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lunedì, maggio 27

...è sempre (in)sostenibile la  leggerezza dell' essere quando i fratelli sono insieme, muori da vivo,  e la gioia si allarga all'infinito in un punto del cuore che è al di là del tempo e dello spazio.

 Certe cose (amicizie) parlano in silenzio, e non finiscono nel silenzio, perché ciascuno ri suona nell'armonia  E... quando si va via, lascia di sé una sola nota: "do"...

mercoledì, ottobre 24


Quest'oggi voglio donarvi una poesia, che mi hanno regalato durante la vacanza yogica (il viaggio dentro 1-2-3) di questa estate. Mancandomi la capacità di tradurla, ma non essendo soddisfatta delle versioni trovate, la lascio in inglese.. Abbiate pazienza, appena possibile la traduco :-)
The Invitation by Oriah

It doesn’t interest me
what you do for a living.
I want to know
what you ache for
and if you dare to dream
of meeting your heart’s longing.

It doesn’t interest me
how old you are.
I want to know
if you will risk
looking like a fool
for love
for your dream
for the adventure of being alive.

It doesn’t interest me
what planets are
squaring your moon...
I want to know
if you have touched
the centre of your own sorrow
if you have been opened
by life’s betrayals
or have become shrivelled and closed
from fear of further pain.

I want to know
if you can sit with pain
mine or your own
without moving to hide it
or fade it
or fix it.

I want to know
if you can be with joy
mine or your own
if you can dance with wildness
and let the ecstasy fill you
to the tips of your fingers and toes
without cautioning us
to be careful
to be realistic
to remember the limitations
of being human.

It doesn’t interest me
if the story you are telling me
is true.
I want to know if you can
disappoint another
to be true to yourself.
If you can bear
the accusation of betrayal
and not betray your own soul.
If you can be faithless
and therefore trustworthy.

I want to know if you can see Beauty
even when it is not pretty
every day.
And if you can source your own life
from its presence.

I want to know
if you can live with failure
yours and mine
and still stand at the edge of the lake
and shout to the silver of the full moon,
“Yes.”

It doesn’t interest me
to know where you live
or how much money you have.
I want to know if you can get up
after the night of grief and despair
weary and bruised to the bone
and do what needs to be done
to feed the children.

It doesn’t interest me
who you know
or how you came to be here.
I want to know if you will stand
in the centre of the fire
with me
and not shrink back.

It doesn’t interest me
where or what or with whom
you have studied.
I want to know
what sustains you
from the inside
when all else falls away.

I want to know
if you can be alone
with yourself
and if you truly like
the company you keep
in the empty moments.



By Oriah © Mountain Dreaming,
from the book The Invitation
published by HarperONE, San Francisco,
1999 All rights reserved


venerdì, settembre 21

la morale della favola



La notizia è di qualche giorno fa, ma possiamo giurarci, ne sentiremo s-parlare ancora.
Il ministro dell’Educazione nazionale francese Vincent Peillon, ha annunciato che, previa preparazione degli insegnanti, dal prossimo anno nelle scuole si insegnerà “morale laica” . Naturalmente i cori, di favorevoli e contrari, si sono già levati... sopratutto da noi, che come si sa, viviamo in uno stato di semi libertà (qui il link per i coraggiosi), assuefatti alla morale cattolica tanto da tralasciare l'idea che ci sia altro, al di fuori di essa, che possa permetterci di vivere liberi. Quindi nel rispetto degli altri.

Ma cos'è questa “morale laica”? I proverbi, dico io sulla scia dell'amica di Amelie Poulain, basterbbero da soli a dirci se una persona è per bene o meno. “Chi conosce bene i proverbi, non può essere del tutto cattivo”, dice Gina nel film. Concordo. E, per quanto sciocco, mi sembra un discreto punto di partenza. Si obbietterà che non sono necessariamente principi morali, certo: ma sono l'inizio del buon senso, quello che sembriamo aver smarrito insieme al senso civico. Ci restano i non-sense, i doppi sensi, i sensi unici alternati, le strade senza uscita. E, naturalmente, i quattro sensi di una interpretazione: “Il senso letterale insegna i fatti, l'allegoria quello che bisogna credere, la morale quello che bisogna fare, l'anagogia quello verso il quale bisogna tendere”., e quindi, la Via.
Quella che, per i medici e ormai anche per i paramedici, inizia nel: “primum non nocere” del Giuramento di Ippocrate. Morale laica? Io comincerei da qui.

E poi, insegnando a sognare, e segnarsi, gli eroi; non gli eroi come Batman, ma quelli di Batman: “Chiunque può essere un eroe, anche un uomo che fa una cosa semplice e rassicurante, come mettere un cappotto sulle spalle di un bambino, per fargli capire che il mondo non è finito”.

Ma certo non sono io, che a volte mi preoccupo del fatto che l'ombrello non si intoni al rosa antico del golf, a poter dare lezioni su questo. Sull'armonia cromatica, magari, ma su questo, devo rifarmi, alle più solide basi di quegli ideali che la rivoluzione francese (guarda un po') ha fatto echeggiare, e che riecheggiano in certi ambienti, in fiati che hanno la solida aspirazione a raggiungerli: libertà, ugualianza, fratellanza.
Fra tutti. Senza distinzione di colore di pelle, di fede politica, religione o ateismo. Perché Laico non significa Ateo. Laico non significa incapace di amare, e se non si insegna ad amare, si impara.


"Per noi ... la libertà è il dovere di compiere e di non compiere atti secondo la determinazione della propria volontà. E' il diritto di fare tutto ciò che non è contrario alla legge, alla morale ed alla libertà altrui. E' il diritto di approfittare dei vantaggi garantiti dalla legge a tutti i cittadini, di partecipare col proprio voto alla promulgazione della legge, che deve essere rispettata ed obbedita da tutti".
La necessità di affermare l'
Uguaglianza nasce, senza meno, quando c'erano differenze sociali maggiori di oggi, almeno all'apparenza. Perchè sento ancora un amico che afferma che il rapporto tra uomo e donna non funziona, se lei è ricca e lui no. Sento ancora chi fa differenze di nascita, condizione e razza, immaginando che il confine fra sé e l'altro sia nell'avere, e non nell'essere umano.
La necessità di affermare l'Uguaglianza nasce, senza meno, quando c'erano differenze sociali maggiori di oggi, almeno all'apparenza. Perchè sento ancora un amico che afferma che il rapporto tra uomo e donna non funziona, se lei è ricca e lui no. Sento ancora chi fa differenze di nascita, condizione e razza, immaginando che il confine fra sé e l'altro sia nell'avere, e non nell'essere umano.
E qui, si torna alla morale. All'educazione morale laica, perchè non è (mai) Dio che ci impone qualcosa, come non sono gli altri, ma piuttosto una sana coscienza che sia in grado di riconoscere prima se stessa, e amarsi, e insieme a ciò diviene in grado di rispettare gli altri. “Ama il prossimo come te stesso”, dice la mia “morale” (cattolica?). Quindi, e non stiamo parlando di egoismo fine a se stesso, per prima cosa ama te stesso. Mi dice la morale.
La reciprocità che è alla base di ogni uguaglianza, nasce dalla applicazione delle regole dell'armonia e della ricerca del “giusto e perfetto”...”.
“La Fratellanza ... non è un comportamento o atteggiamento virtuoso dettato da un comandamento esterno .... E' un "principio" primario, connaturato alla specie, origine di comportamenti e stimoli necessari per la sua perpetuazione, (a partire dalla cooperazione per la sopravvivenza, l'acquisizione del cibo e la difesa del gruppo).”
I massoni lavorano incessantemente “per edificare Templi alla virtù e scavare profonde ed oscure prigioni al vizio". Viene detto che "La virtù (secondo la sua etimologia vuole dire forza,) è la forza di fare il bene, assoluto compimento del proprio dovere...è virtù pubblica quando è dedicata alla Patria, allo Stato, alla Società; .. è virtù privata quando si esercita senza sforzo, ma con disinteresse, in favore degli individui. .. è virtù domestica quando è rivolta ai doveri familiari: la virtù in tutta l'estensione del termine non arretra né davanti ai sacrifici, né davanti alla morte, quando si tratta di compiere un dovere."



La Libertà non è discrezionalità, non è “senza limiti", non è "libertà di fare ciò che si vuole”; ma, come Evola distingue, vi è differenza fra “libertà di” e Libertà “per” (qui il link). Come la libertà per adempiere alla legge morale, che Kant osserva dentro di se.
La legge morale (che si distingue dall'etica1, in continua evoluzione), consta di tutti i principi del rispetto e, credo, anche dell'amore dell'uomo per l'uomo. “Non fare agli altri quel che non vorresti fosse fatto a te”.  In primis. Perché sul contrario, qualche obiezione si può porre, in modo paradossale: un masochista, potrebbe credere che anche gli altri traggano piacere dal ricevere dolore, per esempio.
Morale e libertà, comunque, hanno una origine interiore.
Come possiamo credere che uno stato le insegni2? Proprio in virtù di quegli assoluti, che partono, ahinoi, da buongiorno e buonasera, dall'imparare l'assistenza e l'ascolto dell'altro, fino ad arrivare all'intuizione della sua necessità. Ma questa, è un 'altra storia.
Una storia che conduce, necessariamente, all'etica, quando, compresi i principi morali, si sia in grado di essere in “libertà del sé nei confronti della propria volontà; inclusa la capacità di prendere le distanze da abitudini, convenienze e conformismi.”
La libertà è morale, quando rispetta quella altrui negli stessi termini, e a partire dal pensiero di Voltaire: “Posso non essere d'accordo con le tue opinioni, ma difenderò sempre il tuo diritto ad esprimerle”.
Se il limite appare essere quello della tolleranza, qui si odora il concetto di ugualianza e fraternità.
Si può obbiettare che “l'uguaglianza tuttavia non può, in senso civico e morale, essere assoluta”: per questo vi è la Legge. Per questo vi è la Giustizia. Ma l'ugualianza “graduata [in certi ambienti], per gradi di saggezza, è simbolizzata dalla "paga del lavoro muratorio", intesa come incentivazione basata su valori di alta idealità”;   quindi non su utopie social-comuniste, ma sul più alto concetto Dantesco della ricezione della luce. La luce non è minore o maggiore in sé, ma solo nella capacità che noi stessi abbiamo di percepirla.

Che poi si affida a “regole di comportamento (etica individuale e di gruppo) che mirano essenzialmente alla creazione di valore – e di valori – per l'esistenza”.
Alla competizione si contrappone la solidarietà; il progresso è concepito come risultato della ricerca dell'uomo a migliorare sé stesso, "usando la mente come un cuneo per allargare, meglio che si può, gli interstizi del muro che lo stringe da ogni parte"3.


E si arriva così alla Fratellanza. L'amore fraterno è “giusto e perfetto”; è quanto di più puro possa esistere; è l'amore incondizionato che ti accetta come sei,  pari a quello tra genitore e figlio, non fosse che lo sopravanza nel suo non essere “deciso”. I fratelli non si scelgono, ma si riconoscono solo come tali (e crescono insieme).
Parafrasando:   gli uomini non si scelgono, se non, e questo lo impariamo sulla nostra pelle, con le scelte che facciamo (gli uomini non si scelgono, ma crescono insieme)
Ma se per i fratelli di sangue possiamo parlare di scelte fatte in (eventuali) vite precedenti, per i Fratelli che troviamo sul nostro cammino tutto è lasciato alla decisione di amare l'altro come se stesso. Come è in se stesso. Come è in , perché siamo tutti parte di Una sola Natura.


La morale laica è quindi frutto del principio di solidarietà e del rispetto della vita; della positività nell'agire e nel pensare4. È ricerca del bene comune, come necessità dell'uomo evoluto.
Non sempre gli individui sono formati a questo, e benchè si possano comprendere le proteste, anche in Francia sono state numerose, di chi rivendica il diritto all'educazione dei figli (cosa che comunque avviene ed avverrà sempre; l'influenza del nucleo familiare è comprovata e semmai integrata dall'esterno), mi sento di affermare che la “morale laica” può costituire una mappa di come muoversi.

Le sue 'due chiavi' sono l'altruismo e il rigore razionale, che vanno equilibrate e possedute entrambe, come la chiave bianca e quella gialla che Dante sbandiera nella Commedia.

Realizzato il rispetto di sé, l'altruismo è un sentimento che spinge ad agire per il ben-essere degli altri, trascendendo se stessi, mentre il rigore razionale “detta la stretta osservanza dei rapporti giuridici o economici o politici tra gli uomini.” Entrambi gli aspetti hanno il cuore nella fratellanza, prima riconosciuta all'interno di una cerchia, e poi estesa a tutti coloro che ci circondano.
Intravediamo quindi che: "La morale è […] la legge naturale universale ed eterna che regge tutti gli esseri intelligenti e liberi. E` la coscienza scientificamente spiegata [e ci fa apprendere] i doveri e l'uso ragionato dei nostri diritti.
Nella Libera Muratoria5  la legge morale risulta dal continuo tentativo di equilibrare nella società reale le leggi naturali,  ed è morale colui che saprà rispettare e vedrà rispettata integralmente la sua vera natura e quella degli altri”.

La legge morale è quindi la virtù che implica la reciprocità, e naviga (ah! La navicella dell'ingegno dantesco, che alza le vele, per correr miglior acque!) verso la creazione di valori comuni costruttivi, attraverso la riflessione sulle azioni compiute, e su quelle da compiere per il bene dell'individuo e dell'umanità.

La ricerca morale e quindi di una morale laica, è questo, e dovrebbe tendere allo scopo “di migliorare progressivamente la qualità del proprio lavoro.", oltre che del proprio essere.
Alla luce di queste riflessioni, che forse nascono anche da qui, mi addolora tanto più vedere persone che conosco, che commentano di fronte ad un problema dell'azienda pubblica per cui lavoro (e alla proposte per cambiare le cose) che: “non siamo noi, [del popolo, delle basse sfere,] a dover proporre le soluzioni”.
Queste persone sono per me, come quei che “han mala luce”, come direbbe il Poeta sommo (ma non mi arrendo: i fratelli crescono insieme!). Non vedono che quel poco concesso loro, ma non hanno nemmeno la legge morale (di cui fin qui) a guidarli. Poiché se c'è un difetto che hanno gli uomini, è delegare agli altri la possibilità di salvarli. E' credere, riprendendo l'idea di chi ci troviamo attorno (e io barcollo!) che quanto accade intorno non dipenda (anche) da noi.

Consideriamo ancora, quindi, che "Il vizio è ogni concessione fatta all'interesse ed alla passione a spese del dovere. E' la soddisfazione dei cattivi desideri dell'uomo (…); pericolo contro il quale bisogna armarsi con tutte le forze della ragione, con tutta l'energia del carattere,  e che si perviene a distruggere con il quadro dei godimenti ... procurati dall'uomo da una vita di saggezza e virtù. (…) Noi lavoriamo senza tregua al nostro miglioramento, (…). Il vizio può essere .. identificato nell'azione inutile, dannosa, immotivata, stupida, irriflessiva, che non crea valore e nemmeno vantaggio. Il lavoro della coscienza, quello della costante valutazione ed analisi di pensieri ed emozioni relative all'essere e all'agire, quello del controllo dei rapporti che li legano, è già lotta contro il vizio”.

Chi prenda coscienza di questi aspetti, impara in primo luogo ad assumersi la responsabilità dell'azione, e poi a cercare di rinnovare il processo perchè si trasmetta al prossimo, e alle prossime generazioni. Ma tutto questo, come detto, non può prescindere dal perseguire, innanzitutto, il proprio perfezionamento, La Ricerca di sé; la conoscenza oltre il dogma, che limita e trattiene dal fare della legge morale la propria legge interiore come riconoscimento cosciente, e non come imposizione.


E torno all'inizio: PRIMUM NON NOCERE, ma nosce te ipsum.. e conoscerai te stesso e l'universo. Allora, come dice Kauschik, “... in noi c’è vero Amore [e] sapremo dare a tutti ciò che dobbiamo dare”.

La morale della favola, è, solo ora: “ fai agli altri come che vorresti fosse fatto a te”.





1    L'etica è un divenire non una realtà; una evoluzione, non un assoluto. Se guardiamo nel passato, quante azioni ritenute in altri tempi morali, oggi sono ritenute immorali. 
2  "Per Ernesto Nathan lo sviluppo dell'individuo nella libertà e nella giustizia é il fine. La pubblica amministrazione è il mezzo per perseguirlo e realizzarlo... Bisognava liberare le menti dai dogmi e dalle superstizioni educandole a pensare con la propria testa. Bisognava educare all'esercizio dell'autonomia morale e alla gestione della libertà di scelta. Bisognava insomma, educare all'etica laica della responsabilità, dove l'azione ha valore in se stessa e per le conseguenze individuali e sociali che implica:" (Maria Mantello)
3  Accenno qui, l'ifea della libertà “da”, come libertà dal conosciuto. Come libertà da quei vincoli rappresentabili con l'ego.
4   La cosa che più si avvicina credo sia l'Ottuplice sentiero del buddhismo, che cito, non a caso, come filosofia, e non come religione: : Retta Comprensione, Retta Motivazione, Retta Parola, Retta Azione, Retta Vita, Retto Sforzo, Retta Consapevolezza, Retta Concentrazione.
5  La massoneria mi sembra la miglior scuola di morale laica cui riferirmi al momento, almeno come Idea;  lasciamo stare gli uomini che non sono sempre “giusti e perfetti” .

LINK: 
http://www3.lastampa.it/esteri/sezioni/articolo/lstp/467211/
http://www.uaar.it/news/2012/09/04/francia-arriva-morale-laica-non-atea/
http://www.lejdd.fr/Societe/Education/Actualite/Vincent-Peillon-veut-enseigner-la-morale-a-l-ecole-550018

mercoledì, maggio 9

Ghost wisperer

Sono nata ancora, in una primavera appena accennata sulle rive dell'Adriatico, pallida per l'amore sbiadito, stregata dai voli e dall'atmosfera di confine di Trieste.
Sono nata morendo, in una ispezione accurata di emozioni che sono state sollecitate e cercate svuotandosi, come si estrae da una borsa ogni piccola cosa. La scuoti accuratamente, controlli che non ci sia qualcosa incastrato in una scucitura, e alla fine ti trovi con l'anima pulita e la sacca  pericardica leggera e fluida, che contiene senza comprimerlo un cuore nuovo, che sembra batta un tempo di musica, invece che i rintocchi del tempo che passa.



In un corso per apprendere a morire, ad accompagnare alla morte, a restare da superstiti e con coloro che continuano a vivere, sono morta. Di fronte alla paura e al distacco da quella vecchia, tesa e severa me, non ho potuto sopravvivere. Sono nata.

E ora non ho più tempo per studiare correre e lavorare: gioco solo, con l'anima cinquenne e i sogni comunque. Con gli occhi in disparte e le mani smarrite in una estensione infinita che pare a volte di toccare il fondo dell'universo; sono arrivata al centro delle cose. Ho guardato oltre la luce, se vogliamo immaginare che, dopo tanto immergersi in diagnosi fatali, iperboli di separazioni, lutti per quello che eravamo o per chi abbiamo perso, sono diventata una ghost wisperer. Con meno presenza scenica di Jennifer Love Hewitt, lo ammetto, ma con una presa di coscienza che ha portato i sensi oltre il confine conosciuto. 
Il tatto sconfina per interposizione dei tessuti; l'olfatto recepisce l'umore dell'anima, anche nascosto sotto due gocce di Chanel. Il gusto si raffina nell'apprezzamento della bellezza e la vista, allenata, diventa una lungimiranza senza lenti, predestinatami dall'ipermetropia.
L'udito cede alla percezione del non detto. E senza immaginarie voci, trascina oltre la sim-patia le vibrazioni emotive. Testa la possibilità empatica, che ti fa essere la parte stabile della coscienza altrui. Quella che sa porre la domanda, e tenerti fermo quando la risposta è pronta a travolgerti. 


Ecco, sono nata così. E non le conto più le vite, che è meglio non sapere quante ne rimangono, perché tanto ciascuna è a se stante, e il conto non è caro, se muori dopo aver vissuto.
Sono nata, con un sesto senso che è la mano che sento posata sulla testa, la mia kippah di Uomo che si erge su se stesso, con una innocenza conquistata e tenuta stretta, perché, checché se ne dica, i cinque anni tornano. E quando ti tornano dentro, morti a se stessi, sembra ogni istante di vivere da sempre. Per sempre. E mai più.










giovedì, marzo 24

Cosa c’è oltre la morte? L’esperienza della meditazione

Capita che ci si sorprenda ad essere stati talmente dentro ad una azione da non avere altro pensiero, altra azione se non quella stessa.. e ciò nonostante il mondo circostante non ha smesso di esistere, è entrato a far parte dell’azione stessa, come è al di là della nostra percezione ordinaria. 
Quel momento che non riconosciamo che dopo, e forse mai, è meditazione. 

Nonostante si possa pensare che sia facile tuttavia molti non riescono neppure con anni di allenamento ad ottenerne un istante, ma non smettono di provare; è l’Opera, che può essere lunghissima.. ma la Pietra si fa in un istante.
Ma torniamo alla meditazione. Nel momento in cui si medita siamo totalmente, compiutamente, perfettamente ciò che siamo; il perché delle cose sparisce, come un velo, e rimane solo la cosa in Sé. Resta il “cosa è” dell’esperienza, e il “cosa non è”1.

La causa cercata dalla mente (“perché?”), e pertanto incompleta, spesso non ha importanza da un punto di vista dell’esperienza, perché a livello razionale la risposta non c’è. Non è univoca, quanto meno. Quando ci permettiamo una esperienza, senza il giudizio del positivo e negativo, senza il confronto con altre precedenti2 con il pensiero silenzioso e l’osservatore semplicemente attento… ebbene questa è meditazione.
Quindi alcuni possono voler coscientemente sperimentare la meditazione, ponendosi in “situazioni facilitate”. Poco rumore, ambiente tranquillo, e forse un mantra3 o un oggetto su cui “concentrarsi”4. Ecco qua, ci proviamo, ma mica si può stare lì a guardarsi l’ombelico per tre giorni?! Così si stabilisce un tempo. Già che sia stabilito, c’è qualcosa che non va. Non corrisponde alla vita, ma facciamo finta di si, perché qualche cultura sostiene che abbiamo un numero definito di battiti cardiaci, o di respiri, o di “tempo” già decisi. Non da noi. Qui lo decidiamo noi, sicchè già la mente si condiziona: “accidenti ho solo 20 minuti devo assolutamente riuscire questa volta, perché ieri sono stato tutto il tempo a pensare che dovevo…” e così si innesca il pensiero… e chissà se e quando si cheta. Tuttavia a volte mantenendosi desti, riportando l’attenzione sul silenzio, o sul mantra (che possiamo avere continuato a ripetere per tutto il tempo in cui la mente ha chiacchierato), ad un certo punto tutto diventa perfetto. O meglio tempo e spazio svaniscono, non ha importanza come e quanto “manca” alla fine, o perché siamo lì a fare questa cosa. Resta solo “cosa” e… “chi”. Sono lì. Totalmente. 

“il suono di una campana senza batocchio. Rintocco. Rintocco. Rintocco”.(Lila)

Suona il timer. Il tempo è finito, come in un sogno, l’attimo in cui hai meditato è sparso in qualche punto di quel tempo che non è esistito, o forse è stato proprio l’ultimo istante (facciamo che sia così), e qui sei morto.
Un attimo prima eri la mente, un attimo solo di silenzio e sei morto.
La vita riprende come prima. Ti rimetti addosso gli abiti e le abitudini, il tempo ed i perché, ma qualcosa in te resta in quello spazio dove qualche “cosa” è stato. La meditazione, quando avviene è una esperienza di morte. Pulita, economica anche, e forse non fa paura. O forse si. Soprattutto se succede, dopo che è già successo. Perché senti che qualche cosa di “io” va irrimediabilmente perduto. Ma, per giungere al punto, spesso lo spazio meditativo si perfeziona dopo un po’ di tempo di meditazione, e può accadere che nel passaggio la persona sia vigile, attenta, consapevole. Questo allenta la paura della morte: e anche nella vita, se si vive così, attenti. Poiché senza impedirci di vivere, anzi viceversa, non ci si attacca all’esperienza, che è nuova ogni volta. Ci si può rinnovare ogni volta, cercando (trovando) quel momento perfetto nella vita di sempre, dove non è a nostra conoscenza quando suona il timer e tutto è finito, e, se hai permesso alla mente di chiacchierare e perdersi dietro se stessa hai perso l’occasione, e basta. Hai perso i 30 minuti in cui volevi meditare, perché hai pensato al notaio, al lavoro ai figli.. al “perché tizio mi ha detto così”, “perché” sono tanto infelice, “perchè”siamo qui, si nasce, si muore si piange si ride… “perché”?

Se hai perso 30 minuti non importa. Penso che importi se occupo tutta una vita così, lasciandomi occupare da tutto questo, senza invece occuparmi di vivere quello che sto vivendo5.. perfettamente, lavorando su me stesso (comunque!) per sentire cosa sono, cosa esperisco, cosa cambia se cambio qualcosa nel mio atteggiamento riguardo al mondo, chi sono
Un proverbio indiano dice che la vita è qualcosa che ci accade mentre siamo occupati a pensare a qualcos’altro.
Qualcun altro per toglierci le remore del perché, e la paura di lasciare questa vita e queste esperienze, sentimenti, il senso di indispensabilità, il sacrosanto (quanto inutile) diritto di pensare che avrei potuto o dovuto fare di più (e facciamolo ‘sto “di più”, invece di ripensarci dopo!) ha detto:
"ecco una prova per vedere se la tua missione sulla terra è compiuta:se sei vivo non lo è".

                                                              


1 In genere si riferisce il “cosa non è” al Sé, che non possiamo definire. Qui vorrei parlare di vita ed esperienza ed essere, quindi del “cosa è”.
2 A fare attenzione ci si può accorgere che spesso compariamo le esperienze con altre vissute o immaginate e questo ci distoglie dall’esperienza stessa!
3 Il mantra ha una sua valenza per stimolare determinati stati d’essere, ma non è indispensabile.
4 Mi attengo a questo vocabolo impreciso per semplicità.
5 C’è qualcosa dello zen in questo. All’allievo che gli chiedeva di insegnargli il maestro disse: “hai mangiato?” “si” “allora va a lavare la ciotola”.

domenica, gennaio 9

“... E LO SVIZZERO DAL GRANDE CUORE”


Non era mai successo, che a settembre sapessi già con chi passare il Capodanno. In effetti è come programmare un viaggio, solo che non devi fare la valigia. Le pulizie si, ed anche le scorte di viveri, perchè chi lo sa cosa mangiano gli svizzeri...
Tutto ha avuto inizio quest'estate, quando ho conosciuto mia sorella, al mare. Figlie di due madri e due padri, ed anche di due nazioni diverse seppure confinanti, abbiamo valicato il San Gottardo sulla sabbia calda del golfo di Talamone; il passo separa due culture, due mondi in cui il sole splende a compensazione, perchè quando qui c'è il sole, è perchè le nuvole si sono fermate a guardare le Alpi; prima delle Alpi. Così qui siamo abbronzati fino ad ottobre, e lì da ottobre in poi, ma solo sul viso grazie ai riflessi sulla neve.

Tuttavia io e mia sorella ci siamo sedute a lungo sotto l'ombrellone, a metterci in pari con i racconti di quando non c'eravamo, altre vite che abbiamo vissuto; ma non bastava, e allora, visto che essendo io la maggiore sono già avanti, ed ho visto, della Svizzera, almeno Basilea, a lei mancava di venire a Roma, come a me manca casa sua che ho visto solo in foto.
Con la complicità dei voli lowcost, ormai spostarsi da qui a lì e l'equivalente di un attraversamento di Roma, quella volta l'anno in cui incidentalmente le nubi si sbagliano, e rovesciano il carico bianco da questo lato della catena montuosa.
E così, con un'attesa di messaggi e foto spedite, marmellate comprate e piatti tentati per sorprendere, alla fine ci siamo abbracciate sotto la mano benevolente di Leonardo da Vinci, che non potendo cacciare i piccioni, ci indica la via da seguire quando ricordiamo di avere le ali!


Roma, per l'occasione, ha messo il suo vestito più freddo, così nella mia adorante, beata ignoranza, mi sono sentita in dovere di mostrare alla mia amica, versione svizzera di RomiSchneider, dove poter comprare un cappotto... e poi anche un vestito. Così alla fine, mentre ci si abbracciava sotto la mano benevolente di Leonardo da Vinci, che non potendo cacciare i piccioni, indicava a mia sorella e al suo compagno, il mio amico artista, la via per tornare a casa, le ho detto che anche se non conosco bene la storia dei monumenti della città, almeno sui negozi buoni sono davvero un'esperta.
E vi pare poco?   ;-)

Mi preparo per la prossima volta, più nei dettagli, cercando altri piccoli particolari, come i mascheroni di Via Gregoriana, perchè in fondo la prima volta (accidenti, mi emoziono al solo pensarlo), bisogna vedere le cose che rendono eterno il ricordo della città. Cose così ti restano dentro, come la prima volta sotto il Colosseo, la vista dei Fori dal Campidoglio, l'altare della Patria arrossito nel sole e il Pantheon vestito da sera, che seppur non ha finito il trucco e, come per una vecchia matrona, ormai si parla di restauro, scintilla all'interno cancellando la memoria di oscurità pari ad una volta celeste notturna senza stelle, che l'amico-artista conservava tra i disegni dei ricordi. Lui, si, l'aveva già vista la città, ma come dire... mai tutta insieme!


E tutta insieme significa dalla periferia al centro, e poi un colle dopo l'altro, su per l'Aventino, giù dall'Esquilino, attraverso la Porta di Piazza Vittorio, un passaggio a S.Maria Maggiore per allertarsi senza vedere il palazzo, nella consapevolezza d'essere sul Viminale. Sotto il Quirinale c'è Fontana di Trevi, e io turista per lingua (L'Hoch Deutsch fra noi va per la maggiore) se non per cittadinanza, mi presto a tirare una moneta, per la buona sorte e perchè in fondo, anch'io ho bisogno d'una prima volta come simbolo del rinnovamento del nuovo anno.

Al Gianicolo, salendo per Trastevere, al Pincio, scendendo in Piazza del Popolo, ed io ho i brividi per il freddo quel giorno, ma anche perchè da qui Roma si distende come una sposa dopo la prima notte, e me la guardo con la passione d'un innamorato, che la svela del lenzuolo leggero che ne aveva coperto le curve.
 













Al parcheggio scopriamo un'altra sottile differenza, fra qui e lì. Che per fortuna non mi preoccupa più, perchè ho già visto che il poco spazio di casa mia basta anche in tre, quando a me da sola sembra sempre poco.
Avevo già spiegato la teoria della terza fila, quella della striscia di mezzeria quando c'è traffico, e naturalmente anche nei giorni magici in cui in giro sembrano esserci solo turisti e due macchine, si riesce a vederne esempi, ma la sorpresa dei loro volti, quando vedono lo spazio dei parcheggi, è straordinaria.
Così poco spazio?
Eh, sai, siamo un popolo affettuoso, ci piace stare vicini vicini!

                                                           


Tra una bancarella di libri, per preparare la perfomance artistica attorno al Colosseo, e un caffè a via del Governo Vecchio, ci raccontiamo i colori diversi degli occhi e degli abiti, mischiamo la fratellanza dei miei occhi azzurri con i suoi capelli biondi, che l'amico ha invece messo insieme, per non sentirsi escluso; mangiamo romano-romano, romano-sardo, romano-siciliano (la pasta alla Norma è il mio piatto forte)... e troviamo il tempo per poggiare le armi della vita nel fodero come san Michele a Castel Sant'Angelo, spaziando con gli sguardi gli uni nella vita degli altri, come se fossimo nel giardino oltre la serratura, là sull'Aventino.

Ben sapendo che non ci saranno altre occasioni a breve, passeggiando tra Natale ed Epifania, un po' incerti su cosa celebrare in attesa del brindisi d'inizio anno, ci copriamo di doni; io regalo mezzi guanti e una sciarpa per mantenere il calore degli abbracci, cioccolata (eh si, ho osato!) e altre amenità per rendere più dolce la distanza dei prossimi mesi. Assieme ci riempiamo di fotografie, e “pagoiopagoio”;  io ricevo il capo per eccellenza della notte di fine anno, un libro per scoprire la Svizzera in quattro lingue, svizzero compreso così sarò pronta, qunado andrò là, anche a spiegarmi in lingua indigena, nel caso mi perdessi, ed infine un maglione... con la complicità del commerciante.
Quant'è?”, dico estraendo la Carta.
23 euro”.
No, guardi, ho un altro maglione”
Ah, ma quello è fallato, glielo regaliamo, consideri... un omaggio”.
Accidenti, penso sgusciando fuori dal minuscolo negozio, dev'essere proprio una cosa grave, ed io non me ne sono nemmeno accorta. Oppure mi ritengono miglior cliente dell'anno perchè mi son portata l'amica (qui ha preso il cappotto).
Poi la sorella, e l'amico che in barba agli stereotipi maschili ci ha atteso con pazienza e consigliate con affetto negli acquisti, mi chiedono se ho capito “perchè hai preso due buste e ne hai pagata una sola”.
Sarà perchè in Italia “fatta la legge e trovato l'inganno”... e ora che le buste stanno per diventare illegali i commercianti benevolenti le regalano, per ingraziarsi il cliente?
Questo lo penso ora, ma allora... mi sono affannata a spiegare la situazione, mancandomi la traduzione per 'fallato', finchè capisco che qualcosa non quadra; il secondo maglione non è omaggio del negozio, ma della mia sorellina svizzera!

Così ogni volta che lo indosserò la sentirò vicina come oggi, e chissà che non sia di buon auspicio; intanto perchè lei è dei Pesci, e avendone trovato l'energia, magari smetterò di acchiapparli come compagni!
E poi, il fil di lana che lo intesse mi fa ben sperare, adesso che la distanza fisica ci fa immaginare di nuovo lontane, standomi così conserto e caldo, che prima o poi finisca questa condanna ipermetrope, ed inizi a vedere... e a star bene... con qualcuno che mi sia vicino!


giovedì, dicembre 23

Tanti, tantissimi Auguri!!!

 Carissimi lettori, nuovi e vecchi,
per augurarvi buone feste, quest'anno vi racchiudo nelle lettere di Natale, scritte agli amici falsamente lontani, di cui solo qualcuno incontrerò a breve, perchè, che strano eh? così come la mia famiglia è sparsa per l'Italia, gli amici sono diffusi nel mondo... 
Da questa allegra invasione...auguro a tutti voi un felice periodo di rinascita, nella nuova luce! 

21/12/2010
Hola!
 ti scrivo da una giornata di primavera ingannevole, con la sciarpa in tasca e le parole che ruzzolano sui rami spogli. Non è che un falso, perchè il freddo tornerà. Quando i babbi natali saranno scesi dalle mura, smettendo di farmi imbracciare il fucile per tirarli giù a colpi di palle di natale.
Natale mi piace. Mi piacciono le luci pacchiane, e le luci negli occhi, e gli occhi lucidi per la gioia e per un motivo un poco più triste. Lucidi, nel senso di presenti, anche se il presente di quest'anno è una morte, e va bene che oggi è il Solstizio e le cose riprendono luce, e il sole, già da santa Lucia, sembra brillare di più. 
Grazia è morta ieri, o ieri l'altro; non ha importanza, perchè non c'è più comunque; ed io non sono qui a contare i giorni, ma solo l'assenza. Sono felice d'averla ritrovata, anche se non vista. Almeno me la ricordo come quando eravamo a casa sua, a disegnare il ritratto di Marcello dalla foto. Chissà perchè, ma quando mamma me lo ha detto mi siamo tornate in mente io e te, nella casa di Grazia a Tenaglie, quella piana di finestre sul mondo. Con la foto di Marcello proiettata sul muro.
Quanti anni fa.
Allora ci credevo ancora, a babbo natale, quello vero. Quello che ha nel sacco il regalo che volevi, senza che tu abbia bisogno di chiedere. 
Adesso credo nelle streghe, che siamo noi, che intrecciamo parole come vele, perchè solchino il mare che ci separa fisicamente. E so che, anche se non li scrivo, i pensieri vanno in giro, pesanti sull'aria, lasciano un segno che ha una firma sotto. E tutto quello che sta nel sacco, quando lo tiro fuori, so che ce l'ho messo io.
Adesso credo nelle streghe, e nella magia eterna degli Amici, quelli pochi e veri che ti ritrovi anche se hai perso l'anima, anzi, magari te la trovano loro.
Adesso credo nelle streghe.
Soprattutto nelle streghe che ti ricordano di battere i tacchi delle scarpe rosse, per tornare a casa e abbracciare, vicini e lontani, tutti coloro che colorano la tua vita.
Tutti quelli che uniti con amore dalla vita, e alla vita, brillano alla fine dell'arcobaleno, come pentole d'oro.
Le storie, a volte, sono vere.
Ti abbraccio


Buone feste!!!
iniziando da questo giorno, in cui la luce rinasce e i cuori si innalzano, si liberano di qualche peso, e anche se si tengono una piccola sofferenza dentro, un ricordo incongruo, un sorriso funestato da un problema, i sorrisi e gli auguri spazzano via le ombre.
Almeno per oggi.

Buone feste!!!!
con allegria, con appetito, con un rumore d'abbracci scambiati. COn il passo lento di chi guarda le vetrine, per trovare un regalo e invece ritrova una lettera, un nome, un amico.
Buone feste!!!
da dentro la finestra del cuore, aperta per far circolare l'aria, senza memoria di quel che c'è da fare, ma solo di quelli che ci sono. Nonostante due anni che non ci si vede, come se fossimo sempre stati insieme.

Ti abbraccio con affetto
Tantissimi auguri!!!


Un saluto, un pensiero, un sorriso.
Amo le feste di Natale, perchè ci ricordano di ricordare; ci mettono appesi alla finestra, a contare nelle luci sui muri le lettere da scrivere.
Una volta erano biglietti e francobolli, ora ci affranchiamo con una e-mail, che forse non ha odore, che forse non devi leccare la colla, o imbrattarti di coccoina perchè il francobollo non attacca, ma si attacca comunque sullo spazio fisico tra qui e lì, e per un attimo sembra d'essere davanti al camino, con un bicchierino in mano, a scambiarci anni di ricordi. A mettere in pari le vite.
Pilota e copilota, quando uno quando l'altra, ma chissà come ci siamo rimasti vicini. Anche se io smadonno nel traffico di roma, e tu te la godi, amgari con la neve un po' meno, per le ridenti strade della Toscana.
Oggi ti porto con me, e ti auguro di divertirti e passare le feste in serena allegria!
con un abbraccio

giovedì, dicembre 2

Vivere una favola

Non c'è niente da fare. Gli italiani sono un popolo romantico, o forse romantico è lo spirito della razza umana. Romantico fino alla stupidità, a volte, e quelle volte ci sono dentro anche io. 
Per questo sono state inventate le favole, ed il complesso della crocerossina. Di ciò si soffre, perchè è complesso, non per altro, ed assolutamente sopra le nostre energie: è assurdo (il che non concorda con le Favole che sono realizzabili) credere di poter cambiare qualcuno che non ha intenzione di farlo. 
E' come dargli lo sfratto, solo che non se ne ha nemmeno l'autorità. E quello, per protesta, sale su un terrazzo con tanto di striscione, silenziosamente si siede nella sua posizione, e il "complesso della crocerossina" finge di credere che il silenzio sia una risposta di ascolto che prelude al cambiamento; invece è solo una gandhiana risposta ad una imposizione. Col tempo, si vedrà.

L'altro sogno, credendo d'esser desti, dell'animo romantico è la favola del principe e del povero. Ma lo scambiar di posto avviene tra noi ed una illusione, che è per lo più l'immagine pubblicitaria. Così  ci mettiamo al volante d'una bella macchina, con i capelli lavati da "Lorealperchèiovalgo", e  mischiamo l'odore della nostra pelle, quello che ci rende inconfondibili al partner, alla mamma, ai cani da punta, all'odore che qualcuno ha inventato (che so... "One"), anzi di qualcosaltro ... che non ci appartiene; con due gocce di Chanelnumerocinque (ce l'ho, eh!) che mi fa sentire tanto Marilyn Monroe, immagino d'aver valicato il confine tra il povero e negletto me stesso e quello gonfiato come un muffin di coloro che, avvinti per pari opportunità dallo stesso problema d'identità, hanno però conquistato le prime pagine dei giornali. Da lì sorridono, o diffondono il nuovo argomento di conversazione, spandendo pseudoinformazioni che sembrano piuttosto pettegolezzi, ma che comunque una eco la hanno e rischiano di irritare la libertà. O chi, a livello giuridico, la libertà concede.
La fiaba più antica del mondo, però, è quella di Cenerentola. Con annessite e malattie limitrofe.
Colti da sacro furore ogni volta che un William sposa una Kate, o una Diana un Carlo, o una Sirenetta il prorpio Eric (ma questa è una Favola vera, e quindi... è già un'altra storia), sembra che ci si illuda che si possa trovare un incontro tra due mondi e viverefeliciecontenti, ignorando beatamente che nel mondo irreale su cui gioco oggi, esistono anche le suocere, i datori di lavoro (precario, interinale, a progetto o magari anche a tempoindeterminato), le distanze tra Torbellamonaca e piazza di Spagna, che in termini di traffico possono essere paragonabili anche ad una Roma-NewYork... a nuoto.
Ma soprattutto le suocere.

Il fatto riguarda ovviamente una mia paziente (cfr. il mio complesso dell'infermiera); devo dirlo, il nome della sua malattia è di quelli che mettono paura, niente da invidiare a personaggi famosi che magari ci si tolgono anche la vita a novantacinque anni (ma che senso ha?). 
La povera ragazza, e qui povera ha la prima valenza del vocabolario e non qualche fine compassionevole, ha dimenticato di sposare la suocera. 
E la sorte, da cui nessuno può scappare, l'ha messa a vivere proprio vicino alla impicciona e sovrastante madre del suo futuro marito. Così lei, da tre anni, si porta a spasso un dolore incoercibile perfino alla morfina, tanto per dire.
Quando l'autore della storia (che sia Dio o l'inconscio poco importa) decide che qualcosa non va, direi che forse è il caso di capire se siamo l'eroe che parte, o la principessa che siede ed aspetta; e magari credesse d'essere almeno Rapunzel!

 La favola finisce comunque che "vissero felici e contenti", perchè alla fine ci comportiamo sempre in modo da fare la nostra "felicità"... per quanto assurdo e autolesionista possa sembrare agli altri (cfr. complesso dell'infermiera).
Ma il seme è nelle protesta sul terrazzo, con tanto di striscione o occhialini rotondi per guardarsi bene dentro... Su quello striscione, stamattina leggevo... 

                  « ...Sii il cambiamento che vuoi vedere avvenire nel mondo »

Mahatma Gandhi


giovedì, luglio 15

Un vestito troppo largo (un gioco di specchi)

"Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; ma allora vedremo faccia a faccia. Ora conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch'io sono conosciuto" San Paolo

Il mondo è uno specchio, e solo a passarci atttraverso, forse, si scorge come è davvero; .anche se, passando si rischia di ferirsi il cuore (che si apre), tagliarsi le mani  e i ponti alle spalle...

...il che corrisponde, nei deliri depressivi e ipercritici, all'idea vertiginosa e sconvolgente di non essere proprio la persona eccezionale che mi sembro, con il vestito azzurro..

Lila crede di essere come quegli eroi americani sbruffoni e sfuggenti che alla fine rivelano essere pieni di sensibilità e amore...
 "Può sembrare", appunto. Come dice mia madre, però, ho il cuore di cactus. Vuol dire che tutto attorno a me c'è uncontorno spinoso che è la parte terribile che vedo riflessa; quella che soffre d'ansia e di compulsioni, quella che credendo di non farcela nemmeno ci prova. Quella che soffre di attacchi di ansia e perchè no, anche d'ira!

Il fatto  il mio spasimante attuale, dal quale comincio a mantenere una distanza che sconfina nell'urgenza di un viaggio all'estero, mi ha rivelato di prendere degli psicofarmaci per controllare la rabbia.
Si, che significa? chiedo io.
"Mah, è che alle volte mi scatta qualcosa.. si mi rendo conto di quelle che faccio, ma non mi fermo. Come una volta che uno mi ha tagliato la strada, e beh, credendo che volesse avere ragione mi sono arrabbiato e gli ho dato un cazzotto sul furgone, e glielo ho abbozzato". La faccia che fa è di quelle che ritengono che tutto sommato non è cosa grave, e questo non è l'unico racconto del genere, è solo "la goccia".
La faccia di Lila, specchiata nello stagno alla luce dell'ultimo sole, lisciata fino ad un attimo prima da un soffio di ponentino, si tende come un'ala prima del volo. Come una vela, si gonfia il cuore, per un attimo muto come nel passaggio di mura, nella virata.
Silenzio. E l'asprezza e le spine si rizzano sul dorso d'istrice aggredito. Mi preparo con calma, e fuggo appena possibile..


Poi passa qualche ora, il racconto si fa rocambolesco (ho tendenze da marinaio che appesantisce il pesce ad ogni racconto), sinchè arriva la fatidica frase: "io non lo farei mai"!!!!

Un nuovo silenzio, penetra in quel mai che è impercettibile quanto "un attimo".

"mai" sembra un vestito troppo largo. Ci s'annaspa dentro, ma se sai nuotare la sponda che tocchi non è necessariamente il paradiso.

Si vedono per primi, sulla riva, i relitti delle parole lanciate ad alta voce; capanne di pugni chiusi con le unghie infilate nel palmo; la percussione ritmica di quel cartello preso a calci una volta, per non spaccare il naso alla capogruppo del viaggio in Cornovaglia...

L'esame di coscienza rivaluta le imperfezioni degli altri, e in quelle stesse imperfezioni si terrorizza e teorizza un orrore pari al ritratto nascosto nella soffitta da Dorian Gray.

Con l'odore di tempesta si levano venti e nuvole, nel cielo afoso, aumentando lo stordimento; ma all'apice di questa curva discendente, il cuore smarrito scorge, sulla riva sferzata dal cilicio delle mie travi, un ramo di paglia nei tuoi occhi; un granello che arrossa prima irritando, e poi m'irretisce perchè pare nascondere il contrario di tutto questo: quel punto in cui scegli di avanzare e cambiare la vibrazione alle cose. Di ergerti nella tempesta invece di cercare riparo, e tuffarti nell'occhio del ciclone.
Qui è una calma perfetta. E' la mano tesa che prendo, non per chiedere, ma per dare aiuto. E' il sorriso che incoraggia, l'ancoraggio sicuro. E' tutto l'amore che puoi... e se io ero te, prima, posso esserlo anche adesso.
E tutto ciò che mi è concesso, sta in questo amore che posso.



P.S. Lancio un giochino: se io  e voi ci specchiamo, regaliamoci un lato positivo, un bel momento, un sorriso... se vi va raccontatemi una cosa bella di voi, e quindi, anche di me. Accomodiamo il vestito :-)