domenica, maggio 11

battiti di cuore

ti ho mai raccontato del navajo, anima mia?
Me lo ricordo bene, anche se io non lo chiamavo così, e quando me lo sono trovato davanti, su quel lettuccio d'ospedale, non credevo che avrebbe avuto tutti quei capelli bianchi.
Credo che più di tutto mi piacesse la sua voce, che sembrava venire dal profondo della terra, roca come il rombo sordo del vulcano. Chiedevo sempre, quando arrivavano gli amici dei miei, se lui ci sarebbe stato, così da ascoltare quel fuoco, anche se poi non è che mi ricordo parole particolari, o ricordi che potrei stanare e far correre su queste pagine.
So solo che anche se non continua ad avere quei capelli neri, la voce, lo spirito, gli sono rimasti dentro, un poco più fievoli dell'ultima vota, che il cuore, si sa, comanda lui sulle parole. Ha retto anche questa volta, e ne ha trovate meno del solito, e fra quelle c'era il non detto per cui ci siamo tenuti la mano, ed abbiamo respirato per un poco mentre gli davo un po' dell'aria fresca di fuori, e lui ri-alimentava quelle braci, cercando di non alzar troppo le fiamme.


"Tieni stretto ciò che è buono,
anche se è un pugno di terra.
Tieni stretto ciò che devi fare,
anche se è molto lontano da qui.
Tieni stretta la vita,
anche se è più facile lasciarsi andare.
Tieni stretta la mia mano,
anche quando mi sono allontanato da te."(poesia indiana)

Ecco, che oggi va così, perché ci sono questi momenti in cui le persone attorno sembrano scomparire, o forse, di nuovo, siamo noi che andiamo, però ora non ha importanza. Il navajo correrà ancora, anche se più piano, sulle colline che circondano Roma...
 mentre con la piccola Denise, quella che ci stava sempre dietro più veloce di noi, e che ho ritrovato donna, un passo avanti a me.. chissà se troveremo il modo di accorciare questa distanza di tanti anni, di far di nuovo incontrare le nostre due voci in racconti che si sovrappongono, si scaldano un con l'altro, ci tengono lungo tutte le rotaie e le strade che separano Roma da Torino.
La so addormentata al posto del navajo,  forse aspettando una carezza, una mano che la tragga fuori da questo angoscioso sogno, per tornare qui.
La so addormentata, più leggera ma forse per questo persa nel dolore di quel frutto del grembo, che qualche Dio s'è ripreso indietro.
Forse dovrebbe curarsi di non darci fiori troppo belli (come io e te sappiamo bene), se poi è così presto a riprenderseli.
Oh, lo so, anima mia, che non lo dovevo dire! ché è meglio averli avuti solo un istante, piuttosto che non ci siano mai stati. Epperò, lascia che anche io una volta mi conceda di domandarli indietro... lascia che mi conceda di domandare indietro la vita, se me la rende tutta intera, di tutti i pezzi delle "mie" anime belle; lascia che chieda , perché forse ho paura che quando avrò raccolto tutti i pezzi dell'anima mia, dovrò anche io ridarla indietro, ma non saprò più contarli,  e dimenticherò. 
lascia che chieda, piangendo una preghiera che si sgocciola su quelle stesse mani che, giunte verso quello stesso dio, si scaldano mentre la la voce, come una fiamma di candela, spinge fuori un quieto sussurro...
 "amaci, e fa ciò che vuoi". 



2 commenti:

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