Qualche anno fa ho iniziato a fare Yoga Kundalini, appassionandomi quasi subito, vista la sua dinamicità e (inorridite, astiosi odiatori del canto!) l'utilizzo dei mantra. Caso ha voluto, o forse l'insegnante che aveva qualche difficoltà, che a volte mi sia capitato di insegnarlo.
Insegnare Yoga non è come fare una lezione su Alessandro Magno, o sulla seconda Guerra Mondiale. Non è come parlare di politica. Non devi prendere nessuna posizione. O meglio: devi prendere la "posizione facile" (tecnicamente: seduti a gambe incrociate).
è: mettersi in una posizione neutrale, ed essere solo un tramite. Non interferisci, ma passi la tradizione, come una brocca riempita d'acqua, che si svuota colmando i bicchieri. Così non è difficile. Ti metti nell'essenza dell'insegnante, e per un po' ti dimentichi. Sostieni, attraverso la voce, attraverso la Tradizione stessa che scorre, quelli che sono lì con te a praticare.
Yogi Bhajan diceva:Se vuoi conoscere davvero qualcosa, insegnala.
E forse è vero. Mentre insegni lo Yoga, lo conosci. Conosci. Perché se vuoi portare la classe fino alla fine, deve essere te. Ma te non sei tu, in quel momento. Sei un filo che non può essere spezzato. Perchè è tutta la Vita, la Tradizione...
L'esercizio
Ok, di più e meglio non ne so scrivere, per ora. Ma è il criterio d'esercizio, a cui volevo arrivare, che consiste nella disciplina, prima, ma ha qualche trucco che mi ha portato l'anno scorso in cima a Salina, nonostante non fossi affatto allenata ad andare in montagna.
L'insegnante dà un obbiettivo (in genere è l'esercizio in sé; e non si conosce il tempo, come nella vita...ma questa, naturalmente, è un'altra storia). Quando sente la prima stanchezza (l'insegnante, o la tua coscienza) ti dice che manca ancora poco. A metà, ti dice: guarda, hai già fatto la metà. Così tiri avanti ancora un po'; e quando "manca solo un minuto".. beh, non ce la fai proprio a mollare!
Quindi a Salina, metro dopo metro, ho colmato il dislivello di circa mille metri dal livello del mare, e sono riuscita anche a divertirmi parecchio. In coda al gruppo, per sostenere quelli non allenati, come me, mi sono lanciata in pindarici voli sulle proporzioni del cammino. Assolutamente ipotetici, perché non avevo idea di quanto fosse lungo... (la capogruppo, i camminatori e la piantina del luogo erano invariabilmente 'molto più su'.. ma questa la racconto un'altra volta).
"Abbiamo già fatto un terzo", "sono sicura, non mancano più di tre quinti", "credo che ormai siamo ai cinque settimi"... e così via. Così dicevo, e piano piano arrivavamo anche noi altri. Quelli che, andando piano, si gustavano la montagna facendo troppe foto, grattando i muscoli spompati, annusando la polvere mescolata agli aromi della macchia mediterranea.
40° all'ombra, e vento di scirocco. Quando tirava vento.
E noi, su per la montagna. Da cardiopalma. Avevo con me tre litri e mezzo d'acqua e succhi, e li ho bevuti tutti. E quando siamo scesi, in dieci minuti ho comprato e finito un altro litro e mezzo di acqua...
L'altra regola
... ma domenica, qui a Roma non era così caldo.
Così, "ho tirato fuori la mia vecchia bicicletta" e mi sono avviata lungo la ciclabile fino a Tor Vergata. Il progetto di raggiungere Frascati era nato da un paio di settimane, e la prima uscita con Bev era servita anche a valutare la strada.
C'è un'altra 'regola', che ci si da facendo Yoga: non essere schiavi delle regole. Né dell'esercizio. Devi essere consapevole che quello che fai ti 'torna', potenziato, quindi se fai le cose fatte bene e fino in fondo, il beneficio è enorme, ma è pur vero che se passi il limite rompi la corda.
E quello che 'torna' il giorno dopo sono solo dolori indicibili, in genere in zone dove nemmeno credevi ci fossero, i muscoli, e di conseguenza a muscoli che non conoscevi l'esistenza, tipo i muscoli del mazzetto rosso.
Quindi mi sono promessa che sarei arrivata solo all'inizio della salita (gli ultimi cinque chilometri).
Mi sembrava un buon risultato, un buon esercizio, ma quando me la sono vista davanti... non ho resistito. Mi sono detta che avrei smesso, appena stanca, e in effetti mi sono anche fermata ad un certo punto. Se non chè una vocina, dentro, ha srotolate, una dietro l'altra le paroline magiche: "manca ancora poco".
Come un futuro ex-fumatore, di fronte alla ex-possibile-ultima-cicca, ho ripreso a pedalare.
"Hai fatto più di metà!", trillava la vocina, mentre qualche pezzetto dei miei polmoni in fiamme rimaneva sull'asfalto, dietro di me. "il più è fatto!", gioiva e trillava la vocina (chissà dove lo prende tutto questo fiato, la coscienza!)
Il cuore, in tutto ciò, sembrava volersi appropriare del posto dello stomaco, pervadere tutto l'addome e schiantarsi contro il bacino, per frenare la corsa al proprio frenetico riempimento.
Ma a quel punto, proprio a quel punto, non mancava neppure un minuto.
Ero arrivata!
Insegnare Yoga non è come fare una lezione su Alessandro Magno, o sulla seconda Guerra Mondiale. Non è come parlare di politica. Non devi prendere nessuna posizione. O meglio: devi prendere la "posizione facile" (tecnicamente: seduti a gambe incrociate).
è: mettersi in una posizione neutrale, ed essere solo un tramite. Non interferisci, ma passi la tradizione, come una brocca riempita d'acqua, che si svuota colmando i bicchieri. Così non è difficile. Ti metti nell'essenza dell'insegnante, e per un po' ti dimentichi. Sostieni, attraverso la voce, attraverso la Tradizione stessa che scorre, quelli che sono lì con te a praticare.
Yogi Bhajan diceva:Se vuoi conoscere davvero qualcosa, insegnala.
E forse è vero. Mentre insegni lo Yoga, lo conosci. Conosci. Perché se vuoi portare la classe fino alla fine, deve essere te. Ma te non sei tu, in quel momento. Sei un filo che non può essere spezzato. Perchè è tutta la Vita, la Tradizione...
L'esercizio
Ok, di più e meglio non ne so scrivere, per ora. Ma è il criterio d'esercizio, a cui volevo arrivare, che consiste nella disciplina, prima, ma ha qualche trucco che mi ha portato l'anno scorso in cima a Salina, nonostante non fossi affatto allenata ad andare in montagna.
L'insegnante dà un obbiettivo (in genere è l'esercizio in sé; e non si conosce il tempo, come nella vita...ma questa, naturalmente, è un'altra storia). Quando sente la prima stanchezza (l'insegnante, o la tua coscienza) ti dice che manca ancora poco. A metà, ti dice: guarda, hai già fatto la metà. Così tiri avanti ancora un po'; e quando "manca solo un minuto".. beh, non ce la fai proprio a mollare!
Quindi a Salina, metro dopo metro, ho colmato il dislivello di circa mille metri dal livello del mare, e sono riuscita anche a divertirmi parecchio. In coda al gruppo, per sostenere quelli non allenati, come me, mi sono lanciata in pindarici voli sulle proporzioni del cammino. Assolutamente ipotetici, perché non avevo idea di quanto fosse lungo... (la capogruppo, i camminatori e la piantina del luogo erano invariabilmente 'molto più su'.. ma questa la racconto un'altra volta).
"Abbiamo già fatto un terzo", "sono sicura, non mancano più di tre quinti", "credo che ormai siamo ai cinque settimi"... e così via. Così dicevo, e piano piano arrivavamo anche noi altri. Quelli che, andando piano, si gustavano la montagna facendo troppe foto, grattando i muscoli spompati, annusando la polvere mescolata agli aromi della macchia mediterranea.
40° all'ombra, e vento di scirocco. Quando tirava vento.
E noi, su per la montagna. Da cardiopalma. Avevo con me tre litri e mezzo d'acqua e succhi, e li ho bevuti tutti. E quando siamo scesi, in dieci minuti ho comprato e finito un altro litro e mezzo di acqua...
L'altra regola
... ma domenica, qui a Roma non era così caldo.
Così, "ho tirato fuori la mia vecchia bicicletta" e mi sono avviata lungo la ciclabile fino a Tor Vergata. Il progetto di raggiungere Frascati era nato da un paio di settimane, e la prima uscita con Bev era servita anche a valutare la strada.
C'è un'altra 'regola', che ci si da facendo Yoga: non essere schiavi delle regole. Né dell'esercizio. Devi essere consapevole che quello che fai ti 'torna', potenziato, quindi se fai le cose fatte bene e fino in fondo, il beneficio è enorme, ma è pur vero che se passi il limite rompi la corda.
E quello che 'torna' il giorno dopo sono solo dolori indicibili, in genere in zone dove nemmeno credevi ci fossero, i muscoli, e di conseguenza a muscoli che non conoscevi l'esistenza, tipo i muscoli del mazzetto rosso.
Quindi mi sono promessa che sarei arrivata solo all'inizio della salita (gli ultimi cinque chilometri).
Mi sembrava un buon risultato, un buon esercizio, ma quando me la sono vista davanti... non ho resistito. Mi sono detta che avrei smesso, appena stanca, e in effetti mi sono anche fermata ad un certo punto. Se non chè una vocina, dentro, ha srotolate, una dietro l'altra le paroline magiche: "manca ancora poco".
Come un futuro ex-fumatore, di fronte alla ex-possibile-ultima-cicca, ho ripreso a pedalare.
"Hai fatto più di metà!", trillava la vocina, mentre qualche pezzetto dei miei polmoni in fiamme rimaneva sull'asfalto, dietro di me. "il più è fatto!", gioiva e trillava la vocina (chissà dove lo prende tutto questo fiato, la coscienza!)
Il cuore, in tutto ciò, sembrava volersi appropriare del posto dello stomaco, pervadere tutto l'addome e schiantarsi contro il bacino, per frenare la corsa al proprio frenetico riempimento.
Ma a quel punto, proprio a quel punto, non mancava neppure un minuto.
Ero arrivata!
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