La mano di dio infila collane di gocce interminabili; e le perle iridescenti schiacciano l'uomo in una delle sue gabbie.
Quanta gente oggi ho sentito dire, o visto esprimere nell'aria appassita degli angoli della bocca, che con tanta acqua non si può più essere felici!
Ma come? E poi perché?
Quali buffe teste ci ha creato, questo dio bislacco, per far sorgere l'ombra di tali convinzioni?
Non c'è che dire; io amo le fredde giornate di gennaio, col sole che splende basso, sfiorando i confini delle torri che l'uomo ha eretto verso il cielo. Amo il tepore che a malapena lambisce, in quei giorni, le pagine scritte sulle mie mani, che neppure i guanti riescono a scaldare. In quei giorni brucerei la mia storia pur di avere un po' di calore per le dita intorpidite. Getterei nel camino il libro che fatica a venire alla luce, le pagine di quello, più corposo, che la vita mi fa sfogliare ogni giorno. Ma se il sole aiuta, non è quello che ci rende felici.
Felici, piuttosto, ci fanno le piccole dolcezze che ci scambiamo nell'incontrarci. Nel condividere quello sguardo che, comunque, al cielo, ci va.
Oggi per controllare se non ci sia per sbaglio, uno sprazzo d'azzurro, da qualche parte.
Scenari apocalittici, letti o strillati nei tg, inclinano a credere che oggi dio abbia deciso un nuovo diluvio. Qualcuno lo ha detto. Che sia la fine del mondo?
Beh, dirò, allora se Dio stavolta s'è scordato di mandarci Noè, io navigherò sulla barca ondeggiante del mio sorriso. Sul tratto in salita dell'angolo della bocca, che mi fa irridere la paura, perché alla fine, tanto o poco, anche oggi ho vissuto una splendida fortuna.
Il sole si è levato senza mostrarsi mai, le vie erano allagate, in buona parte; le nuove buche nell'asfalto hanno fatto inciampare qualcuno, che ha perso in sicurezza come quando, dopo un momento felice ti trovi all'improvviso svuotato. E credi di essere triste.
Credi.
é tutto il giorno, che sembra notte.
Ma non saremo più felici, col sole, di quanto lo possiamo essere ora.
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