta, ma va bene così, perché la vita è tutta nel tessere e il filo, cercando di preparare una bel finale.

Ora c'è la polvere di decisioni che si affrettano giù per le scale, lasciandoci solo la mappa per arrivare alla meta, perché una volta prese non sei più lo stesso, anche se non sai ancora chi sei.

C'è la polvere lasciata da partenze previste, che è come se fossero già state, e ne hai impronte leggere dentro, prima di aver dato i saluti. Impronte che indicano di rimettersi in cammino.

Ho vissuto quest'amicizia per il tempo di una luna, ventotto giorni di incontri oltre le righe, inseguita fra i silenzi del cuore stabile e le chiassose fantasie del pensiero. Un amicizia che ha, in questo tempo determinato dal principio, tutta la sua ragione d'essere, ma non per questo è meno vera o intensa di quelle storie di anni, che si riannodano, che si perdono, che lasciano molti più ricordi forse, ma forse non così intensi. Perché, stranamente, se sai quando il timer suonerà interrompendo l'esercizio, riesci a  mantenere una attenzione più acuta in ogni istante. Impostare il timer, ti aiuta a far si che l'ultimo minuto sia inevitabile e lungo, quanto il tempo che c'è stato prima; ti aiuta (anche se si dovrebbe perderne l'indispensabilità) a non vivere "come se si campasse in eterno...", come a volte capita con le persone e le cose che diamo per certo che rimarranno per sempre.

Da questa permanenza intensa, che si muove tonda e liscia come le ruote dei pattini, che si mangia velocemente come un bignè e con la stessa dolcezza, che si chiama viaggio come una vacanza, quindi sai già quando ritornerai... esco con una intelletto nuovo, fresco di stelle e sale, di voli e camminate sabbiose, di foglie ormai rosse e di allegrie sempreverdi, di pace per i desideri soddisfatti e di forza per compiere altri passi. 
Esco con il fazzoletto in mano, perché mi piace recitare lungo i binari; con un libro in tasca, perché mi piace avere qualcosa da lasciarti nel caso non tornassi; con un taccuino e una penna, perché mi piace scrivere dei miei, di ritorni.
Amico mio, andare lontano quanto il sole che si tuffa nel mare dietro il cratere, a Castel Gandolfo, è un bell'andare, ma sappiamo ambedue che niente è lontano quanto quello che non vogliamo vedere. Quanto quello che, a volte, temiamo di sapere che è proprio dove siamo sempre stati. Da ipermetrope, lo so che nessun "tele", per quanto ce lo faccia vedere, è l'obbiettivo raggiunto. Ma infondo, guardare  fin là, forse aiuta a mantenere la rotta.

 Il mio viaggio lontano, quindi, mi porta qui; il tuo, invece, ha necessità di quell'altra parte del mondo, ma non c'è nessuna differenza, se non la lingua e il lato della strada dove si guida; lo sappiamo entrambi. Nonostante questi finestrini che non si prestano alle commedie di sventolii e mani che si agitano in banchina, ti vedo con il viso sul vetro fino a dove l'occhio riesce a guardare indietro, e mentre mi volto per andare avanti, so che farai lo stesso, senza rimpianto seppur con la lieve speranza di ritrovarsi in un altro "quando".

Dopo tutto questo, nonostante abbia ramazzato il suolo e il cielo, per lasciar andare anche quella delle stelle, c'è ancora una sottile polvere, che non lascia avvertire alcun suono, se non il silenzio dietro l'angolo della bocca. Dove sbattono una lacrima di commiato, e la piega di questo sorriso.
 Grazie del presente!


 Thank you for this present!

martedì, ottobre 9

Non ti ricordo, quando non ci sei.


Ho smarrito il rumore di scoppio
del tuo ridere fuori dalle cose,
del fruscio della luce che cresce
parlandomi dietro ai tuoi occhi.
Il colore che ascolto mutare
tra il dorso e il palmo,
mentre trattieni dentro i gesti.

Non ricordo che questo,
e ti cerco silenziosa attorno al cuore,
negli spazi colmati d'altri occhi e mani;
delusa a volte tra un battito e l'altro,
quando si trattiene come un respiro mancato,
ingannato anch'esso da parvenze d'aria.

Mi ferisco per scusarmi le lacrime
che m'irrigano la solitudine e colmano
quest'assenza dilatata; cui mancano
perle di riso, e sussurri tra gli occhi.
Il cangiare delle nubi nel cielo,
non da l'emozione delle mani che ondeggiano.

E senza ricordo, sono solo “io”
quando “tu” non ci sei.

giovedì, settembre 27

L'inizio e la fine - 102 cose da fare nella vita (lanciarsi con il paracadute)

L'inizio e la fine coincidono.
Eppure questa non è la fine (del blog), e quindi m'immagino che sia un passaggio sull'origine, ma molto più in alto (almeno 3500 metri), di questa spirale che è la vita.

34 - saltare nel vuoto, ma senza nessun vuoto dentro.

La fine e l'inizio coincidono. Così, quattro anni più tardi cado di nuovo, ma senza nessuna frattura perché stavolta, non c'era niente da aggiustare. E non c'entra che una parte di me temesse di avere una malattia incurabile, avrei saltato comunque. 
In effetti, anzi, proprio in virtù della pretesa altezza raggiunta (a bordo di un aereo così piccolo che sembrava un giocattolo), posso ben dire che non sono proprio caduta: ho saltato. 



Un lancio con il paracadute, si: e già tutti quelli che conosco, tranne uno o due che l'hanno fatto, mi dicono che sono un eroe. O che "raccontami!", "ma come hai fatto?", "lo vorrei fare anch'io..."; e poi che sono 'un mito', 'pazza', 'scavezzacollo' [1] ... ma anche coraggiosa (quello l'hanno detto tutti). Coraggiosa, si, ma solo prima [2], e solo dopo i primi tre secondi di distacco dal ventre dell'aereo, in cui ho urlato con tutto il terrore possibile (proprio come se nascessi ancora) di vedersi andare incontro alla terra senza niente che ti leghi al cielo. 



I miei soliti voli (pindarici) sembrano meno pericolosi, ma a distanza di qualche giorno, riconosco che il tanto tempo passato fra l'aver sognato di farlo e saltare, è servito a sapere che la stessa adrenalina si diffonde nelle mie ascese vertiginose, quando mi lancio verso le mie eleganti teorie, sulle ali (o con il paracadute) della Tradizione: alla ricerca di me, alla ricerca di Sé.

 Ho urlato con tutto il terrore possibile nel vedersi allontanare dal cielo e precipitare al suolo, come se nascessi ancora, ma a ritroso. Nei secondi che passano in cui non sei più là, ma non sei ancora qui, il funicolo ombelicale non c'è. Sei assolutamente solo. Sei l'anima che si distacca. 
La prima volta, per pochi secondi, è la prima volta che sei incosciente (in tutti i sensi!): e cadi. E urli.

Ho urlato (nel senso fisico, di questo essere umano che è qui), con tutto il fiato dell'istinto, ma salterei ancora. Lo faccio ancora, è certo. Perché poi, lì davanti alla terra, che ti sembra tutta la terra...



...per il tempo che sai che potresti anche non tornare più, senti che nient'altro conta, se i conti sono a posto.
Così è, e non si guardi la battuta sul dare cibo al cane (che il Falco-istruttore non ha) o sul lasciare il numero del bancomat (che Lila-aquila, ha), perché lassù l'istinto sopravviveva, ma io non avevo nessun rimpianto. 
Attaccata all'aereo, con tutto quello spazio sotto di me, e pochissimo tempo per  rinunciare, ho pensato "no-no-no". Poi ero nel vuoto, sola, 'chè non sentivo il peso del "Falco" dietro di me, leggero come son'io, vagabondo del mondo come la mia anima.

Altro che "milleeuno, milleedue, milleetre", come si racconta che dovresti contare: "omioddio,omioddio,omioddio!", ha urlato l'animale impaurito di fronte all'infinito, sopra la linea dell'orizzonte, sotto l'ala che s'allontanava inudita. Tre secondi.


E poi l'ho udito, questo si. In tutto il corpo, da dentro, dall'infinito dentro, è risuonato il mio mantra. 
Quello che avevo recitato nelle Sadhana di altre mattine, più lontane di quel suolo, rarefatte nel ricordo quanto l'aria intorno a me. E' suonato da solo, come la vibrazione fondamentale, placando  l'urlo, e il pensiero:
                                  "Wahe guru".
[3]e [4]


"omioddio che?", dice il Falco alle mie spalle.
"...che meraviglia!".



Da lì in poi, da qui, è solo gioia. E quando si è apre il paracadute, rimango sorpresa di quell'improvviso mutamento, del cambio di prospettiva che rimette l'orizzonte di fronte, invece che ai margini del campo visivo come quando scendi orizzontale. Scendendo, salgo. Scendendo so che lo spettro della paralisi progressiva, fino a morte certa, era già stato sepolto a Trieste; che l'unica cosa che paralizza, è la paura. 
Scendendo so di tornare, non solo al cielo (magari un'altra volta), ma alla terra, alle persone che amo, e che qualunque cosa accada, accade perché sono viva. 
E' la vita in tutto il tempo concesso, che è sempre adesso, e qui.




[1] Ora so anche che cosa ho effettivamente; non ci si muore, ed è un problema adatto proprio ad una "scavezzacollo"! :una brutta ernia cervicale che impronta il sacco durale.
[2] Non ha coraggio chi non teme il pericolo, ma chi, pur avendo paura, lo affronta comunque. Almeno, così si dice.
[3] Wahe Guru, secondo la mumerologia tantrica è uno dei miei mantra.
[4] Wahe Guru, leggo, è "sapienza indescrivibile, è un mantra d'estasi ... GU significa oscurità, RU significa luce"
Altrove: "Wahe deriva dalla parola persiana Wahid che significa "uno solo". ".
Traduzione: Io sono in estasi quando faccio esperienza dell’indescrivibile Saggezza
Effetti: è il Mantra dell’Infinità dell’Estasi e del risiedere in Dio. Esprime l’indescrivibile esperienza di passare dall’Oscurità  alla Luce (dall’Ignoranza alla Vera Comprensione). è l’insegnante infinito dell’Anima. è un Trikutee Mantra, esso equilibra l’energie del Generare, Organizzare, Trasformare i principi. Esprime Estasi attraverso conoscenza ed esperienza. è il Gurmantra che da inizio al Destino. è detto che cantare Wahe Guru equivale a cantare Har 11000  volte."





venerdì, settembre 21

la morale della favola



La notizia è di qualche giorno fa, ma possiamo giurarci, ne sentiremo s-parlare ancora.
Il ministro dell’Educazione nazionale francese Vincent Peillon, ha annunciato che, previa preparazione degli insegnanti, dal prossimo anno nelle scuole si insegnerà “morale laica” . Naturalmente i cori, di favorevoli e contrari, si sono già levati... sopratutto da noi, che come si sa, viviamo in uno stato di semi libertà (qui il link per i coraggiosi), assuefatti alla morale cattolica tanto da tralasciare l'idea che ci sia altro, al di fuori di essa, che possa permetterci di vivere liberi. Quindi nel rispetto degli altri.

Ma cos'è questa “morale laica”? I proverbi, dico io sulla scia dell'amica di Amelie Poulain, basterbbero da soli a dirci se una persona è per bene o meno. “Chi conosce bene i proverbi, non può essere del tutto cattivo”, dice Gina nel film. Concordo. E, per quanto sciocco, mi sembra un discreto punto di partenza. Si obbietterà che non sono necessariamente principi morali, certo: ma sono l'inizio del buon senso, quello che sembriamo aver smarrito insieme al senso civico. Ci restano i non-sense, i doppi sensi, i sensi unici alternati, le strade senza uscita. E, naturalmente, i quattro sensi di una interpretazione: “Il senso letterale insegna i fatti, l'allegoria quello che bisogna credere, la morale quello che bisogna fare, l'anagogia quello verso il quale bisogna tendere”., e quindi, la Via.
Quella che, per i medici e ormai anche per i paramedici, inizia nel: “primum non nocere” del Giuramento di Ippocrate. Morale laica? Io comincerei da qui.

E poi, insegnando a sognare, e segnarsi, gli eroi; non gli eroi come Batman, ma quelli di Batman: “Chiunque può essere un eroe, anche un uomo che fa una cosa semplice e rassicurante, come mettere un cappotto sulle spalle di un bambino, per fargli capire che il mondo non è finito”.

Ma certo non sono io, che a volte mi preoccupo del fatto che l'ombrello non si intoni al rosa antico del golf, a poter dare lezioni su questo. Sull'armonia cromatica, magari, ma su questo, devo rifarmi, alle più solide basi di quegli ideali che la rivoluzione francese (guarda un po') ha fatto echeggiare, e che riecheggiano in certi ambienti, in fiati che hanno la solida aspirazione a raggiungerli: libertà, ugualianza, fratellanza.
Fra tutti. Senza distinzione di colore di pelle, di fede politica, religione o ateismo. Perché Laico non significa Ateo. Laico non significa incapace di amare, e se non si insegna ad amare, si impara.


"Per noi ... la libertà è il dovere di compiere e di non compiere atti secondo la determinazione della propria volontà. E' il diritto di fare tutto ciò che non è contrario alla legge, alla morale ed alla libertà altrui. E' il diritto di approfittare dei vantaggi garantiti dalla legge a tutti i cittadini, di partecipare col proprio voto alla promulgazione della legge, che deve essere rispettata ed obbedita da tutti".
La necessità di affermare l'
Uguaglianza nasce, senza meno, quando c'erano differenze sociali maggiori di oggi, almeno all'apparenza. Perchè sento ancora un amico che afferma che il rapporto tra uomo e donna non funziona, se lei è ricca e lui no. Sento ancora chi fa differenze di nascita, condizione e razza, immaginando che il confine fra sé e l'altro sia nell'avere, e non nell'essere umano.
La necessità di affermare l'Uguaglianza nasce, senza meno, quando c'erano differenze sociali maggiori di oggi, almeno all'apparenza. Perchè sento ancora un amico che afferma che il rapporto tra uomo e donna non funziona, se lei è ricca e lui no. Sento ancora chi fa differenze di nascita, condizione e razza, immaginando che il confine fra sé e l'altro sia nell'avere, e non nell'essere umano.
E qui, si torna alla morale. All'educazione morale laica, perchè non è (mai) Dio che ci impone qualcosa, come non sono gli altri, ma piuttosto una sana coscienza che sia in grado di riconoscere prima se stessa, e amarsi, e insieme a ciò diviene in grado di rispettare gli altri. “Ama il prossimo come te stesso”, dice la mia “morale” (cattolica?). Quindi, e non stiamo parlando di egoismo fine a se stesso, per prima cosa ama te stesso. Mi dice la morale.
La reciprocità che è alla base di ogni uguaglianza, nasce dalla applicazione delle regole dell'armonia e della ricerca del “giusto e perfetto”...”.
“La Fratellanza ... non è un comportamento o atteggiamento virtuoso dettato da un comandamento esterno .... E' un "principio" primario, connaturato alla specie, origine di comportamenti e stimoli necessari per la sua perpetuazione, (a partire dalla cooperazione per la sopravvivenza, l'acquisizione del cibo e la difesa del gruppo).”
I massoni lavorano incessantemente “per edificare Templi alla virtù e scavare profonde ed oscure prigioni al vizio". Viene detto che "La virtù (secondo la sua etimologia vuole dire forza,) è la forza di fare il bene, assoluto compimento del proprio dovere...è virtù pubblica quando è dedicata alla Patria, allo Stato, alla Società; .. è virtù privata quando si esercita senza sforzo, ma con disinteresse, in favore degli individui. .. è virtù domestica quando è rivolta ai doveri familiari: la virtù in tutta l'estensione del termine non arretra né davanti ai sacrifici, né davanti alla morte, quando si tratta di compiere un dovere."



La Libertà non è discrezionalità, non è “senza limiti", non è "libertà di fare ciò che si vuole”; ma, come Evola distingue, vi è differenza fra “libertà di” e Libertà “per” (qui il link). Come la libertà per adempiere alla legge morale, che Kant osserva dentro di se.
La legge morale (che si distingue dall'etica1, in continua evoluzione), consta di tutti i principi del rispetto e, credo, anche dell'amore dell'uomo per l'uomo. “Non fare agli altri quel che non vorresti fosse fatto a te”.  In primis. Perché sul contrario, qualche obiezione si può porre, in modo paradossale: un masochista, potrebbe credere che anche gli altri traggano piacere dal ricevere dolore, per esempio.
Morale e libertà, comunque, hanno una origine interiore.
Come possiamo credere che uno stato le insegni2? Proprio in virtù di quegli assoluti, che partono, ahinoi, da buongiorno e buonasera, dall'imparare l'assistenza e l'ascolto dell'altro, fino ad arrivare all'intuizione della sua necessità. Ma questa, è un 'altra storia.
Una storia che conduce, necessariamente, all'etica, quando, compresi i principi morali, si sia in grado di essere in “libertà del sé nei confronti della propria volontà; inclusa la capacità di prendere le distanze da abitudini, convenienze e conformismi.”
La libertà è morale, quando rispetta quella altrui negli stessi termini, e a partire dal pensiero di Voltaire: “Posso non essere d'accordo con le tue opinioni, ma difenderò sempre il tuo diritto ad esprimerle”.
Se il limite appare essere quello della tolleranza, qui si odora il concetto di ugualianza e fraternità.
Si può obbiettare che “l'uguaglianza tuttavia non può, in senso civico e morale, essere assoluta”: per questo vi è la Legge. Per questo vi è la Giustizia. Ma l'ugualianza “graduata [in certi ambienti], per gradi di saggezza, è simbolizzata dalla "paga del lavoro muratorio", intesa come incentivazione basata su valori di alta idealità”;   quindi non su utopie social-comuniste, ma sul più alto concetto Dantesco della ricezione della luce. La luce non è minore o maggiore in sé, ma solo nella capacità che noi stessi abbiamo di percepirla.

Che poi si affida a “regole di comportamento (etica individuale e di gruppo) che mirano essenzialmente alla creazione di valore – e di valori – per l'esistenza”.
Alla competizione si contrappone la solidarietà; il progresso è concepito come risultato della ricerca dell'uomo a migliorare sé stesso, "usando la mente come un cuneo per allargare, meglio che si può, gli interstizi del muro che lo stringe da ogni parte"3.


E si arriva così alla Fratellanza. L'amore fraterno è “giusto e perfetto”; è quanto di più puro possa esistere; è l'amore incondizionato che ti accetta come sei,  pari a quello tra genitore e figlio, non fosse che lo sopravanza nel suo non essere “deciso”. I fratelli non si scelgono, ma si riconoscono solo come tali (e crescono insieme).
Parafrasando:   gli uomini non si scelgono, se non, e questo lo impariamo sulla nostra pelle, con le scelte che facciamo (gli uomini non si scelgono, ma crescono insieme)
Ma se per i fratelli di sangue possiamo parlare di scelte fatte in (eventuali) vite precedenti, per i Fratelli che troviamo sul nostro cammino tutto è lasciato alla decisione di amare l'altro come se stesso. Come è in se stesso. Come è in , perché siamo tutti parte di Una sola Natura.


La morale laica è quindi frutto del principio di solidarietà e del rispetto della vita; della positività nell'agire e nel pensare4. È ricerca del bene comune, come necessità dell'uomo evoluto.
Non sempre gli individui sono formati a questo, e benchè si possano comprendere le proteste, anche in Francia sono state numerose, di chi rivendica il diritto all'educazione dei figli (cosa che comunque avviene ed avverrà sempre; l'influenza del nucleo familiare è comprovata e semmai integrata dall'esterno), mi sento di affermare che la “morale laica” può costituire una mappa di come muoversi.

Le sue 'due chiavi' sono l'altruismo e il rigore razionale, che vanno equilibrate e possedute entrambe, come la chiave bianca e quella gialla che Dante sbandiera nella Commedia.

Realizzato il rispetto di sé, l'altruismo è un sentimento che spinge ad agire per il ben-essere degli altri, trascendendo se stessi, mentre il rigore razionale “detta la stretta osservanza dei rapporti giuridici o economici o politici tra gli uomini.” Entrambi gli aspetti hanno il cuore nella fratellanza, prima riconosciuta all'interno di una cerchia, e poi estesa a tutti coloro che ci circondano.
Intravediamo quindi che: "La morale è […] la legge naturale universale ed eterna che regge tutti gli esseri intelligenti e liberi. E` la coscienza scientificamente spiegata [e ci fa apprendere] i doveri e l'uso ragionato dei nostri diritti.
Nella Libera Muratoria5  la legge morale risulta dal continuo tentativo di equilibrare nella società reale le leggi naturali,  ed è morale colui che saprà rispettare e vedrà rispettata integralmente la sua vera natura e quella degli altri”.

La legge morale è quindi la virtù che implica la reciprocità, e naviga (ah! La navicella dell'ingegno dantesco, che alza le vele, per correr miglior acque!) verso la creazione di valori comuni costruttivi, attraverso la riflessione sulle azioni compiute, e su quelle da compiere per il bene dell'individuo e dell'umanità.

La ricerca morale e quindi di una morale laica, è questo, e dovrebbe tendere allo scopo “di migliorare progressivamente la qualità del proprio lavoro.", oltre che del proprio essere.
Alla luce di queste riflessioni, che forse nascono anche da qui, mi addolora tanto più vedere persone che conosco, che commentano di fronte ad un problema dell'azienda pubblica per cui lavoro (e alla proposte per cambiare le cose) che: “non siamo noi, [del popolo, delle basse sfere,] a dover proporre le soluzioni”.
Queste persone sono per me, come quei che “han mala luce”, come direbbe il Poeta sommo (ma non mi arrendo: i fratelli crescono insieme!). Non vedono che quel poco concesso loro, ma non hanno nemmeno la legge morale (di cui fin qui) a guidarli. Poiché se c'è un difetto che hanno gli uomini, è delegare agli altri la possibilità di salvarli. E' credere, riprendendo l'idea di chi ci troviamo attorno (e io barcollo!) che quanto accade intorno non dipenda (anche) da noi.

Consideriamo ancora, quindi, che "Il vizio è ogni concessione fatta all'interesse ed alla passione a spese del dovere. E' la soddisfazione dei cattivi desideri dell'uomo (…); pericolo contro il quale bisogna armarsi con tutte le forze della ragione, con tutta l'energia del carattere,  e che si perviene a distruggere con il quadro dei godimenti ... procurati dall'uomo da una vita di saggezza e virtù. (…) Noi lavoriamo senza tregua al nostro miglioramento, (…). Il vizio può essere .. identificato nell'azione inutile, dannosa, immotivata, stupida, irriflessiva, che non crea valore e nemmeno vantaggio. Il lavoro della coscienza, quello della costante valutazione ed analisi di pensieri ed emozioni relative all'essere e all'agire, quello del controllo dei rapporti che li legano, è già lotta contro il vizio”.

Chi prenda coscienza di questi aspetti, impara in primo luogo ad assumersi la responsabilità dell'azione, e poi a cercare di rinnovare il processo perchè si trasmetta al prossimo, e alle prossime generazioni. Ma tutto questo, come detto, non può prescindere dal perseguire, innanzitutto, il proprio perfezionamento, La Ricerca di sé; la conoscenza oltre il dogma, che limita e trattiene dal fare della legge morale la propria legge interiore come riconoscimento cosciente, e non come imposizione.


E torno all'inizio: PRIMUM NON NOCERE, ma nosce te ipsum.. e conoscerai te stesso e l'universo. Allora, come dice Kauschik, “... in noi c’è vero Amore [e] sapremo dare a tutti ciò che dobbiamo dare”.

La morale della favola, è, solo ora: “ fai agli altri come che vorresti fosse fatto a te”.





1    L'etica è un divenire non una realtà; una evoluzione, non un assoluto. Se guardiamo nel passato, quante azioni ritenute in altri tempi morali, oggi sono ritenute immorali. 
2  "Per Ernesto Nathan lo sviluppo dell'individuo nella libertà e nella giustizia é il fine. La pubblica amministrazione è il mezzo per perseguirlo e realizzarlo... Bisognava liberare le menti dai dogmi e dalle superstizioni educandole a pensare con la propria testa. Bisognava educare all'esercizio dell'autonomia morale e alla gestione della libertà di scelta. Bisognava insomma, educare all'etica laica della responsabilità, dove l'azione ha valore in se stessa e per le conseguenze individuali e sociali che implica:" (Maria Mantello)
3  Accenno qui, l'ifea della libertà “da”, come libertà dal conosciuto. Come libertà da quei vincoli rappresentabili con l'ego.
4   La cosa che più si avvicina credo sia l'Ottuplice sentiero del buddhismo, che cito, non a caso, come filosofia, e non come religione: : Retta Comprensione, Retta Motivazione, Retta Parola, Retta Azione, Retta Vita, Retto Sforzo, Retta Consapevolezza, Retta Concentrazione.
5  La massoneria mi sembra la miglior scuola di morale laica cui riferirmi al momento, almeno come Idea;  lasciamo stare gli uomini che non sono sempre “giusti e perfetti” .

LINK: 
http://www3.lastampa.it/esteri/sezioni/articolo/lstp/467211/
http://www.uaar.it/news/2012/09/04/francia-arriva-morale-laica-non-atea/
http://www.lejdd.fr/Societe/Education/Actualite/Vincent-Peillon-veut-enseigner-la-morale-a-l-ecole-550018

venerdì, settembre 14

Il tempo dei saluti - le cose da fare nella vita

Sta finendo la stagione.
Si chiudono gli ombrelloni, ci si saluta sulla riva, un po' sporchi di quella sabbia che vorremmo portarci a casa, come se l'estate, così facendo, potesse non finire. Sospiriamo di desiderio, salvo accorgerci subito dopo che la tenda piegata nel sacco, e le nuvole sull'orizzonte, sono esattamente dove devono stare.
Che le cose sono destinate a finire perché la vita e l'universo, sono fatti di cicli a spirale.
Un domani non troppo lontano, che nella relatività del tempo è già ora, torneremo sulle rive; chi, fingendo di non sapere che la sabbia è cambiata, portata dal mare o dal vento un po' più qua. Altri sapendo che nemmeno nello stesso mare ci si bagna due volte, soprattutto se si concede spazio al cambiamento.

Ci saluteremo sulle rive, e con altri ci ritroveremo o ci perderemo nella rete;   Madama Dorè ci sta salutando, forse perché ha trovato l'uscita dal labirinto, e ci auguriamo, è finalmente felice.















Altri arriveranno e li terremo in mano come si prende la rena;  alla fine, resterà solo la mano, e poi sarà anche quella polvere. Ma se sappiamo, e ci manteniamo coscienti, non smetterà di sussistere, si sposterà solo un poco più in qua, portata ora dal mare o dal vento.

Perché la vita e l'universo enumerano molte più cose da fare delle 102 cui aspiro, per poi sommarne altre sei, e arrivare a 108, e poi chissà.

Ora che vi ho detto la fine, forse devo ricominciare dal principio:
33- iniziare ogni giorno dal principio la lista delle cose da fare, per fare di ogni numero un limite da infrangere.

Ora che vi ho detto la fine, posso smettere di contare i granelli, e cercarmi le dita, e dalle dita arrivare un po' più su, un po' più dentro, anzi, molto più dentro. A quella scintilla che ci brilla dentro gli occhi, quasi una lacrima, quando ci si accomiata.
A quella scintilla che ci brilla dietro negli occhi. Come il sorriso di quando ci si trova.


Buon viaggio, Madama Dorè


Alba sul mar Rosso









mercoledì, settembre 5

il viaggio dentro (3)

  I giorni successivi ho scelto la lezione più breve e tarda del mattino;  a tu per tu con i miei limiti, ho avvertito la necessità di riposare questo corpo sempre in servizio, sempre forte, di corsa, in orario; che ha un diario di rughe intorno alla bocca, giù tra gli occhi, ma anche di lato, dove si fermano i sorrisi.
Mi levavo lo stesso con il sole, facevo i miei esercizi e magari una passeggiata al fresco per rubare qualche frutto dagli alberi, solo per senntirli tra le mani appena raccolti, sapidi d'alba e di collina. Abbiamo lavorato sui chakra, e ho colpito con leggerezza le sicurezze intorno a me, ma l'ho saputo dopo. Qualcuno direbbe troppo tardi, ma penso di no. O almeno perché non pensavo a nulla (talvolta) mentre la giovane insegnante si preparava agli esami regalandoci un'ora di yoga nidra, o il compagno della insegnante ci prolungava la vita nella meditazione camminata.

Agosto, giorno 9 - pratichiamo il silenzio e la meditazione camminata
Annuso l'aroma che sale dalla terra calda, i panni stesi sull'orizzonte, il sale sparso nel vento, l'edera arrampicata alla fattoria, la mia pelle di pecora che si tiene l'essenza della mia casa.
Seguo il volo delle farfalle, le pieghe delle mie dita, la bracciata lenta nell'acqua della piscina, la foresta di parole sulla pagina del libro.  Il libro parla, lo so, e il silenzio un po' si rompe; ma resta un segreto racchiuso tra me e qualcun altro che se ne accorge. Spero che l'Alighieri, defunto da tempo ma più che silenzioso, segreto, non lo racconti; mi 'conto i Canti saltando i commenti. L'autore di questi è vivo, e parla troppo forte.
Annuso l'erba schiacciata contro il naso, diveltami dal libro e sfaccendata a faccia in giù per mischiarmi alla terra. Il sole che  rilascia i muscoli sotto la pelle, la pelle (di pecora) sotto la pancia a scaldarmi l'addome.

Alle 16e30 chi vuole approfitta delle domande sulla "meditazione camminata" per spezzare l'inquietudine del silenzio. Qualcuno, si vede dal parcheggio svuotato, se ne è andato. Osservo, provo a zittire i pensieri, ascolto l'istruzione, seguo: il primo inspiro spinta con il piede, trattieni l'aria dentro, la gamba arriva alla verticale, espira il tallone poggia, trattieni l'aria fuori (mi sembra di morire), la punta poggia. E:
Inspiro (quanta aria!) - spingo. Trattengo (i muscoli si sgravano muovendosi). Espiro (il peso si sposta nel bacino). Trattengo (mi sembra di morire).
Inspiro (spingo). Trattengo (il polpaccio tira). Espiro (senti quanto piede!). Trattengo (mi sembra di morire).
Inspiroespingo. Trattengoesollevoilpiede. Espiroepoggioiltallone. Trattengo (c'è spazio,senz'aria).
Inspiro. Trattengo. Espiro. Trattengo.

E' andata avanti così, più o meno: presente, pensante, soffocata, piena, pesante, forte, attenta, distante.

Dopo, dopo la meditazione seduta, e di nuovo camminata, per un po' di tempo camminare veloce è stato difficile; più che altro privo di senso, ecco, come se il ritmo fosse quella consapevolezza, quella lentezza e accuratezza che mai si dedica ad una attività così... così scontata. Almeno per chi non ha mai avuto difficoltà; almeno per chi non ha mai deciso di percepire cosa succede quando ci si muove.
Nella consapevolezza del mutamento delle cose, ci sono bellezza, forza, saggezza. C'è il sorriso, che sommerge le rovine dell'ultimo sconquasso del mondo noto, e crea il momento giusto per ricostruire.

Ricostruiamo l'integrità tra questo altro posto e il mondo fuori sulle note di canzoni ballabili, e spruzzando la "sacher" vegana con un allegria di vino.
Poi è tutto una polvere sulla strada bainca, mani dai finestrini, abbracci senza promesse. Promesse senza parole.

L'unica cosa in cui speravo venendo qui, era d'incontrare persone che capissero e condividessero quello che faccio. C'erano; ma ho anche trovato più di quanto stessi cercando.


"Vegno dal loco ove tornar disio". Nel terrazzino, a casa c'è un fiore di molti colori.

giovedì, agosto 30

il viaggio dentro (2)

Mai come questa volta, ho lasciato bene le cose, prima di partire.
L'inizio di ogni viaggio, ultimamente, coincideva con una fine. Con una fine scritta o detta, con il "mettere a posto le cose" per non lasciare niente in sospeso. Questa volta non ce ne è stato bisogno. Non avevo posto, fra le magliette e la pelle di pecora, per trascinarmi in valigia i piccoli screzi, le parole non dette, le sospensioni a tempo indeterminato di rapporti a cui credevo di tenere; li ho guardati, mentre chiudevo la lampo, e li ho gettati nella spazzatura differenziata, insieme ai vetri e  a tutte le cose che possono far male. Mi sono detta, mentre la strada mi aspettava, che come ho vissuto prima senza, posso farne a meno ora.
Così, seduta a tavola ho digerito un pasto vegano dopo l'altro, apprezzando facce e piatti nuovi, il mare visto dall'alto, il cielo visto da più vicino.



La prima sera mentre ci presentavamo tracciando sogni ed eventuali aspettative, scherzando per apparire simpatici, o seriamente risultando diversi a dispetto dell'apparenza, mi sono trovata presto vinta dal sonno, come ogni buon viandante nel mezzo del suo cammino in questa vita.  E mentre mi lasciavo alle spalle l'allegra tavolata, consideravo che a valicare la selva di immagini fasulle delle mie ed altrui aspettative, per affrontare i demoni dell'io, basta a volte l'atto di nominarsi e dipingersi con poche parole: vuota di attese e solamente curiosa, mi sono sentita "solo me". Sarà stato il posto, la pratica non era ancora ufficilamente iniziata, ma il raccoglimento già si preparava. Come se avessi preso tutto il possibile e l'avessi inghiottito con la pasta al pesto (rigorosamente senza formaggio) e la crostata di albicocche (rigorosamente senza burro).  Ci ho messo dei giorni ad elaborare veramente la faccenda, ma tant'è, mi sono assopita dietro il blu delle persiane, con l'aria della notte e i respiri delle compagne di stanza che lambivano il mio angolo.

Agosto, giorno 8
Lo yoga (la pratica di asanas) è silenzio e raccoglimento. E' un viaggio che porta lungi dalle pretese di essere "..." poiché ti mostra ciò che sei.
E inizi ad accettarti mentre ti accerti dei limiti; nessun confine invalicabile, proprio come il recinto della fattoria. A volte ci resti dentro per scelta, come le prime volte in cui la pratica costante della mattina diventa esercizio talebano di cui non si deve far a meno. Semplicemente, invece, dopo un po' di tenpo che pratichi, non puoi smettere. Poi non vuoi.
Poi sei in esercizio anche mentre ti rilassi il respiro seduto sul letto, senza necessità di andare ne' di stare, solo per scelta. E scegli di farlo.

Lo yoga ti mostra come sei. E inizi, certo di dove sei. Ed è per questo che non vai mai altrove (da te) e mai così lontano, e se non torni più (allo stesso modo), la fine del viaggio è nel iniziarlo.

"Sono Lila, sono qui per praticare".

giovedì, agosto 23

il viaggio dentro (1)

Premessa:

Quest'estate ho scelto di fare un viaggio diverso, non fuori dall'Italia, ma dentro di me. Caso volle che, nel momento di scgliere la meta per le ferie, mi sia stato indicato un posto in Toscana dove dal quinto giorno di agosto, si sarebbe svolto un corso residenziale di Hata-Yoga. Abituata al Kundalini ed estremamente incuriosita dalla ben più nota forma di Yoga, che avevo praticato solo un paio di volte molti anni fa e con una certa noia, ho deciso cheavrei tentato. La vita e le impressioni, cambiano se lasciamo aperta la mente.

Munita di più magliette del consueto, immaginavo di usarne una per ciascuna lezione (della durata di tre ore) dal momento che tale sarebbe il risultato di altrettante ore di Yoga Kundalini, ho cavalcato la mia curiosità fino ad una collina nei pressi di Magliano in Toscana; seduta a volte sul prato verde e morbido, a volte al bordo esterno del recinto della fattoria dove l'aria sa di terra e paglia secca, per consumare una sigaretta e l'esperienza, ho raccolto le impressioni tra il vento salato che s'innalzava da Talamone, e le cicale che facevano scendere le note dei loro concerti sugli astanti.

Agosto, giorno 7
Prima di partire questo posto era vicino. L'ho scelto anche per questo, perché da qui si vede Ilio, le cui bianche sponde sono un po' la mia seconda casa.
Una volta qui, però, ho scoperto che è molto molto lontano. E' un altro posto.
L'esperienza è di quelle che ti restano dentro con grazia, che te le indossi come il vestito da attore principale, da eroe del romanzo che hai appena chiuso, del film che è appena finito e il cui discorso di incoraggiamento, inevitabile come le stagioni, ti fa alzare fiero e risoluto: pronto a combattere per la tua guerra, o ancor più, per la tua pace.

L'esperienza quando ti resta dentro, può anche non ripetersi. Forse deve non ripetersi.  Ti insegna tracce eterne e amicizie perfette anche se brevi come una vacanza. Tracce che conducono altrove, amicizie che conducono all'ora, che ti specchiano e ti ri-vedi in questo riflesso che è quello che sei oggi, compresa l'unica persona su quaranta presenti che ti disturba le vibrazioni; ma alla fine ballerai anche con lei, che non è altro da te.
CIascuno torna a casa, nella sua città senza sapere se la vita ci condurrà ancora in un altro posto, in un qui che non è ora. Ma ora e qui, ti specchi. E leggi le tracce.

Vi è fra noi partecipanti, l'entusiasmo dell'uno per l'altro. Il desiderio di rendere eterno qualcosa, e questo è il presente di questo incontro. DI questa danza di quaranta corpi che si muovono all'unisono verso la stessa posizione, con la stessa solenne attenzione ad ogni gesto, allo spazio fra sé e gli altri, allo spazio in se stesso. E in se stessi.

"Vegno dal loco ove tornar disio!" mormoro solcando il prato qui sul colle; e ivi arrivata, sotto il cipresso che guarda il Giglio, fior di mare sospeso nell'orizzonte, mi siedo sulla radice a contemplare questo "loco", e il "disio" si placa, qui.