giovedì, maggio 28

cerchi d'artista

Trevignano Romano
Sono un po' triste, e un po' imbararazzata di me, come sempre quando ci s'accorge di aver perso il controllo su di sé, e delle cose... sarà che mi sono calata troppo nella parte e mi sento un po' troppo "nel mezzo del cammino" (ci siamo proprio, nella notte tra giovedì e venerdì!), e soprattutto nella selva oscura!
Leggo troppo la Commedia, come guardo troppo la Tv. E se a quest'ultima presto una scarsa attenzione, mi sto invece applicando ad aderire alle rime divine, sì da apprendere e comprendere.
Ma l'analisi spietata di me, l'idea che in fondo, pur avendo visto le parti difettate non riesco ancora a cambiarle, un po' mi irrigidisce e indolenzisce il cuore; e così mi do alla fuga, dentro infilandomi in qualche labirinto ombroso, e così fuori, fisicamente. Come si potesse lenire il disagio.

Partirò, in questi giorni. Viaggio che non era fuga, programmato regalo di compleanno che mi promettevo da anni, trovando sempre una scusa per lasciar stare. E nelle assolate terre sicule, nella mia terra, quella degli avi, e non la mia eletta patria, avrò modo probabilmente di stare molto in silenzio, di leggere mai su internet, di non smarrirmi nella contemplazione dell'orario di servizio o delle cartelle dei pazienti, punto in cui inizia il ragionamento e si perdono le sensazioni.

Ho desiderio di ritrovare l'istinto di percorso. L'odore della traccia di strada. La polvere sulla voce, per lunghe ore di vero silenzio.
Vedremo.
Intanto mi regalo una foto d'ora, allo specchio. Per compararla con quelle sorridenti del dopo vacanza.
Ho i piedi grandi, per mantenermi in equilibrio; anche se poi a volte lo perdo, e a volte li sento argillosi e deboli. Non sospingono... ancorano...
Gambe forti, che bramano un ricordo di corsa... di quelle corse di bambini però, nate dalla passione che esplode dentro, dal puro desiderio di muovere... A volte le lascio andare, e sorridono, come se gli avessero tolto le scarpe ortopediche (che indossavo da piccola).
Dal bacino in su adesso c'è qualche muscolo, poca carne, due ali attaccate alle spalle; così forti nell'immaginazione, che ormai sembra d'averle per davvero.
Avvolte attorno come una corazza più spesso (ultimamente) di quanto siano spiegate; come l'altra sera quando sono andata al Circolo degli Artisti a veder i blogger e i fumettisti, senza sapere come presentarmi. Senza sapere presentarmi.
Sono rimasta nel corpo della prima metà del cammino. Nel bozzolo che le mani, che come si suol dire a volte sono tutte e due sinistre, cercano di srotolare per tessere un abito di luce di seta.
Del mio viso non si può dire più di quello che ciascuno vede da sé, e forse, di sé. A volte appare bello, simpatico, con una espressione intelligente... altre volte...

oggi però, nonostante ieri non mi sia piaciuta molto l'immagine che ho visto e fatto vedere, fuori controllo, tesa, non cattiva ma più che irritabile, mi guardo allo specchio di nuovo, e sorrido. Sorrido con ostinazione (il mio mezzo ascendente Capricorno a volte è utile) fino a vedermi buffa, a farmi venire da ridere fino alle lacrime che cambiano il colore degli occhi. Intessono un luce diversa. Puliscono ieri col pentimento, e salando l'azzurro dell'occhio lo rendono più simile al mare.
E guardando da dentro nel mare, lo rendono più simile al cielo; promettendo una nuova trasparenza all'anima.

domenica, maggio 24

Lila... sulla scogliera

A dirla tutta è da quando ho visto al cinema il meraviglioso film di Ponyo che penso questo post. O forse non proprio questo; all'inizio intendevo solo lanciarmi in una sorta di critica, raccontando la magia e la musica (colonna sonora italiana a parte e biasimevole nella traduzione, ahimè) che il film mi ha fatto nascere dentro. Poi quelle parole sono rimaste sulle pareti del cuore, e mentre le osservavo, ogni tanto, come faccio con le pareti spoglie e colorate di casa mia, ecco che mi sono seduta di fronte al mare.

Il caldo ha fatto ammassare, tra una corrente e l'altra, un imponente cumulonembo nero, che addensa le onde e gli dona, nell'ora che precede il tramonto, un aspetto corrucciato. Non è abbastanza caldo per scoprirsi, così resto seduta e inizio a respirare.
E respiro, fino a sentire l'odore del mare, dei pesci, della sabbia, del legno su cui siedo a respirare.
Odo l'odore, mentre il respiro si spande e mi scalda. Appena uno spiraglio fra gli occhi, o forse è un sogno di meditante imperfetta, e vedo ergersi una cresta d'onda che, nella calma apparente, acquista l'aspetto di un immenso cavallone...
(inspiro) e la mente scivola di lato: immagina di essere Ponyo che corre sull'acqua; sa perfino che effetto faccia ai piedini toccare appena appena la superficie, volare quasi tra una gigantesca ondata e l'altra....
(inspiro: ma come, ancora?)
Ponyo cambia da pesce a gallina, a bambina... Lila cambia e se non cambia sale e scende, tra cielo e terra, indecisa su quale sia il mondo a cui appartenere. Il modo di riapparire. L'apparenza da ricucire.
(inspiro; di nuovo. Ma l'aria non esce più?)

Sorpresa, mi sospendo nella sensazione di calore, della luce che muta; la nube deve essere passata, perché il sole torna ad incidersi sulla pelle. Tiepido di tramonto.
Di certo il mare è già di color metallo liquido, di là dalla barriera delle palpebre.
Espiro.
Inspiro.
Espiro...
Farfalla sui Lillà

martedì, maggio 19

...non proprio amici...

Quando hai le ali è difficile imparare a volare su una scopa.
Tuttavia la differenza tra l'uomo e gli angeli pare che sia nel libero arbitrio, che permette l'erranza, permettetemi, quale vagabondaggio lontano dalla Fonte, e quale errore.
E l'angelo che sceglie di incarnarsi, e metter piede a terra con tutte le conseguenze del caso?

Questa, come molte altre, è una di quelle storie, in cui alla fine si sceglie il dolore d'essere umani, a fronte della contemplazione. La gioia limitata di un istante, che squarcia veli e spalanca visioni incontenibili, a fronte della perenne immersione in uno stato senza mutamento... Perché quest'ultimo, nella condizione umana, non è comunque escluso come possibilità, e per confutare l'idea che la scelta, qualunque sia la nostra natura, ci sia preclusa.

Lila ha piegato le ali, nasconderle sotto le magliette estive è decisamente più faticoso che nelle giacche larghe dell'inverno, ed è tornata alla scuola per giovani maghi.
E
questa volta con la ferma intenzione di cambiare prospettiva; il primo tentativo di riprendere la via del cielo attraverso la terra, è stato fatto andando a Bracciano in moto: ci si trova un po' più in alto, le sfumature dei campi, le pezze di papaveri ne grano verde, gli olivi solitari nelle piccole valli di là dai terrapieni ai bordi della strada, si colgono più pienamente che in auto. Non proprio come in volo, ma è sufficiente.
Quando cambiamo prospettiva, ponendoci coscientemente nell'ottica dell'ignoranza, anche le cose vecchie prendono un nuovo volto, e riprendono la possibilità di mutare...

Così stavolta le mani hanno funzionato a dovere, ispirate non dal ricordo di cose già fatte anni fa (il corso seguito nel week end era per lo più un ripasso), ma dalla curiosità di oggi.
I compagni di corso erano, non già i volti arroganti delle altre volte, ma facce che ho creduto aperte, ponendomi alla scoperta di una possibilità amicale.

Un gelato mangiato assieme a Bracciano, ma la pizzata in venticinque m'è sembrata un po' troppo; Lila non ha resistito a tutto il cambiamento messo assieme, ed ha planato sul lago, alla ricerca del silenzio dell'acqua.
Malata di solitudine e, come molti malati, un po' affezionata alla propria malattia, ha solo fatto il primo passo incerto, malfermo. Sperimentale.
Verso un cambiamento che prefigura la guarigione di .

giovedì, maggio 14

A Lila piace...

Passiflora Bracciano
L'orlo rosso di papaveri, cucito sul bordo delle strade;
i fiori delle robinie, stesi ai rami come panni bagnati di rugiada;
sedersi accanto ai cigni, e specchiarsi nel lago agitando le penne.


... e naturalmente i nuovi lettori, quelli vecchi, ma non troppo da conservare un sorriso, quelli che passando lasciano un commento od anche no, ma la traccia di movimento è un battito d'ali di farfalla. E' il prossimo sussurro nella mia voce.
Grazie.

martedì, maggio 12

mondo gatto (Storie vere)

I gatti hanno un loro modo di farvi capire se siete o no graditi in casa, o se ne siete padroni .. e la risposta è (quasi) sempre no.
Provvisti di istinti che noi abbiamo dimenticato, soffiano all'estraneo sgradito, si dileguano se non hanno intenzione di conoscervi, languiscono fra le braccia dell'umano che è ospite (noi diciamo 'padrone') di casa loro.. ma quando voi ospiti vi avvicinate con carezzevoli intenzioni si irrigidiscono, penzolano l'arto con uno sfrigolio d'artigli se sono educati (tipo Wolverine, per capirsi) e vi suggeriscono così di non provarci nemmeno. Quando non sono educati, sono dolori!

Tutto questo non significa che non gli andremo mai a genio. In genere i plurimi tentativi di giocare con loro, di allungargli un pezzetto di prosciutto sottobanco e magari un cioccolatino (non si sa mai cosa gli piaccia davvero; gli estranei no, però), prima o poi sortiscono l'effetto di rendervi loro schiavi devoti; peggio che con i bambini. Appena li vediamo ecco che la mano s'allunga, grattatina dietro le orecchie, sul dorso... loro accennano alle fusa e noi diventiamo incapaci di smettere.

Comunque questa è l'esperienza.
Ed anche se ci accettano di solito le riserve sono ampie, anzi, smisurate.
Per dire: la Velaia vive in casa di "Muddrica", un italianissima gatta tigrata, che ha addestrato la convivente bipede a cucinare il cavolo bollito un po' più spesso, a prenderla in braccio mentre scrive al computer o parla con gli ospiti, a riprenderla dopo le passeggiate sui tetti quando, stanca di inseguire i gabbiani, o di tirar zampate alle farfalle, anela una sacrosanta bevuta o due biscottini col té.
(la gatta, eh!)
Al mattino quando decide che è ora di far quattro passi inizia un languido miagolio, qualche zampettata morbida sul braccio... ma tuttto sommato a volte è domenica, e ad inizio week end è arrivata l'estranea-con-zaino-blu (Lila), che sembra essere abbastanza addestrabile. Fa le coccole a Muddrica, si ritrae quando Muddrica è stanca, diffonde l'aroma del caffè mentre versa il latte nella ciotola di Muddrica; ha perfino capito che Muddrica ama uscire dalla finestra del bagno, e quindi deve poterci entrare sempre. Anche quando ci va l'estranea.
(non vi dico le corse, per chiuderla fuori)
Ma la cosa destinata a sconvolgere l'ecosistema casalingo, e quindi la serenità imperturbabile di Muddrica, è stata l'inizio delle strane attività motorie dell'estranea. Dapprima tranquilla, con libro e caffè, come la Velaia si comporta di solito, dopo un po' ha invece iniziato a muoversi in su e giù, a torcere la schiena, a piegarsi a terra come per carezzare Muddrica, ignorandola invece per toccarsi le punte dei piedi (facevo Yoga); ma quando l'estranea si mette a testa in giù per Muddrica è troppo: corre dalla Velaia e inizia un racconto accurato e disperato delle stranezze che ha appena visto!
(in pratica ha svegliato la Velaia e forse tutto il palazzo, con un ininterrotto borbottato miagolio!)




... e noi che credevamo accadesse solo nella fantasia animata di qualcuno!

domenica, maggio 3

Trapani

Di Trapani ho già detto l'essenziale, dato che la cosa che ho amato di più è stato l'incontro con la Velaia.
E naturalmente il Velaio, che è proprio come lo avevo immaginato.

E le scarpe rosse, sono servite per tornare a casa. Una casa che era il cuore, e non un luogo ben definito. Non qui, e non lì.
Forse un punto nel tempo.

Comunque, se qualcuno vuol fare una passeggiata da quele parti, ho messo qualche foto su Flikr.

Buona domenica, ovunque voi siate, naviganti.

sabato, maggio 2

Stare...

Stare: in un assente spazio, immoto.

Riuscire a vuotar tutto e ivi lasciare

nemmeno una parola, un’idea sola.


Ne alcun vago pensiero percettibile

alla mia mente chiassosa e infatuata

del proprio morbido, incessante, chiacchierio

che riempiendola del tutto, folle Io!,

l’ha sempre da se stessa separata

e indotta ad inseguire un’opinione,

Ingannevole richiamo nel frastuono

del terrore, che attanaglia nell’ascesa.


Quando senti che t’aggrappi, in pena, appena,

all’imponente parete scoscesa

ch’è la vita quando sei nell’illusione.

Breve fremito: e zittisce pure l’eco

dello zefiro dell’ultimo pensiero.

E privato dell’ultimo appiglio

l’io è scagliato in un baratro nero

dove muore,cadendo veloce,

il guerriero, l’azione, la voce.


'Pur rimane qualcosa, ed osserva

le farfalle che volano via

liberate dall’avida mano

che ora giace, socchiusa e più serva.


Quello stesso che guarda son io,

ma più niente mi tiene velato.

E lo sguardo infinito ora abbraccia

ogni cosa: il nulla e la traccia.

Una mano richiudo, e riapro

altri occhi, sul mondo incantato.


Ricomincio a narrare la storia:

de’eterno gioco, senza memoria.