domenica, giugno 7
il viaggio promesso (2)
La macchina dell'autonoleggio è una 500 rossa... solo che io me l'aspettavo come quella di mio fratello: vecchio modello, presente? quello squadrato che non fanno più perché non piace a nessuno, o forse somigliava troppo poco a se stessa e troppo alle altre auto... beh, cerco con gli occhi una vecchia 500 con la vernice scolorita, mai stata in garage, povera vecchia auto, però è andata in Grecia, e questo la fa sentire importante, di fronte alle tante utilitarie che non hanno mai lascito la città. Qui però c'è altro: la macchina è rossa, si, ma fiammante! non l'amerò fino ad acquistarla, ma davvero mi fa sentire 'diversa': come se mi avessero riempito il cuore di pepe e quello stesse lì a saltare e ridere per l'effetto!
Guido a lungo, per raggiungere Agrigento. Almeno, sembra lunga questa strada dove passano pochissime auto quasi come nella mia vita. Poche persone, almeno quelle vicine. Tanti gli scorci laterali, gli estranei che formano folle di cui non ricordo più. Qui mi appoggio solo sulla solitudine che avevo cercato. L'unica musica è il rumore delle ruote sulla striscia d'asfalto; la mente che ricorda; la mente che dimentica.
Eraclea Minoa mi prepara alla struggente meraviglia della scala dei Turchi...
,E' spiacevole e stupido da dire, ma il sito archeologico, quando si è abituati alle grandiosità del Colosseo, o alle storie racchiuse tra i resti del foro romano, è un po' deludente. Tuttavia il posto è incantevole, e gli occhi si perdono finalmente nel mare, dopo il lungo viaggio nell'entroterra, e le prime percezioni dell'orrore edilizio perpetrato ai danni di questa terra straordinaria.
Lo stesso orrore mi impedirà più tardi di salire ad Agrigento, che resta appollaiata sulla collina che sovrasta l'acropoli, nella "valle" dei Templi, come un nido lasciato vuoto. Vista da sotto, almeno, non ha alcun fascino.
Una bella donna sfatta, che riposa da sola su un letto di ricordi, contemplando le antiche rovine che ha dinanzi, come vecchie foto di passata beltà.
Prima di arrivarvi tuttavia, mi gratto i piedi nella sabbia ai piedi della scala dei Turchi, su cui imbiancherò le piante oggi e, senza saperlo oggi, anche domani di più. Più in silenzio. Respirandone l'essenza e restando sospesa tra terra e cielo, come un polline di soffione aggrappato sul vento di scirocco.
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