giovedì, marzo 24

Cosa c’è oltre la morte? L’esperienza della meditazione

Capita che ci si sorprenda ad essere stati talmente dentro ad una azione da non avere altro pensiero, altra azione se non quella stessa.. e ciò nonostante il mondo circostante non ha smesso di esistere, è entrato a far parte dell’azione stessa, come è al di là della nostra percezione ordinaria. 
Quel momento che non riconosciamo che dopo, e forse mai, è meditazione. 

Nonostante si possa pensare che sia facile tuttavia molti non riescono neppure con anni di allenamento ad ottenerne un istante, ma non smettono di provare; è l’Opera, che può essere lunghissima.. ma la Pietra si fa in un istante.
Ma torniamo alla meditazione. Nel momento in cui si medita siamo totalmente, compiutamente, perfettamente ciò che siamo; il perché delle cose sparisce, come un velo, e rimane solo la cosa in Sé. Resta il “cosa è” dell’esperienza, e il “cosa non è”1.

La causa cercata dalla mente (“perché?”), e pertanto incompleta, spesso non ha importanza da un punto di vista dell’esperienza, perché a livello razionale la risposta non c’è. Non è univoca, quanto meno. Quando ci permettiamo una esperienza, senza il giudizio del positivo e negativo, senza il confronto con altre precedenti2 con il pensiero silenzioso e l’osservatore semplicemente attento… ebbene questa è meditazione.
Quindi alcuni possono voler coscientemente sperimentare la meditazione, ponendosi in “situazioni facilitate”. Poco rumore, ambiente tranquillo, e forse un mantra3 o un oggetto su cui “concentrarsi”4. Ecco qua, ci proviamo, ma mica si può stare lì a guardarsi l’ombelico per tre giorni?! Così si stabilisce un tempo. Già che sia stabilito, c’è qualcosa che non va. Non corrisponde alla vita, ma facciamo finta di si, perché qualche cultura sostiene che abbiamo un numero definito di battiti cardiaci, o di respiri, o di “tempo” già decisi. Non da noi. Qui lo decidiamo noi, sicchè già la mente si condiziona: “accidenti ho solo 20 minuti devo assolutamente riuscire questa volta, perché ieri sono stato tutto il tempo a pensare che dovevo…” e così si innesca il pensiero… e chissà se e quando si cheta. Tuttavia a volte mantenendosi desti, riportando l’attenzione sul silenzio, o sul mantra (che possiamo avere continuato a ripetere per tutto il tempo in cui la mente ha chiacchierato), ad un certo punto tutto diventa perfetto. O meglio tempo e spazio svaniscono, non ha importanza come e quanto “manca” alla fine, o perché siamo lì a fare questa cosa. Resta solo “cosa” e… “chi”. Sono lì. Totalmente. 

“il suono di una campana senza batocchio. Rintocco. Rintocco. Rintocco”.(Lila)

Suona il timer. Il tempo è finito, come in un sogno, l’attimo in cui hai meditato è sparso in qualche punto di quel tempo che non è esistito, o forse è stato proprio l’ultimo istante (facciamo che sia così), e qui sei morto.
Un attimo prima eri la mente, un attimo solo di silenzio e sei morto.
La vita riprende come prima. Ti rimetti addosso gli abiti e le abitudini, il tempo ed i perché, ma qualcosa in te resta in quello spazio dove qualche “cosa” è stato. La meditazione, quando avviene è una esperienza di morte. Pulita, economica anche, e forse non fa paura. O forse si. Soprattutto se succede, dopo che è già successo. Perché senti che qualche cosa di “io” va irrimediabilmente perduto. Ma, per giungere al punto, spesso lo spazio meditativo si perfeziona dopo un po’ di tempo di meditazione, e può accadere che nel passaggio la persona sia vigile, attenta, consapevole. Questo allenta la paura della morte: e anche nella vita, se si vive così, attenti. Poiché senza impedirci di vivere, anzi viceversa, non ci si attacca all’esperienza, che è nuova ogni volta. Ci si può rinnovare ogni volta, cercando (trovando) quel momento perfetto nella vita di sempre, dove non è a nostra conoscenza quando suona il timer e tutto è finito, e, se hai permesso alla mente di chiacchierare e perdersi dietro se stessa hai perso l’occasione, e basta. Hai perso i 30 minuti in cui volevi meditare, perché hai pensato al notaio, al lavoro ai figli.. al “perché tizio mi ha detto così”, “perché” sono tanto infelice, “perchè”siamo qui, si nasce, si muore si piange si ride… “perché”?

Se hai perso 30 minuti non importa. Penso che importi se occupo tutta una vita così, lasciandomi occupare da tutto questo, senza invece occuparmi di vivere quello che sto vivendo5.. perfettamente, lavorando su me stesso (comunque!) per sentire cosa sono, cosa esperisco, cosa cambia se cambio qualcosa nel mio atteggiamento riguardo al mondo, chi sono
Un proverbio indiano dice che la vita è qualcosa che ci accade mentre siamo occupati a pensare a qualcos’altro.
Qualcun altro per toglierci le remore del perché, e la paura di lasciare questa vita e queste esperienze, sentimenti, il senso di indispensabilità, il sacrosanto (quanto inutile) diritto di pensare che avrei potuto o dovuto fare di più (e facciamolo ‘sto “di più”, invece di ripensarci dopo!) ha detto:
"ecco una prova per vedere se la tua missione sulla terra è compiuta:se sei vivo non lo è".

                                                              


1 In genere si riferisce il “cosa non è” al Sé, che non possiamo definire. Qui vorrei parlare di vita ed esperienza ed essere, quindi del “cosa è”.
2 A fare attenzione ci si può accorgere che spesso compariamo le esperienze con altre vissute o immaginate e questo ci distoglie dall’esperienza stessa!
3 Il mantra ha una sua valenza per stimolare determinati stati d’essere, ma non è indispensabile.
4 Mi attengo a questo vocabolo impreciso per semplicità.
5 C’è qualcosa dello zen in questo. All’allievo che gli chiedeva di insegnargli il maestro disse: “hai mangiato?” “si” “allora va a lavare la ciotola”.

7 commenti:

Madama Dorè ha detto...

Bravissima, hai proprio ragione.
Per quanto riguarda il pensiero non dobbiamo tanto attaccarci allo sforzo di non pensare, quanto all'essere consapevoli di quello che sta avvenendo...poi, se la mente si vuota tanto meglio...Krishnamurti la chiamava "la benedizione". Un abbraccio.

Sabrina ha detto...

oh!grazie a questo post mi sono acculturata un po'.......

maria rosaria ha detto...

rilassante, direi. l'esperienza della meditazione è forse più facile da attuare di quanto sembri? un abbraccio

Mobu ha detto...

Dal titolo si capisce che e' arrivata la primavera anche da te...
:)))
...lo leggo e poi commento.
Ciaauuuu
Mobu

Lila ha detto...

@ Madama Dorè
è vero, è proprio una benedizione. E come tale...rarissima! :))
ma io ci provo, ci provo, ci provo... chissà!
un abbraccio a te!


@ Sabrina
:) è un po'(st) pesante?
un abbraccio meditativo


@ maria rosaria
è più facile, perchè si può trasformare in meditazione ogni cosa. Anche cantare, per fare un esempio a caso ;)


@ Mobu
si si, è primavera. Il seme gettato nella terra, apparentemente morto, si risveglia. Vabbè, per ora si stiracchia malamente :D

albafucens ha detto...

la meditazione riesce sempre a darci delle valide risposte perchè ci consente forse di raggiungere la parte più intima di noi stesse

.. quella alla quale normalmente non diamo ascolto e voce e che cela in sè invece molte delle risposte che spesso cerchiamo che perchè è la parte più ancestrale, primitiva e istintiva di noi.. quella che ci ha guidati fintanto che non l'abbiamo seppellita sotto strati di regole, inibizioni, tabù

.. ma hum mi sa che son finita fuori tema con le mie elucubrazioni

splendido il tuo post, colmo di belle riflessioni, tutte da assaporare
un abbraccio

Mobu ha detto...

Ecco. Letto.
Cio' messo un po' e' vero.
Le lettere per me sono grandi e fai di corsa da una parte all'altra dello schermo, comunque pensavo…
…io spesso passo del tempo in silenzio.
Così spesso e così tanto che mi estraneo fino a non riconoscermi più.
Quasi vivo un'altra vita.
E vago ma senza pensieri.
E ho visto un legame con le stelle, un passaggio, un canale ma senza acqua.
Non ho bisogno delle pinne.
Non ho bisogno di nulla.
Poi, basta una bolla e torno nel mio acquario, tra i miei sassi finti e i riflessi delle mie scaglie sul vetro.
E tutto ciò' mi fa ancora pensare…