Ieri pomeriggio eravamo tutti a Porta di Roma. Perfino io, che i centri commerciali li odio cordialmente, perché scalfiscono il piacere di entrare congelati nel negozio, e scaldarsi velocemente le ossa. Sfilare la giacca, infilarla di nuovo per uscire...
Qualche volta, dopo essere andata in moto sotto la pioggia, le gambe fradicie e inumidite dal martellare dell'acqua, mi riparo e mi provo dei calzoni tanto per indossare una cosa calda. Gioco a fare il barbone, insomma; un lusso che può concedersi chi non lo è!
Oggi, il complice inaspettato del mio sconforto (il film che voglio vedere lo proiettano solo qui, era necessario) è un barboncino nero, issato dal padrone su una panchina di legno. Ha il muso quasi storto in una smorfia di sorpresa benché si possa supporre che non sia la prima né l'ultima volta che passi di qui. Chissà come deve sembrargli, camminare su queste superfici marmoree, senza il piacere di correre a lasciare le sue tracce in qualche angolo, o ramazzare il suolo con le zampe per nascondere i propri escrementi.
Un mondo strano. Al cemento ci siamo abituati, ormai. E la sorpresa che si prova, nel camminare sul terreno morbido, vero, quello fatto di terra ed erba, traspare dal poggiare i talloni incerti, ogni volta che capita. Esploriamo di nuovo, con eterna sorpresa. Assuefatti al battito quasi doloroso su superfici assai più dure.
Ma questo è un tranquillo sabato romano; ha annottato innanzi tempo per via delle nuvole basse, e della pioggia lieve e grigia che cade, quasi impalpabile, da questa mattina.
Non c'è, sembra, altro da fare. Gli ultimi saldi ci attirano come mosche, presi nella rete del commercio.
Mentre cammino vicino ad una vetrata, assorta dl silenzioso muovrsi delle gocce, frastornata dalla musica di sottofondo di qualche negozio, mi corre incontro un amico, che porta il figliolo al cinema. E sotto lo sguardo attento del cagnolino spaesato, la prima cosa che il bimbo dice è che "non c'era posto". Per la macchina. Al cinema si, c'è sempre posto. Ora, o più tardi.; ad uno spettacolo o all'altro.
purchè tu sia disposto ad illanguidirti su poltrone che sembrano voler riprodurre quelle di un salotto; ma il piano di seduta è troppo lungo, non c'è sostegno lombare, e il film un po' noioso mi appare inteminabile. Sarà per via di quelle ossa che ancora non sono proprio giuste, al cento per cento... un po' in saldo anche loro!
Domenica.
Dopo tanto tempo, mi godo, complice il maltempo, una lunga permanenza a letto, prima di ricordarmi che se si arriva all'Ikea un quarto d'ora prima dell'apertura offrono la colazione! Hanno sempre delle grandi idee! Così mi vesto in fretta ed arrivo giust'appuntno per bermi un caffè e mangiare due biscotti, assieme all'altra metà di Roma. Che altro vuoi che ci sia da fare, la domenica di una cupa giornata d'inverno?
Le mostre, già viste o non interessanti, sono tutte in centro, ma mi ci reco talmente spesso che non ho proprio voglia di prendere l'acqua e scenderci in moto. Tanto più che i negozi sono chiusi.. e non si può giocare a "il conforto del barbone".. come lo chiamo io.
Mi guardo intorno, per vedere se ci sia il barboncino.
Poi mi rassegno alla solitudine, acchiappo la solita marionetta dell'alce che non comprerò, ma che mi tiene calda la mano, e mi tuffo nella luce artificiale.
All'uscita percepisco una lieve variazione. La luce esterna s'è fatta calda. Qulla strana palla che sovente corre su e giù nel cielo s'affaccia dalle nuvole e mi colpisce dritto negli occhi.
Mi riparo in macchina, temendo che sia dannosa e corro a nascondermi a casa.
Un po' asociale. Un po' normale.
Qualche volta, dopo essere andata in moto sotto la pioggia, le gambe fradicie e inumidite dal martellare dell'acqua, mi riparo e mi provo dei calzoni tanto per indossare una cosa calda. Gioco a fare il barbone, insomma; un lusso che può concedersi chi non lo è!
Oggi, il complice inaspettato del mio sconforto (il film che voglio vedere lo proiettano solo qui, era necessario) è un barboncino nero, issato dal padrone su una panchina di legno. Ha il muso quasi storto in una smorfia di sorpresa benché si possa supporre che non sia la prima né l'ultima volta che passi di qui. Chissà come deve sembrargli, camminare su queste superfici marmoree, senza il piacere di correre a lasciare le sue tracce in qualche angolo, o ramazzare il suolo con le zampe per nascondere i propri escrementi.
Un mondo strano. Al cemento ci siamo abituati, ormai. E la sorpresa che si prova, nel camminare sul terreno morbido, vero, quello fatto di terra ed erba, traspare dal poggiare i talloni incerti, ogni volta che capita. Esploriamo di nuovo, con eterna sorpresa. Assuefatti al battito quasi doloroso su superfici assai più dure.
Ma questo è un tranquillo sabato romano; ha annottato innanzi tempo per via delle nuvole basse, e della pioggia lieve e grigia che cade, quasi impalpabile, da questa mattina.
Non c'è, sembra, altro da fare. Gli ultimi saldi ci attirano come mosche, presi nella rete del commercio.
Mentre cammino vicino ad una vetrata, assorta dl silenzioso muovrsi delle gocce, frastornata dalla musica di sottofondo di qualche negozio, mi corre incontro un amico, che porta il figliolo al cinema. E sotto lo sguardo attento del cagnolino spaesato, la prima cosa che il bimbo dice è che "non c'era posto". Per la macchina. Al cinema si, c'è sempre posto. Ora, o più tardi.; ad uno spettacolo o all'altro.
purchè tu sia disposto ad illanguidirti su poltrone che sembrano voler riprodurre quelle di un salotto; ma il piano di seduta è troppo lungo, non c'è sostegno lombare, e il film un po' noioso mi appare inteminabile. Sarà per via di quelle ossa che ancora non sono proprio giuste, al cento per cento... un po' in saldo anche loro!
Domenica.
Dopo tanto tempo, mi godo, complice il maltempo, una lunga permanenza a letto, prima di ricordarmi che se si arriva all'Ikea un quarto d'ora prima dell'apertura offrono la colazione! Hanno sempre delle grandi idee! Così mi vesto in fretta ed arrivo giust'appuntno per bermi un caffè e mangiare due biscotti, assieme all'altra metà di Roma. Che altro vuoi che ci sia da fare, la domenica di una cupa giornata d'inverno?
Le mostre, già viste o non interessanti, sono tutte in centro, ma mi ci reco talmente spesso che non ho proprio voglia di prendere l'acqua e scenderci in moto. Tanto più che i negozi sono chiusi.. e non si può giocare a "il conforto del barbone".. come lo chiamo io.
Mi guardo intorno, per vedere se ci sia il barboncino.
Poi mi rassegno alla solitudine, acchiappo la solita marionetta dell'alce che non comprerò, ma che mi tiene calda la mano, e mi tuffo nella luce artificiale.
All'uscita percepisco una lieve variazione. La luce esterna s'è fatta calda. Qulla strana palla che sovente corre su e giù nel cielo s'affaccia dalle nuvole e mi colpisce dritto negli occhi.
Mi riparo in macchina, temendo che sia dannosa e corro a nascondermi a casa.
Un po' asociale. Un po' normale.
5 commenti:
"Come Falene".
Io vengo attirato come una Falena, dalle simpatiche, ammiccanti, lucine dei centri commerciali.
Tutti quei rossi vivaci, quei gialli caldi e l'aria condizionata, fanno sì che il Federicofalena svolazzi in cerchi sempre più ristretti, intorno al luogo di perdizione ("Perdizione" del denaro: entri con Tot, esci con Tot meno Tot...), fino ad entrare dicendo: "entro per vedere un po' di belle figliole" salvo, poi, uscire con qualcosa di assoluamente superfluo sottobraccio (o nella sporta).
Ed il bello è che, nonostante sia consapevole della cosa, ci casco ancora...
Ciao ciao!!
:))
ci caschiamo tutti, mi sa... anche se a me le belle ragazze fanno un po' meno effetto!
...e avvolta nella nebbia
d'un pensiero non chiaro,
la luce tremula del successivo
mi conduce
su vie che mai prima d'oggi
ho solcato.
Seppur sono sempre le stesse.
Posta un commento