giovedì, dicembre 2

Vivere una favola

Non c'è niente da fare. Gli italiani sono un popolo romantico, o forse romantico è lo spirito della razza umana. Romantico fino alla stupidità, a volte, e quelle volte ci sono dentro anche io. 
Per questo sono state inventate le favole, ed il complesso della crocerossina. Di ciò si soffre, perchè è complesso, non per altro, ed assolutamente sopra le nostre energie: è assurdo (il che non concorda con le Favole che sono realizzabili) credere di poter cambiare qualcuno che non ha intenzione di farlo. 
E' come dargli lo sfratto, solo che non se ne ha nemmeno l'autorità. E quello, per protesta, sale su un terrazzo con tanto di striscione, silenziosamente si siede nella sua posizione, e il "complesso della crocerossina" finge di credere che il silenzio sia una risposta di ascolto che prelude al cambiamento; invece è solo una gandhiana risposta ad una imposizione. Col tempo, si vedrà.

L'altro sogno, credendo d'esser desti, dell'animo romantico è la favola del principe e del povero. Ma lo scambiar di posto avviene tra noi ed una illusione, che è per lo più l'immagine pubblicitaria. Così  ci mettiamo al volante d'una bella macchina, con i capelli lavati da "Lorealperchèiovalgo", e  mischiamo l'odore della nostra pelle, quello che ci rende inconfondibili al partner, alla mamma, ai cani da punta, all'odore che qualcuno ha inventato (che so... "One"), anzi di qualcosaltro ... che non ci appartiene; con due gocce di Chanelnumerocinque (ce l'ho, eh!) che mi fa sentire tanto Marilyn Monroe, immagino d'aver valicato il confine tra il povero e negletto me stesso e quello gonfiato come un muffin di coloro che, avvinti per pari opportunità dallo stesso problema d'identità, hanno però conquistato le prime pagine dei giornali. Da lì sorridono, o diffondono il nuovo argomento di conversazione, spandendo pseudoinformazioni che sembrano piuttosto pettegolezzi, ma che comunque una eco la hanno e rischiano di irritare la libertà. O chi, a livello giuridico, la libertà concede.
La fiaba più antica del mondo, però, è quella di Cenerentola. Con annessite e malattie limitrofe.
Colti da sacro furore ogni volta che un William sposa una Kate, o una Diana un Carlo, o una Sirenetta il prorpio Eric (ma questa è una Favola vera, e quindi... è già un'altra storia), sembra che ci si illuda che si possa trovare un incontro tra due mondi e viverefeliciecontenti, ignorando beatamente che nel mondo irreale su cui gioco oggi, esistono anche le suocere, i datori di lavoro (precario, interinale, a progetto o magari anche a tempoindeterminato), le distanze tra Torbellamonaca e piazza di Spagna, che in termini di traffico possono essere paragonabili anche ad una Roma-NewYork... a nuoto.
Ma soprattutto le suocere.

Il fatto riguarda ovviamente una mia paziente (cfr. il mio complesso dell'infermiera); devo dirlo, il nome della sua malattia è di quelli che mettono paura, niente da invidiare a personaggi famosi che magari ci si tolgono anche la vita a novantacinque anni (ma che senso ha?). 
La povera ragazza, e qui povera ha la prima valenza del vocabolario e non qualche fine compassionevole, ha dimenticato di sposare la suocera. 
E la sorte, da cui nessuno può scappare, l'ha messa a vivere proprio vicino alla impicciona e sovrastante madre del suo futuro marito. Così lei, da tre anni, si porta a spasso un dolore incoercibile perfino alla morfina, tanto per dire.
Quando l'autore della storia (che sia Dio o l'inconscio poco importa) decide che qualcosa non va, direi che forse è il caso di capire se siamo l'eroe che parte, o la principessa che siede ed aspetta; e magari credesse d'essere almeno Rapunzel!

 La favola finisce comunque che "vissero felici e contenti", perchè alla fine ci comportiamo sempre in modo da fare la nostra "felicità"... per quanto assurdo e autolesionista possa sembrare agli altri (cfr. complesso dell'infermiera).
Ma il seme è nelle protesta sul terrazzo, con tanto di striscione o occhialini rotondi per guardarsi bene dentro... Su quello striscione, stamattina leggevo... 

                  « ...Sii il cambiamento che vuoi vedere avvenire nel mondo »

Mahatma Gandhi


4 commenti:

Madama Dorè ha detto...

Cara Lila, bellissimo post e ben condivisibile il sentimento tra l'amaro, l'arrabbiato e la comprensione, perchè siamo un po'tutte "l'infermiera, la principessa, il povero" ed anche il loro contrario...
E bellissimo il finale: il cambiamento lo dobbiamo effettuare noi stessi perchè nessuno ci potrà liberare se non lo vogliamo noi. Abbracci.

Federica ha detto...

Prima di scrivere: " niente da invidiare a personaggi famosi che magari ci si tolgono anche la vita a novantacinque anni (ma che senso ha?)" ti esorterei ad avere un po' di rispetto nei confronti di una persona che ha fatto la sua scelta, anche se non la condividi/capisci.
Un vecchio non è una pianta o una fiamma che va lasciata consumarsi, è una persona pienamente viva come tutti. A me sembra una cosa tremendamente dolorosa il fatto che abbia scelto di uccidersi e non sia morto nel suo letto, come si suol dire. Ma si uccide solo chi si sente ancora vivo ed afferma la propria libertà (libertà va cercando, ch'è si cara...).
Non sei la prima persona giovane che sento esprimere un parere del genere sul suicidio di un vecchio. Occhio, che chi è giovane oggi rischia di arrivarci eccome ad un'estrema vecchiaia. E non è affatto detto che sia dolce.

Federico Distefano ha detto...

Vero che non possiamo sapere, finché non ci arriviamo, come sarà la nostra vecchiaia o quali condizioni di vita ci porrà davanti il destino ma abbiamo davanti agli occhi, ogni giorno, tantissima gente in condizioni terribili che tuttavia afferma con la propria volontà il proprio desiderio di vivere.
Quanti vanno avanti comunque, con estremo coraggio, anche in situazioni terribilmente disagiate (povertà, malattie, solitudine, ecc)?
Per quanto mi riguarda, se uno si sente vivo, vive.
O, al limite, muore lottando.

Un saluto, senza polemica.

Lila ha detto...

@ madama Dorè
ho fatto un viaggio fra i complessi, un po' per ridere un po' per riflettere; e il finale è venuto scrivendo. Come sempre, la libertà e la via sono dentro di noi.


@ Federico
grazie. Non avrei saputo rispondere meglio, se non dilungandomi come farò.
Come dici: al limite si muore lottando!
Grazie ancora, ho tanto da imparare da te :)


@ Federica
la parte del "niente da invidiare..." è assolutamente contestuale al post ed all'esempio di imitazione che a volte ci fa credere d'aver trovato qualcosa al di fuori di noi, che possa farci felici.
Il "che senso ha" trova in parte una risposta in chi, come te, pare giustificare un atto che io comunque rispetto, e 'capisco', intendendo con ciò un ragionamento e non una condivisione, che mi fa in parte essere d'accordo anche con l'eutanasia.
Ma, per me, l'ho contemplato con così tanta serietà da restare seduta a guardarlo, il desiderio di farla finita, finchè qualcosa mi ha detto 'vai avanti'. Anche se non lo vedi ora, ORA c'è qualcosa per cui val la pena andare avanti.

Tuttavia, benchè si possa esercitare la COM-prensione nei confronti di tanta disperazione, il mio rispetto va a chi lotta:
A chi a ventotto anni ha una leucemia linfoide acuta e dolori incoercibili alla morfina, e si preoccupa di vivere accanto alla suocera. A chi lotta fino alla fine anche con metastasi diffuse ovunque, e si preoccupa di far fare la ginnastica ai suoi figli, e si alza ogni mattina andando a fare la terapia, sperando di tornare per rimboccargli le coperte.
E a chi, dall'altro lato, si alza ogni mattina e va a pulire il corpo di quelli attaccati ad un tubo, che lottano per vivere, nonstante la vita.

E, tanto per ipotesi, non sempre chi la fa finita è davvero libero. A volte è schiavo senza coscienza di una malattia che si chiama depressione, e che può essere indotta dai farmaci, che ottundono la capacità di giudizio.
Ma tant'è, libertà è anche scegliere di morire a novantacinque anni per un atto di prorpia mano. E dato che nessuno di noi c'era, resta la domanda: che senso ha?
o se vuoi, per spegnere il fuoco e non fare polemica: cosa l'ha spinto?