martedì, febbraio 24

Sincerità


La tv da spesso qualche argomento di cui parlare; sarà anche per dire che "non trasmettono mai niente di interessante". Così è, in effetti, ma talvolta la sera mi sento così stanca che anche questo va bene: sto lì a contemplare il nulla, lasciando che le onde cerebrali si appiattiscano (è dimostrato) e che Morfeo sopraggiunga a salvarmi.
Generalmente giunge presto, amante leale delle prime ore delle mie notti; mi blandisce, per poi lasciarmi come in quella canzone, credo dei Pooh, in cui alla fine lui torna da quell'altra. Si ti amo, lo sai. Però...
Attendendolo come una moglie trepidante che abbia sfornato una deliziosa cenetta che si fredda perchè il maritino è in ritardo, mi è capitato incidentalmente di sintonizzarmi su di una popolarissima trasmissione canora, dove una signorina travestita da Amelie Poulain ha cantato, rimanendo completamente immobile, a parte le corde vocali, una canzonetta dall'incoraggiante titolo "Sincerità". Mi sono soffermata, dato che stava per iniziare, e il conduttore la incoraggiava con fare paterno. Sembrava a dire il vero, una bimba dello zecchino d'oro, ma la voce era gradevole, ed il testo semplice, orecchiabile (perfino per una campana come me), e positivo: niente di meglio, in un momento di crisi, dolore e generale tristezza, poteva sfornare mammaRai per l'italiano, alla ricerca di consolazione.
Ci pensa la tv, se Dio non vi basta; quel Dio barbuto e un po' papà, che ti poggia un'ideale mano sulla testa rassicurandoti che le cose si sistemeranno. Lo dico sempre anche io, che "Dio ci mette sempre una pezza".... anche se a volte si tratta di un Diluvietto da epopea.
Ma se è per questo, la MammaTv nazionale ha vestito anche questo travestimento, e perlomeno ci ha raccontato la storia. Se no ci pensano i colossal americani.
Poco importa, se così forniscono qualche idea a terroristi lirici. che d'immaginazione ne avrebbero abbastanza anche da soli, e che emulano episodi già inventati. Si sa anche questo: Hollywood ama i sequel, e i remake.

ma adesso siamo seri
Tuttavia lo spunto era preso per raccontare qualcosa che mi ha colpito in questi giorni, ovvero l'incidenza dell'emozione sulla capacità di giudizio.
Non sto a parlare di ulteriori violenze, di cui ho detto, in preda all'emozione e no, e che per ora languiscono nel canale che salto alla tv della mia mente, perché anche qui c'è bisogno di tranquillità e sicurezza.
Parlo della necessità che ha l'uomo, quando è addolorato, sfibrato, deluso, di appoggiarsi a qualcosa ma soprattutto a qualcuno.
Una mia amica, magari è sempre la stessa, mi stava raccontando l'altra sera di quanto fosse rimasta delusa dall'ennesimo uomo che le aveva promesso di esserci sempre. A parte che non è fisicamente possibile, potete indovinare da quanto tempo si conoscevano?
Un mese.
Lui le ha detto 'ti voglio bene' dopo due appuntamenti e 'per te ci sarò sempre' a l terzo.
Considerato quanto lei sia impegnata, non sono certa che ce ne siano stati altri, dopo; prima che lui sparisse.
Come ha fatto il migliore amico del suo ex, che dopo averci provato, professandole un amore eterno, implacabile, disarmante, appena ha preso il due di picche è rapidamente desaparecido.
Io sono una vecchia cinica, per quanto riguarda l'argomento, ed ho obbiettato, obbiettiva: " che cosa credevi che facesse"; ma lei no, insisteva così tanto sul fatto che lui avesse promesso 'cosa e come', che quasi ho voluto entrare nella sua innocenza e rimanere lì.
Non foss'altro che credo ci siano persone cronicamente dipendenti, che hanno cioè bisogno costante di qualcuno che giunga su un cavallo bianco e gli tenda la mano rassicurandole che tutto andrà per il meglio. Io l'ho fatto, con lei, ma le amiche nel tal caso contano poco. MammaRai ci prova, permettendo (non ho sentito nessun'altra canzone, quindi parlo così, un po' a naso) che vinca la voce di una bambolina giapponese che ci mostra, prendetela pure in giro, la semplicità della risposta.
Sincerità.
La canzone in può piacere o meno, critichiamo pure la tipa che canta, è un paese libero no?, ma non sarebbe male considerare, nel rapporto con gli altri, che questo dovrebbe essere un elemento sempre presente.
Tra medico e paziente.
Tra amici e famigliari.
Nei rapporti di coppia.
Si perché, che vale, dire che ti amerò per sempre se già due giorni dopo il matrimonio siamo dall'avvocato ad avviare le pratiche della separazione "perché nel caso ci dividessimo avremmo subito il divorzio"! (fatto vero)
Che senso ha sfruttare le emozioni di qualcuno che si sente solo, che ti chiede d'essergli vicino perché mamma è malata, che (nonostante gli improvvidi consigli dell'amica cinica) credendo di potersi salvare dalla solitudine che ha dentro e non si riempie con niente, vi chiede "dimmi che andrà tuto bene"?
Non andrà tutto bene.
Perché si scrive "sinceramente vostro", si dice "ti amo sinceramente", ci si esibisce in qualche "ad essere sinceri", senza sapere cosa significa davvero.
E non andrà sempre tutto bene, non è possibile, perché altrimenti non potremmo gioire e risollevarci.
Però capiterà (basta fare attenzione) che una persona a cui non avete chiesto niente vi darà una mano, scriverà una lettera o un post sul blog, e vi farà sentire meno soli.
Capiterà che il sorriso di una persona, o l'impiegato delle poste complice della vostra stanchezza, vi potranno mostrare che in fondo "da qualche parte, oltre l'arcobaleno, il cielo è blu".
Capiterà di trovare, a distanza di anni, una persona che pensavate di aver perso, deluso, ferito; che in fondo avete un po' allontanato, forse non compresa, e che vi abbraccia di nuovo.
E riprende con voi il filo di una cosa vera.
Anche per mandarvi al diavolo.
Senza maschera.
Con sincerità.

domenica, febbraio 22

Marsia



Sono partita credendo di fare un viaggio in un ricordo di venticinque anni fa; quando con gli sci ai piedi cadevo spesso (ora non scio più), e m'infarinavo di freddo sulle brevi piste di campo Marsia, negli Abruzzi, perchè altri posti erano troppo lontani.
Allora li anelavo, quei posti preclusi, oggi non li apprezzo, perchè troppo frequentati; così pieni di città che sembra di non averla lasciata.
E poi, quella, è la neve più bella che ricordo; forse battuta, ma solo nella sensazione, dalla prima neve caduta quando ho vissuto in Germania e, col fiato grosso di freddo mi sono infilata in un cabina gialla, come in un maglione il cui filo non chiuso mi permettesse di telefonare a casa, e scaldarmi la solitudine gridando: "nevica, nevica!".
Era novembre, e la neve sarebbe durata tutto l'inverno. Ma non lo sapevo. Bambina, lì, a vent'anni, come qui vent'anni fa.
Di tempo ne è passato, anche da quel tempo.
E ogni volta trascorre più di un inverno, prima che torni a rompere cristalli, sulla superficie imbiancata.
Croop. Croop. Fanno i primi passi, incerti, quando mi fermo a fotografare i cavalli. Sulla montagna, prima del valico di Colle Bove, sembra che non ci sia nessuno. Non un sussurro, un cinguettio, un fruscio. Se non mi muovo, si percepisce il silenzio vertiginoso della neve.
Croop.
Mi azzardo, spaventando i cavalli. Rotta l'incertezza, il fermo immagine si anima, e quelli si muovono, torpidi, riprendendo a brucare; silenti, nel tempo di oggi, in cui guardo, attori d'un muto narrato dal sole.

Si rompe il silenzio, poiché questo viaggio è anche ricordo; e mi sale nella testa la voce di mio fratello, che osserva la stessa collina che guardo adesso: "sembra la testa di un calvo con tanti capelli". Ha sei anni, forse; di sicuro è la prima volta che si va sulla neve. Quella volta in cui, come tanti bambini prima, sopraffatti e orgogliosi di noi abbiamo scoperto che la neve è fredda.
Oggi lo diamo per scontato, come tante cose, e rideremmo a sentircelo dire. Persa l'innocenza, intesa come non conoscenza, dimentichiamo. Per poi, paradossalmente vivere nel ricordo...
Mi ripiego le gambe in macchina, assaporando il gusto di sole che ha preso nella breve sosta, e raggiungo la sommità del valico, perdendo lo sguardo nella vallata coperta di neve dove, nascosto da una collina, è arrotolato Tagliacozzo, come un gatto su una coperta.
La via per i campi da sci, dove si transita senza catene sulla neve vecchia, impastata di fango, nasconde presto la valle e s'insinua tra le morbide curve del paesaggio boscoso. Il silenzio che rompo resta come anelito, mentre la musica, spenta da un po', aleggia come eco sgradita, ospite non invitato di questo incontro tra le risa e le ansie di giungere dello ieri di tanti anni fa, e l'attesa che teme d'esser delusa di oggi.
Abitudine ad una città che ti cambia sotto gli occhi, in cui a volte ti confondi perché certi riferimenti collaterali cambiano a stretto giro, dimentico che il mondo è anche quella stessa città eterna: il Colosseo è sempre lì. E Campo Marsia è sempre uguale.

Forse è vero, che una volta che si vive in un posto si può apprendere da esso tutta la saggezza. Perché l'intero universo è contenuto in un chicco di senape, pur nella sua devastante infinità. Così a volte si ha la sensazione che bastino pochi libri, con le cose vere, per avere sotto mano tutto il sapere che serve.
Ma la vista non si sazia, e il mio ricordo neppure. Ho bisogno di svoltare l'ultima piega di strada. Sospendo il fiato.
Riprendo.
E' esattamente così, che la ricordavo. La stessa pista corta, e un'altra che, nella memoria era smarrita, e transita il ricordo in scoperta.
I bambini, gli stessi di sempre, ridono rotolando giù dal bob, echeggiati da un riso scintillante e nuovo che mi tintinna dentro; e in questo gelo, scioglie l'ancora della memoria, e col riso di ieri nel ridere d'oggi, mi avvio sui passi che non ho mai compiuto. Gratto la superficie della neve per sentirla dissipare il freddo al primo contatto con la punta della lingua. Affondo nel manto intoccato del bosco, accompagnata dai raggi di sole che mi insegnano una via in salita, mi indicano una traccia che corre verso il posto che cerco.
Crop. Crop.
Il suono si modifica leggermente, quando la neve è più ghiacciata; e mentre salgo lenta, mi assalgono parole che raccontano quello che sento; infastidita dal rumore che fa il pensiero affondo e scivolo, preda di una sonnolenza che ottunde la coscienza, smarrita fra due tempi. Smarrita da me stessa. Che tento di lasciarmi indietro, perchè questo è un tempo che non dovrebbe appartenere a niente.
La speranza di questo, forse è inutile. Ma so che ho camminato, corso, saltato, respirato. Finché il pensiero è rimasto attaccato all'ombra di un albero, ed è restato solo il muoversi.

Allora l'ho trovato, il posto che stavo cercando.
E sono stata accovacciata in un raggio di sole, col sè scorticato, sulla roccia nuda di neve, a dimenticarmi di ricordare.
A sentire il silenzio che sparava i suoi raggi sul cuore scoperto.
Ne ha sgelato le stanze, lasciate piene di polvere. Ha ricamato una tela nuova, per la tenda che non posso tirare più.



Un link per chi fosse interessato al Marsia della Mitologia...

sabato, febbraio 21

Anteprima

oggi ho camminato in un ricordo...
c'era la traccia di me,
che fuggiva nel bosco.
Le risa infantili di allora.
Nel riso di oggi.


Una gita a Marsia, negli Abruzzi. Domani altre parole. Per oggi un assaggio su Flikr, vicino a qualche nuova foto.

... e naturalmente c'erano....


premessa
Un paio di settimane fa Pesciolino mi invita alla festa di Carnevale, organizzata dal gruppo con cui va in montagna.
Wow, penso io, dato che la vita sociale è tecnicamente zero, in questo periodo, non sarebbe male una serata in un ambiente nuovo... così, tanto per mutare un po' il giro di amici. Passo le due settimane intercorse, fra l'invito e la festa, a ribellarmi all'idea della mascherata; perché io ero una di quelli che non ama travestirsi. Si sa, la maschera la portiamo ogni giorno, quindi, almeno a carnevale si potrebbe lasciar perdere, opinavo in tali occasioni; e vestirsi da se stessi.
Poi arriva il giorno.
E le opinioni si sa, sono cose passeggere.
Da quella che ero all'ultimo carnevale ad oggi, in più, è trascorso l'incidente, alcune sensazioni, riflessioni, cose, sono cambiate, benché la mente si affanni a rincorrere una vecchia e conosciuta parte di sé, per tenersela avvinghiata addosso. Come un cappotto fuori moda e troppo stretto. Si voleva mascherare con quella vecchia faccia, la mia mente; quindi non "mascherarsi "affatto.
Ed essendo un po' vanitosa, in previsione di conoscere gente nuova, l'idea era di "mettersi in tiro"! Scorro le possibili combinazioni... Tailleur e tacchi, vestito e stivali neri eleganti, jeans e maglione collo alto ("pigiama e divano", dice la parte di me che si chiude nei cassetti e vorrebbe stare a casa con la sfolgorante compagnia della tv).. Ricomincio: abito da sera e guanti lunghi (ah no, l'abito è ostaggio di mia madre)... Alla fine scopro che queste sono tutte cose che metto davvero sempre (a parte l'abito da sera)!
Con l'idea di non togliere la glassa le mille facce dell'esistenza me le vivo sempre. E mi travesto, lo sapevamo dall'inizio, per fingere di essere una scafatissima insegnante pc-e-tailleur, un'allieva snob che non mette la tuta ai corsi (perché mi sembra di stare in pigiama), una signora elegante anche in montagna...
Alla fine decido: forse la vecchia parrucca nera e il vestito di velluto blu, (con cui interpretavo una Dama Arwen un po' meno pettoruta di Liv Tyler) potrebbero andare. Un travestimento... ma quasi un vestito normale.
Carnevale dovrebbe comportare "un temporaneo scioglimento degli obblighi sociali e delle gerarchie per lasciar posto al rovesciamento dell'ordine, allo scherzo": mi infilo soprattutto questo, di vestito, e scivolo fuori casa con lieve passo elfico.

epilogo
"Mai divertita così tanto!"
...
si dice così, vero? sempre, quando ci si diverte e si ride fino alle lacrime.
é andata così, infatti. Ho ballato, liberando la schiena dagli obblighi del dolore, lasciando che tornasse la follia leggera che anima le feste carnascialesche, attraverso evoluzioni che credevo dimenticate. Non ho bevuto un solo sorso di vino, ho mangiato una cena raffazzonata di quelle che "ciascuno porta qualcosa", dolci confezionati (perfino le frappe del discount) ma ho ballato divertendomi con tutte le facce della mente, del cuore, del corpo!
E dico, quasi tutte le donne mi hanno fatto i complimenti, perfino le due col cappellino, che facevano i passetti coordinati, mentre io e Pesciolino volteggiavamo nei ricordi del corso di salsa, e in creative tarantelle.
Gli uomini mi danzavano intorno sorridendo, e abbiamo davvero animato la festa. Non mi era mai successo.. o quasi (una volta, a capodanno, con un po' di Rum e un amico carissimo come 'compagno' di danze).
Mi pareva davvero di essere una principessa fatata, leggera e agile...

"Magari hai una mazurka?"
L'unico rischio corso era urtare qualcuno, nei volteggi sfrenati sul pavimento mattonato della palestra... e rompergli un femore. Cosa al quale, Pesciolino infermiere e io allieva-maga, avremmo anche potuto rimediare).
Si perché l'età media, diciamo, non consentiva a Pesciolino (la cui tenera quarantaduenneità aveva necessariamente eletto come DJ) di mettere, che so, musica Tecno.
Sono passati i Beach boys, che piacciono a tutti, Gloria Gaynor, e la tarantella, appunto.

Nonostante le luci stroboscopiche abbiamo dovuto ballare sotto le luci al neon, per evitare che qualcuno confuso, si ferisse; ho ballato la tarantella con una vecchia e graziosa signora che la chiamava 'salterello', e Flashdance con un signore che aveva più o meno l'età di Platone.
Ma davvero, "non mi sono mai divertita tanto"! E nonstante l'età (io ero la bambina di turno, praticamente, e Pesciolino il 'ragazzino più grande) o forse per quello, c'erano un sacco di maschere! Ne ho viste meno alle feste di bambini e ragazzi, alle quali io ero tra quelli non travestiti. C'erano le streghe (ma il naso era vero!), il vecchio re, la Mummia, il Faraone, Pochaontas (che con i suoi 38 anni era 'la bambina un po' più grande)... e naturalmente c'erano ... le Kessler.
Quelle vere. Nate nel 1936.


martedì, febbraio 17

La velaia di T.



Il sangue m'è uscito di vena.
Ho trovato le tue parole, colorate e lunghe come un arcobaleno; l'origine, nel tempo in cui eravamo ragazze; la pentola d'oro nel punto in cui, come variopinta pioggia, raggiunge egualmente te e me, che al di là di qualsiasi quantità di miglia interposte, ci troviamo nello stesso luogo. Non è per l'età condivisa, ma perché in questi anni, che per gioco fingeremo essere sette, parrebbe che abbiamo camminato assieme, per strade diverse e lontane, giungendo allo stesso incrocio.
Allora, col cuore bambino, ci siamo forse ferite. Adesso ci scrutiamo l'anima, come ad accertarci d'essere quel filo rosso che concede la sua costanza nelle variazioni dell'esistenza; quello che, a distanza di anni, nonostante un capello bianco, le rughe ai margini degli occhi, le vite sorprese diverse dai sogni di allora, ci fa riconoscere.
Tastiamo con delicatezza questo incontro, scoprendolo, come un margine che potrebbe sparire, una rena bagnata dal mare... e poi non più.
Con garbo, pur se mi verrebbe di mettermi fretta, perché il contorno non muti troppo veloce, da farsi irriconoscibile, e doverlo filare di nuovo.
Da qui, t'immagino, oggi, tessere una vela del color del cielo.
Sì che si confonda allo sfondo e non ti riporti troppo lontano; sbagliandosi il vento tra 'l cielo, e la tua vela, ci passi attraverso e ti faccia aspettare.

sabato, febbraio 14

Buon compleanno


Un soffio di brina si è adagiato tra i capelli, ma il tuo sorriso è quello che da sempre ricordo. Non perde un'oncia del suo brillare, nonstante la vita a volte sia dura e rattrappisca la forza; a volte, la vita, ti ha messo davanti, poi dentro, il dolore che si ingrossa quando ti senti solo e tradito.
ALtre volte ti ha dato un sussulto di gioia imprevedibile, che ha fatto ridere tutta la pelle, scoprendo fra i denti serrati dall'energia che ci vuole a camminare, uno spazio leggero. Che poi è quello che aggiunge grazia ad una meditazione, e toglie fatica all'ndare avanti fino al termine.
Non posso augurarti che sia tutto sempre bello, o non avresti la gioia che segue il dolore. Non posso augurarti che il tempo sia clemente, ma che la sua corsa incessante ti faccia solcare ogni anno con vigore rinnovellato, questo si.
Che le pieghe nascoste si aprano innanzi. CHe tu possa aspettare, quando la brezza è caduta, uin nuovo vento che sospinga per mare. Che il cuore si scopra sempre padrone, e con quell'angolo occupato dal pensiero di chi, al di là degli errori che capitano tra di noi, ti amam d'amore infinito.
T'è figlia, t'è madre, t'è amica.
Auguri, mamma.

lunedì, febbraio 9

A Lila piace...

Correre con i piedi, più veloce che con i pensieri...
Il silenzio diverso del lago, ogni mattina...
La cornacchia nera, sui rami spogli del tiglio...
Ricordarsi suo papà che legge ad alta voce il Signore degli Anelli...
Ricordarsi di sua mamma che fa il cioccolato con la panna del latte munto la sera prima...
La canzone di "Tutti insieme appassionatamente", in cui elencano le cose che piacciono di più. a cui pensare quando sei giù!